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                                                                                                                                                            vedi anche       Informazioni scientifiche sull’embrione

 

La Repubblica 12-6-2005

Quando i miscredenti
diventano clericali

di EUGENIO SCALFARI

SUL referendum procreativo che da questa mattina fino a domani pomeriggio va alla prova delle urne si è già detto quasi tutto. Su alcuni punti si è detto addirittura troppo; su altri, forse, poco. Cercherò dal canto mio di rimediare a questi due inconvenienti di diversa natura.

Si è detto troppo sulla natura dell'embrione: se sia fin dall'inizio del concepimento una persona, oppure un progetto di persona che inizia subito la sua evoluzione e la persegue senza soluzione di continuità, oppure una non-persona almeno fino a quando non sarà dotato di un inizio di sistema nervoso.

Tutte queste definizioni non derivano dalla scienza ma da convinzioni soggettive che a loro volta dipendono da che cosa s'intenda con la parola "persona". Si tratta insomma di opinioni e come tali opinabili, sicché fondare su di esse una legge e un qualsiasi comportamento elettorale e giudicare quale sia quello giusto e quello sbagliato è del tutto improprio.

Non è dunque il dibattito sulla natura dell'embrione (persona, progetto di persona, non-persona) che può dettare il comportamento degli elettori e il giudizio su di esso, bensì la questione politica che sta sotto a quel dibattito.

È infatti una questione politica che induce gli elettori a votare sì oppure no o scheda bianca sui singoli quesiti o infine ad astenersi non presentandosi al seggio elettorale.

Tutta l'infinita chiacchiera su fratello embrione, mamma uovo, papà spermatozoo, che ha attratto o annoiato gli italiani in quest'ultimo mese, può avere avuto il solo valore di incuriosirne le menti e introdurle in un settore della conoscenza finora riservato agli addetti ai lavori e ai diretti interessati.

Quindi un risultato positivo ma nulla di più. Le posizioni reciproche sono rimaste quelle iniziali, il dubbio non ha fatto breccia sulle diverse tesi in contesa per la semplice ragione che quel tipo di dibattito oscurava la questione politica che ha determinato la legge 40 e il referendum abrogativo su alcuni articoli della medesima legge.

Oggi è arrivato il giorno del voto. Cioè il momento della scelta tra diverse opzioni che non sono di carattere morale, teologico, filosofico, religioso, ma sono di natura politica. E come tali vanno trattate, discusse, risolte dalla coscienza di ciascuno. Di questo si è parlato troppo poco. Forse perché, da una parte come dall'altra, non se ne voleva parlare.

Il punto centrale di fronte al quale si trova oggi e domani l'elettore è molto preciso e si chiama clericalismo, potere clericale o se vogliamo esser chiari fino in fondo, potere temporale della gerarchia ecclesiastica sulla vita politica della società e dello Stato. Chi è a favore della vittoria di quel potere e chi è contro di esso.

La religione o la miscredenza non c'entrano. Si può essere religiosi oppure no, ma non è questo il punto di discrimine. I valdesi sono religiosi ma vanno a votare. Gli ebrei sono religiosi ma il presidente delle comunità italiane li ha esortati a votare. Molti cattolici religiosi, anzi religiosissimi, voteranno, a cominciare dal presidente della Repubblica, Ciampi, e dal suo predecessore, Scalfaro.

Per converso molti miscredenti incalliti non voteranno perché, pur essendo miscredenti, sono clericali dichiarati e mobilitati, come Giuliano Ferrara e Oriana Fallaci. Auspicano una società guidata da una gerarchia ecclesiastica militante e tendenzialmente fondamentalista. Mettono sui loro vessilli il Dio degli eserciti e non il Gesù della misericordia. Si battono affinché il peccato divenga reato. E affinché le loro libere e legittime scelte divengano obbliganti anche per chi non le condivide.

Utilizzeranno il fatto che l'embrione può vivere e crescere solo dentro il corpo della donna per obbligarla ad accoglierlo dentro il suo ventre anche contro il suo volere.

Infine vogliono ignorare il fatto che gran parte dei paesi del nostro continente hanno una legislazione non clericale e dunque più permissiva in materia di procreazione assistita, con la conseguenza che la nostra legge 40 realizza una normativa classista, dove i ricchi possono usare le strutture ospedaliere di Francia, Spagna, Gran Bretagna, per procreare senza gli impedimenti imposti ai medici italiani e alle coppie meno abbienti che vi ricorrono.

Analoga situazione riguarda la ricerca scientifica sulle staminali embrionali, fiorente in Usa e in molti paesi europei, vietata in Italia dal clericalismo del nostro episcopato con il solerte e chiassoso appoggio dei clericali miscredenti.

La paura di Frankenstein non c'entra nulla con la legge 40 e con i quesiti referendari. Se il quesito sulla ricerca scientifica passasse al vaglio delle urne di oggi, resterebbe comunque il divieto della legge di utilizzare gli embrioni per la riproduzione di esseri umani, contro la quale siamo tutti schierati, referendari e antireferendari, clericali e liberali, credenti e miscredenti. La legge 40 lo vieta e tutti siamo favorevoli a mantenere e semmai rafforzare quel divieto.

Eppure è proprio su questa paura che il clericalismo fa leva. Fa leva con una bugia e un insulto alle persone perbene. Così come fa leva su quel 25-30 per cento di astensionisti abituali, per sommare ad essi l'astensionismo clericale e rendere invalido il referendum per mancanza del quorum prescritto dalla legge.

Noi non diciamo, signor presidente della Camera, che chi si astiene sia un cittadino di serie B. È un cittadino esattamente come noi che stiamo andando a votare. Ma diciamo che il risultato di quelle astensioni lo depureremo dall'astensionismo strutturale degli indifferenti e così depurato lo confronteremo con il voto espresso nei seggi.

Lei, signor presidente della Camera, avrà obiezioni da opporci? E quali? Saremmo lieti di conoscerle, quelle obiezioni che certo - lo sappiamo - non delegittimano il risultato legale di un referendum fallito per mancanza di quorum, ma registrano un dissenso maggioritario contro una legge sbagliata, perseguita dal clericalismo italiano, tornato al "non expedit" di infausta memoria.

Spero che lei mi creda se le dico che personalmente aborro l'anticlericalismo sguaiato e intollerante. In Italia era stato superato e spento da tempo. Se sta ora risorgendo dalle ceneri è perché il clericalismo delle gerarchie ecclesiastiche e di chi obbedisce al loro richiamo ha l'effetto di un mantice sulle ceneri dell'anticlericalismo.
Se è questo che volete...

Aggiungo (l'ha scritto sabato Mario Pirani) che l'astensionismo militante avrà come effetto inevitabile quello di abolire la segretezza del voto prescritta dalla Costituzione. Si saprà chi ha votato. In un elettorato diviso tra chi va ai seggi e chi li diserta, esserci andati potrà risultare discriminante come lo fu per i cattolici che infrangevano il "non expedit".
Ripeto: è questo che volete?
* * *
C'è un ultimo punto che merita di essere menzionato ed è la parola di Benedetto XVI quando, parlando alcuni giorni fa nella cattedrale di San Giovanni in Laterano, ha detto che "Dio benedice chi si astiene di fronte alle cose che sono sgradite a Dio" connettendo questa affermazione al referendum sulla procreazione.
Si tratta d'una affermazione estremamente grave. Il Papa non parlava "ex cathedra", ma era pur sempre il Papa e mescolava Dio ad una contesa elettorale e quindi politica, in quello stesso luogo dove furono firmati i Patti Lateranensi e il Concordato tra la Santa Sede e lo Stato italiano. "Non menzionare il nome di Dio invano" recita il comandamento mosaico fatto proprio dalla Chiesa di Cristo.

"Non interferire nella sfera politica" dice il Concordato rivolgendosi alla Santa Sede. Ci preoccupa meno il comandamento rivolto ai fedeli; ma ci preoccupa molto di più la violazione dei patti tra l'entità religiosa e quella laica e civile, effettuata dalle parole del Papa.

Qui si pone un dilemma che non potrà essere ignorato a lungo se il clero clericale proseguirà su questa strada. Se volete mescolare Dio alle contese politiche, allora usciamo dal Concordato, torniamo al regime cavourriano della libera Chiesa in libero Stato, senza più ricorrere al sostentamento finanziario e ai privilegi che lo Stato e noi tutti contribuenti garantiamo alla Santa Sede. Non si può avere Chiesa clericale e statuto concordatario. In un'Europa e in un'Italia che si avviano al pluralismo religioso, puntare ad una legislazione intrisa di clericalismo significa accentuare la discriminazione verso altri culti e altre religioni. E significa, soprattutto, opprimere i laici non credenti o poco credenti o credenti che rifiutano il magistero esclusivo della gerarchia.

Significa imporre una scuola pubblica di ispirazione vaticana, abolire la legge sull'aborto e poi quella sul divorzio, mettere le brache alla scienza, tornare al Sillabo e all'Indice dei libri sgraditi.

Questo è il clericalismo: un ritorno indietro al 1870 e alla caduta del regime temporale, ad un cattolicesimo ingessato e pervaso di teocrazia, che la cultura moderna aveva contribuito ad evolvere verso un messaggio di pura fede, di misericordia e di carità, che restano il deposito fulgente del Vangelo e del cristianesimo di Francesco e di Gesù di Nazareth suo patrono e ispiratore.

Ancora una volta ripeto: è questo che volete? E magari le Guardie Svizzere al posto dei corazzieri della Repubblica? Nel 1986, se non ricordo male, il leader radicale Francesco Rutelli scalò il balcone centrale di Montecitorio, ammainò il tricolore e issò al suo posto la bandiera pontificia bianca e gialla come protesta contro il tentativo del Vaticano di interferire sulla legislazione italiana.

Il Rutelli di oggi ha cambiato opinione ed è padrone di farlo. Ma a noi piace ricordarlo come un giovane trentaduenne che difendeva la laicità, patrimonio comune di credenti e non credenti.

Oggi quell'ammainabandiera sarebbe peraltro inutile.
Ciampi, che è già andato a compiere il suo dovere di elettore, la laicità dello Stato la difende a nome di noi tutti e perciò il tricolore sta bene dove sta.


(12 giugno 2005)  http://www.repubblica.it/2005/f/sezioni/politica/dossifeconda5/miscredenti/miscredenti.html

                                                                                        Corsera – 11.6.05

 

L’embrione e la persona che non c’è – GIOVANNI SARTORI

L’incipit dell’assalto a valanga di Oriana Fallaci dice così: «I mecenati del dottor Frankenstein voteranno senza ragionare...». Io non capisco bene, confesso, chi siano i ricconi (mecenati) che pagano Frankenstein. Ma tra questi ultimi sospetto di essere incluso, visto che il suo elenco include gli accademici dei Lincei. Se così, giuro di non avere ancora ricevuto nemmeno un copeco da nessuno. In attesa (il mecenatismo è sempre gradito) non posso consentire a Oriana Fallaci di ergersi a campione di coloro che ragionano, e quindi del «ragionare» e della ragione. Con il suo permesso, io (anche io) di logica e di razionalità mi intendo. Allora, ragioniamo. La questione di fondo, la madre di tutte le battaglie, è se un embrione che sarà vita umana lo è già come embrione. Che sia vita nessuno lo contesta; ma «umana»? Il cardinale Scola la mette così: «Io sono Angelo Scola, 63 anni, Patriarca di Venezia perché sono stato quell’embrione». Ho già lamentato che la Chiesa non si ricordi più dell’anima (dell’anima infusa da Dio). Ma ora scopro che il nostro bravo Cardinale si dimentica del libero arbitrio. E senza libero arbitrio non c’è colpa né merito: tutto è già predeterminato ab ovo . Per vincere un referendum la Chiesa sta massacrando tutta la sua teologia? Comunque sia, io continuo a credere nel libero arbitrio, mi ritengo responsabile di quel che faccio, e quindi concedo pochissimi meriti, o anche demeriti, al mio embrione. Concedo che l’embrione abbia prestabilito la lunghezza del mio naso, il marroncino dei miei occhi, e altri attributi della mia semi-bellezza fisica. Ma non gli concedo nemmeno un nano-milligrammo in più. Non potrei neanche volendo. Il titolo di una mia biografia accademica di anni fa era: «Fortuna, caso, ostinazione». Quel titolo era mio. E se forse l’ostinazione deriva dal mio embrione, tutto il resto proprio no. Come esseri umani siamo tutti diversi l’uno dall’altro, e non siamo come polli in batteria programmati dal loro uovo proprio perché risultiamo dall’interazione tra centinaia e centinaia di eventi che in larga parte «avvengono» e ci cascano addosso. Così, per esempio, io mi intendo di logica perché l’ho studiata. Ma non l’ho studiata per «vocazione embrionale» ma, come racconto in quel racconto, per forza di circostanze. Allora, la logica. In logica, che è la quintessenza della razionalità, non si può sostenere, proprio non si può, che l’embrione è un essere umano perché sarà un essere umano. In logica il principio di identità (il primo principio della logica aristotelica) è atemporale e si declina al presente: A è uguale ad A. La logica non è un futuribile, non può accettare il salto tra è ora e sarà domani per la logica se io mangio un uovo di struzzo non uccido uno struzzo: mangio un uovo. Ma per la logica di Oriana Fallaci non è così. Cito: «I Frankenstein... con burattinesco sussiego dichiarano che l’embrione non è un essere umano... Con pagliaccesca sicurezza proclamano che non ha una anima, che l’anima esiste se esiste il pensiero... O che un feto comincia a pensare solo all’ottavo o nono mese di gravidanza, che secondo San Tommaso d’Aquino fino al quarto mese siamo animali e quindi tanto vale proteggere gli embrioni degli scimpanzé». Dopodiché, non ancora sazia di tanta scorpacciata, la Nostra asserisce che «ripararsi dietro il sillogismo Cervello-Pensiero-Anima-eguale-Umano è una scemenza». Sì, è una scemenza perché questo non è un sillogismo. Per esempio: «Le donne sono tutte romanziere (premessa maggiore), Anaina è donna (premessa minore), pertanto (conclusione) Anaina è romanziera». Siccome la premessa maggiore è falsa, anche la conclusione è falsa. Ma la costruzione del sillogismo è quella. Ed è anche una scemenza dichiarare, come si legge subito dopo, che «anche gli animali hanno un cervello... anche gli animali hanno un pensiero». Come quello di Oriana? Il suo bellissimo, davvero bellissimo ultimo romanzo, «Inshallah» lo ha forse scritto il pensiero del suo cane? Debbo anche sfidare Oriana Fallaci a citare un mio solo passo (la «pagliaccesca sicurezza» sopra citata è senza dubbio la mia, visto che sono io che ho tirato in ballo l’anima e San Tommaso) nel quale asserisco che l’anima viene con il pensiero (io mi limito a chiedere alla Chiesa di dirmi quando arriva), che il feto comincia a pensare all’ottavo mese, o che ci sia un qualsiasi nesso (non c’è) tra San Tommaso e gli scimpanzé. Tornando al punto, secondo Oriana Fallaci «l’embrione che sboccia dall’ovulo di un elefante è un elefante». Io ribatto che sarà un elefante. È la stessa cosa? Oriana mangi un ovulo del predetto, e mi faccia sapere se ha mangiato un elefante. E il discorso logico, il discorso razionale, è questo: a chi dichiara che l’embrione è già vita umana ho il diritto di chiedere: per favore, mi definisca «umana». Definire - spiego - è dichiarare il significato che io attribuisco a una parola, a un concetto. E dunque quali sono le caratteristiche, attributi o proprietà (in logica si dice così) di «essere umano»? Di saper pensare, di saper parlare su se stesso (il discorso sul discorso) e, contentandosi di sempre meno, di possedere un sistema nervoso, e quindi la sventura di soffrire? Non so, dite voi. Ma nessuno, proprio nessuno, lo dice. Non lo dice perché è chiaro che nessuna caratteristica individuante dell’individuo-persona esiste nell’embrione. Dal che inesorabilmente discende - per la ragione guidata dalla logica - che l’embrione non è una entità (in logica si dice così, lasciamo stare i «grumi» o le «muffe») sacrosanta. Se è in qualche modo utile toccarlo, è toccabile; altrimenti lasciamolo in pace. Così come lasciamo in pace miliardi e miliardi di miliardi di altre vite. Il fatto che l’embrione sia un progetto di vita individuale vuole soltanto dire che l’embrione nell’utero di Maria Fecondata (un nome fittizio di mia invenzione) non produrrà uno scimpanzé. Se lo scienziato cattolico vuole passare da «individuale» a «vita dell’individuo umano», allora bara al gioco. Come ho appena spiegato, dichiari prima qual è, per lui, la caratteristica di «umano» e di «individuo». A molti questa può sembrare una questione astrusa o addirittura di lana caprina. Ma le sue implicazioni sono concretissime. Le cellule staminali che si ottengono distruggendo l’embrione possono essere usate per la ricerca medica, e cioè per la possibile cura di malattie oggi incurabili, oppure no? Se l’embrione non è sacrosanto, ovviamente sì. Altrimenti no. Forse questa ricerca fallirà. Ma la scienza che è tale la deve consentire. Altro caso: è lecito, è giusto, fermare, prima della nascita, la nascita di un bambino talassemico o affetto da consimili malattie ereditarie? Se l’embrione è sacrosanto ovviamente no. In tal caso a dei genitori disgraziati deve essere imposto di far nascere bambini disgraziati. Ma altrimenti questa è una terribile inutile crudeltà. Ancora, se l’embrione è già intoccabile vita umana come si fa a sostenere che la conferma della legge 40 non rimbalzerà sulla legge 194 del 1978 che disciplina e consente l’aborto? Secondo me questa è una vergognosa ipocrisia. L’embrione (che è una entità infinitesimale) è sacro, e invece il feto di un bambino già formato non lo è? Storace se la cava dicendo che di questo non è il caso di parlare ora. Ma la Chiesa, che è maestra di moralità, non se la può cavare con una furbata alla Storace. Infine, c’è la questione dei contraccettivi, che tocca milioni di giovani donne. La Chiesa proibisce i preservativi (persino al cospetto del flagello dell’Aids) e poi condanna come omicidio anche l’uso della cosiddetta pillola del giorno dopo. Omicidio? È solo alla fine della seconda settimana che nell’embrione si comincia a intravedere l’inizio di un sistema nervoso. Prima non c’è niente di distinto e di distinguibile. Omicidio di che cosa? Di quattro-otto cellule informi? Passo alla scienza, che in questo caso sono la ricerca medica da un lato, e la genetica e la biologia dall’altro. Sulla prima dirò soltanto che non può essere fermata. Se bloccata in Italia proseguirà lo stesso intorno a noi: resteremo indietro (a danno nostro) e basta. S’intende che la ricerca medica va tenuta sotto controllo come si fa da sempre e, vista la delicatezza dei problemi, più di sempre. Quanto alla genetica e alla biologia il punto fermo è che i concetti di individuo-persona, persona umana, e simili sono estranei alla scienza. Il biologo di obbedienza cattolica è libero di usarli come qualsiasi altro privato cittadino; ma se lo fa in carta intestata, allora la sua è falsa testimonianza. Per la biologia e la genetica esiste soltanto la continuità di un nascere-vivere-morire. Se a un certo momento un certo specifico vivere viene elevato al rango di persona umana, in questa attribuzione la scienza non c’entra. Non è la sua partita. Perché questa attribuzione e qualificazione compete da sempre alla filosofia (ivi inclusa la filosofia cristiana) e alla branca della filosofia che è l’etica. Concludo. Io certamente non contesto che quando si interviene sulla natura stessa dell’uomo si apre un problema gravissimo. Decenni fa, citando il noto biologo Jean Rostand notavo che l’ingegneria genetica apriva prospettive terrificanti. Lo sono. Ma che non sono da combattere agitando spauracchi da quattro soldi come il romanzo di Mary Shelley, Frankenstein , che tutti ricordano perché impersonato al cinema da uno straordinario Boris Karloff. Gridare alla strage degli innocenti, allo sterminio, al cannibalismo, non è serio. Ed è ancor meno serio tirare in ballo Hitler e l’eugenetica nazista. Questi sono colpi bassi. Perché non credo che nessuna democrazia consentirà mai una eugenetica atta a produrre la razza pura o la razza superiore. Se lo consentisse, allora il problema non sarebbe l’eugenetica ma la democrazia. A proposito stavo per dimenticare: io andrò a votare. Non voglio essere annoverato tra le «anime morte» (cito solo un bellissimo titolo di Gogol) di coloro che non votano mai nemmeno per sbaglio.

 

Corriere della Sera 29 maggio 2005

L’EMBRIONE E LA PERSONA di GIOVANNI SARTORI

La legge 40 che sarà sottoposta tra poco (il 12-13 giugno) a referendum è una legge su che cosa? Ufficialmente è una legge sulla «fecondazione artificiale», o assistita, anche detta, seppur impropriamente ed erroneamente, sulla fecondazione eterologa. In verità è molto molto di più. È una legge che stabilisce che l’embrione è già vita umana, e che perciò correda l’embrione di «diritti». Ora, nessuno contesta che l’embrione sia vita. Un sasso non ha vita; ma tutto ciò che nasce, si sviluppa e muore, è vita. Le piante sono vita, gli animali sono vita. E da un punto di vista biologico il genoma (i geni) di uno scimpanzé è quasi eguale - al 99,5% - a quello di un essere umano. Eppure la differenza tra uno scimpanzé e un homo sapiens è immensa. Qual è? Perché l’embrione umano va protetto e quello dello scimpanzé no? Se dobbiamo proteggere la vita, allora di questa «vita e basta» esistono miliardi di miliardi di specie e di varietà. Ma se ci interessa specificamente la protezione della vita umana, allora la dobbiamo definire, allora dobbiamo stabilire quale vita è umana e perché. Fino a circa mezzo secolo fa, lo sapevamo. Grosso modo (ci sono eccezioni) per la Chiesa e per la fede l’uomo è caratterizzato dall’anima, e l’«anima razionale», per dirla con San Tommaso, arriva tardi, non certo con il concepimento. Invece per la filosofia, o per la riflessione razionale, l’uomo è caratterizzato dalla ragione, dalla autocoscienza o quanto meno da stati mentali e psicologici coscienti. Per Locke, per esempio, la persona è «un essere consapevole di sé», e «senza coscienza non c’è persona» ( Saggio , II, 27). Ma ecco che d’un tratto, la Chiesa cattolica dimentica l’anima (e con essa tutta la sua teologia) e si affida alla biologia, alla quale fa dire che tra il mio embrione e me non c’è differenza: vita umana la sua, vita umana la mia. Ma purtroppo la differenza c’è; ed è anche addirittura a mio danno. Se, come mi augura un simpatico lettore, io fossi stato ucciso in embrione io non me ne sarei accorto e nemmeno avrei sofferto; invece io come persona umana so che dovrò morire e forse anche soffrire. E il discorso serio, l’argomento logico, è questo: che se un embrione sarà una persona, ancora non lo è come embrione. E sfido qualsiasi ruiniano a fornire una definizione di «persona umana» che si applichi all’embrione.
Passo ai risvolti pratici e agli aspetti concreti della questione. Un primo argomento dei sostenitori della 40 è che proteggere l’embrione è proteggere il più debole, la vita più debole. Ma da questo punto di vista gli embrioni non se la stanno cavando tanto male. I testi di demografia di quando nascevo prevedevano per il 2000 una popolazione di 2 miliardi; invece siamo addirittura più di 6 miliardi e si prevede che saliremo fino a 9. Ne risulta un eccesso di successo degli embrioni: una sovrappopolazione che porta alla distruzione della Terra, del pianeta Terra, e così anche al suicidio tendenziale del genere umano. In questo contesto, il diritto alla vita si capovolge in una straziante condanna a morte per i già nati, i viventi in eccesso.
Un altro argomento è che la 40 tutela la donna. Questa poi. Se l’embrione è sacro e inviolabile, anche la pillola (contraccettiva) del giorno dopo deve essere proibita. Così centinaia di milioni di minorenni inesperte o anche violentate si devono tenere un bambino indesiderato o altrimenti ricorrere all’aborto. Che però dovrà essere anch’esso lestamente proibito, perché se passa la 40, la legge 194/78 sull’aborto non potrà essere mantenuta: la contraddizione non lo consente. E così torneremo alle «mammane» clandestine che spesso massacrano e ammazzano le loro clienti. Davvero una bella tutela.

 

 

 

Perché l’embrione-persona è la negazione dell’uomo

Nuovo intervento di Emanuele Severino nel dibattito lanciato dal Corriere sulla fecondazione assistita in vista del referendum del 12 e 13 giugno. Secondo il filosofo, che ribatte alle tesi di monsignor Sgreccia, la posizione della Chiesa porta a una conclusione che contraddice la realtà

L’articolo di monsignor Sgreccia pubblicato martedì 10 maggio sul Corriere mi induce a riproporre un tratto del mio discorso sull’embrione—lasciando anche questa volta da parte il mio pensiero filosofico e la mia critica del concetto di «capacità», e indicando solo quali conseguenze scaturiscono dalla dottrina della Chiesa sull’embrione. Invito cioè la Chiesa a pensare con attenzione al contenuto del mio articolo apparso sul Corriere del 24 febbraio 2005. Nel marzo scorso monsignor Sgreccia mi aveva criticato dicendo tra l’altro che, per me, affermare (come la Chiesa afferma) che l’embrione è sin dall’inizio un essere umano «è come affermare che l’uomo è "capace di entrare nel Regno dei Cieli"». Santo cielo! Se io avessi scritto queste strampalerie monsignor Sgreccia avrebbe il diritto di considerarmi uno sciocco. Ma non avendole scritte è sorprendente che un esponente così autorevole e competente della Chiesa abbia così frainteso il mio discorso. Che dunque ripropongo con alcune considerazioni relative al nuovo articolo di Sgreccia.

Secondo la filosofia a cui (anche) la Chiesa si ispira, un uomo può nascere solo se, prima di esso, esiste qualcosa che ha la capacità (o «potenza ») di diventare uomo. Si badi: qualcosa di unitario. Tale principio vale anche per altre forme di «generazione». E così: una statua può essere prodotta solo se, prima di esserlo, esiste, poniamo, un blocco di marmo capace di diventare una statua (per opera dello scultore). Se il blocco fosse in frantumi, nessuno di essi, e nemmeno il loro insieme, avrebbe la capacità di diventare quella statua. Per produrre quella statua bisogna che le parti del blocco non siano frantumi, ma unite; ossia, bisogna che il blocco sia qualcosa di unitario. Altro esempio: un uomo può entrare nel Regno dei Cieli (può esistere cioè quel processo che è la «generazione» di un beato) solo se, prima che egli vi entri, esiste qualcosa di unitario che ha la capacità di entrarvi e che è appunto quell’uomo durante la sua vita terrena. (Non sono la testa, le gambe, o parti della psiche, in quanto tra loro separate, ad avere quella capacità: non sono cioè i pezzi dell’uomo ad averla).

Se non esistessero la capacità del blocco di marmo di diventare statua e la capacità dell’uomo di andare in Cielo, l’esistenza di statue di marmo e di beati sarebbe impossibile. Epertanto, ritornando al nostro caso, se, prima della nascita dell’essere umano, non esistesse qualcosa di unitario, avente la capacità di diventare un uomo (se cioè non esistesse un uomo «in potenza »), la nascita di uomini sarebbe impossibile.

Orbene, per la Chiesa, l’embrione è, sin dal momento della fecondazione, uomo, persona; e il principio spirituale (l’«anima razionale») per il quale l’uomo non è animale è creato da Dio. Per la Chiesa, cioè, Dio crea tale principio sin dal momento della fecondazione, cioè dell’unione del gamete maschile e femminile.

E siamo al punto. La domanda che rivolgo alla Chiesa (e ad altri) è: se un uomo può nascere solo se prima di esso esiste un qualcosa di unitario che ha la capacità di diventare un essere umano, e se sin dalmomento della fecondazione l’embrione è essere umano «in atto», che cosa è e dove è mai il qualcosa di unitario che ha la capacità di diventare uomo e senza di cui nessun uomo potrebbe nascere? Dov’è l’uomo «in potenza»? La Chiesa non può rispondere a questa domanda.

Infatti, prima dell’unione dei gameti (con la quale, per la Chiesa, esisterebbe già sin dall’inizio un uomo «in atto»), i gameti sono separati e nessuno dei due, in quanto separato, può avere la capacità di diventare uomo. (Come nessuno dei frammenti del blocco di marmo ha la capacità di diventare una statua; né sono i pezzi di un uomo ad avere la capacità di andare in Cielo). E come l’insieme dei frammenti del blocco di marmo non ha la capacità di diventare statua, nemmeno l’insieme dei due gameti separati ha la capacità di diventare uomo. E, per la Chiesa, prima della loro unione non può nemmeno intervenire Dio a infondere in essi l’«anima razionale».

Che cosa segue da tutto questo? Un assurdo: sostenendo che fin dal momento della fecondazione esiste un uomo «in atto», la Chiesa viene a negare (contro le proprie intenzioni) l’esistenza della capacità, da parte di qualcosa di unitario, di diventare un uomo; e da questa negazione segue ciò che anche per la Chiesa è un assurdo, ossia che non potrebbe nascere alcun uomo. Ma gli uomini nascono. Dunque ciò che provoca questo assurdo è impossibile, ossia è impossibile che sin dall’inizio l’embrione sia un uomo.

Monsignor Sgreccia mi ricordava che «i due gameti hanno la capacità di generare un individuo- ratto allo stato embrionale, che poi si sviluppa e diviene adulto proprio perché esiste una capacità, una potenzialità che si attua nel momento dell’unione». Ma, replico, questa capacità di diventare adulto è quella che si costituisce quando l’embrione ha già incominciato ad esistere: non è quella di cui stiamo parlando, che è la capacità di qualcosa di diventare embrione umano (o animale) — la capacità, cioè, che cessa di esistere quando l’embrione incomincia ad esistere.

Per uscire dall’assurdo ora indicato è dunque necessario negare che sin dall’inizio l’embrione sia un essere umano in atto; e dunque è necessario che Dio infonda l’anima razionale dopo che l’embrione ha incominciato a esistere, ossia è necessario affermare che ciò che ha la capacità di diventare uomo sia costituito, perlomeno, dallo stato iniziale dell’embrione, per quanto breve esso sia.

Per la scienza non sappiamo quando l’embrione incominci a essere persona. Ma, sulla base dell’argomentazione ora indicata, la Chiesa, per evitare l’assurdo, deve dire che all’inizio della sua esistenza l’embrione non è persona. È poco, ma è decisivo. (È poco, perché rimane aperto il problema, per la Chiesa, di accertare l’estensione di quell’inizio, cioè se Dio crei l’anima razionale subito dopo l’unione dei gameti, oppure dopo qualche tempo). Non è meglio che la Chiesa, anche qui, ritorni a san Tommaso, per il quale «il feto è animale prima di essere uomo»? (Il mio riferimento a Tommaso è stato poi ripreso da altri). Uscirebbe dal vicolo cieco in cui si è cacciata. O almeno da questo — altri ancora essendocene, ancora più ciechi; e non solo per la Chiesa.

Nell’articolo pubblicato sul Corriere monsignor Sgreccia parla invece da scienziato. Ma, rispetto a quanto sopra abbiamo mostrato, sfonda una porta aperta. Richiama infatti che per la biologia (e anche per biologi non credenti) l’embrione ha, «fin dal momento della fecondazione » un’«identità» biologica, genetica e organica. Un cane, dice, è cane sin dal momento della fecondazione e rimane cane fin quando è vecchio e prossimo alla morte. E aggiunge: «Pensiamo che la stessa biologia valga anche per qualsiasi animale superiore, compreso l’uomo ».

Ora, non v’è dubbio che i biologi siano per lo più d’accordo su questo avvicinamento di cani e uomini. Ma monsignor Sgreccia qualche dubbio dovrebbe averlo. La dottrina della Chiesa non è adeguatamente rappresentata da scritti come questo di Sgreccia. I biologi, infatti, non hanno difficoltà ad affermare che un organismo materiale si evolva e divenga mente, coscienza, ragione, cioè essere umano — come, perlopiù, essi non hanno difficoltà ad affermare l’evoluzione delle specie, quella evoluzione, cioè, per la quale l’uomo proviene dalla scimmia.

Ma la Chiesa può starsene tranquilla come lo è monsignor Sgreccia? La Chiesa esclude perentoriamente che la vita umana e il suo inizio possano essere adeguatamente intesi dalla scienza e dalla biologia. Per la Chiesa la spiegazione adeguata si può raggiungere — abbiamo detto sopra — solo introducendo l’azione di Dio, che crea lui, direttamente, ciò che vi è di propriamente umano nell’uomo. In questo articolo monsignor Sgreccia ha invece l’aria di sostenere che per risolvere il problema dell’inizio della vita umana basti la scienza. La Chiesa non è adeguatamente rappresentata da un discorso come questo di monsignor Sgreccia che lascia così vistosamente da parte quel sapere filosofico al quale invece la Chiesa — con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI — dà una così rilevante importanza.

Ho detto che, rispetto all’argomentazione sopra sviluppata, monsignor Sgreccia sfonda una porta aperta, perché tale argomentazione parte proprio dalla supposizione che l’embrione sia, sin dall’inizio, vita umana (e lo sia nel senso voluto dalla Chiesa, non dalla sola biologia); e così partendo — ossia pur concedendo tutto ciò che sta a cuore alla Chiesa e a monsignor Sgreccia—tale argomentazione mostra a quale assurdo quella supposizione conduca.

Come dice monsignor Sgreccia, la coscienza morale proibisce che si spari verso un cespuglio se appena si dubita che dietro di esso, invece di una lepre, ci sia un bambino. Ma quell’argomentazione mostra che la dottrina della Chiesa sull’embrione conduce alla conclusione (certo non voluta dalla Chiesa) che dietro il cespuglio non può essersi venuto a trovare nessun bambino — appunto perché, come si diceva, quella dottrina porta a negare la capacità di diventare un essere umano (ossia un bambino dietro il cespuglio).

E dico tutto questo condividendo le preoccupazioni per la manipolazione e mercificazione dell’uomo.

Emanuele Severino

filosofo, è Accademico dei Lincei

16 maggio 2005

 

 

 

Corriere della sera 15.5.2005

 

L'ex ministro Veronesi: gli ovuli fecondati sono senz'anima

«La legge tutela più le cellule che le donne»

Fecondazione assistita, lo scienziato parla del referendum del 12 giugno: «Inumano e offensivo vietare la diagnosi preimpianto»

«Ogni giorno almeno 10 mila uova fecondate in normali rapporti di coppia non attecchiscono in utero e muoiono. Circa 300 mila al mese, 3 milioni e seicentomila l’anno. E questo solo in Italia. Una strage di potenziali bambini e, secondo la Chiesa, di anime che non si sa dove vanno. Un eccidio di innocenti inspiegabile». Umberto Veronesi, ex ministro della Sanità, oncologo e scienziato di fama internazionale voterà sì al referendum di abrogazione di alcuni punti controversi della ormai nota legge 40 che regola in Italia la procreazione medicalmente assistita o fecondazione artificiale.
Professore, secondo lei dove vanno tutti questi ovuli fecondati?
«Da scienziato e ateo rispondo: da nessuna parte. Ma secondo la Chiesa, non essendo battezzati, dovrebbero finire tutti nel Limbo. Ipotesi scartata però da San Tommaso d’Aquino che fissa al terzo mese di vita la comparsa dell’anima. Mentre per l’ebraismo il momento chiave è il quarto mese. Detto questo, ricordo la mia infanzia di bimbo cresciuto in cascina: la mortalità neonatale era allora altissima e ricordo l'angoscia dei genitori per non far finire il loro figlio al Limbo. Quando i piccoli stavano male, chiamavano prima il prete del medico».
Ma allora, quand’è che questo ovulo fecondato si completerebbe con l’anima?
«Scientificamente potremmo far coincidere l’anima con il pensiero, con la psiche. È ormai provato che il feto pensa, all’ottavo-nono mese. È ragionevole quindi ipotizzare che l’anima esiste se c’è il pensiero. Ed è ragionevole immaginare che l’anima, e secondo il pensiero cattolico la vita, entra nel corpo quando c’è un abbozzo di struttura pensante, di avvio dell’intelligenza. Tant’è che la morte oggi coincide con la morte del cervello: l’espianto di organi vitali è consentito anche dalla Chiesa dopo la morte documentata del cervello. Ma quando l’embrione inizia ad avere questo abbozzo? Questo accade dopo due settimane dall’attecchimento in utero. Prima è solo un ammasso di cellule. Un progetto di essere vivente».
Di essere vivente o di essere umano?
«Uno scimpanzé che cos’è? Un essere vivente con una differenza minima nel genoma rispetto all’uomo. Talmente minima, i geni sono uguali al 99,5 per cento, che potenzialmente potrebbe essere un progetto di uomo. E allora perché non tutelare anche lui? La Chiesa in realtà ha una visione antropocentrica: solo l’uomo conta. Ma io che sono animalista e vegetariano mi chiedo, provocatoriamente, perché non tuteliamo anche gli embrioni degli scimpanzé, anch’essi sono progetti di esseri umani».
Quindi, che cosa non va nella legge 40?
«Innanzitutto che tutela più gli ammassi di cellule che la donna o i feti veri e propri».
In che senso?
«Basti pensare all’inumana proibizione della diagnosi preimpianto per verificare la buona salute dell’embrione. Una palese contraddizione con la legislazione italiana in vigore che prevede l’esame prenatale del liquido amniotico o dei villi coriali, così come l’ecografia già dal secondo mese, che in caso dimostri una malformazione o una situazione grave del feto autorizza la scelta dell’aborto. E credo che nessuna donna ami abortire. Eppure mentre è prevista l’eliminazione di un feto, di un essere umano, si tutela un ammasso di cellule non pensante... Almeno fino a quando non diventa pensante, perché poi l’aborto è ammesso... Sconcertante».
Ma non c’è un rischio di deriva eugenetica?
«Bè, anche l’esame del liquido amniotico o l’ecografia al secondo mese in teoria nascondono il rischio di selezione eugenetica. Forse che poi la differenza non è fatta dall’etica del medico e dall’amore dei genitori in attesa. Non ho mai sentito di un aborto legato al colore degli occhi del futuro bambino. Eppure potenzialmente questo potrebbe accadere... In realtà la legge 40 offende i successi della ricerca scientifica che era arrivata ad anticipare la verifica della salute dell’embrione addirittura a prima dell’impianto evitando drammi psicologici ben maggiori. Offende me scienziato».
E sul numero massimo di tre embrioni da creare e impiantare, per evitare di congelarli?
«Anche in questo esiste una grave contraddizione etica. Se l’embrione è un essere vivente perché ne prevediamo la morte per legge?».
Che cosa vuol dire?
«Semplice, se impiantiamo tre embrioni sappiamo per certo che minimo uno muore, se non tutti e tre. Inoltre i parti plurigemellari sono un rischio per la donna. Allora, o si preleva un ovulo per volta, lo si feconda e lo si impianta. O si preparano più embrioni, si congelano e se ne impianta uno per volta. Questa peraltro è l’ultima indicazione dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms)».
La legge però serviva a regolare una sorta di Far West?
«Parlare di situazione da Far West è un oltraggio per la medicina italiana che in questo campo era al primo posto in Europa. E comunque, come dice il giurista Pietro Rescigno, sarebbe stato meglio il vuoto normativo a una legge lacunosa e contraddittoria».
E il problema degli embrioni congelati «orfani»?
«Ho già espresso più volte il mio pensiero: piuttosto che finire in un lavandino, potrebbero essere fondamentali per la ricerca sulle cellule staminali e altro. Donatori di cellule così come un adulto, constatata la morte cerebrale, può essere un donatore di organi... E poi, quando un domani, studiando le cellule staminali di un embrione, all’estero verrà trovato un farmaco che cura per esempio il Parkinson, i cattolici che fanno?... Non lo prendono?».

Mario Pappagallo

15 maggio 2005

 

Quand’è che l’embrione diventa persona?

di Floriano Papi, Pisa   (membro dell'accademia dei Lincei)

Ci sono due avvenimenti recenti - sono sulla bocca di tutti - che, se per un verso ci rallegrano, per l’altro ci mostrano una volta di più quanto sia pesante l’influenza clericale in Italia. Certo siamo lieti che l’Europa abbia respinto il tentativo di parlare di radici cristiane nella Costituzione europea e siamo lieti che il Parlamento europeo abbia rispedito Buttiglione al mittente. Probabilmente i due insuccessi erano previsti. Il Vaticano sapeva bene che, nonostante gli sforzi integralisti di Ratzinger, non ce la farà mai a cattolicizzare l’Europa, e al presidente del consiglio non importava l’esito del suo tentativo, gli bastava aver fatto la mossa per i suoi giochi politici. Ma è la reazione ai due eventi che ci preoccupa, entrambi sfruttati in chiave vittimista. Si è parlato d’integralismo laicista e di religione della laicità, con il fucile puntato soprattutto sulla Francia, il paese che dovremmo prendere invece a modello. E il cardinale Martino è arrivato a dire che in Europa è in atto una persecuzione anticristiana. Per fortuna una voce non sospetta, quella di Amos Luzzatto, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane lo ha zittito dicendo che queste pretese persecuzioni devono essere suffragate con dati di fatto. Ma finché recriminano i preti e i clericali, non sorprendiamoci: il fatto grave è che anche molti politici e intellettuali, che si dichiarano laici, sono scesi in campo con il solito slogan che non possiamo non dirci cristiani, con invocazioni alla libertà di coscienza, dichiarazioni di solidarietà con il povero Buttiglione, e via predicando. E questi laici militano in entrambi gli schieramenti politici.

Se questi episodi di clericalismo sono clamorosi e notissimi, altri rischiano di passare più inosservati. Su uno di essi, il caso della legge sulla fecondazione assistita, vorrei richiamare l’attenzione dei lettori, perché all’origine delle sue aberrazioni non ci sono pareri medici, bensì le idee della Chiesa o, come si dice aulicamente, il Magistero della Chiesa, puntualmente fatto proprio dalla maggioranza della Commissione nazionale di Bioetica e poi dalla maggioranza parlamentare. Qual è l’insegnamento della Chiesa in materia? Che l’embrione, fin dallo stadio d’uovo fecondato, è da considerare come una persona umana, un individuo-persona, e come tale ha innanzitutto il diritto inalienabile alla vita. Ce lo dice l’enciclica Donum vitae e ce lo ribadiscono tutti i pulpiti.

Ora è da notare che per fare questa affermazione, la Chiesa ha dovuto forzare la sua stessa dottrina pregressa e ricorrere a una finzione giuridica. Infatti, per “persona” i teologi e la Chiesa intendono l’insieme del corpo materiale e dello spirito, dove lo spirito è naturalmente l’anima direttamente insufflata da Dio nel nascituro. Ma in quale momento o in quale stadio? Subito alla fecondazione dell’uovo (ma la Chiesa parla più pudicamente di “concepimento”) nelle tube ovariche o nel corso dell’evoluzione del cosiddetto preembrione, come si chiama il germe tra la fusione dei gameti e il termine dell’annidamento nell’utero al 14° giorno? O magari allo stadio di morula di 16 cellule tre giorni dopo l’ovulazione, o molto più tardi, quando inizia lo sviluppo del sistema nervoso o addirittura quando l’embrione assume caratteri primatomorfici? In realtà la Chiesa non si era mai pronunciata in maniera definitiva sul momento dell’insufflazione dell’anima, anche perché il concetto di anima era sempre stato legato alla respirazione o almeno al movimento e a manifestazioni di vitalità ed era difficile dire a che momento queste comparissero.

Ed ecco allora la finzione giuridica. Il Magistero non dice che l’embrione, già nei primi stadi, è una persona, ma che deve essere rispettato come un persona. Ci sono due passi nella Donum vitae dove si usa proprio questa espressione: «come una persona». I logici chiamano questo artificio fictio juris, finzione giuridica1.

Naturalmente nemmeno i teologi o i filosofi2 sono tenuti ad attenersi a una posizione così estrema, e tanto meno i biologi e le persone di buon senso. Ma i cattolici osservanti e legiferanti sì. L’uovo umano fecondato è una cellula con un diametro di circa 1/4 di millimetro, una masserella di citoplasma e un nucleo diploide come gli altri miliardi di cellule che costituiscono il corpo umano e che ogni giorno vanno in parte distrutte e sostituite nel nostro organismo. Delle stesse uova fecondate, l’80% non si annida nell’utero e va perduto per cause naturali.

E cosa ci dice il biologo delle varie tappe dello sviluppo dell’uovo, del preembrione e poi dell’embrione? Ci dice quello che ci hanno insegnato Ernst Haeckel, lo zoologo tedesco grande diffusore delle idee di Darwin, e altri zoologi, soprattutto embriologi comparati, che fecero notare che lo sviluppo embrionale all’incirca ripercorre, riassumendole, le tappe dell’evoluzione, con l’uovo fecondato che rappresenta lo stadio di protozoo, la morula confrontabile a una colonia di unicellulari, cui seguono (nel caso dei mammiferi) gli stadi di metazoi sempre più complessi, di vertebrati acquatici e poi terrestri. Forse nemmeno lo zoologo (ammesso che sia suo compito) saprebbe dire il momento in cui, nello sviluppo dell’uomo, si può parlare di persona, ma non indicherebbe certo uno dei primi stadi di sviluppo. Come del resto, se fosse stata trovata - e siamo ben lontani - la serie completa dei fossili dalle Australopitecine all’Homo sapiens, non saprebbe dire quando si è affacciato alla ribalta l’attuale padrone della terra.

Vi è infine la contraddizione tra la posizione della Chiesa (e il contenuto della stessa legge sulla fecondazione assistita) e la legislazione italiana precedente. La nostra Repubblica ha approvato una legge, confermata da un referendum, per cui a richiesta della donna si può procedere all’aborto entro i primi tre mesi di gravidanza. Ne consegue che soltanto a partire dal quarto mese il nascituro può essere considerato un individuo-persona in possesso del diritto alla vita. Perché allora nella legge sulla fecondazione assistita si legifera come se lo stato di individuo-persona si acquisisse appena lo spermio è penetrato nell’uovo? Si noti anche che la legge italiana consente l’uso della cosiddetta pillola del giorno dopo che può impedire la gravidanza conseguente a una fecondazione avvenuta fino a 72 ore prima.

Le conseguenze della legge che si è ispirata ai principi oltranzisti della Chiesa cattolica sono stati più volte esposte dai media e non starò a ricordarli. Esse stanno anche alla base di una richiesta di referendum abrogativo e delle proposte d’emendamento della legge (volte purtroppo a evitare il referendum). La legge tra l’altro renderà praticamente impossibile in futuro la ricerca sulle cellule staminali embrionali, benché esse siano di grande importanza per la comprensione di fondamentali processi biologici e per la cura di alcune delle più importanti malattie umane.

Per alcuni anni questi impedimenti alla ricerca potrebbero essere aggirati ricorrendo alle cellule staminali delle migliaia di embrioni soprannumerari che giacciono nei frigoriferi, destinati alla distruzione entro poco tempo. Ma anche qui l’integralismo cattolico è entrato in azione creando difficoltà. Per esempio, chi usa questi embrioni è escluso dal finanziamento pubblico, e tanti saluti alle ricerche sul morbo di Parkinson, sulle malattie cardiache e altre malattie degenerative. La libertà della ricerca scientifica di base è coartata venendo meno uno dei principi basilari della ricerca, e cioè che essa è decisa e regolata dagli scienziati che sono addetti ai lavori.

La situazione è veramente preoccupante e indegna di un Paese civile. Io vi invito ad unirvi alle proteste degli addetti ai lavori in una battaglia per la libertà della ricerca che è anche battaglia per la libertà di pensiero.

Note

1.       Cfr. G. Boniolo. Il limite e il ribelle. Raffaello Cortina Editore, Milano 2003.

2.       Secondo certi filosofi che si richiamano ad Aristotele e al suo concetto di “potenza”, l’embrione sarebbe persona perché capace di diventare uomo, secondo altri non lo sarebbe. Chi voglia godersi il piacere di una disputa tanto divertente quanto inutile può cercare l’articolo di spalla sul Corriere della Sera del 1° dicembre 2004 (Emanuele Severino, L’embrione e il paradosso di Aristotele).
Dal sito
www.uaar.it

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Corriere della sera 16 aprile 2005

Giovanni Sartori

 

Embrione, anima e fede non si emargini la ragione

Secondo Giovanni Sartori, il referendum sulla legge 40 ha creato un conflitto tra ragione e fede. Il politologo, partendo dalla definizione religiosa dell’uomo, non condivide l’affermazione della Chiesa secondo cui l’embrione ha un’anima. Il motivo? San Tommaso e una dottrina millenaria in cui si stabilisce il confine dell’eresia

Forse eccitato da tanta autorevole fonte, il professor Francesco D’Agostino, membro dell’Accademia pontificia Pro vita e presidente dei giuristi cattolici, si è spericolato nell’asserire che la diagnosi preimpianto non si poteva fare perché violava la privacy dell’embrione. Così prendendo in contropiede lo stesso Rodotà, il garante della materia, che ha dovuto precisare che «nessuno mai in Europa ha parlato di privacy dell’embrione». In consimile slancio il primate della Chiesa cattolica inglese, cardinale Cormac Murphy- O’Connor, ha accostato l’interruzione della gravidanza agli «esperimenti di genetica dei nazisti». E se queste non sono esagerazioni, sono peggio. Riprendiamo il discorso dall’inizio: quale è la differenza tra vita in generale (anche di una rosa, anche di un moscerino) e vita umana. Io ho già risposto su queste colonne che l’uomo è caratterizzato da autocoscienza, dal sapere di sé. Questa risposta laica (o filosofica) ha molte varianti, sulle quali non mi voglio dilungare. Debbo però ribattere alla obiezione che in tal caso un ritardato mentale o anche un neonato non sarebbero mai, o ancora, un essere umano.

Obiezione pretestuosa, perché le definizioni precisano categorie e sono contenitori concettuali. Non sono strumenti contabili e non occorre che acchiappino tutto e tutti; basta che identifichino e, appunto, caratterizzino. In ogni caso, la definizione religiosa è e deve essere diversa: è che l’uomo è tale perché caratterizzato dalla presenza dell’anima. Questa è una definizione che io rispetto. Emi fa specie che sia io a doverla ricordare e difendere mentre la Chiesa di papa Wojtyla— scrivevo — dà mostra di essersene dimenticata. Questa asserzione ha suscitato l’ira di molti lettori che ribattono: lei è proprio un ignorantone (o peggio), è ovvio che l’anima arriva con l’embrione. Ovvio? Ovvio proprio no. Questa non è mai stata la dottrina della Chiesa (né preciserò, di nessuna Chiesa). Sul punto ho già citato San Tommaso. Ma l’ha fatto ancor meglio e più estesamente di me Umberto Eco (su «L’Espresso» del 17 marzo) che è un profondo conoscitore dell’Aquinate, che ne cita ben sei passi, e che riassumecosì: Dio introduce l’anima razionale solo quando il feto è un corpo già formato; dal che consegue che dopo il Giudizio Universale, quando i corpi dei morti risorgeranno, «a quella resurrezione gli embrioni non partecipano: in loro non era stata ancora infusa l’anima razionale e pertanto non sono essere umani».

Ignorantoni a parte, un filosofo cattolico che invece sa di queste cose mi risponde che San Tommaso «è vecchio » e che «non è necessario tornare indietro di sette secoli». Se così, povera Chiesa. Se San Tommaso è vecchio, lo sono ancora più Sant’Agostino e la Patristica. E altrettanto vecchi sono gli straordinari dibattiti che hanno stabilito quale sia la vera fede e quale l’eresia. La Chiesa cattolica dura da duemila anni poggiando su questo imponente bagaglio teologico. Se lo si dichiara vecchio e lo si ritiene sorpassato, allora cosa le resta? Passo a precisare, come promesso, che la tesi dell’«embrione eguale persona » non è sottoscritta, che io sappia, da nessuna altra religione. Non è condivisa dalla Chiesa Anglicana e dalla maggior parte delle Chiese protestanti. Ancor più significativo, non è condivisa dalle altre religioni monoteistiche. In riferimento al Talmud, il libro sacro dell’ebraismo, la dottrina è che l’embrione diventa gradualmente persona nel secondo mese di gravidanza, e cioè quando il feto dà inizio alla formazione degli organi. Analogamente nella religione islamica l’anima entra nel corpo quaranta giorni dopo la procreazione, dal che discende che oggi viene ammessa senza problemi la sperimentazione sull’embrione. La crociata del cardinal Ruini è dunque una crociata solitaria. Può benissimo darsi che in Italia la vinca. Ma sarebbe una vittoria di Pirro votata, altrove e alla lunga, a una pesante sconfitta. Tanto più che se la vince dovrà poi ripartire in crociata contro l’aborto. Altrimenti avremmo un embrione (che fino a 18 giorni dall’ovulazione ha ancora una dimensione inferiore al millimetro e non contiene organi o tessuti differenziati) tutelato, e un feto non tutelato, comunque meno tutelato. Un evidente assurdo.

A prescindere da questo assurdo, il fatto è che oramai la società cristiana dell’Occidente tiene alla vita, non accetta di morire soffrendo inutilmente, e quindi si affida alla medicina per le malattie che ci fanno soffrire e morire. La legge 40, scrive Veronesi, «è inumana e ingiusta». In Italia 30 mila bambini nascono ogni anno con gravi malformazioni. È giusto, è umano, farli nascere così? La gente teme di morire afflitta dal morbo di Parkinson o dall’Alzheimer, e la sperimentazione sull’embrione promette (forse a torto, ma questo non lo sa neanche la Chiesa) di curare malattie che ci terrorizzano. Il cardinal Ruini crede davvero che su queste questioni, su queste angosce, la gente voterà contro la medicina? Fermo restando — anch’io ho fermissime convinzioni bioetiche — che l’eugenetica deve essere soltanto curativa e che non deve mai imboccare la pericolosissima china di una umanità geneticamente manipolata. Allora, quando è che la vita diventa propriamente umana? La risposta che non crea problemi è la risposta ovvia, e cioè che la persona umana, l’individuo- persona, è tale quando esce dall’utero della madre, quando comincia a esistere in indipendenza, da solo. Questa era l’ottica del diritto (fino alla legge 40) che stabiliva al momento della nascita l’acquisto della capacità giuridica. E questa potrebbe essere l’unica discontinuità riconosciuta dalla biologia, che deve altrimenti essere «continuista ».

Ma, attenzione, non è che la biologia possa sostenere la tesi dell’embrione- persona. Anzi, la biologia ci mette di fronte al fatto (evoluzionista?) che la specie umana condivide con i primati, con gli animali superiori, più del 95 per cento del patrimonio genico; che il cuore (il primo organo che diventa funzionalmente attivo nella organogenesi) comincia a battere solo nella quarta settimana dopo la fecondazione; e che un altissimo numero di embrioni si perdono, e cioè che il più delle volte l’embrione non diventa un bambino. Oggi la Chiesa chiede ai giuristi cattolici e ai biologi cattolici di sottoscrivere la tesi che l’embrione è già un essere umano. Ma chi la sottoscrive lo fa come credente, non certo come giurista o uomo di scienza. Questa tesi è razionalmente insostenibile. E comunque non ci siamo lo stesso. La religione non esiste per far nascere quante più persone possibili (soffriamo già, globalmente, di sovrappopolazione), e ancor meno per prolungare artificialmente la vita (per decenni) di una vita puramente vegetale. La religione esiste per sconfiggere la morte, per promettere all’uomo la immortalità. E a questo fine occorre l’anima. Senza l’anima non c’è resurrezione dei corpi né vita eterna. E dunque la Chiesa ci deve saper dire quando arriva. Sennò rischia di non arrivare mai. La Chiesa di papa Wojtyla non ha osato smentire tutta la sua teologia (che ha sempre escluso che l’«anima razionale» arrivi all’istante del concepimento) e quindi tace, o comunque sorvola, su quando l’anima cominci ad «animare l’uomo».

Ne sta risultando una religione che si appiattisce su una concezione biologica della vita, che accusa di omicidio chi lascia morire una «vita vegetativa» che mentalmente è già morta, e che fa prevalere la potenzialità di vita di un embrione sulla «vita spirituale» (autocosciente) di chi è attualmente in vita e chiede ai progressi della medicina di essere curato. Il lascito di San Tommaso è di una ratio confortata fide. Ma oggi mi imbatto sempre più in una fede fanatizzata che emargina la ragione e la ragionevolezza. Sbaglierò, ma in tutto questo c’è qualcosa di profondamente sbagliato.

 

Giovanni Sartori

professore emerito alle università di New York e Firenze

16 aprile 2005

 

 

   Mia nota e successiva discussione:
https://www.facebook.com/giuseppina.ficarra/posts/10204390348709081

 

 

 

  Un allegato di Luigi alla lettera del : Sunday, April 19, 2015 11:45 PM

DA LA GRANDE CONGIURA

di Michael Sayers e Albert E. Kahn

(come riportato da Giuseppina Ficarra in facebook)

 

 

Lev Trotskij, magnifico oratore ed esperto organizzatore di truppe, per megalomania caratteriale e propositi personalistici, collaborò con la reazione bianca e straniera, convinto di poterne approfittare per mettere in minoranza Lenin. Alla morte di quest’ultimo, si spinse anche oltre con le sue subdole manovre, tanto che era ormai difficile distinguere in lui il valoroso soldato della repubblica che aveva combattuto impavidamente e che aveva contribuito ad abbattere lo zarismo, dal più grande traditore della Patria.

Su questi episodi di voltafaccia ai danni di Lenin e soci, pubblichiamo intere parti di questo libro, intitolato “la Grande Congiura”, che chiarificano i fatti ed assumono grande valore storico e storiografico perché non si tratta delle risultanze dei processi staliniani, magari accomodate dal regime per sbarazzarsi di un oppositore inappuntabile, ma di informative di barbe finte, generali, feluchei, capi di stato internazionali ecc. ecc., i quali sulla figura di Trotskij avevano puntato per mettere in difficoltà l’emergente Unione Sovietica. C’è da ammutolirsi ma non da sorprendersi. Non chiedetevi più come mai il capo rivoluzionario, nato in Ucraina, sia stato raggiunto fino in Messico, nel 1940, da un killer di Stalin, chiedetevi, piuttosto, come non sia accaduto prima, per come Trotskij aveva vigliaccamente tramato contro i suoi ex compagni.

Sin dal suo ingresso nel partito, Trotskij cercò di mettersi alla testa dell’opposizione di sinistra per ostacolare Lenin. Nonostante la famosa lettera testamento di questo, dove sembrava preferire Trotskij a Stalin per il futuro della Russia, negli anni precedenti, anche nei colloqui con eminenti esponenti dell’ambasciata americana a Mosca, Vladimir Il’ič Ul’janov aveva sempre espresso parole di fuoco per il compagno Trotskij, mentre il suo giudizio su Stalin risultava di sicuro più lusinghiero:  (n.d.r. e qui G. F. riporta alcuni giudizi che Lenin avrebbe espresso su Trotskij fra il 1911 ed il 1914, ripresi, ritengo, da “La grande congiura”) -“Ecco alcune altre tipiche osservazioni che Lenin, in periodi diversi, ha fatto a proposito di Trotskij e della sua attività in seno al movimento rivoluzionario russo: 1911 «Nel 1903 Trotskij era menscevico; lasciò i menscevichi nel 1904; ritornò ai menscevichi nel 1905, facendo sfoggio nel frattempo di frasi ultra rivoluzionarie e voltò di nuovo le spalle ai menscevichi nel 1906… Trotskij plagia oggi le idee di una fazione e domani quelle dell’altra, e in tal modo si ritiene superiore a entrambe. .. Devo dichiarare che Trotskij rappresenta soltanto la sua propria fazione ». 1910. « La gente come Trotskij con le sue frasi roboanti … è la malattia della nostra epoca. Chi appoggia il gruppo di Trotskij appoggia una politica di menzogne e d’inganno contro i lavoratori … non è possibile ragionare con Trotskij su questioni essenziali perché egli non ha opinioni … noi lo denunciamo semplicemente come un diplomatico della più bassa lega ». 1912. « Questo blocco è formato da mancanza di principi, da ipocrisia e frasi vuote … Tutto questo Trotskij lo nasconde dietro la frase rivoluzionaria che non gli costa nulla e non lo impegna a nulla ». 1914. « Sinora il compagno Trotskij non ha mai avuto un’opinione precisa su un solo serio problema marxista; egli è sempre entrato di soppiatto attraverso qualche fessura lasciata aperta da questa o quell’altra differenza e ha oscillato ora in una direzione e ora nell’ altra ». [2] Trotskij era giunto negli Stati Uniti solo due mesi prima della caduta dello zar, dopo essere stato espulso dalla Francia alla fine dell’autunno 1916. Dopo la sconfitta della rivoluzione del 1905 Trotskij era vissuto all’estero. Buchàrin, proveniente dall’ Austria, lo aveva preceduto negli Stati Uniti”.

 

continua:
http://www.conflittiestrategie.it/la-grande-congiura-i-puntata

http://www.conflittiestrategie.it/la-grande-congiura-i-puntata

https://www.facebook.com/giuseppina.ficarra/posts/10204390348709081

 

(https://www.facebook.com/IMaestriDelSocialismo/photos/a.187734908095135.1073741831.121303108071649/209855152549777/?type=1  mia richiesta di indicazioni di fonti )

 

 

Lettera al Congresso
(Testamento di Lenin)

(n.d.r. ripreso da internet) 


La Lettera al Congresso, conosciuta sotto il nome di "Testamento" fu dettata da Lenin dal 23 al 26 dicembre 1922 e il "supplemento alla lettera del 24 dicembre 1922" il 4 gennaio 1923.

Al pari delle lettere pubblicate più oltre, Sull'attribuzione di funzioni legislative al Gosplan e Sulla questione delle nazionalità o dell'autonomizzazione, questa lettera ha, come gli ultimi scritti di Lenin Pagine di diario, Sulla cooperazione, Sulla nostra rivoluzione (A proposito delle note di N. Sukhanov), Come riorganizzare l'ispezione operaia e contadina? (Proposta al XII Congresso del partito), Meglio meno, ma meglio, che egli dettò nel gennaio-febbraio 1923 e che furono pubblicati dalla Pravda, un'importanza di principio. Lenin riteneva indispensabile che dopo la sua morte la lettera fosse portata a conoscenza dell'imminente congresso del partito.

Ne fu data lettura ai delegati del XIII Congresso che si tenne dal 23 al 31 maggio 1924. Il congresso decise all'unanimità di non pubblicarla, considerando che, essendo rivolta al congresso, non ne era stata prevista la pubblicazione sulla stampa.

Per decisione del CC del PCUS, queste lettere di Lenin furono portate a conoscenza dei delegati del XX Congresso del PCUS e poi delle organizzazioni del partito. Nel 1956 furono pubblicate nel Kommunist n. 9 e poi raccolte in un opuscolo di grande tiratura.

Trascritto dall'Organizzazione Comunista Internazionalista (Che fare) e da Pagine rosse, Gennaio 2003


(n.d.r. http://www.dittatori.it/scrittilenin57.htm) 

Consiglierei vivamente di intraprendere a questo congresso una serie di mutamenti nella nostra struttura politica.

Vorrei sottoporvi le considerazioni che ritengo più importanti.

In primo luogo propongo di elevare il numero dei membri del CC portandolo ad alcune decine o anche a un centinaio. Penso che, se non intraprendessimo una tale riforma, grandi pericoli minaccerebbero il nostro CC nel caso in cui il corso degli avvenimenti non ci fosse del tutto favorevole (cosa di cui non possiamo non tener conto).

Penso poi di sottoporre all'attenzione del congresso la proposta di dare, a certe condizioni, un carattere legislativo alle decisioni dei Gosplan, andando così incontro, fino a un certo punto e a certe condizioni, al compagno Trotski.

Per quel che riguarda il primo punto, cioè l'aumento del numero dei membri del CC, penso che ciò sia necessario e per elevare l'autorità del CC, e per lavorare seriamente al miglioramento del nostro apparato, e per evitare che conflitti di piccoli gruppi del CC possano avere una importanza troppo sproporzionata per le sorti di tutto il partito.

Io penso che il nostro partito abbia il diritto di esigere dalla classe operaia 50-100 membri del CC e che possa ottenerli senza un eccessivo sforzo da parte di essa.

Una tale riforma aumenterebbe notevolmente la solidità del nostro partito e faciliterebbe la lotta che esso deve condurre in mezzo a Stati nemici e che, a mio parere, potrà e dovrà acuirsi fortemente nei prossimi anni. Io penso che la stabilità del nostro partito guadagnerebbe enormemente da un tale provvedimento.

Per stabilità del Comitato centrale, di cui ho parlato sopra, intendo provvedimenti contro la scissione, nella misura in cui tali provvedimenti possano in generale essere presi. Perché, certo, la guardia bianca della Russkaia MysI (mi pare fosse S. F. Oldenburg)[1] aveva ragione quando, in primo luogo, faceva assegnamento, per quanto riguarda il loro gioco contro la Russia sovietica, sulla scissione del nostro partito, e quando, in secondo luogo, faceva assegnamento, per l'avverarsi di questa scissione, sui gravissimi dissensi nel partito.

Il nostro partito si fonda su due classi, e sarebbe perciò possibile la sua instabilità, e inevitabile il suo crollo, se tra queste due classi non potesse sussistere un'intesa. In questo caso sarebbe inutile prendere questi o quel provvedimenti e in generale discutere sulla stabilità del nostro CC. Non ci sono provvedimenti, in questo caso, capaci di evitare la scissione. Ma spero che questo sia un avvenimento di un futuro troppo lontano e troppo inverosimile perché se ne debba parlare.

Intendo stabilità come garanzia contro la scissione nel prossimo avvenire, e ho l'intenzione di esporre qui una serie di considerazioni di natura puramente personale.

Io penso che, da questo punto di vista, fondamentali per la questione della stabilità siano certi membri del CC come Stalin e Trotski.

I rapporti tra loro, secondo me, rappresentano una buona metà del pericolo di quella scissione, che potrebbe essere evitata e ad evitare la quale, a mio parere, dovrebbe servire, tra l'altro, l'aumento del numero dei membri del CC a 50 o a 100 persone.

Il compagno Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e io non sono sicuro che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza. D'altro canto, il compagno Trotski come ha già dimostrato la sua lotta contro il CC nella questione del commissariato del popolo per i trasporti, si distingue non solo per le sue eminenti capacità. Personalmente egli è forse il più capace tra i membri dell'attuale CC, ma ha anche una eccessiva sicurezza di sé e una tendenza eccessiva a considerare il lato puramente amministrativo dei problemi.

Queste due qualità dei due capi più eminenti dell'attuale CC possono eventualmente portare alla scissione, e se il nostro partito non prenderà misure per impedirlo, la scissione può avvenire improvvisamente.

Non continuerò a caratterizzare gli altri membri del CC secondo le loro qualità personali. Ricordo soltanto che l'episodio di cui sono stati protagonisti nell'ottobre Zinoviev e Kamenev [2] non fu certamente casuale, ma che d'altra parte non glielo si può ascrivere personalmente a colpa, così come il non bolscevismo a Trotski.

Dei giovani membri del CC, voglio dire qualche parola su Bukharin e Piatakov. Sono queste, secondo me, le forze più eminenti (tra quelle più giovani), e riguardo a loro bisogna tener presente quanto segue: Bukharin non è soltanto un validissimo e importantissimo teorico del partito, ma è considerato anche, giustamente, il prediletto di tutto il partito, ma le sue concezioni teoriche solo con grandissima perplessità possono essere considerate pienamente marxiste, poiché in lui vi è qualcosa di scolastico (egli non ha mai appreso e, penso, mai compreso pienamente la dialettica

Ed ora Piatakov: è un uomo indubbiamente di grandissima volontà e di grandissime capacità, ma troppo attratto dal metodo amministrativo e dall'aspetto amministrativo dei problemi perché si possa contare su di lui per una seria questione politica.

Naturalmente, sia questa che quella osservazione sono fatte solo per il momento, nel presupposto che ambedue questi eminenti e devoti militanti trovino l'occasione di completare le proprie conoscenze e di eliminare la propria unilateralità.

Aggiunta alla lettera del 24 dicembre 1922

Stalin è troppo grossolano, e questo difetto, del tutto tollerabile nell'ambiente e nel rapporti tra noi comunisti, diventa intollerabile nella funzione di segretario generale. Perciò propongo ai compagni di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico e di designare a questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più tollerante, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, ecc. Questa circostanza può apparire una piccolezza insignificante. Ma io penso che, dal punto di vista dell'impedimento di una scissione e di quanto ho scritto sopra sui rapporti tra Stalin e Trotski, non è una piccolezza, ovvero è una piccolezza che può avere un'importanza decisiva.

Lenin

4 gennaio 1923

_____________________

 

DAL TESTAMENTO DI LENIN

 delineò i ritratti dei maggiori esponenti del partito candidati alla sua successione. Di Stalin e Trotzky scriveva:

"Io penso che, da questo punto di vista, fondamentali per la questione della stabilità siano certi membri del CC come Stalin e Trotski. I rapporti tra loro, secondo me, rappresentano una buona metà del pericolo di quella scissione, che potrebbe essere evitata e ad evitare la quale, a mio parere, dovrebbe servire, tra l'altro, l'aumento del numero dei membri del CC a 50 o a 100 persone."

Poi continuava:

"Il compagno Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e io non sono sicuro che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza. D'altro canto, il compagno Trotski come ha già dimostrato la sua lotta contro il CC nella questione del commissariato del popolo per i trasporti, si distingue non solo per le sue eminenti capacità. Personalmente egli è forse il più capace tra i membri dell'attuale CC, ma ha anche una eccessiva sicurezza di sé e una tendenza eccessiva a considerare il lato puramente amministrativo dei problemi."

Il 4 gennaio aggiungeva riguardo a Stalin:

"Stalin è troppo grossolano, e questo difetto, del tutto tollerabile nell'ambiente e nel rapporti tra noi comunisti, diventa intollerabile nella funzione di segretario generale. Perciò propongo ai compagni di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico e di designare a questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più tollerante, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, ecc. Questa circostanza può apparire una piccolezza insignificante. Ma io penso che, dal punto di vista dell'impedimento di una scissione e di quanto ho scritto sopra sui rapporti tra Stalin e Trotski, non è una piccolezza, ovvero è una piccolezza che può avere un'importanza decisiva."

 

Un allegato di Luigi alla lettera del : Sunday, April 19, 2015 11:45 PM

----- Original Message -----
From: luigi ficarra
To: 'Giuseppina Ficarra'
Sent: Sunday, April 19, 2015 11:45 PM
Subject: R: la logica

                                                ****

IL PENSIERO DI LENIN SU TROCKIJ

Si usa spesso dire che nel suo "Testamento" politico Lenin avesse dato indicazioni verso Trockij piuttosto che verso Stalin come leader del partito bolscevico e del nascente stato sovietico. In realtà in tale "Testamento" Lenin esprimeva profonde riserve su tutti principali leader del partito bolscevico dell'epoca, riscontrando difetti teorici, pratici o caratteriali sia in Stalin che in Kamenev, Bucharin, Zinov'ev e, non ultimo, nello stesso Trockij.

Riguardo a quest'ultimo anzi il giudizio di Lenin stesso era sempre stato molto severo e teso alla diffidenza politica. A questo riguardo occorre ricordare che tale preoccupazione era presente nell'intero gruppo dirigente del partito bolscevico, tant'è che lo stesso Stalin fu nominato segretario generale del partito già nel 1922, Lenin vivente, appoggiato non solo da Lenin ma dalla gran parte del gruppo dirigente (compresi gli altri leader prima nominati), preoccupato per il prestigio popolare acquisito dal fondatore dell'Armata Rossa, sul quale pesavano però alcune notevoli divergenze politiche.

A titolo di esempio riportiamo una lunga serie di giudizi non propriamente positivi dati dal compagno Lenin su Trockij (che riportiamo pur ricordando che fu lo stesso Lenin e lo stesso partito ad affidare spesso incarichi importanti e determinanti per il buon esito della rivoluzione bolscevica e della sua salvaguardia; è però importante ricondurre pregi e difetti ad un giudizio critico adeguato ai fatti storici):

"La spudoratezza di Trotsky nel ridurre al minimo il partito e esaltare se stesso."
(Significato storico della lotta all'interno del Partito comunista in Russia, 1911)

"Frasi risonanti ma vuote di quelle in cui Trotsky è un maestro".
(Significato storico della lotta interna nel Partito comunista in Russia, 1911)

"L’ossequiosità di Trotsky è più pericolosa di un nemico! Trotsky non poteva offrire alcuna prova, ad eccezione di conversazioni private (semplice sentito dire, che in Trotsky sussiste sempre)."
(Il diritto delle nazioni all’autodeterminazione, 1914)

"Antiche e pompose ma perfettamente vacue frasi di Trotsky... Nessuna parola sul merito della questione... Esclamazioni vuote, parole di alto volo, uscite arroganti contro avversari che l'autore non nomina, affermazioni straordinariamente importanti - questo è il repertorio di Trotsky".
(Pravda, 1913)

"Non capisce il significato storico delle differenze ideologiche tra gruppi e tendenze marxiste"
(Rottura dell’Unità, 1914)

"Trotsky non ha mai avuto una opinione ferma su nessuna questione importante del marxismo".
(Il diritto delle nazioni all'autodeterminazione, 1914)

"Trotsky, tuttavia, non ha mai avuto un "aspetto", l'unica cosa che ha è l'abitudine di cambiare fronte, di saltare dai liberali ai marxisti per ritornare di nuovo, di impostare esageratamente argomenti e frasi roboanti..."
(La rottura del blocco di agosto, 1914)

"Trotsky, da un lato, rappresenta solo le sue esitazioni personali e nient'altro. Nel 1903, fu menscevico; nel 1904, ha lasciato i menscevichi; nel 1905 ritornò al menscevismo urlando frasi ultra-rivoluzionarie; nel 1906 lo lasciò di nuovo; alla fine del 1906 sostenne accordi elettorali con i cadetti (essendo ancora una volta con i menscevichi); nella primavera del 1907, al Congresso di Londra, affermò che differiva da Rosa Luxemburg in "dettagli specifici di idee piuttosto che di linee politiche". Un giorno Trotsky plagia l'eredità ideologica di una fazione, il giorno dopo ne plagia un altra, e infine si dichiara al di sopra delle fazioni."
(Significato storico della lotta all'interno del Partito comunista in Russia, 1911)

"Trotsky fu un ardente iskrista nel 1901-1903, e Ryazanov descrisse il suo ruolo nel Congresso nel 1903 come "il randello di Lenin". Alla fine del 1903, Trotsky fu un ardente menscevico (cioè un transfuga passato dagli iskristi agli "economisti"). Egli proclama che "tra la vecchia e la nuova Iskra vi è un abisso". Nel 1904-1905 abbandona i menscevichi e assume una posizione incerta, ora collaborando con Martynov (un "economista") ora proclamando l'assurdamente sinistra teoria della "rivoluzione permanente". Nel 1906-1907 si avvicina ai bolscevichi e nella primavera del 1907 si proclama d'accordo con Rosa Luxemburg.”
(Come si viola l'unità gridando che si cerca l'unità, 1914)

"Che canaglia questo Trotsky; frasi di sinistra, e in blocco con la destra contro la sinistra di Zimmerwald!!!".
(Lettera a Kollontai, febbraio 1917)

"Trotsky arrivò, e questo farabutto subito si alleò con l'ala destra del Novy Mir contro la sinistra di Zimmerwald! [...] Questo e’ Trotsky! Sempre fedele a se stesso = truffaldino, si finge di essere di sinistra e aiuta la destra, per quanto possibile..."
(Lettera a Inessa Armand, febbraio 1917)

"Un leader politico è responsabile non solo della propria politica, ma anche per gli atti di coloro che egli guida."
(I sindacati, la situazione attuale e gli errori di Trotsky, 1921)

"Trotsky ha fatto perdere tempo al partito in una discussione di parole e brutte tesi... Tutte le sue tesi, quanto la sua intera piattaforma, sono così errate che abbiano sottratto risorse e l'attenzione del Partito dal lavoro pratico nella "produzione" di un sacco di discorsi vacui [...] dopo la sessione plenaria di novembre in cui si è data una soluzione chiara e teoricamente corretta."
(Ancora una volta sui sindacati, 1921)

"Il suo rifiuto a far parte del comitato dei sindacati è stata una violazione della disciplina del Comitato centrale."
(Discorso sui sindacati, 1921)

"L’apparato è per la politica, non la politica per l'apparato [...] Trotsky è un uomo di temperamento con esperienza militare. Egli è affezionato all'organizzazione ma, come in politica, non ha nessuna idea."
(Riassunto di note di Lenin in occasione della Conferenza dei Delegati al X congresso del PC(B), marzo 1921).

"Il compagno Trotsky parla di “stato operaio". Lasciatemi dire che questa è un'astrazione, non è proprio uno “Stato Operaio”. Questo è uno dei principali errori del compagno Trotsky [...] Per una cosa: il nostro non è in realtà uno stato operaio, ma uno stato di operai e contadini. E molto deriva da esso."
(I sindacati, la situazione attuale e gli errori di Trotsky, 1921)

"Trotsky accusa Tomsky e Lozovsky di pratiche burocratiche. Io direi che è vero il contrario."
(Secondo Congresso dei minatori russi, 1921)

"In relazione all’Ispezione operaia e contadina, il compagno Trotsky ha fondamentalmente sbagliato [...] In relazione alla Commissione di pianificazione dello Stato, il compagno Trotsky non ha solo sbagliato ma sta giudicando qualcosa su cui è sorprendentemente male informato"
(Replica sulle osservazioni sulle funzioni del Vice Presidente dei Commissari del Popolo, 1922).

https://www.facebook.com/IMaestriDelSocialismo/posts/313934748808483

 

la fonte sono le opere complete di Lenin. Buon lavoro di ricerca!                       

                             *****              

Cari compagni,
in  http://www.conflittiestrategie.it/la-grande-congiura-i-puntata si legge che:
"Nonostante la famosa lettera testamento di questo, dove sembrava preferire Trotskij a Stalin per il futuro della Russia, negli anni precedenti, anche nei colloqui con eminenti esponenti dell’ambasciata americana a Mosca, Vladimir Il’ič Ul’janov aveva sempre espresso parole di fuoco per il compagno Trotskij,.."
Mi potete aiutare a trovare la fonte  sicura in modo da potere documentare questi colloqui di Lenin "con eminenti esponenti dell’ambasciata americana a Mosca"
Grazie una compagna stalinista in cerca di documenti da sbattere in faccia ai revisionisti 
 
***********
Ho consultato nella bibliotaca digitale Mels del sito resistenze.org 5 volumi delle opere compete di Lenin, e nellindice dei nomi non ho trovato Trotsky, Troskij nè Trotskij. Ceme si spiega? Dove devo cercare?

 

  • Giuseppina Ficarra Ho consultato nella bibliotaca digitale Mels del sito resistenze.org 5 volumi delle opere compete di Lenin, e nellindice dei nomi non ho trovato Trotsky, Troskij nè Trotskij. Ceme si spiega? Dove devo cercare?
  •  
    Giuseppina Ficarra Cari compagni, ho ancora un'altra richiesta:
    in http://www.conflittiestrategie.it/la-grande-congiura-i... si legge che:
    "Nonostante la famosa lettera testamento di questo, dove sembrava preferire Trotskij a Stalin per il futuro della Russia, negli ann
    i precedenti, anche nei colloqui con eminenti esponenti dell’ambasciata americana a Mosca, Vladimir Il’ič Ul’janov aveva sempre espresso parole di fuoco per il compagno Trotskij,.."
    Mi potete aiutare a trovare la fonte sicura in modo da potere documentare questi colloqui di Lenin "con eminenti esponenti dell’ambasciata americana a Mosca"?
    Grazie una compagna stalinista in cerca di documenti da sbattere in faccia ai revisionisti
  • anche direttamente in fb   https://www.facebook.com/IMaestriDelSocialismo
    Cari compagni,
    sono alla ricerca di fonti sicure da "sbattere in faccia" ai revisionisti.

    In http://www.conflittiestrategie.it/la-grande-congiura-i-puntata si legge che:
    "Nonostante la famosa lettera testamento di questo, dove sembrava preferire Trotskij a Stalin per il futuro della Russia, negli anni precedenti, anche nei colloqui con eminenti esponenti dell’ambasciata americana a Mosca, Vladimir Il’ič Ul’janov aveva sempre espresso parole di fuoco per il compagno Trotskij,.."
    Mi potete aiutare a trovare la fonte sicura in modo da potere documentare questi colloqui di Lenin "con eminenti esponenti dell’ambasciata americana a Mosca"?

    e ancora

    Ho consultato nella bibliotaca digitale Mels del sito resistenze.org 5 volumi delle opere compete di Lenin, e nellindice dei nomi non ho trovato Trotsky, Troskij nè Trotskij. Ceme si spiega? Dove devo cercare?
    Resistenze.org - sito di controinformazione del C.C.D.P. - Via Reggio 14 - Torino
    resistenze.org

    Grazie e saluti comunisti
    Giuseppina Ficarra

                                          ****

    https://www.facebook.com/IMaestriDelSocialismo/posts/313934748808483

    A titolo di esempio riportiamo una lunga serie di giudizi non propriamente positivi dati dal compagno Lenin su Trockij (che riportiamo pur ricordando che fu lo stesso Lenin e lo stesso partito ad affidare spesso incarichi importanti e determinanti per il buon esito della rivoluzione bolscevica e della sua salvaguardia; è però importante ricondurre pregi e difetti ad un giudizio critico adeguato ai fatti storici):

    "La spudoratezza di Trotsky nel ridurre al minimo il partito e esaltare se stesso."
    (Significato storico della lotta all'interno del Partito comunista in Russia, 1911)

    "Frasi risonanti ma vuote di quelle in cui Trotsky è un maestro".
    (Significato storico della lotta interna nel Partito comunista in Russia, 1911)

    "L’ossequiosità di Trotsky è più pericolosa di un nemico! Trotsky non poteva offrire alcuna prova, ad eccezione di conversazioni private (semplice sentito dire, che in Trotsky sussiste sempre)."
    (Il diritto delle nazioni all’autodeterminazione, 1914)

    "Antiche e pompose ma perfettamente vacue frasi di Trotsky... Nessuna parola sul merito della questione... Esclamazioni vuote, parole di alto volo, uscite arroganti contro avversari che l'autore non nomina, affermazioni straordinariamente importanti - questo è il repertorio di Trotsky".
    (Pravda, 1913)

    "Non capisce il significato storico delle differenze ideologiche tra gruppi e tendenze marxiste"
    (Rottura dell’Unità, 1914)

    "Trotsky non ha mai avuto una opinione ferma su nessuna questione importante del marxismo".
    (Il diritto delle nazioni all'autodeterminazione, 1914)

    "Trotsky, tuttavia, non ha mai avuto un "aspetto", l'unica cosa che ha è l'abitudine di cambiare fronte, di saltare dai liberali ai marxisti per ritornare di nuovo, di impostare esageratamente argomenti e frasi roboanti..."
    (La rottura del blocco di agosto, 1914)

    "Trotsky, da un lato, rappresenta solo le sue esitazioni personali e nient'altro. Nel 1903, fu menscevico; nel 1904, ha lasciato i menscevichi; nel 1905 ritornò al menscevismo urlando frasi ultra-rivoluzionarie; nel 1906 lo lasciò di nuovo; alla fine del 1906 sostenne accordi elettorali con i cadetti (essendo ancora una volta con i menscevichi); nella primavera del 1907, al Congresso di Londra, affermò che differiva da Rosa Luxemburg in "dettagli specifici di idee piuttosto che di linee politiche". Un giorno Trotsky plagia l'eredità ideologica di una fazione, il giorno dopo ne plagia un altra, e infine si dichiara al di sopra delle fazioni."
    (Significato storico della lotta all'interno del Partito comunista in Russia, 1911)

    "Trotsky fu un ardente iskrista nel 1901-1903, e Ryazanov descrisse il suo ruolo nel Congresso nel 1903 come "il randello di Lenin". Alla fine del 1903, Trotsky fu un ardente menscevico (cioè un transfuga passato dagli iskristi agli "economisti"). Egli proclama che "tra la vecchia e la nuova Iskra vi è un abisso". Nel 1904-1905 abbandona i menscevichi e assume una posizione incerta, ora collaborando con Martynov (un "economista") ora proclamando l'assurdamente sinistra teoria della "rivoluzione permanente". Nel 1906-1907 si avvicina ai bolscevichi e nella primavera del 1907 si proclama d'accordo con Rosa Luxemburg.”
    (Come si viola l'unità gridando che si cerca l'unità, 1914)

    "Che canaglia questo Trotsky; frasi di sinistra, e in blocco con la destra contro la sinistra di Zimmerwald!!!".
    (Lettera a Kollontai, febbraio 1917)

    "Trotsky arrivò, e questo farabutto subito si alleò con l'ala destra del Novy Mir contro la sinistra di Zimmerwald! [...] Questo e’ Trotsky! Sempre fedele a se stesso = truffaldino, si finge di essere di sinistra e aiuta la destra, per quanto possibile..."
    (Lettera a Inessa Armand, febbraio 1917)

    "Un leader politico è responsabile non solo della propria politica, ma anche per gli atti di coloro che egli guida."
    (I sindacati, la situazione attuale e gli errori di Trotsky, 1921)

    "Trotsky ha fatto perdere tempo al partito in una discussione di parole e brutte tesi... Tutte le sue tesi, quanto la sua intera piattaforma, sono così errate che abbiano sottratto risorse e l'attenzione del Partito dal lavoro pratico nella "produzione" di un sacco di discorsi vacui [...] dopo la sessione plenaria di novembre in cui si è data una soluzione chiara e teoricamente corretta."
    (Ancora una volta sui sindacati, 1921)

    "Il suo rifiuto a far parte del comitato dei sindacati è stata una violazione della disciplina del Comitato centrale."
    (Discorso sui sindacati, 1921)

    "L’apparato è per la politica, non la politica per l'apparato [...] Trotsky è un uomo di temperamento con esperienza militare. Egli è affezionato all'organizzazione ma, come in politica, non ha nessuna idea."
    (Riassunto di note di Lenin in occasione della Conferenza dei Delegati al X congresso del PC(B), marzo 1921).

    "Il compagno Trotsky parla di “stato operaio". Lasciatemi dire che questa è un'astrazione, non è proprio uno “Stato Operaio”. Questo è uno dei principali errori del compagno Trotsky [...] Per una cosa: il nostro non è in realtà uno stato operaio, ma uno stato di operai e contadini. E molto deriva da esso."
    (I sindacati, la situazione attuale e gli errori di Trotsky, 1921)

    "Trotsky accusa Tomsky e Lozovsky di pratiche burocratiche. Io direi che è vero il contrario."
    (Secondo Congresso dei minatori russi, 1921)

    "In relazione all’Ispezione operaia e contadina, il compagno Trotsky ha fondamentalmente sbagliato [...] In relazione alla Commissione di pianificazione dello Stato, il compagno Trotsky non ha solo sbagliato ma sta giudicando qualcosa su cui è sorprendentemente male informato"
    (Replica sulle osservazioni sulle funzioni del Vice Presidente dei Commissari del Popolo, 1922).

    FONTE
    http://noicomunisti.blogspot.it/2012/09/le-reali-opinioni-di-lenin-su-troztskij.html   

    dove trovo:

    Il grande Lenin sul piccolo Troztskij (citazioni)

    Non è tutt'oro quel che riluce. Le frasi di Trotsky sono molto luccicanti e sonore, ma non hanno contenuto" Lenin da Come si viola l'unità gridando che si cerca l'unità
     
     
    LENIN

    FONTE

     
    •                                  "La spudoratezza di Trotsky nel ridurre al minimo il partito e esaltare se stesso." (Significato storico della lotta all'interno del Partito comunista in Russia, 1911)      "Frasi risonanti ma vuote di quelle in cui Trotsky è un maestro".  (Significato storico della lotta interna nel Partito comunista in Russia, 1911)
    •                                  "L’ossequiosità di Trotsky è più pericolosa di un nemico! Trotsky non poteva offrire alcuna prova,  ad eccezione di "conversazioni private" (semplice sentito dire, che in Trotsky sussiste sempre)." (Il diritto delle nazioni all’autodeterminazione, 1914)
    •                         "Antiche e pompose ma perfettamente vacue frasi di Trotsky ... Nessuna parola sul merito della questione ... Esclamazioni vuote, parole di alto volo, uscite arroganti contro avversari che l'autore non nomina, affermazioni straordinariamente importanti - questo è il repertorio di Trotsky". (Pravda, 1913)
    •                                 "Non capisce il significato storico delle differenze ideologiche tra gruppi e tendenze marxiste" (Rottura dell’Unità, 1914)
    •                             "Trotsky non ha mai avuto una opinione ferma su nessuna questione importante del marxismo". (Il diritto delle nazioni all'autodeterminazione, 1914)
    •                       "Trotsky, tuttavia, non ha mai avuto un "aspetto", l'unica cosa che ha è l'abitudine di cambiare fronte, di saltare dai liberali ai marxisti per ritornare di nuovo, di impostare esageratamente argomenti e frasi roboanti ..." (La rottura del blocco di agosto, 1914)
    •                             "... Trotsky, da un lato, rappresenta solo le sue esitazioni personali e nient'altro. Nel 1903, fu menscevico; nel 1904, ha lasciato i menscevichi; nel 1905 ritornò al menscevismo urlando frasi ultra-rivoluzionarie;  nel 1906 lo lasciò di nuovo; alla fine del 1906 sostenne accordi elettorali con i cadetti (essendo ancora una volta con i menscevichi); nella primavera del 1907, al Congresso di Londra, affermò che differiva da Rosa Luxemburg in "dettagli specifici di idee piuttosto che di linee politiche". Un giorno Trotsky plagia l'eredità ideologica di una fazione, il giorno dopo ne plagia un altra, e infine si dichiara al di sopra delle fazioni. " (Significato storico della lotta all'interno del Partito comunista in Russia, 1911)
    •                         "Trotsky fu un ardente iskrista nel 1901-1903, e Ryazanov descrisse il suo ruolo nel Congresso nel 1903 come " il randello di Lenin ". Alla fine del 1903, Trotsky fu un ardente menscevico (cioè un transfuga passato dagli iskristi agli "economisti"). egli proclama che "tra la vecchia e la nuova Iskra vi è un abisso". Nel 1904-1905 abbandona i menscevichi e assume una posizione incerta, ora collaborando con Martynov (un "economista") ora proclamando l'assurdamente sinistra teoria della "rivoluzione permanente". Nel 1906-1907 si avvicina ai bolscevichi e nella primavera del 1907 si proclama d'accordo con Rosa Luxemburg.” (Come si viola l'unità gridando che si cerca l'unità, 1914)
    •                          "L'articolo di A.P. sulla Berner Tagwacht (24 luglio) intorno al congresso del Partito socialdemocratico olandese è molto importante ai fini della nostra comprensione reciproca ... il nostro compito più importante consiste ora appunto nel tracciare una netta linea di confine tra la sinistra marxista, da una parte, e gli opportunisti (e i kautskiani) e gli anarchici, dall'altra. Un punto dell'articolo di A.P. mi ha però addirittura indignato, e precisamente dove si dice che la dichiarazione di principio della signora Roland-Holst' corrisponde perfettamente al punto di vista del Partito socialdemocratico'!!Da questa dichiarazione di principio ... vedo che in nessun caso noi potremo solidarizzare con la signora Roland-Holst. Questa a mio avviso, è il Kautski olandese o il Trotzki olandese. Costoro in linea di principio “non sono assolutamente d'accordo” con gli opportunisti, ma in pratica, in tutte le questioni più importanti, sono d'accordo!! La signora Roland-Holst respinge il principio della difesa della patria, cioè respinge il socialsciovinismo. Questo va bene. Ma essa non respinge l'opportunismo!! Nella interminabile dichiarazione neanche una parola contro l'opportunismo! Neanche una parola precisa, non ambigua, sui mezzi di lotta rivoluzionari... Neanche una parola sulla rottura con gli opportunisti! Parola d'ordine della 'pace' completamente alla Kautski!... In tutto e per tutto come il nostro signor Trotzki: “'in linea di principio decisamente contro la difesa della patria”, in pratica per l'unità con il gruppo di Ckheidze nella Duma russa (cioè con gli avversari del nostro gruppo deportato in Siberia, con i migliori amici dei socialsciovinisti russi)... Questo è internazionalismo del tutto avventato, meramente platonico e ipocrita. Nient'altro che tattica delle mezze misure. Questo può servire (politicamente parlando) solo a formare un' ”ala sinistra” (cioè una 'minoranza innocua', un 'ornamento marxista decorativo') nei vecchi partiti di lacché, partiti vili e imputriditi (nei partiti operai liberali)... La lotta del nostro partito (e del movimento operaio in Europa in generale) deve essere interamente diretta contro l'opportunismo. Questo non è una corrente, una tendenza; questo (l'opportunismo) è diventato oggi uno strumento organizzato della borghesia in seno al movimento operaio. E inoltre: i problemi della lotta rivoluzionaria (tattica, mezzi, propaganda nell'esercito, fraternizzazione nelle trincee,ecc.) debbono assolutamente essere esaminati punto per punto, discussi,meditati, controllati, spiegati alle masse nella stampa illegale. Senza di questo, ogni 'riconoscimento' della rivoluzione rimane soltanto una frase. Noi e i radicali parolai (in olandese: 'passivi') percorriamo strade diverse". Lenin, Opere complete, Vol. 35, pagg. 130-132
    •                           "Che canaglia questo Trotsky; frasi di sinistra, e in blocco con la destra contro la sinistra di Zimmerwald!!!". (Lettera a Kollontai, febbraio 1917)
    •                      "Trotsky arrivò, e questo farabutto subito si alleò con l'ala destra del Novy Mir contro la sinistra di Zimmerwald! ... Questo e’ Trotsky! Sempre fedele a se stesso = truffaldino, si finge di essere di sinistra e aiuta la destra, per quanto possibile ... "(Lettera a Inessa Armand, febbraio 1917)
    •               "... Un leader politico è responsabile non solo della propria politica, ma anche per gli atti di coloro che egli guida." (I sindacati, la situazione attuale e gli errori di Trotsky, 1921)
    •      "Trotsky ha fatto perdere tempo al partito in una discussione di parole e brutte tesi ... Tutte le sue tesi, quanto la sua intera piattaforma, sono così errate che abbiano sottratto risorse e l'attenzione del Partito dal lavoro pratico nella "produzione" di un sacco di discorsi vacui ... (...) dopo la sessione plenaria di novembre in cui si è data una soluzione chiara e teoricamente corretta. "(Ancora una volta sui sindacati, 1921)
    •   "Il suo rifiuto a far parte del comitato dei sindacati è stata una violazione della disciplina del Comitato centrale." (Discorso sui sindacati, 1921)
    •           "L’apparato è per la politica, non la politica per l'apparato ... Trotsky è un uomo di temperamento con esperienza militare. Egli è affezionato all'organizzazione ma, come in politica, non ha nessuna idea." (Riassunto di note di Lenin in occasione della Conferenza dei Delegati al X congresso del PC(B), marzo 1921).
    •                       "Il compagno Trotsky parla di “stato operaio ". Lasciatemi dire che questa è un'astrazione, non è proprio uno “Stato Operaio”. Questo è uno dei principali errori del compagno Trotsky ... Per una cosa: il nostro non è in realtà uno stato operaio, ma uno stato di operai e contadini. E molto deriva da esso ". (I sindacati, la situazione attuale e gli errori di Trotsky, 1921)
    •                   "Trotsky accusa a Tomsky e Lozovsky di pratiche burocratiche. Io direi che è vero il contrario." (Secondo Congresso dei minatori russi, 1921)
    •             "In relazione all’Ispezione operaia e contadina, il compagno Trotsky ha fondamentalmente sbagliato ... In relazione alla Commissione di pianificazione dello Stato, il compagno Trotsky non ha solo sbagliato ma sta giudicando qualcosa su cui è sorprendentemente male informato" ( Replica sulle osservazioni sulle funzioni del Vice Presidente dei Commissari del Popolo, 1922).
    • https://www.google.it/search?q=Lenin,+Opere+complete,+Vol.+35&biw=893&bih=507&tbm=isch&tbo=u&source=univ&sa=X&ei=mvI1VerID4GE7gacy4DgDQ&ved=0CCAQsAQ

    https://www.google.it/search?q=Lenin,+Opere+complete,+Vol.+35&biw=893&bih=507&tbm=isch&tbo=u&source=univ&sa=X&ei=mvI1VerID4GE7gacy4DgDQ&ved=0CCAQsAQ

     

    https://www.google.it/search?q=Lenin,+Opere+complete,+Vol.+35&biw=893&bih=507&tbm=isch&tbo=u&source=univ&sa=X&ei=mvI1VerID4GE7gacy4DgDQ&ved=0CCAQsAQ&gws_rd=ssl#imgrc=wYQMojtGxP8znM%253A%3BuIXzAksaMiczuM%3Bhttps%253A%252F%252Fpaginerosse.files.wordpress.com%252F2013%252F07%252Fpag-166-167.jpg%3Bhttps%253A%252F%252Fpaginerosse.wordpress.com%252F2013%252F07%252F14%252Fdal-11-volume-delle-opere-complete-di-g-stalin-edizioni-nuova-unita-risposta-al-compagno-sch-allunione-della-gioventu-comunista-leninista-per-il-10-anniversario-del-primo-congres%252F%3B4111%3B2907

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    https://drapporosso.wordpress.com/category/lenin-stalin-mao/page/8/   documenti

    per chi fosse interessato, il progetto dell'antologia leniniana sta andando avanti e comincia a dare i primi risultati

    https://www.facebook.com/IMaestriDelSocialismo/posts/346802822188342   

    Di seguito l'indice delle due raccolte:

    Opere Scelte - Vol.1

    Breve biografia di Lenin p. 2
    Che cosa sono gli amici del popolo e come lottano contro i socialdemocratici (1894) p. 5
    Articolo biografico su Engels (1895) p. 35
    I compiti dei socialdemocratici russi (1897) p. 39
    A proposito della profession de foi (1899) p. 48
    Protesta dei socialdemocratici russi (1899) p. 53
    Articoli per la "Robaciaia Gazeta" (1899) p. 59
    Una tendenza retrograda nella socialdemocrazia russa (1899) p. 67
    Da che cosa cominciare? (1901) p. 80
    La rivista Svoboda (1901) p. 84
    Un colloquio con i sostenitori dell'economismo (1901) p. 85
    L'agitazione politica e il "Punto di vista di classe" (1902) p. 89
    Lettera a un compagno sui nostri compiti organizzativi (1902) p. 92
    I compiti del movimento socialdemocratico (1902) p. 100
    I compiti della gioventù rivoluzionaria (1903) p. 101
    Un passo in avanti, due passi indietro (1904) [in francese] p. 108
    Dobbiamo organizzare la rivoluzione? (1905) p. 201
    Sulla fusione di politica e pedagogia (1905) p. 205
    Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica! (1905) p. 207
    Socialismo piccolo-borghese e socialismo proletario (1905) p. 259
    Una nuova ascesa (1906) p. 263
    La lotta elettorale a Pietroburgo e i menscevichi (1907) p. 266
    Marxismo e revisionismo (1908) p. 269
    Materialismo ed empiriocriticismo (1908) (appunti) p. 274
    Progetto di risoluzione sul momento attuale e sui compiti del Partito (1908-09) p. 299
    In Cammino (1909) p. 301
    L'atteggiamento del partito operaio verso la religione (1909) p. 305
    Ivan Vasìl'evic Babuskin - Necrologio (1910) p. 311
    In memoria della Comune (1911) p. 313
    Partito clandestino e lavoro legale (1912) p. 316
    I destini storici della dottrina di Karl Marx (1913) p. 321
    Tre fonti e tre parti integranti del marxismo (1913) p. 323
    Gli armamenti e il capitalismo (1913) p. 326
    Come si viola l’unità gridando che si cerca l’unità (1914) p. 327
    La situazione e i compiti dell’Internazionale Socialista (1914) p. 336
    La guerra e il socialismo internazionale (1914) p. 339
    La guerra e la socialdemocrazia russa (1914) p. 341

    Opere Scelte - Vol.2

    Karl Marx - Breve saggio biografico ed esposizione del marxismo (1914) p. 3
    Sull'orgoglio nazionale dei Grandi-Russi (1914) p. 23
    Il socialismo e la guerra (1915) p. 26
    Sulla parola d'ordine degli Stati Uniti d'Europa (1915) p. 52
    Il fallimento della Seconda Internazionale (1915) p. 54
    Il proletariato rivoluzionario e il diritto di autodecisione delle nazioni (1915) p. 79
    Sul Diritto di Autodecisione delle Nazioni (1916) p. 83
    Sulla tendenza nascente dell'"economicismo imperialistico" (1916) p. 91
    L'imperialismo e la scissione del socialismo (1916) p. 96
    Pacifismo Borghese e Pacifismo Socialista p. 103
    Agli operai che sostengono la lotta contro la guerra e contro i socialisti che si sono schierati con i loro governi (1917) p. 111
    Dodici brevi tesi sulle argomentazioni di H. Greulich a favore della difesa della patria (1917) p. 114
    Palude immaginaria o reale? (1917) p. 117
    Lettere da Lontano (1917) p. 119
    Sui compiti del proletariato nella rivoluzione attuale (Tesi di Aprile) (1917) p. 138
    Lettere sulla Tattica (1917) p. 141
    La guerra e la rivoluzione (1917) p. 147
    L'insurrezione è un'arte (1917) p. 158
    La catastrofe imminente e come lottare contro di essa (1917) p. 159
    Per il pane e per la pace (1917) p. 178
    Cosa strana e mostruosa (1918) p. 179
    Discorso sull'educazione al primo congresso di tutta la Russia (1918) p. 183
    Le preziose ammissioni di Pitirim Sorokin (1918) p. 185
    La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky (1918) p. 190
    "Democrazia" e Dittatura (1918) p. 230
    Agli americani (1918-19) p. 233
    Ai Compagni Italiani (1919) p. 251
    Progetto di programma del PCR(b) (1919) p. 253
    Cos'è il potere sovietico (1919) p. 269
    La III Internazionale e il suo posto nella storia (1919) p. 270
    Come si inganna il popolo con le parole d’ordine di libertà e di eguaglianza (1919) p. 274
    Sullo Stato (1919) p. 290
    Economia e politica nell'epoca della dittatura del proletariato (1919) p. 299
    Alle operaie (1920) p. 304
    La giornata internazionale delle operaie (1921) p. 305
    La tattica del Partito comunista russo (1921) p. 306
    Nuovi tempi, vecchi errori in forma nuova (1921) p. 315
    L'epurazione del partito (1921) p. 319
    Per il quarto anniversario della rivoluzione d'Ottobre (1921) p. 320
    La Nuova politica economica e i compiti dei centri di educazione politica (1921) p. 324
    Note di un Pubblicista (1922) p. 333
    Cinque anni di rivoluzione russa e le prospettive della rivoluzione mondiale (1922) p. 337
    Lettera al Congresso (Testamento di Lenin) (1922-23) p. 344
    Sull'attribuzione di funzioni legislative al GOSPLAN (1922) p. 347
    Sulla questione delle nazionalità o della "autonomizzazione" (1922) p. 349
    Sulla Cooperazione (1923) p. 353
    Sulla Nostra Rivoluzione (1923) p. 357
    Come riorganizzare l'Ispezione operaia e contadina (1923) p. 359
    Meglio meno, ma meglio (1923) p. 362

    Alessandro Pascale (GC Milano, CPF PRC Milano)

                                 ***

    un documento in cui Lenin parla di Trotsky
    https://paginerosse.wordpress.com/2012/09/04/v-i-lenin-come-si-viola-lunita-gridando-che-si-cerca-lunita/

    mie note su facebook

    https://www.facebook.com/giuseppina.ficarra/posts/10204390348709081   
    nota contestata da Luigi!!


    https://www.facebook.com/giuseppina.ficarra/posts/10206222698196673?pnref=story

    https://www.facebook.com/giuseppina.ficarra/posts/10206222695676610?pnref=story

    https://www.facebook.com/giuseppina.ficarra/posts/10206222652115521?pnref=story