FRANCESCO MERLO Professore, meridionale, eroe
«Sai, io non sono più sicuro che non si debbano picchiare i bambini» mi dice il
mio ex compagno di banco Pippo Barbagallo, che ora fa il preside in un quartiere
a rischio. E io, che ho in testa la Gelmini, penso: altro che dequalificati!
Sono eroi questi insegnanti meridionali che devono farsi istruttori di chi non
vuole essere istruito e al tempo stesso farsi infermieri, psicologi, poliziotti
e persino pugili. «La settimana scorsa è venuto a cercarmi a casa il papà di un
allievo, bigliettaio in un cinema. "Io non sono più sicuro che non si debbano
picchiare i bambini", protestava con gli occhi lucidi».
«Poi aggiungeva: "Lo so, è facile dirlo adesso
che la polizia ha arrestato mio figlio a casa di sua nonna, con quel sacco nero
in mano e quel coltello... Ma in queste prime notti che Roberto sta passando in
galera penso che avremmo dovuto picchiarlo almeno un pochino. Perché non avete
picchiato mio figlio"?».
Pippo fa il preside in uno di quegli universi di umanità caotica che, nelle
realtà marginali, mai somigliano alle scuole, ma sono agglomerati di umori
giovanili ingovernabili, debordanti dalle regole della grammatica, della
morfologia, della sintassi. Cosa può capire la Gelmini dell´eroismo senza
incantesimi e senza proclami di questi insegnanti, cosa può saperne l´avvocato
di Brescia di un magistero che non diventa mai documento o monumento?
«Da buoni meridionali ? dice il preside ? crediamo solo nello starnuto
cinematografico di Totò, la smorfia implosa, e dunque confidiamo che anche la
ministra Gelmini è il botto che non sarà, solo un tentativo di botto finale
della scuola». E tuttavia, comunque vada a finire questa agitata stagione di
riforme, della Gelmini resterà il veleno razzista, ormai entrato in circolo,
contro il Sud e contro questi insegnanti meridionali sottosviluppati che, in
matematica e in scienza ? secondo i famosi dati Ocse ? formano studenti meno
preparati di quelli che altri insegnanti, anch´essi meridionali, formano al
Nord.
In base all´anagrafe, tutta la scuola italiana è meridionale. Com´è dunque
possibile che i cattivi insegnanti del Sud diventino bravi al Nord?
Evidentemente, secondo la ministra Gelmini, il mio amico Pippo Barbagallo raglia
come un somaro ai piedi dell´Etna e "urla e biancheggia" come Einstein nelle
baite del Resegone.
In realtà i professori italiani sono troppo colti per pensarsi come meridionali,
e infatti, malgrado quel che si dice di loro, non si sono mai sognati di
rivendicare ? contro la Gelmini ? i natali di Pirandello e Croce: «Noi
meridionali non sopportiamo più il meridionalismo».
Ma l´uso terroristico dei dati dell´Ocse non finisce qui. La Gelmini e
soprattutto gli intellettuali che hanno avuto mandato di difenderla accusano la
scuola del sud di allontanare l´Italia dal mercato, di farla precipitare in
basso. È un´interpretazione allucinata, probabilmente una maniera per non volere
fare i conti con se stessi, con il declino del sistema paese, di un´Università
che neppure nei suoi luoghi di eccellenza riesce ad attrarre studenti stranieri,
di una marginalità che riguarda l´intera area del Mediterraneo, dove siamo, con
la Turchia e la Grecia, quel capitalismo a bassa intensità che aveva in testa
Weber quando parlava di Europa cattolica e, aggiungiamo noi, mediterranea.
I dati dell´Ocse dicono anche che la Corea e Taiwan hanno scuole migliori di
quelle milanesi. E che il Piemonte supera la Lombardia, Venezia è meglio di
Bologna, il Nord Est è più colto di Toscana Liguria e Lazio. Ecco dunque
disegnato un mondo al contrario. Ma nessun piemontese si è messo a scrivere
editoriali contro la Toscana e nessun veneto ha tuonato contro Bologna. Solo i
dati del Sud sono stati trattati come antropologia, scienza, storia, e dunque
ironia, sdegno, sarcasmo e, insomma, insulti sapientissimi che sarebbero
gratuiti e incivili anche se prendessimo per buono il trito luogo comune che la
matematica applicata all´economia sia la chiave della ricchezza e dello sviluppo
delle nazioni (e non si spiegherebbe come mai i migliori matematici del mondo
provengano dall´Asia).
Già la sociologia classica, ben prima di Berlusconi, trovava che il Nord fosse
più avanzato perché aveva più scuole di formazione professionale e meno licei
classici: «Ebbene, al contrario del luogo comune ? mi dice il mio preside ? io
temo che questa discriminante possa presto arrivare al capolinea, al punto da
marginalizzare le Lettere, da fare dell´insegnamento dell´Italiano un´attività
da poveracci, da meridionali indigeni, il proletariato intellettuale di
Salvemini ridotto a plebe intellettuale». È vero che nei licei del sud mancano i
docenti di fisica, «ma è anche vero che a Milano capita spesso che non ci siano
abbastanza docenti di Italiano». Cosa può diventare l´Italia senza Italiano?
«Forse è un po´ fanatica questa ossessione per la matematica», un codice che,
anche a scuola, vale quanto tutti gli altri codici che l´uomo ha inventato per
decifrare il mondo, per renderlo riconoscibile e per addomesticarlo.
Ma, ecco il punto: «Si può insegnare un codice a chi non ha interesse ad
apprenderlo»? Gli istituti professionali del Sud sono contenitori-parcheggio,
pròtesi della dissipata vita di quartiere, alternative alla strada, al bar e al
biliardino, non certo luoghi di avviamento al lavoro: «Non c´è il lavoro al
quale lasciarsi avviare. E anche quando, alla fine, lo trovano, sarà comunque un
lavoro che non avrà nulla a che fare con gli studi che hanno fatto».
E come fa l´Ocse a misurare le pressioni alla quali è sottoposta un´insegnante
che deve sostituirsi al padre e alla madre, alla polizia, al medico, a Dio e
deve tirar fuori il meglio di una ragazza che è intelligente anche se fa parte
di una famiglia di delinquenti? Qui i professori devono esibire un ventaglio di
virtù che nessuna Gelmini mai riconoscerà loro: «Una collega di storia si è
trovata davanti un´allieva, praticamente una bambina, che non capiva perché era
tutta sporca di sangue. Alcuni compagni sghignazzavano, altri la difendevano.
Forse la Gelmini l´avrebbe mandata a casa e avrebbe distribuito un po´ di sette
in condotta. Lei ha chiesto al bidello di comprare una torta e ha parlato
dell´ovulazione. Ebbene l´indomani ho affrontato una coppia di genitori che
accusavano la collega di essere una sporcacciona: "prufissureddu, chista
pedofila è"».
Certo, nelle città del Sud ci sono magnifici licei di tradizione, antiche scuole
dove si coltivano la qualità della lingua, le buone letture, dove si impara la
storia, la geografia, il latino, il greco e dove i Bossi (padre e figlio)
sarebbero dirozzati e spulciati o inesorabilmente bocciati. Ma spesso
l´insegnante meridionale non sa se impiegare più tempo a spiegare il participio
passato o a litigare con i suoi allievi, a metter pace tra di loro, a
intercettare minacce, a scoprire e a coprire reati: «Siamo sicuri che davanti ai
bulli che sfottono un ragazzino effeminato bisogna denunziare tutto e finire sui
giornali?».
E chi può meravigliarsi se a questi studenti si danno voti più alti di quelli
che prenderebbero a Como? I prefetti del Sud dicono che la scuola è l´ultimo
presidio contro la criminalità organizzata: «Io un tempo pensavo che sono
delinquenti i genitori di un figlio delinquente. Se fosse vero, a rigore
bisognerebbe denunciare penalmente i padri e le madri di tutti i delinquenti
plurirecidivi i quali potrebbero, a ragione, costituirsi parte civile nei
processi contro i loro genitori; e senza neppure l´ironia di Cecco Angiolieri
che voleva uccidere tutti i padri a cominciare dal suo. Ma cosa devi fare se
scopri che tra i banchi dei tredicenni circola merce rubata? E cosa doveva fare,
secondo la Gelmini, quella collega di inglese che aveva scritto alla lavagna i
nomi dei vari mestieri: teacher, plumber, lawyer. Ebbene, quando ha scritto
policeman, un bambino si è alzato e l´ha cancellata: "La parola sbirro qui
dentro lei non la deve pensare neppure in inglese"».
Solo un ministro che vive sulla Luna non capisce che gli atti quotidiani di
piccola prospettiva degli insegnati meridionali sono l´immensa forza della
scuola italiana perché, come notava l´uomo senza qualità, che già allora ne
sapeva molto più dell´Ocse, «la somma collettiva delle fatiche spicciole
quotidiane, data la loro capacità di essere sommate, mette in circolo una
quantità di energia molto superiore a quella che viene impiegata in atti di
eroismo».
Nel Sud che la Gelmini disprezza ci sono gli eroi del nostro tempo, senza le
scorte dei magistrati, senza i soldi degli industriali, senza le luci dei
giornali e senza il conforto della politica. Sono gli eroi muti d´Italia. E,
come tutti gli eroi, ogni tanto pasticciano. E ogni tanto ringhiano: «Spesso di
notte mi capita di mettere la mia vita sulle spalle di mio padre e mia madre e
di prendere sulle mie spalle le vite non dei miei figli, ma di tutti i ragazzi
che ho avuto a scuola, di quelli che sono morti ammazzati e di quelli che sono
finiti in galera: colpe e meriti. E mi chiedo se sia giusto che le colpe dei
figli ricadano sui loro insegnanti. A volte prevale in me l´idea che il porco è
l´allievo di un porco. Altre volte che l´aceto è un prodotto del vino. Ecco cosa
mi domando nelle notti senza sonno, quando mi volto e mi rivolto dentro la mia
vita di insegnante meridionale».
26/8/2008
'Al Sud studenti più bravi'
Il rapporto Ocse-Pisa al centro delle polemiche contro il ministro dell'Istruzione
FLAVIA AMABILE
Tra scuole del nord e scuole del sud il divario esiste: il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini lo ripete da tre giorni. Per dare maggiore forza a questa sua affermazione ha citato le classifiche Ocse-Pisa: sono loro a segnalare «questa grave arretratezza».
Gli studenti del nord-est hanno un punteggio di 520, seguiti da quelli del nord-ovest con 501, dal centro con 486, dal sud con 448 e le isole con 432. Estrapolando i dati, emerge che gli istituti tecnici del nord-ovest e del nord-est si collocano al di sopra della media Ue, dimostrando un livello di preparazione assolutamente migliore di quello dei loro colleghi delle altre regioni d'Italia. Secondo le prime analisi, i dati suggeriscono «l'immagine di una scuola che da un lato continua a non riuscire a coltivare le eccellenze, dall'altro assiste ad uno slittamento verso il basso del livello medio di prestazione degli studenti, almeno per quanto riguarda l'ambito della lettura».
La matematica è davvero la bestia nera: gli studenti italiani perdono 4 punti rispetto al 2003 e si collocano al posto numero 38 della classifica con 462 punti, contro una media Ocse di 498. I maschi vanno un po’ meglio delle ragazze. Ma, in totale, uno studente su 3 (il 32,8%) si colloca al livello 2, uno tra i più bassi. Un punteggio peggiore lo ottiene solo la Grecia, che però almeno migliora il suo risultato, invece di peggiorarlo come l’Italia.
I punteggi sono più elevati al Nord, proprio come sostiene il ministro Gelmini: i più bravi sono i ragazzi del Nord Est, gli unici ad avere il 13,4% di studenti in grado di rispondere anche ai test più difficili, in linea con la media Ocse. Nel Nord Ovest gli studenti a livelli alti di preparazione sono l’8,5%, molto meno di quanti non ve ne siano nella maggior parte dei Paesi Ue. Soltanto Grecia, Portogallo e Spagna hanno più asini in matematica fra i loro quindicenni.
Va un po’ meglio se si prendono in considerazione i licei. Quelli del Nord e del Centro hanno un punteggio superiore alla media Ocse (531 il Nord Ovest, 548 il Nord Est, 509 il Centro). Mentre fra gli istituti tecnici solo quelli del Nord Ovest arrivano a 520, un punteggio superiore alla media Ocse.
Gli italiani non sono mai stati particolarmente dotati in matematica. Un tempo almeno però erano un popolo di letterati. Non più, a leggere i dati Ocse-Pisa. Ci sono 24 studenti su 100 ai livelli minimi di alfabetizzazione. Nel resto dell’Ocse sono 22 su 100 e a superarci in ignoranza e se consideriamo soltanto la fascia meno alfabetizzata più ignoranti sono soltanto messicani e greci. Superano la media Ocse gli studenti del Nord Est e del Nord Ovest ma al Sud ad avere forti problemi in lettura sono il 35% degli studenti, più di uno su tre e nelle isole arrivano al 40%.
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Daniele Checchi, professore di Economia Politica alla Statale di Milano, è autore di numerose pubblicazioni sulle differenze all’interno della scuola italiana. Ho chiesto a lui un parere sulle polemiche di questi giorni
Il ministro Gelmini vuole formare meglio i docenti del Sud per risolvere il forte divario fra scuole del Meridione e quelle del Settentrione.
«Il punto non è questo. La gran parte dei docenti viene al Nord, si forma qui e poi torna al Sud. Non esiste alcuna ricerca sugli stili di insegnamento, dunque è poco scientifico sostenere che agendo sui docenti possa diminuire il divario».
Dove converrebbe agire?
«Il divario dipende per il 30% dall’ambiente familiare, per il 20% dalle strutture scolastiche e per il 50% dal contesto ambientale. Se tutti gli studenti partissero in situazione di parità gli studenti del Sud risulterebbero più preparati di quelli del Nord ».
Che cosa consiglia al ministro?
«Di informarsi bene, di studiare il problema dei divari in tutti gli aspetti. Al Sud solo un edificio su 6 è a norma e c’è una differenza che arriva a mille euro per studente nei finanziamenti pubblici. Se il ministro vuole intervenire in modo serio provi a inviare ispettori nelle scuole per capire come si insegna e a introdurre sistemi di valutazione degli insegnanti basati su molti parametri e anche sui risultati ottenuti dagli studenti».