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Io insegnante meridionale nel profondo Nord   di Giuseppina Ficarra  29-08-2008

Chi ha elevato
il livello della scuola
del nord? 

Caro direttore, ero emigrata a Pieve di Cadore, in provincia di Belluno, dove mi era stata assegnata una cattedra di lettere alla scuola media. Come tutti gli insegnanti avevo corretto e consegnato in presidenza il "mio" primo pacco di compiti in classe di italiano. Una collega di Agordo già mi aveva chiesto come mai "laggiu" (la terra è rotonda e non ci può essere un giù e un su!) non ci mandano a scuola di dizione. Io allora ero molto timida e con il complesso di inferiorità o "sicilianite", come direbbe Umberto Santino, e non ho saputo rispondere che mi sarebbe veramente piaciuto andare a scuola di dizione, ma per imparare a parlare con la cadenza catanese o messinese, non certamente per parlare come lei che aveva una cantilena eccessiva, proprio dialettale (chi è stato ad Agordo sicuramente mi può dare ragione). Un bel giorno comincia a terrorizzarmi, lei che già insegnava da alcuni anni e "sapeva come andavano le cose!": «Guarda che il Preside si legge i compiti ad uno ad uno e non è mai contento di come li correggiamo e del voto assegnato», mi diceva. Io ero veramente preoccupata, m'avesse avvisato prima, l'agordina, avrei fatto le nottate su quei compiti da correggere prima di consegnarli, per essere sicura di non fare una brutta figura! Volle il caso che il Preside ci convocasse di lì a qualche giorno assieme, noi due, e lei per strada continuava ad assillarmi: «Vedrai, non è mai contento!». Il Preside, senza tanti preamboli si rivolse per prima a me dicendomi che era molto soddisfatto di come avevo corretto i compiti, che forse ero stata un tantino troppo esigente, nel senso che correggevo anche le virgole. Era altresì molto soddisfatto del mio criterio di valutazione che giudicò «molto obiettivo». Poi si rivolse alla mia collega e le disse: «Signorina, lei dovrebbe adeguarsi al criterio di valutazione della Professoressa Ficarra». Sono passati 50 lunghi anni e il ricordo è ancora vivo! E oggi aggiungo che, visto che nel Nord da sempre insegnano molti meridionali, questi contribuiscono a tenere alto il livello della scuola della Padania! Non oso pensare come potrebbe abbassarsi il livello di questa scuola del Nord se Bossi riuscisse a mandare via tutti gli insegnanti meridionali: dovrebbe fare ricorso a insegnanti di fortuna del posto, tirando fuori dalle fabbriche e mettendo in cattedra magari gente con solo il diploma triennale!
Giuseppina Ficarra via e-mail 

29-08-2008

pubblicato su Liberazione a pag.18: http://www.liberazione.it/a_giornale_index.php?DataPubb=29/08/2008

 

----- Original Message -----
From: Giuseppina Ficarra
To: liberazione
Sent: Saturday, August 01, 2009 1:58 PM
Subject: Ho letto l’articolo pubblicato ieri su Liberazione "Contro la Lega, sciopero politico della scuola"
 

Ho letto l’articolo pubblicato ieri su Liberazione

 

"Contro la Lega, sciopero politico della scuola"

 

 

e naturalmente non posso che condividerlo al cento per cento con il solo rammarico di non potere partecipare a questo sciopero perché ormai da tempo pensionata. Ma già negli anni ’50 come ebbi a scrivere in una lettera pubblicata su Liberazione proprio un anno fa dal titolo <<Io insegnante meridionale nel profondo Nord>>  ebbi a sperimentare il razzismo nei confronti degli insegnanti provenienti dal sud. Allora mi si rimproverava di non essere andata a scuola di dizione, ma devo supporre, alla luce dei fatti odierni, non per avere una buona dizione, che quella per una insegnante è cosa utile, ma per parlare con la loro cadenza dialettale visto che a farmelo notare fu un’insegnante di Agordo che parlava con una cantilena veneta molto pronunciata. Oggi agli insegnanti si chiede di conoscere anche il dialetto oltre che a saperlo pronunciare bene!

 

Io allora percepii non solo un certo razzismo, ma come un'antipatia nei confronti dei siciliani e non era certamente complesso di persecuzione o mania la mia.

 

Anche il nostro grande Leonardo Sciascia ebbe a scrivere <<dell’antipatia che i siciliani godono in quanto siciliani>> prima parlando di Borgese (si veda articolo o sul Corriere della Sera, 2 settembre 1984 e inserito nel volume “A futura memoria” pag.85) e poi di Quasimodo, (ivi), ricordando l’ostilità con la quale l’Italia “letteraria” reagì all’assegnazione del Nobel al poeta siciliano e cioè “Come ad una offesa”! Il verso di Quasimodo “Uomo del Nord che mi vuoi / minimo o morto per tua pace..” è un grido mosso da motivi personali ma che possiamo leggere come universali, “come espressi da un’infelice comunità insidiata dall’egoismo di uomini materiali”. E sempre Sciascia in quell’articolo notava come invece la Spagna franchista si rallegrò, a differenza nostra che pur già eravamo Repubblica democratica fondata sul lavoro, del Nobel assegnato a Juan Ramon Jimenez fuoriuscito, in esilio.

 

Mi piace riportare testualmente le parole conclusive di Sciascia che ancora oggi suonano attualissime. <<Ora se questo accade, come accade, a livello di “civiltà perfezionata”, non c’è da meravigliarsi che tale antipatia, digradando e degradandosi in certe piaghe di stupidità collettiva, arrivi ad invocare l’Etna a che dia lava a seppellire intera la Sicilia con tutti i siciliani>>

Giuseppina Ficarra

Palermo