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Informazioni scientifiche
sull’embrione
La Repubblica
12-6-2005
Quando i miscredenti
diventano clericali
di EUGENIO
SCALFARI
SUL referendum procreativo che da questa
mattina fino a domani pomeriggio va alla prova delle urne si è
già detto quasi tutto. Su alcuni punti si è detto addirittura
troppo; su altri, forse, poco. Cercherò dal canto mio di rimediare a
questi due inconvenienti di diversa natura.
Si è detto troppo sulla natura dell'embrione: se sia
fin dall'inizio del concepimento una persona, oppure un progetto di persona che
inizia subito la sua evoluzione e la persegue senza soluzione di
continuità, oppure una non-persona almeno fino a quando non sarà
dotato di un inizio di sistema nervoso.
Tutte queste definizioni non derivano dalla scienza ma da
convinzioni soggettive che a loro volta dipendono da che cosa s'intenda con la
parola "persona". Si tratta insomma di opinioni e come tali
opinabili, sicché fondare su di esse una legge e un qualsiasi
comportamento elettorale e giudicare quale sia quello giusto e quello sbagliato
è del tutto improprio.
Non è dunque il dibattito sulla natura dell'embrione
(persona, progetto di persona, non-persona) che può dettare il
comportamento degli elettori e il giudizio su di esso, bensì la
questione politica che sta sotto a quel dibattito.
È infatti una questione politica che induce gli
elettori a votare sì oppure no o scheda bianca sui singoli quesiti o
infine ad astenersi non presentandosi al seggio elettorale.
Tutta l'infinita chiacchiera su fratello embrione, mamma uovo,
papà spermatozoo, che ha attratto o annoiato gli italiani in
quest'ultimo mese, può avere avuto il solo valore di incuriosirne le
menti e introdurle in un settore della conoscenza finora riservato agli addetti
ai lavori e ai diretti interessati.
Quindi un risultato positivo ma nulla di
più. Le posizioni reciproche sono rimaste quelle iniziali, il dubbio non
ha fatto breccia sulle diverse tesi in contesa per la semplice ragione che quel
tipo di dibattito oscurava la questione politica che ha determinato la legge 40
e il referendum abrogativo su alcuni articoli della medesima legge.
Oggi è arrivato il giorno del voto. Cioè il
momento della scelta tra diverse opzioni che non sono di carattere morale,
teologico, filosofico, religioso, ma sono di natura politica. E come tali vanno
trattate, discusse, risolte dalla coscienza di ciascuno. Di questo si è
parlato troppo poco. Forse perché, da una parte come dall'altra, non se
ne voleva parlare.
Il punto centrale di fronte al quale si trova oggi e domani
l'elettore è molto preciso e si chiama clericalismo, potere clericale o
se vogliamo esser chiari fino in fondo, potere temporale della gerarchia
ecclesiastica sulla vita politica della società e dello Stato. Chi
è a favore della vittoria di quel potere e chi è contro di esso.
La religione o la miscredenza non c'entrano. Si può
essere religiosi oppure no, ma non è questo il punto di discrimine. I
valdesi sono religiosi ma vanno a votare. Gli ebrei sono religiosi ma il
presidente delle comunità italiane li ha esortati a votare. Molti
cattolici religiosi, anzi religiosissimi, voteranno, a cominciare dal presidente
della Repubblica, Ciampi, e dal suo predecessore, Scalfaro.
Per converso molti miscredenti incalliti non voteranno
perché, pur essendo miscredenti, sono clericali dichiarati e mobilitati,
come Giuliano Ferrara e Oriana Fallaci. Auspicano una società guidata da
una gerarchia ecclesiastica militante e tendenzialmente fondamentalista.
Mettono sui loro vessilli il Dio degli eserciti e non il Gesù della
misericordia. Si battono affinché il peccato divenga reato. E
affinché le loro libere e legittime scelte divengano obbliganti anche
per chi non le condivide.
Utilizzeranno il fatto che l'embrione può vivere e
crescere solo dentro il corpo della donna per obbligarla ad accoglierlo dentro
il suo ventre anche contro il suo volere.
Infine vogliono ignorare il fatto che gran parte dei paesi del
nostro continente hanno una legislazione non clericale e dunque più
permissiva in materia di procreazione assistita, con la conseguenza che la
nostra legge 40 realizza una normativa classista, dove i ricchi possono usare
le strutture ospedaliere di Francia, Spagna, Gran Bretagna, per procreare senza
gli impedimenti imposti ai medici italiani e alle coppie meno abbienti che vi
ricorrono.
Analoga situazione riguarda la ricerca scientifica sulle
staminali embrionali, fiorente in Usa e in molti paesi europei, vietata in
Italia dal clericalismo del nostro episcopato con il solerte e chiassoso
appoggio dei clericali miscredenti.
La paura di Frankenstein non c'entra nulla con la legge 40 e
con i quesiti referendari. Se il quesito sulla ricerca scientifica passasse al
vaglio delle urne di oggi, resterebbe comunque il divieto della legge di
utilizzare gli embrioni per la riproduzione di esseri umani, contro la quale
siamo tutti schierati, referendari e antireferendari, clericali e liberali,
credenti e miscredenti. La legge 40 lo vieta e tutti siamo favorevoli a
mantenere e semmai rafforzare quel divieto.
Eppure è proprio su questa paura che il clericalismo fa
leva. Fa leva con una bugia e un insulto alle persone perbene. Così come
fa leva su quel 25-30 per cento di astensionisti abituali, per sommare ad essi
l'astensionismo clericale e rendere invalido il referendum per mancanza del
quorum prescritto dalla legge.
Noi non diciamo, signor presidente della Camera, che chi si
astiene sia un cittadino di serie B. È un cittadino esattamente come noi
che stiamo andando a votare. Ma diciamo che il risultato di quelle astensioni
lo depureremo dall'astensionismo strutturale degli indifferenti e così
depurato lo confronteremo con il voto espresso nei seggi.
Lei, signor presidente della Camera, avrà obiezioni da
opporci? E quali? Saremmo lieti di conoscerle, quelle obiezioni che certo - lo
sappiamo - non delegittimano il risultato legale di un referendum fallito per
mancanza di quorum, ma registrano un dissenso maggioritario contro una legge
sbagliata, perseguita dal clericalismo italiano, tornato al "non
expedit" di infausta memoria.
Spero che lei mi creda se le dico che personalmente aborro
l'anticlericalismo sguaiato e intollerante. In Italia era stato superato e
spento da tempo. Se sta ora risorgendo dalle ceneri è perché il
clericalismo delle gerarchie ecclesiastiche e di chi obbedisce al loro richiamo
ha l'effetto di un mantice sulle ceneri dell'anticlericalismo.
Se è questo che volete...
Aggiungo (l'ha scritto sabato Mario Pirani) che
l'astensionismo militante avrà come effetto inevitabile quello di
abolire la segretezza del voto prescritta dalla Costituzione. Si saprà
chi ha votato. In un elettorato diviso tra chi va ai seggi e chi li diserta,
esserci andati potrà risultare discriminante come lo fu per i cattolici
che infrangevano il "non expedit".
Ripeto: è questo che volete?
* * *
C'è un ultimo punto che merita di essere menzionato ed
è la parola di Benedetto XVI quando, parlando alcuni giorni fa nella
cattedrale di San Giovanni in Laterano, ha detto che "Dio benedice chi si
astiene di fronte alle cose che sono sgradite a Dio" connettendo questa
affermazione al referendum sulla procreazione.
Si tratta d'una affermazione estremamente grave. Il Papa non
parlava "ex cathedra", ma era pur sempre il Papa e mescolava Dio ad
una contesa elettorale e quindi politica, in quello stesso luogo dove furono
firmati i Patti Lateranensi e il Concordato tra la Santa Sede e lo Stato
italiano. "Non menzionare il nome di Dio invano" recita il
comandamento mosaico fatto proprio dalla Chiesa di Cristo.
"Non interferire nella sfera politica" dice il
Concordato rivolgendosi alla Santa Sede. Ci preoccupa meno il comandamento
rivolto ai fedeli; ma ci preoccupa molto di più la violazione dei patti
tra l'entità religiosa e quella laica e civile, effettuata dalle parole
del Papa.
Qui si pone un dilemma che non potrà essere ignorato a
lungo se il clero clericale proseguirà su questa strada. Se volete
mescolare Dio alle contese politiche, allora usciamo dal Concordato, torniamo
al regime cavourriano della libera Chiesa in libero Stato, senza più
ricorrere al sostentamento finanziario e ai privilegi che lo Stato e noi tutti
contribuenti garantiamo alla Santa Sede. Non si può avere Chiesa
clericale e statuto concordatario. In un'Europa e in un'Italia che si avviano
al pluralismo religioso, puntare ad una legislazione intrisa di clericalismo
significa accentuare la discriminazione verso altri culti e altre religioni. E
significa, soprattutto, opprimere i laici non credenti o poco credenti o
credenti che rifiutano il magistero esclusivo della gerarchia.
Significa imporre una scuola pubblica di ispirazione vaticana,
abolire la legge sull'aborto e poi quella sul divorzio, mettere le brache alla
scienza, tornare al Sillabo e all'Indice dei libri sgraditi.
Questo è il clericalismo: un ritorno indietro al 1870 e
alla caduta del regime temporale, ad un cattolicesimo ingessato e pervaso di
teocrazia, che la cultura moderna aveva contribuito ad evolvere verso un
messaggio di pura fede, di misericordia e di carità, che restano il
deposito fulgente del Vangelo e del cristianesimo di Francesco e di Gesù
di Nazareth suo patrono e ispiratore.
Ancora una volta ripeto: è questo che volete? E magari
le Guardie Svizzere al posto dei corazzieri della Repubblica? Nel 1986, se non
ricordo male, il leader radicale Francesco Rutelli scalò il balcone
centrale di Montecitorio, ammainò il tricolore e issò al suo
posto la bandiera pontificia bianca e gialla come protesta contro il tentativo
del Vaticano di interferire sulla legislazione italiana.
Il Rutelli di oggi ha cambiato opinione ed è padrone di
farlo. Ma a noi piace ricordarlo come un giovane trentaduenne che difendeva la
laicità, patrimonio comune di credenti e non credenti.
Oggi quell'ammainabandiera sarebbe peraltro inutile.
Ciampi, che è già andato a compiere il suo
dovere di elettore, la laicità dello Stato la difende a nome di noi
tutti e perciò il tricolore sta bene dove sta.
(12
giugno 2005)
http://www.repubblica.it/2005/f/sezioni/politica/dossifeconda5/miscredenti/miscredenti.html
Corsera – 11.6.05
L’embrione
e la persona che non c’è –
GIOVANNI SARTORI
L’incipit
dell’assalto a valanga di Oriana Fallaci dice così: «I
mecenati del dottor Frankenstein voteranno senza ragionare...». Io non
capisco bene, confesso, chi siano i ricconi (mecenati) che pagano Frankenstein.
Ma tra questi ultimi sospetto di essere incluso, visto che il suo elenco
include gli accademici dei Lincei. Se così, giuro di non avere ancora
ricevuto nemmeno un copeco da nessuno. In attesa (il mecenatismo è
sempre gradito) non posso consentire a Oriana Fallaci di ergersi a campione di
coloro che ragionano, e quindi del «ragionare» e della ragione. Con
il suo permesso, io (anche io) di logica e di razionalità mi intendo.
Allora, ragioniamo. La questione di fondo, la madre di tutte le battaglie,
è se un embrione che sarà vita umana lo è già come
embrione. Che sia vita nessuno lo contesta; ma «umana»? Il
cardinale Scola la mette così: «Io sono Angelo Scola, 63 anni,
Patriarca di Venezia perché sono stato quell’embrione». Ho
già lamentato che la
Chiesa non si ricordi più dell’anima
(dell’anima infusa da Dio). Ma ora scopro che il nostro bravo Cardinale
si dimentica del libero arbitrio. E senza libero arbitrio non c’è
colpa né merito: tutto è già predeterminato ab ovo .
Per vincere un referendum la
Chiesa sta massacrando tutta la sua teologia? Comunque sia,
io continuo a credere nel libero arbitrio, mi ritengo responsabile di quel che
faccio, e quindi concedo pochissimi meriti, o anche demeriti, al mio embrione.
Concedo che l’embrione abbia prestabilito la lunghezza del mio naso, il
marroncino dei miei occhi, e altri attributi della mia semi-bellezza fisica. Ma
non gli concedo nemmeno un nano-milligrammo in più. Non potrei neanche
volendo. Il titolo di una mia biografia accademica di anni fa era:
«Fortuna, caso, ostinazione». Quel titolo era mio. E se forse
l’ostinazione deriva dal mio embrione, tutto il resto proprio no. Come
esseri umani siamo tutti diversi l’uno dall’altro, e non siamo come
polli in batteria programmati dal loro uovo proprio perché risultiamo
dall’interazione tra centinaia e centinaia di eventi che in larga parte
«avvengono» e ci cascano addosso. Così, per esempio, io mi
intendo di logica perché l’ho studiata. Ma non l’ho studiata
per «vocazione embrionale» ma, come racconto in quel racconto, per
forza di circostanze. Allora, la logica. In logica, che è la
quintessenza della razionalità, non si può sostenere, proprio non
si può, che l’embrione è un essere umano
perché sarà un essere umano. In logica il principio di
identità (il primo principio della logica aristotelica) è
atemporale e si declina al presente: A è uguale ad A. La logica non
è un futuribile, non può accettare il salto tra è ora e
sarà domani per la logica se io mangio un uovo di struzzo non
uccido uno struzzo: mangio un uovo. Ma per la logica di Oriana Fallaci non
è così. Cito: «I Frankenstein... con burattinesco sussiego
dichiarano che l’embrione non è un essere umano... Con
pagliaccesca sicurezza proclamano che non ha una anima, che l’anima
esiste se esiste il pensiero... O che un feto comincia a pensare solo
all’ottavo o nono mese di gravidanza, che secondo San Tommaso
d’Aquino fino al quarto mese siamo animali e quindi tanto vale proteggere
gli embrioni degli scimpanzé». Dopodiché, non ancora sazia
di tanta scorpacciata, la
Nostra asserisce che «ripararsi dietro il sillogismo
Cervello-Pensiero-Anima-eguale-Umano è una scemenza». Sì,
è una scemenza perché questo non è un sillogismo. Per
esempio: «Le donne sono tutte romanziere (premessa maggiore), Anaina è
donna (premessa minore), pertanto (conclusione) Anaina è
romanziera». Siccome la premessa maggiore è falsa, anche la
conclusione è falsa. Ma la costruzione del sillogismo è quella.
Ed è anche una scemenza dichiarare, come si legge subito dopo, che
«anche gli animali hanno un cervello... anche gli animali hanno un
pensiero». Come quello di Oriana? Il suo bellissimo, davvero bellissimo
ultimo romanzo, «Inshallah» lo ha forse scritto il pensiero del suo
cane? Debbo anche sfidare Oriana Fallaci a citare un mio solo passo (la
«pagliaccesca sicurezza» sopra citata è senza dubbio la mia,
visto che sono io che ho tirato in ballo l’anima e San Tommaso) nel quale
asserisco che l’anima viene con il pensiero (io mi limito a chiedere alla
Chiesa di dirmi quando arriva), che il feto comincia a pensare all’ottavo
mese, o che ci sia un qualsiasi nesso (non c’è) tra San Tommaso e
gli scimpanzé. Tornando al punto, secondo Oriana Fallaci
«l’embrione che sboccia dall’ovulo di un elefante è
un elefante». Io ribatto che sarà un elefante. È
la stessa cosa? Oriana mangi un ovulo del predetto, e mi faccia sapere se ha
mangiato un elefante. E il discorso logico, il discorso razionale, è
questo: a chi dichiara che l’embrione è già vita umana ho
il diritto di chiedere: per favore, mi definisca «umana». Definire
- spiego - è dichiarare il significato che io attribuisco a una parola,
a un concetto. E dunque quali sono le caratteristiche, attributi o
proprietà (in logica si dice così) di «essere umano»?
Di saper pensare, di saper parlare su se stesso (il discorso sul discorso) e,
contentandosi di sempre meno, di possedere un sistema nervoso, e quindi la
sventura di soffrire? Non so, dite voi. Ma nessuno, proprio nessuno, lo dice.
Non lo dice perché è chiaro che nessuna caratteristica
individuante dell’individuo-persona esiste nell’embrione. Dal che
inesorabilmente discende - per la ragione guidata dalla logica - che
l’embrione non è una entità (in logica si dice così,
lasciamo stare i «grumi» o le «muffe») sacrosanta. Se
è in qualche modo utile toccarlo, è toccabile; altrimenti
lasciamolo in pace. Così come lasciamo in pace miliardi e miliardi di
miliardi di altre vite. Il fatto che l’embrione sia un progetto di vita
individuale vuole soltanto dire che l’embrione nell’utero di Maria
Fecondata (un nome fittizio di mia invenzione) non produrrà uno
scimpanzé. Se lo scienziato cattolico vuole passare da
«individuale» a «vita dell’individuo umano»,
allora bara al gioco. Come ho appena spiegato, dichiari prima qual è,
per lui, la caratteristica di «umano» e di «individuo».
A molti questa può sembrare una questione astrusa o addirittura di lana
caprina. Ma le sue implicazioni sono concretissime. Le cellule staminali che si
ottengono distruggendo l’embrione possono essere usate per la ricerca
medica, e cioè per la possibile cura di malattie oggi incurabili, oppure
no? Se l’embrione non è sacrosanto, ovviamente sì.
Altrimenti no. Forse questa ricerca fallirà. Ma la scienza che è
tale la deve consentire. Altro caso: è lecito, è giusto, fermare,
prima della nascita, la nascita di un bambino talassemico o affetto da
consimili malattie ereditarie? Se l’embrione è sacrosanto
ovviamente no. In tal caso a dei genitori disgraziati deve essere imposto di
far nascere bambini disgraziati. Ma altrimenti questa è una terribile
inutile crudeltà. Ancora, se l’embrione è già
intoccabile vita umana come si fa a sostenere che la conferma della legge 40
non rimbalzerà sulla legge 194 del 1978 che disciplina e consente
l’aborto? Secondo me questa è una vergognosa ipocrisia.
L’embrione (che è una entità infinitesimale) è sacro,
e invece il feto di un bambino già formato non lo è? Storace se
la cava dicendo che di questo non è il caso di parlare ora. Ma la Chiesa, che è
maestra di moralità, non se la può cavare con una furbata alla
Storace. Infine, c’è la questione dei contraccettivi, che tocca
milioni di giovani donne. La
Chiesa proibisce i preservativi (persino al cospetto del
flagello dell’Aids) e poi condanna come omicidio anche l’uso della
cosiddetta pillola del giorno dopo. Omicidio? È solo alla fine della
seconda settimana che nell’embrione si comincia a intravedere
l’inizio di un sistema nervoso. Prima non c’è niente di
distinto e di distinguibile. Omicidio di che cosa? Di quattro-otto cellule
informi? Passo alla scienza, che in questo caso sono la ricerca medica da un lato,
e la genetica e la biologia dall’altro. Sulla prima dirò soltanto
che non può essere fermata. Se bloccata in Italia proseguirà lo
stesso intorno a noi: resteremo indietro (a danno nostro) e basta.
S’intende che la ricerca medica va tenuta sotto controllo come si fa da
sempre e, vista la delicatezza dei problemi, più di sempre. Quanto alla
genetica e alla biologia il punto fermo è che i concetti di
individuo-persona, persona umana, e simili sono estranei alla scienza. Il
biologo di obbedienza cattolica è libero di usarli come qualsiasi altro
privato cittadino; ma se lo fa in carta intestata, allora la sua è falsa
testimonianza. Per la biologia e la genetica esiste soltanto la
continuità di un nascere-vivere-morire. Se a un certo momento un certo
specifico vivere viene elevato al rango di persona umana, in questa
attribuzione la scienza non c’entra. Non è la sua partita.
Perché questa attribuzione e qualificazione compete da sempre alla
filosofia (ivi inclusa la filosofia cristiana) e alla branca della filosofia
che è l’etica. Concludo. Io certamente non contesto che quando si
interviene sulla natura stessa dell’uomo si apre un problema gravissimo.
Decenni fa, citando il noto biologo Jean Rostand notavo che l’ingegneria
genetica apriva prospettive terrificanti. Lo sono. Ma che non sono da
combattere agitando spauracchi da quattro soldi come il romanzo di Mary
Shelley, Frankenstein , che tutti ricordano perché impersonato al
cinema da uno straordinario Boris Karloff. Gridare alla strage degli innocenti,
allo sterminio, al cannibalismo, non è serio. Ed è ancor meno
serio tirare in ballo Hitler e l’eugenetica nazista. Questi sono colpi
bassi. Perché non credo che nessuna democrazia consentirà mai una
eugenetica atta a produrre la razza pura o la razza superiore. Se lo
consentisse, allora il problema non sarebbe l’eugenetica ma la
democrazia. A proposito stavo per dimenticare: io andrò a votare. Non
voglio essere annoverato tra le «anime morte» (cito solo un
bellissimo titolo di Gogol) di coloro che non votano mai nemmeno per sbaglio.
Corriere della Sera 29 maggio 2005
L’EMBRIONE E LA PERSONA
di GIOVANNI SARTORI
La
legge 40 che sarà sottoposta tra poco (il 12-13 giugno) a referendum
è una legge su che cosa? Ufficialmente è una legge sulla
«fecondazione artificiale», o assistita, anche detta, seppur
impropriamente ed erroneamente, sulla fecondazione eterologa. In verità
è molto molto di più. È una legge che stabilisce che
l’embrione è già vita umana, e che perciò correda
l’embrione di «diritti». Ora, nessuno contesta che
l’embrione sia vita. Un sasso non ha vita; ma tutto ciò che nasce,
si sviluppa e muore, è vita. Le piante sono vita, gli animali sono vita.
E da un punto di vista biologico il genoma (i geni) di uno scimpanzé
è quasi eguale - al 99,5% - a quello di un essere umano. Eppure la
differenza tra uno scimpanzé e un homo sapiens è immensa.
Qual è? Perché l’embrione umano va protetto e quello dello
scimpanzé no? Se dobbiamo proteggere la vita, allora di questa
«vita e basta» esistono miliardi di miliardi di specie e di
varietà. Ma se ci interessa specificamente la protezione della vita
umana, allora la dobbiamo definire, allora dobbiamo stabilire quale vita
è umana e perché. Fino a circa mezzo secolo fa, lo sapevamo.
Grosso modo (ci sono eccezioni) per la Chiesa e per la fede l’uomo è
caratterizzato dall’anima, e l’«anima razionale», per
dirla con San Tommaso, arriva tardi, non certo con il concepimento. Invece per
la filosofia, o per la riflessione razionale, l’uomo è
caratterizzato dalla ragione, dalla autocoscienza o quanto meno da stati
mentali e psicologici coscienti. Per Locke, per esempio, la persona è
«un essere consapevole di sé», e «senza coscienza non
c’è persona» ( Saggio , II, 27). Ma ecco che
d’un tratto, la Chiesa
cattolica dimentica l’anima (e con essa tutta la sua teologia) e si
affida alla biologia, alla quale fa dire che tra il mio embrione e me non
c’è differenza: vita umana la sua, vita umana la mia. Ma purtroppo
la differenza c’è; ed è anche addirittura a mio danno. Se,
come mi augura un simpatico lettore, io fossi stato ucciso in embrione io non
me ne sarei accorto e nemmeno avrei sofferto; invece io come persona umana so
che dovrò morire e forse anche soffrire. E il discorso serio,
l’argomento logico, è questo: che se un embrione sarà una
persona, ancora non lo è come embrione. E sfido qualsiasi
ruiniano a fornire una definizione di «persona umana» che si applichi
all’embrione.
Passo ai risvolti pratici e agli aspetti concreti della questione. Un primo
argomento dei sostenitori della 40 è che proteggere l’embrione
è proteggere il più debole, la vita più debole. Ma da
questo punto di vista gli embrioni non se la stanno cavando tanto male. I testi
di demografia di quando nascevo prevedevano per il 2000 una popolazione di 2
miliardi; invece siamo addirittura più di 6 miliardi e si prevede che
saliremo fino a 9. Ne risulta un eccesso di successo degli embrioni: una
sovrappopolazione che porta alla distruzione della Terra, del pianeta Terra, e
così anche al suicidio tendenziale del genere umano. In questo contesto,
il diritto alla vita si capovolge in una straziante condanna a morte per i
già nati, i viventi in eccesso.
Un altro argomento è che la 40 tutela la donna. Questa poi. Se
l’embrione è sacro e inviolabile, anche la pillola
(contraccettiva) del giorno dopo deve essere proibita. Così centinaia di
milioni di minorenni inesperte o anche violentate si devono tenere un bambino
indesiderato o altrimenti ricorrere all’aborto. Che però
dovrà essere anch’esso lestamente proibito, perché se passa
la 40, la legge 194/78 sull’aborto non potrà essere mantenuta: la
contraddizione non lo consente. E così torneremo alle «mammane»
clandestine che spesso massacrano e ammazzano le loro clienti. Davvero una
bella tutela.
Perché
l’embrione-persona è la negazione dell’uomo
Nuovo
intervento di Emanuele Severino nel dibattito lanciato dal Corriere sulla
fecondazione assistita in vista del referendum del 12 e 13 giugno. Secondo il
filosofo, che ribatte alle tesi di monsignor Sgreccia, la posizione della
Chiesa porta a una conclusione che contraddice la realtà
L’articolo di monsignor
Sgreccia pubblicato martedì 10 maggio sul Corriere
mi induce a riproporre un tratto
del mio discorso sull’embrione—lasciando anche questa volta da
parte il mio pensiero filosofico e la mia critica del concetto di
«capacità», e indicando solo quali conseguenze scaturiscono dalla
dottrina della Chiesa sull’embrione. Invito cioè la Chiesa a pensare con
attenzione al contenuto del mio articolo apparso sul Corriere del 24 febbraio
2005. Nel marzo scorso monsignor Sgreccia mi aveva criticato dicendo tra
l’altro che, per me, affermare (come la Chiesa afferma) che l’embrione è sin
dall’inizio un essere umano «è come affermare che
l’uomo è "capace di entrare nel Regno dei Cieli"».
Santo cielo! Se io avessi scritto queste strampalerie monsignor Sgreccia
avrebbe il diritto di considerarmi uno sciocco. Ma non avendole scritte
è sorprendente che un esponente così autorevole e competente
della Chiesa abbia così frainteso il mio discorso. Che dunque ripropongo
con alcune considerazioni relative al nuovo articolo di Sgreccia.
Secondo la filosofia a cui (anche) la Chiesa si ispira, un uomo può nascere solo
se, prima di esso, esiste qualcosa che ha la capacità (o «potenza
») di diventare uomo. Si badi: qualcosa di unitario. Tale principio vale
anche per altre forme di «generazione». E così: una statua
può essere prodotta solo se, prima di esserlo, esiste, poniamo, un
blocco di marmo capace di diventare una statua (per opera dello scultore). Se
il blocco fosse in frantumi, nessuno di essi, e nemmeno il loro insieme,
avrebbe la capacità di diventare quella statua. Per produrre quella
statua bisogna che le parti del blocco non siano frantumi, ma unite; ossia,
bisogna che il blocco sia qualcosa di unitario. Altro esempio: un uomo
può entrare nel Regno dei Cieli (può esistere cioè quel
processo che è la «generazione» di un beato) solo se, prima
che egli vi entri, esiste qualcosa di unitario che ha la capacità di
entrarvi e che è appunto quell’uomo durante la sua vita terrena.
(Non sono la testa, le gambe, o parti della psiche, in quanto tra loro
separate, ad avere quella capacità: non sono cioè i pezzi
dell’uomo ad averla).
Se non esistessero la
capacità del blocco di marmo di diventare statua e la
capacità dell’uomo di andare in Cielo, l’esistenza di statue
di marmo e di beati sarebbe impossibile. Epertanto, ritornando al nostro caso,
se, prima della nascita dell’essere umano, non esistesse qualcosa di
unitario, avente la capacità di diventare un uomo (se cioè non
esistesse un uomo «in potenza »), la nascita di uomini sarebbe
impossibile.
Orbene, per la Chiesa, l’embrione
è, sin dal momento della fecondazione, uomo, persona; e il principio
spirituale (l’«anima razionale») per il quale l’uomo
non è animale è creato da Dio. Per la Chiesa, cioè, Dio
crea tale principio sin dal momento della fecondazione, cioè
dell’unione del gamete maschile e femminile.
E siamo al punto. La domanda
che rivolgo alla Chiesa (e ad altri) è: se un uomo può nascere solo
se prima di esso esiste un qualcosa di unitario che ha la capacità di
diventare un essere umano, e se sin dalmomento della fecondazione
l’embrione è essere umano «in atto», che cosa è
e dove è mai il qualcosa di unitario che ha la capacità di
diventare uomo e senza di cui nessun uomo potrebbe nascere? Dov’è
l’uomo «in potenza»? La Chiesa non può rispondere a questa
domanda.
Infatti, prima
dell’unione dei gameti (con la quale, per la Chiesa, esisterebbe già sin
dall’inizio un uomo «in atto»), i gameti sono separati e
nessuno dei due, in quanto separato, può avere la capacità di
diventare uomo. (Come nessuno dei frammenti del blocco di marmo ha la
capacità di diventare una statua; né sono i pezzi di un uomo ad
avere la capacità di andare in Cielo). E come l’insieme dei
frammenti del blocco di marmo non ha la capacità di diventare statua,
nemmeno l’insieme dei due gameti separati ha la capacità di
diventare uomo. E, per la
Chiesa, prima della loro unione non può nemmeno
intervenire Dio a infondere in essi l’«anima razionale».
Che cosa segue da tutto
questo? Un assurdo: sostenendo che fin dal momento della fecondazione esiste un uomo
«in atto», la
Chiesa viene a negare (contro le proprie intenzioni)
l’esistenza della capacità, da parte di qualcosa di unitario, di
diventare un uomo; e da questa negazione segue ciò che anche per la Chiesa è un assurdo,
ossia che non potrebbe nascere alcun uomo. Ma gli uomini nascono. Dunque
ciò che provoca questo assurdo è impossibile, ossia è
impossibile che sin dall’inizio l’embrione sia un uomo.
Monsignor Sgreccia mi ricordava che «i due gameti hanno la
capacità di generare un individuo- ratto allo stato embrionale, che poi
si sviluppa e diviene adulto proprio perché esiste una capacità,
una potenzialità che si attua nel momento dell’unione». Ma,
replico, questa capacità di diventare adulto è quella che si
costituisce quando l’embrione ha già incominciato ad esistere: non
è quella di cui stiamo parlando, che è la capacità di
qualcosa di diventare embrione umano (o animale) — la capacità,
cioè, che cessa di esistere quando l’embrione incomincia ad
esistere.
Per uscire dall’assurdo ora
indicato è dunque necessario negare che sin dall’inizio
l’embrione sia un essere umano in atto; e dunque è necessario che
Dio infonda l’anima razionale dopo che l’embrione ha incominciato a
esistere, ossia è necessario affermare che ciò che ha la
capacità di diventare uomo sia costituito, perlomeno, dallo stato
iniziale dell’embrione, per quanto breve esso sia.
Per la scienza non sappiamo quando
l’embrione incominci a essere persona. Ma, sulla base
dell’argomentazione ora indicata, la Chiesa, per evitare l’assurdo, deve dire
che all’inizio della sua esistenza l’embrione non è persona.
È poco, ma è decisivo. (È poco, perché rimane
aperto il problema, per la
Chiesa, di accertare l’estensione di
quell’inizio, cioè se Dio crei l’anima razionale subito dopo
l’unione dei gameti, oppure dopo qualche tempo). Non è meglio che la Chiesa, anche qui, ritorni
a san Tommaso, per il quale «il feto è animale prima di essere
uomo»? (Il mio riferimento a Tommaso è stato poi ripreso da
altri). Uscirebbe dal vicolo cieco in cui si è cacciata. O almeno da
questo — altri ancora essendocene, ancora più ciechi; e non solo
per la Chiesa.
Nell’articolo pubblicato sul
Corriere monsignor Sgreccia parla invece da scienziato. Ma, rispetto a quanto
sopra abbiamo mostrato, sfonda una porta aperta. Richiama infatti che per la
biologia (e anche per biologi non credenti) l’embrione ha, «fin dal
momento della fecondazione » un’«identità»
biologica, genetica e organica. Un cane, dice, è cane sin dal momento
della fecondazione e rimane cane fin quando è vecchio e prossimo alla
morte. E aggiunge: «Pensiamo che la stessa biologia valga anche per
qualsiasi animale superiore, compreso l’uomo ».
Ora, non v’è dubbio
che i biologi siano per lo più d’accordo su questo avvicinamento di cani e uomini.
Ma monsignor Sgreccia qualche dubbio dovrebbe averlo. La dottrina della Chiesa
non è adeguatamente rappresentata da scritti come questo di Sgreccia. I
biologi, infatti, non hanno difficoltà ad affermare che un organismo
materiale si evolva e divenga mente, coscienza, ragione, cioè essere
umano — come, perlopiù, essi non hanno difficoltà ad
affermare l’evoluzione delle specie, quella evoluzione, cioè, per
la quale l’uomo proviene dalla scimmia.
Ma la Chiesa può starsene
tranquilla come lo è monsignor Sgreccia? La Chiesa esclude
perentoriamente che la vita umana e il suo inizio possano essere adeguatamente
intesi dalla scienza e dalla biologia. Per la Chiesa la spiegazione adeguata si può
raggiungere — abbiamo detto sopra — solo introducendo
l’azione di Dio, che crea lui, direttamente, ciò che vi è
di propriamente umano nell’uomo. In questo articolo monsignor Sgreccia ha
invece l’aria di sostenere che per risolvere il problema
dell’inizio della vita umana basti la scienza. La Chiesa non è
adeguatamente rappresentata da un discorso come questo di monsignor Sgreccia
che lascia così vistosamente da parte quel sapere filosofico al quale
invece la Chiesa
— con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI — dà una così
rilevante importanza.
Ho detto che, rispetto all’argomentazione
sopra sviluppata, monsignor Sgreccia sfonda una porta aperta, perché
tale argomentazione parte proprio dalla supposizione che l’embrione sia,
sin dall’inizio, vita umana (e lo sia nel senso voluto dalla Chiesa, non
dalla sola biologia); e così partendo — ossia pur concedendo tutto
ciò che sta a cuore alla Chiesa e a monsignor Sgreccia—tale
argomentazione mostra a quale assurdo quella supposizione conduca.
Come dice monsignor Sgreccia, la coscienza morale proibisce che
si spari verso un cespuglio se appena si dubita che dietro di esso, invece di
una lepre, ci sia un bambino. Ma quell’argomentazione mostra che la
dottrina della Chiesa sull’embrione conduce alla conclusione (certo non
voluta dalla Chiesa) che dietro il cespuglio non può essersi venuto a
trovare nessun bambino — appunto perché, come si diceva, quella
dottrina porta a negare la capacità di diventare un essere umano (ossia
un bambino dietro il cespuglio).
E dico tutto questo
condividendo le preoccupazioni per la manipolazione e mercificazione dell’uomo.
Emanuele Severino
filosofo,
è Accademico dei Lincei
16
maggio 2005
Corriere della sera
15.5.2005
L'ex
ministro Veronesi: gli ovuli fecondati sono senz'anima
«La
legge tutela più le cellule che le donne»
Fecondazione assistita, lo scienziato parla del
referendum del 12 giugno: «Inumano e offensivo vietare la diagnosi
preimpianto»
«Ogni giorno almeno 10 mila uova fecondate in normali
rapporti di coppia non attecchiscono in utero e muoiono. Circa 300 mila al
mese, 3 milioni e seicentomila l’anno. E questo solo in Italia. Una
strage di potenziali bambini e, secondo la Chiesa, di anime che non si sa dove vanno. Un
eccidio di innocenti inspiegabile». Umberto Veronesi, ex ministro della
Sanità, oncologo e scienziato di fama internazionale voterà
sì al referendum di abrogazione di alcuni punti controversi della ormai
nota legge 40 che regola in Italia la procreazione medicalmente assistita o
fecondazione artificiale.
Professore, secondo lei dove vanno tutti questi ovuli fecondati?
«Da scienziato e ateo rispondo: da nessuna parte. Ma secondo la Chiesa, non essendo
battezzati, dovrebbero finire tutti nel Limbo. Ipotesi scartata però da
San Tommaso d’Aquino che fissa al terzo mese di vita la comparsa
dell’anima. Mentre per l’ebraismo il momento chiave è il
quarto mese. Detto questo, ricordo la mia infanzia di bimbo cresciuto in
cascina: la mortalità neonatale era allora altissima e ricordo l'angoscia
dei genitori per non far finire il loro figlio al Limbo. Quando i piccoli
stavano male, chiamavano prima il prete del medico».
Ma allora, quand’è che questo ovulo fecondato si completerebbe
con l’anima?
«Scientificamente potremmo far coincidere l’anima con il
pensiero, con la psiche. È ormai provato che il feto pensa,
all’ottavo-nono mese. È ragionevole quindi ipotizzare che
l’anima esiste se c’è il pensiero. Ed è ragionevole
immaginare che l’anima, e secondo il pensiero cattolico la vita, entra nel
corpo quando c’è un abbozzo di struttura pensante, di avvio
dell’intelligenza. Tant’è che la morte oggi coincide con la
morte del cervello: l’espianto di organi vitali è consentito anche
dalla Chiesa dopo la morte documentata del cervello. Ma quando l’embrione
inizia ad avere questo abbozzo? Questo accade dopo due settimane
dall’attecchimento in utero. Prima è solo un ammasso di cellule.
Un progetto di essere vivente».
Di essere vivente o di essere umano?
«Uno scimpanzé che cos’è? Un essere vivente con
una differenza minima nel genoma rispetto all’uomo. Talmente minima, i
geni sono uguali al 99,5 per cento, che potenzialmente potrebbe essere un
progetto di uomo. E allora perché non tutelare anche lui? La Chiesa in realtà ha
una visione antropocentrica: solo l’uomo conta. Ma io che sono animalista
e vegetariano mi chiedo, provocatoriamente, perché non tuteliamo anche
gli embrioni degli scimpanzé, anch’essi sono progetti di esseri
umani».
Quindi, che cosa non va nella legge 40?
«Innanzitutto che tutela più gli ammassi di cellule che la
donna o i feti veri e propri».
In che senso?
«Basti pensare all’inumana proibizione della diagnosi
preimpianto per verificare la buona salute dell’embrione. Una palese
contraddizione con la legislazione italiana in vigore che prevede l’esame
prenatale del liquido amniotico o dei villi coriali, così come
l’ecografia già dal secondo mese, che in caso dimostri una
malformazione o una situazione grave del feto autorizza la scelta
dell’aborto. E credo che nessuna donna ami abortire. Eppure mentre
è prevista l’eliminazione di un feto, di un essere umano, si
tutela un ammasso di cellule non pensante... Almeno fino a quando non diventa
pensante, perché poi l’aborto è ammesso... Sconcertante».
Ma non c’è un rischio di deriva eugenetica?
«Bè, anche l’esame del liquido amniotico o l’ecografia
al secondo mese in teoria nascondono il rischio di selezione eugenetica. Forse
che poi la differenza non è fatta dall’etica del medico e
dall’amore dei genitori in attesa. Non ho mai sentito di un aborto legato
al colore degli occhi del futuro bambino. Eppure potenzialmente questo potrebbe
accadere... In realtà la legge 40 offende i successi della ricerca
scientifica che era arrivata ad anticipare la verifica della salute
dell’embrione addirittura a prima dell’impianto evitando drammi
psicologici ben maggiori. Offende me scienziato».
E sul numero massimo di tre embrioni da creare e impiantare, per evitare di
congelarli?
«Anche in questo esiste una grave contraddizione etica. Se
l’embrione è un essere vivente perché ne prevediamo la
morte per legge?».
Che cosa vuol dire?
«Semplice, se impiantiamo tre embrioni sappiamo per certo che minimo
uno muore, se non tutti e tre. Inoltre i parti plurigemellari sono un rischio
per la donna. Allora, o si preleva un ovulo per volta, lo si feconda e lo si
impianta. O si preparano più embrioni, si congelano e se ne impianta uno
per volta. Questa peraltro è l’ultima indicazione
dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms)».
La legge però serviva a regolare una sorta di Far West?
«Parlare di situazione da Far West è un oltraggio per la
medicina italiana che in questo campo era al primo posto in Europa. E comunque,
come dice il giurista Pietro Rescigno, sarebbe stato meglio il vuoto normativo
a una legge lacunosa e contraddittoria».
E il problema degli embrioni congelati «orfani»?
«Ho già espresso più volte il mio pensiero: piuttosto
che finire in un lavandino, potrebbero essere fondamentali per la ricerca sulle
cellule staminali e altro. Donatori di cellule così come un adulto,
constatata la morte cerebrale, può essere un donatore di organi... E
poi, quando un domani, studiando le cellule staminali di un embrione,
all’estero verrà trovato un farmaco che cura per esempio il Parkinson,
i cattolici che fanno?... Non lo prendono?».
Mario
Pappagallo
15
maggio 2005
Quand’è
che l’embrione diventa persona?
di Floriano Papi, Pisa (membro dell'accademia dei
Lincei)
Ci sono due avvenimenti
recenti - sono sulla bocca di tutti - che, se per un verso ci rallegrano, per
l’altro ci mostrano una volta di più quanto sia pesante
l’influenza clericale in Italia. Certo siamo lieti che l’Europa
abbia respinto il tentativo di parlare di radici cristiane nella Costituzione
europea e siamo lieti che il Parlamento europeo abbia rispedito Buttiglione al
mittente. Probabilmente i due insuccessi erano previsti. Il Vaticano sapeva
bene che, nonostante gli sforzi integralisti di Ratzinger, non ce la
farà mai a cattolicizzare l’Europa, e al presidente del consiglio
non importava l’esito del suo tentativo, gli bastava aver fatto la mossa
per i suoi giochi politici. Ma è la reazione ai due eventi che ci
preoccupa, entrambi sfruttati in chiave vittimista. Si è parlato d’integralismo
laicista e di religione della laicità, con il fucile puntato soprattutto
sulla Francia, il paese che dovremmo prendere invece a modello. E il cardinale
Martino è arrivato a dire che in Europa è in atto una
persecuzione anticristiana. Per fortuna una voce non sospetta, quella di Amos
Luzzatto, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
lo ha zittito dicendo che queste pretese persecuzioni devono essere suffragate
con dati di fatto. Ma finché recriminano i preti e i clericali, non
sorprendiamoci: il fatto grave è che anche molti politici e
intellettuali, che si dichiarano laici, sono scesi in campo con il solito
slogan che non possiamo non dirci cristiani, con invocazioni alla
libertà di coscienza, dichiarazioni di solidarietà con il povero
Buttiglione, e via predicando. E questi laici militano in entrambi gli
schieramenti politici.
Se questi episodi di
clericalismo sono clamorosi e notissimi, altri rischiano di passare più
inosservati. Su uno di essi, il caso della legge sulla fecondazione assistita,
vorrei richiamare l’attenzione dei lettori, perché
all’origine delle sue aberrazioni non ci sono pareri medici, bensì
le idee della Chiesa o, come si dice aulicamente, il Magistero della Chiesa,
puntualmente fatto proprio dalla maggioranza della Commissione nazionale di
Bioetica e poi dalla maggioranza parlamentare. Qual è
l’insegnamento della Chiesa in materia? Che l’embrione, fin dallo
stadio d’uovo fecondato, è da considerare come una persona umana,
un individuo-persona, e come tale ha innanzitutto il diritto inalienabile alla
vita. Ce lo dice l’enciclica Donum vitae e ce lo ribadiscono tutti
i pulpiti.
Ora è da notare che
per fare questa affermazione, la
Chiesa ha dovuto forzare la sua stessa dottrina pregressa e
ricorrere a una finzione giuridica. Infatti, per “persona” i
teologi e la Chiesa
intendono l’insieme del corpo materiale e dello spirito, dove lo spirito
è naturalmente l’anima direttamente insufflata da Dio nel
nascituro. Ma in quale momento o in quale stadio? Subito alla fecondazione
dell’uovo (ma la Chiesa
parla più pudicamente di “concepimento”) nelle tube ovariche
o nel corso dell’evoluzione del cosiddetto preembrione, come si chiama il
germe tra la fusione dei gameti e il termine dell’annidamento
nell’utero al 14° giorno? O magari allo stadio di morula di 16
cellule tre giorni dopo l’ovulazione, o molto più tardi, quando
inizia lo sviluppo del sistema nervoso o addirittura quando l’embrione
assume caratteri primatomorfici? In realtà la Chiesa non si era mai
pronunciata in maniera definitiva sul momento dell’insufflazione
dell’anima, anche perché il concetto di anima era sempre stato
legato alla respirazione o almeno al movimento e a manifestazioni di
vitalità ed era difficile dire a che momento queste comparissero.
Ed ecco allora la finzione
giuridica. Il Magistero non dice che l’embrione, già nei primi
stadi, è una persona, ma che deve essere rispettato come un persona. Ci
sono due passi nella Donum vitae dove si usa proprio questa espressione:
«come una persona». I logici chiamano questo artificio fictio
juris, finzione giuridica1.
Naturalmente nemmeno i
teologi o i filosofi2 sono tenuti ad attenersi a una posizione così
estrema, e tanto meno i biologi e le persone di buon senso. Ma i cattolici
osservanti e legiferanti sì. L’uovo umano fecondato è una
cellula con un diametro di circa 1/4 di millimetro, una masserella di
citoplasma e un nucleo diploide come gli altri miliardi di cellule che
costituiscono il corpo umano e che ogni giorno vanno in parte distrutte e
sostituite nel nostro organismo. Delle stesse uova fecondate, l’80% non
si annida nell’utero e va perduto per cause naturali.
E cosa ci dice il biologo
delle varie tappe dello sviluppo dell’uovo, del preembrione e poi
dell’embrione? Ci dice quello che ci hanno insegnato Ernst Haeckel, lo
zoologo tedesco grande diffusore delle idee di Darwin, e altri zoologi,
soprattutto embriologi comparati, che fecero notare che lo sviluppo embrionale
all’incirca ripercorre, riassumendole, le tappe dell’evoluzione,
con l’uovo fecondato che rappresenta lo stadio di protozoo, la morula
confrontabile a una colonia di unicellulari, cui seguono (nel caso dei
mammiferi) gli stadi di metazoi sempre più complessi, di vertebrati
acquatici e poi terrestri. Forse nemmeno lo zoologo (ammesso che sia suo
compito) saprebbe dire il momento in cui, nello sviluppo dell’uomo, si
può parlare di persona, ma non indicherebbe certo uno dei primi stadi di
sviluppo. Come del resto, se fosse stata trovata - e siamo ben lontani - la
serie completa dei fossili dalle Australopitecine all’Homo sapiens, non
saprebbe dire quando si è affacciato alla ribalta l’attuale
padrone della terra.
Vi è infine la
contraddizione tra la posizione della Chiesa (e il contenuto della stessa legge
sulla fecondazione assistita) e la legislazione italiana precedente. La nostra
Repubblica ha approvato una legge, confermata da un referendum, per cui a
richiesta della donna si può procedere all’aborto entro i primi
tre mesi di gravidanza. Ne consegue che soltanto a partire dal quarto mese il
nascituro può essere considerato un individuo-persona in possesso del
diritto alla vita. Perché allora nella legge sulla fecondazione
assistita si legifera come se lo stato di individuo-persona si acquisisse
appena lo spermio è penetrato nell’uovo? Si noti anche che la
legge italiana consente l’uso della cosiddetta pillola del giorno dopo
che può impedire la gravidanza conseguente a una fecondazione avvenuta
fino a 72 ore prima.
Le conseguenze della legge
che si è ispirata ai principi oltranzisti della Chiesa cattolica sono stati
più volte esposte dai media e non starò a ricordarli. Esse stanno
anche alla base di una richiesta di referendum abrogativo e delle proposte
d’emendamento della legge (volte purtroppo a evitare il referendum). La
legge tra l’altro renderà praticamente impossibile in futuro la
ricerca sulle cellule staminali embrionali, benché esse siano di grande
importanza per la comprensione di fondamentali processi biologici e per la cura
di alcune delle più importanti malattie umane.
Per alcuni anni questi
impedimenti alla ricerca potrebbero essere aggirati ricorrendo alle cellule
staminali delle migliaia di embrioni soprannumerari che giacciono nei
frigoriferi, destinati alla distruzione entro poco tempo. Ma anche qui
l’integralismo cattolico è entrato in azione creando
difficoltà. Per esempio, chi usa questi embrioni è escluso dal
finanziamento pubblico, e tanti saluti alle ricerche sul morbo di Parkinson,
sulle malattie cardiache e altre malattie degenerative. La libertà della
ricerca scientifica di base è coartata venendo meno uno dei principi
basilari della ricerca, e cioè che essa è decisa e regolata dagli
scienziati che sono addetti ai lavori.
La situazione è
veramente preoccupante e indegna di un Paese civile. Io vi invito ad unirvi
alle proteste degli addetti ai lavori in una battaglia per la libertà
della ricerca che è anche battaglia per la libertà di pensiero.
Note
1.
Cfr. G. Boniolo. Il limite e il
ribelle. Raffaello Cortina Editore, Milano 2003.
2.
Secondo certi filosofi che si richiamano ad
Aristotele e al suo concetto di “potenza”, l’embrione sarebbe
persona perché capace di diventare uomo, secondo altri non lo sarebbe.
Chi voglia godersi il piacere di una disputa tanto divertente quanto inutile
può cercare l’articolo di spalla sul Corriere della Sera
del 1° dicembre 2004 (Emanuele Severino, L’embrione e il paradosso
di Aristotele).
Dal sito www.uaar.it
___________________________________________
Corriere della sera 16 aprile
2005
Giovanni Sartori
Embrione, anima e fede non
si emargini la ragione
Secondo Giovanni Sartori, il
referendum sulla legge 40 ha
creato un conflitto tra ragione e fede. Il politologo, partendo dalla
definizione religiosa dell’uomo, non condivide l’affermazione della
Chiesa secondo cui l’embrione ha un’anima. Il motivo? San Tommaso e
una dottrina millenaria in cui si stabilisce il confine dell’eresia
Forse eccitato da tanta
autorevole fonte, il professor Francesco D’Agostino, membro
dell’Accademia pontificia Pro vita e presidente dei giuristi cattolici,
si è spericolato nell’asserire che la diagnosi preimpianto non si
poteva fare perché violava la privacy dell’embrione. Così
prendendo in contropiede lo stesso Rodotà, il garante della materia, che
ha dovuto precisare che «nessuno mai in Europa ha parlato di privacy
dell’embrione». In consimile slancio il primate della Chiesa
cattolica inglese, cardinale Cormac Murphy- O’Connor, ha accostato
l’interruzione della gravidanza agli «esperimenti di genetica dei
nazisti». E se queste non sono esagerazioni, sono peggio. Riprendiamo il
discorso dall’inizio: quale è la differenza tra vita in generale
(anche di una rosa, anche di un moscerino) e vita umana. Io ho già
risposto su queste colonne che l’uomo è caratterizzato da
autocoscienza, dal sapere di sé. Questa risposta laica (o filosofica) ha
molte varianti, sulle quali non mi voglio dilungare. Debbo però
ribattere alla obiezione che in tal caso un ritardato mentale o anche un
neonato non sarebbero mai, o ancora, un essere umano.
Obiezione pretestuosa,
perché le definizioni precisano categorie e sono contenitori
concettuali. Non sono strumenti contabili e non occorre che acchiappino tutto e
tutti; basta che identifichino e, appunto, caratterizzino. In ogni caso, la
definizione religiosa è e deve essere diversa: è che l’uomo
è tale perché caratterizzato dalla presenza dell’anima.
Questa è una definizione che io rispetto. Emi fa specie che sia io a
doverla ricordare e difendere mentre la Chiesa di papa Wojtyla— scrivevo —
dà mostra di essersene dimenticata. Questa asserzione ha suscitato
l’ira di molti lettori che ribattono: lei è proprio un ignorantone
(o peggio), è ovvio che l’anima arriva con l’embrione.
Ovvio? Ovvio proprio no. Questa non è mai stata la dottrina della Chiesa
(né preciserò, di nessuna Chiesa). Sul punto ho già citato
San Tommaso. Ma l’ha fatto ancor meglio e più estesamente di me
Umberto Eco (su «L’Espresso» del 17 marzo) che è un
profondo conoscitore dell’Aquinate, che ne cita ben sei passi, e che
riassumecosì: Dio introduce l’anima razionale solo quando il feto
è un corpo già formato; dal che consegue che dopo il Giudizio
Universale, quando i corpi dei morti risorgeranno, «a quella resurrezione
gli embrioni non partecipano: in loro non era stata ancora infusa l’anima
razionale e pertanto non sono essere umani».
Ignorantoni a parte, un
filosofo cattolico che invece sa di queste cose mi risponde che San Tommaso
«è vecchio » e che «non è necessario tornare
indietro di sette secoli». Se così, povera Chiesa. Se San Tommaso
è vecchio, lo sono ancora più Sant’Agostino e la Patristica. E
altrettanto vecchi sono gli straordinari dibattiti che hanno stabilito quale
sia la vera fede e quale l’eresia. La Chiesa cattolica dura da duemila anni poggiando
su questo imponente bagaglio teologico. Se lo si dichiara vecchio e lo si
ritiene sorpassato, allora cosa le resta? Passo a precisare, come promesso, che
la tesi dell’«embrione eguale persona » non è
sottoscritta, che io sappia, da nessuna altra religione. Non è condivisa
dalla Chiesa Anglicana e dalla maggior parte delle Chiese protestanti. Ancor
più significativo, non è condivisa dalle altre religioni
monoteistiche. In riferimento al Talmud, il libro sacro dell’ebraismo, la
dottrina è che l’embrione diventa gradualmente persona nel secondo
mese di gravidanza, e cioè quando il feto dà inizio alla
formazione degli organi. Analogamente nella religione islamica l’anima
entra nel corpo quaranta giorni dopo la procreazione, dal che discende che oggi
viene ammessa senza problemi la sperimentazione sull’embrione. La
crociata del cardinal Ruini è dunque una crociata solitaria. Può
benissimo darsi che in Italia la vinca. Ma sarebbe una vittoria di Pirro
votata, altrove e alla lunga, a una pesante sconfitta. Tanto più che se
la vince dovrà poi ripartire in crociata contro l’aborto.
Altrimenti avremmo un embrione (che fino a 18 giorni dall’ovulazione ha
ancora una dimensione inferiore al millimetro e non contiene organi o tessuti
differenziati) tutelato, e un feto non tutelato, comunque meno tutelato. Un
evidente assurdo.
A prescindere da questo
assurdo, il fatto è che oramai la società cristiana
dell’Occidente tiene alla vita, non accetta di morire soffrendo
inutilmente, e quindi si affida alla medicina per le malattie che ci fanno
soffrire e morire. La legge 40, scrive Veronesi, «è inumana e
ingiusta». In Italia 30 mila bambini nascono ogni anno con gravi
malformazioni. È giusto, è umano, farli nascere così? La
gente teme di morire afflitta dal morbo di Parkinson o dall’Alzheimer, e
la sperimentazione sull’embrione promette (forse a torto, ma questo non
lo sa neanche la Chiesa)
di curare malattie che ci terrorizzano. Il cardinal Ruini crede davvero che su
queste questioni, su queste angosce, la gente voterà contro la medicina?
Fermo restando — anch’io ho fermissime convinzioni bioetiche
— che l’eugenetica deve essere soltanto curativa e che non deve mai
imboccare la pericolosissima china di una umanità geneticamente
manipolata. Allora, quando è che la vita diventa propriamente umana? La
risposta che non crea problemi è la risposta ovvia, e cioè che la
persona umana, l’individuo- persona, è tale quando esce
dall’utero della madre, quando comincia a esistere in indipendenza, da
solo. Questa era l’ottica del diritto (fino alla legge 40) che stabiliva
al momento della nascita l’acquisto della capacità giuridica. E
questa potrebbe essere l’unica discontinuità riconosciuta dalla
biologia, che deve altrimenti essere «continuista ».
Ma, attenzione, non è
che la biologia possa sostenere la tesi dell’embrione- persona. Anzi, la
biologia ci mette di fronte al fatto (evoluzionista?) che la specie umana
condivide con i primati, con gli animali superiori, più del 95 per cento
del patrimonio genico; che il cuore (il primo organo che diventa funzionalmente
attivo nella organogenesi) comincia a battere solo nella quarta settimana dopo
la fecondazione; e che un altissimo numero di embrioni si perdono, e
cioè che il più delle volte l’embrione non diventa un
bambino. Oggi la Chiesa
chiede ai giuristi cattolici e ai biologi cattolici di sottoscrivere la tesi
che l’embrione è già un essere umano. Ma chi la sottoscrive
lo fa come credente, non certo come giurista o uomo di scienza. Questa tesi
è razionalmente insostenibile. E comunque non ci siamo lo stesso. La
religione non esiste per far nascere quante più persone possibili
(soffriamo già, globalmente, di sovrappopolazione), e ancor meno per
prolungare artificialmente la vita (per decenni) di una vita puramente
vegetale. La religione esiste per sconfiggere la morte, per promettere
all’uomo la immortalità. E a questo fine occorre l’anima.
Senza l’anima non c’è resurrezione dei corpi né vita
eterna. E dunque la Chiesa
ci deve saper dire quando arriva. Sennò rischia di non arrivare mai. La Chiesa di papa Wojtyla non
ha osato smentire tutta la sua teologia (che ha sempre escluso che
l’«anima razionale» arrivi all’istante del
concepimento) e quindi tace, o comunque sorvola, su quando l’anima
cominci ad «animare l’uomo».
Ne sta risultando una
religione che si appiattisce su una concezione biologica della vita, che accusa
di omicidio chi lascia morire una «vita vegetativa» che mentalmente
è già morta, e che fa prevalere la potenzialità di vita di
un embrione sulla «vita spirituale» (autocosciente) di chi è
attualmente in vita e chiede ai progressi della medicina di essere curato. Il
lascito di San Tommaso è di una ratio confortata fide. Ma oggi mi
imbatto sempre più in una fede fanatizzata che emargina la ragione e la
ragionevolezza. Sbaglierò, ma in tutto questo c’è qualcosa
di profondamente sbagliato.
Giovanni Sartori
professore emerito alle
università di New York e Firenze
16 aprile 2005
Mia nota e
successiva discussione:
https://www.facebook.com/giuseppina.ficarra/posts/10204390348709081
Un
allegato di Luigi alla lettera del : Sunday, April
19, 2015 11:45 PM
DA LA GRANDE CONGIURA
di
Michael Sayers e Albert E. Kahn
(come riportato da Giuseppina Ficarra in facebook)
Lev Trotskij, magnifico oratore ed esperto
organizzatore di truppe, per megalomania caratteriale e propositi
personalistici, collaborò con la reazione bianca e straniera, convinto di
poterne approfittare per mettere in minoranza Lenin. Alla morte di
quest’ultimo, si spinse anche oltre con le sue subdole manovre, tanto che era
ormai difficile distinguere in lui il valoroso soldato della repubblica che
aveva combattuto impavidamente e che aveva contribuito ad abbattere lo zarismo,
dal più grande traditore della Patria.
Su questi episodi di voltafaccia ai danni di
Lenin e soci, pubblichiamo intere parti di questo libro, intitolato “la
Grande Congiura”, che chiarificano i fatti ed assumono grande valore storico
e storiografico perché non si tratta delle risultanze dei processi staliniani,
magari accomodate dal regime per sbarazzarsi di un oppositore inappuntabile, ma
di informative di barbe finte, generali, feluchei, capi di stato internazionali
ecc. ecc., i quali sulla figura di Trotskij avevano puntato per mettere in
difficoltà l’emergente Unione Sovietica. C’è da ammutolirsi ma non da
sorprendersi. Non chiedetevi più come mai il capo rivoluzionario, nato in
Ucraina, sia stato raggiunto fino in Messico, nel 1940, da un killer di Stalin,
chiedetevi, piuttosto, come non sia accaduto prima, per come Trotskij aveva
vigliaccamente tramato contro i suoi ex compagni.
Sin dal suo ingresso nel partito, Trotskij
cercò di mettersi alla testa dell’opposizione di sinistra per ostacolare Lenin.
Nonostante la famosa lettera testamento di
questo, dove sembrava preferire Trotskij a Stalin per il futuro della Russia,
negli anni precedenti, anche nei colloqui con eminenti esponenti dell’ambasciata
americana a Mosca, Vladimir Il’ič Ul’janov aveva sempre espresso parole di fuoco
per il compagno Trotskij, mentre il suo giudizio su Stalin risultava di sicuro
più lusinghiero: (n.d.r. e qui G. F. riporta alcuni giudizi che Lenin
avrebbe espresso su Trotskij fra il 1911 ed il 1914, ripresi, ritengo, da “La
grande congiura”) -“Ecco alcune altre tipiche osservazioni che Lenin, in
periodi diversi, ha fatto a proposito di Trotskij e della sua attività in seno
al movimento rivoluzionario russo: 1911 «Nel 1903 Trotskij era menscevico;
lasciò i menscevichi nel 1904; ritornò ai menscevichi nel 1905, facendo sfoggio
nel frattempo di frasi ultra rivoluzionarie e voltò di nuovo le spalle ai
menscevichi nel 1906… Trotskij plagia oggi le idee di una fazione e domani
quelle dell’altra, e in tal modo si ritiene superiore a entrambe. .. Devo
dichiarare che Trotskij rappresenta soltanto la sua propria fazione ». 1910. «
La gente come Trotskij con le sue frasi roboanti … è la malattia della nostra
epoca. Chi appoggia il gruppo di Trotskij appoggia una politica di menzogne e
d’inganno contro i lavoratori … non è possibile ragionare con Trotskij su
questioni essenziali perché egli non ha opinioni … noi lo denunciamo
semplicemente come un diplomatico della più bassa lega ». 1912. « Questo blocco
è formato da mancanza di principi, da ipocrisia e frasi vuote … Tutto questo
Trotskij lo nasconde dietro la frase rivoluzionaria che non gli costa nulla e
non lo impegna a nulla ». 1914. « Sinora il compagno Trotskij non ha mai avuto
un’opinione precisa su un solo serio problema marxista; egli è sempre entrato di
soppiatto attraverso qualche fessura lasciata aperta da questa o quell’altra
differenza e ha oscillato ora in una direzione e ora nell’ altra ». [2]
Trotskij era giunto negli Stati Uniti solo due mesi prima della caduta dello
zar, dopo essere stato espulso dalla Francia alla fine dell’autunno 1916. Dopo
la sconfitta della rivoluzione del 1905 Trotskij era vissuto all’estero.
Buchàrin, proveniente dall’ Austria, lo aveva preceduto negli Stati Uniti”.
continua:
http://www.conflittiestrategie.it/la-grande-congiura-i-puntata
http://www.conflittiestrategie.it/la-grande-congiura-i-puntata
https://www.facebook.com/giuseppina.ficarra/posts/10204390348709081
(https://www.facebook.com/IMaestriDelSocialismo/photos/a.187734908095135.1073741831.121303108071649/209855152549777/?type=1
mia
richiesta di indicazioni di fonti )
Lettera al Congresso
(Testamento di Lenin)
(n.d.r.
ripreso da internet)
La Lettera
al Congresso, conosciuta sotto il nome di "Testamento" fu
dettata da Lenin
dal 23 al 26 dicembre 1922 e il "supplemento alla lettera del 24 dicembre 1922"
il 4 gennaio 1923.
Al pari delle
lettere pubblicate più oltre, Sull'attribuzione di funzioni legislative al Gosplan e Sulla
questione delle nazionalità o dell'autonomizzazione, questa lettera ha, come
gli ultimi scritti di Lenin Pagine
di diario, Sulla cooperazione, Sulla nostra rivoluzione (A proposito delle note
di N. Sukhanov), Come riorganizzare l'ispezione operaia e contadina? (Proposta
al XII Congresso del partito), Meglio meno, ma meglio, che egli
dettò nel
gennaio-febbraio 1923 e che furono pubblicati dalla Pravda,
un'importanza di principio. Lenin riteneva indispensabile che dopo la sua morte
la lettera fosse portata a conoscenza dell'imminente congresso del partito.
Ne fu data
lettura ai delegati del XIII Congresso che si tenne dal 23 al 31 maggio 1924. Il
congresso decise all'unanimità di non pubblicarla, considerando che, essendo
rivolta al congresso, non ne era stata prevista la pubblicazione sulla stampa.
Per decisione del
CC del PCUS, queste lettere di Lenin furono portate a conoscenza dei delegati
del XX Congresso del PCUS e poi delle organizzazioni del partito. Nel 1956
furono pubblicate nel Kommunist n.
9 e poi raccolte in un opuscolo di grande tiratura.
Trascritto dall'Organizzazione Comunista Internazionalista
(Che fare) e da Pagine rosse,
Gennaio 2003
(n.d.r.
http://www.dittatori.it/scrittilenin57.htm)
Consiglierei vivamente di intraprendere a
questo congresso una serie di mutamenti nella nostra struttura politica.
Vorrei sottoporvi le considerazioni che ritengo
più importanti.
In primo luogo propongo di elevare il numero
dei membri del CC portandolo ad alcune decine o anche a un centinaio. Penso che,
se non intraprendessimo una tale riforma, grandi pericoli minaccerebbero il
nostro CC nel caso in cui il corso degli avvenimenti non ci fosse del tutto
favorevole (cosa di cui non possiamo non tener conto).
Penso poi di sottoporre all'attenzione del
congresso la proposta di dare, a certe condizioni, un carattere legislativo alle
decisioni dei Gosplan, andando così incontro, fino a un certo punto e a certe
condizioni, al compagno Trotski.
Per quel che riguarda il primo punto, cioè
l'aumento del numero dei membri del CC, penso che ciò sia necessario e per
elevare l'autorità del CC, e per lavorare seriamente al miglioramento del nostro
apparato, e per evitare che conflitti di piccoli gruppi del CC possano avere una
importanza troppo sproporzionata per le sorti di tutto il partito.
Io penso che il nostro partito abbia il diritto
di esigere dalla classe operaia 50-100 membri del CC e che possa ottenerli senza
un eccessivo sforzo da parte di essa.
Una tale riforma aumenterebbe notevolmente la
solidità del nostro partito e faciliterebbe la lotta che esso deve condurre in
mezzo a Stati nemici e che, a mio parere, potrà e dovrà acuirsi fortemente nei
prossimi anni. Io penso che la stabilità del nostro partito guadagnerebbe
enormemente da un tale provvedimento.
Per stabilità del Comitato centrale, di cui ho
parlato sopra, intendo provvedimenti contro la scissione, nella misura in cui
tali provvedimenti possano in generale essere presi. Perché, certo, la guardia
bianca della Russkaia
MysI (mi
pare fosse S. F. Oldenburg)[1] aveva
ragione quando, in primo luogo, faceva assegnamento, per quanto riguarda il loro
gioco contro la Russia sovietica, sulla scissione del nostro partito, e quando,
in secondo luogo, faceva assegnamento, per l'avverarsi di questa scissione, sui
gravissimi dissensi nel partito.
Il nostro partito si fonda su due classi, e
sarebbe perciò possibile la sua instabilità, e inevitabile il suo crollo, se tra
queste due classi non potesse sussistere un'intesa. In questo caso sarebbe
inutile prendere questi o quel provvedimenti e in generale discutere sulla
stabilità del nostro CC. Non ci sono provvedimenti, in questo caso, capaci di
evitare la scissione. Ma spero che questo sia un avvenimento di un futuro troppo
lontano e troppo inverosimile perché se ne debba parlare.
Intendo stabilità come garanzia contro la
scissione nel prossimo avvenire, e ho l'intenzione di esporre qui una serie di
considerazioni di natura puramente personale.
Io penso che, da questo punto di vista,
fondamentali per la questione della stabilità siano certi membri del CC come
Stalin e Trotski.
I rapporti tra loro, secondo me, rappresentano
una buona metà del pericolo di quella scissione, che potrebbe essere evitata e
ad evitare la quale, a mio parere, dovrebbe servire, tra l'altro, l'aumento del
numero dei membri del CC a 50 o a 100 persone.
Il compagno Stalin, divenuto segretario
generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e io non sono sicuro
che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza. D'altro canto,
il compagno Trotski come ha già dimostrato la sua lotta contro il CC nella
questione del commissariato del popolo per i trasporti, si distingue non solo
per le sue eminenti capacità. Personalmente egli è forse il più capace tra i
membri dell'attuale CC, ma ha anche una eccessiva sicurezza di sé e una
tendenza eccessiva a considerare il lato puramente
amministrativo dei problemi.
Queste due qualità dei due capi più eminenti
dell'attuale CC possono eventualmente portare alla scissione, e se il nostro
partito non prenderà misure per impedirlo, la scissione può avvenire
improvvisamente.
Non continuerò a caratterizzare gli altri
membri del CC secondo le loro qualità personali. Ricordo soltanto che l'episodio
di cui sono stati protagonisti nell'ottobre Zinoviev e Kamenev [2] non
fu certamente casuale, ma che d'altra parte non glielo si può ascrivere
personalmente a colpa, così come il non bolscevismo a Trotski.
Dei giovani membri del CC, voglio dire qualche
parola su Bukharin e Piatakov. Sono queste, secondo me, le forze più eminenti
(tra quelle più giovani), e riguardo a loro bisogna tener presente quanto segue:
Bukharin non è soltanto un validissimo e importantissimo teorico del partito, ma
è considerato anche, giustamente, il prediletto di tutto il partito, ma le sue
concezioni teoriche solo con grandissima perplessità possono essere considerate
pienamente marxiste, poiché in lui vi è qualcosa di scolastico (egli non ha mai
appreso e, penso, mai compreso pienamente la dialettica
Ed ora Piatakov: è un uomo indubbiamente di
grandissima volontà e di grandissime capacità, ma troppo attratto dal metodo
amministrativo e dall'aspetto amministrativo dei problemi perché si possa
contare su di lui per una seria questione politica.
Naturalmente, sia questa che quella
osservazione sono fatte solo per il momento, nel presupposto che ambedue questi
eminenti e devoti militanti trovino l'occasione di completare le proprie
conoscenze e di eliminare la propria unilateralità.
Aggiunta alla lettera del 24 dicembre
1922
Stalin è troppo grossolano, e questo difetto, del tutto
tollerabile nell'ambiente e nel rapporti tra noi comunisti, diventa
intollerabile nella funzione di segretario generale. Perciò propongo ai compagni
di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico e di designare a
questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si
distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella
cioè di essere più tollerante, più leale, più cortese e più
riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, ecc. Questa
circostanza può apparire una piccolezza insignificante. Ma io penso che, dal
punto di vista dell'impedimento di una scissione e di quanto ho scritto sopra
sui rapporti tra Stalin e Trotski, non è una piccolezza, ovvero è una piccolezza
che può avere un'importanza decisiva.
Lenin
4 gennaio 1923
_____________________
DAL TESTAMENTO
DI LENIN
delineò
i ritratti dei maggiori esponenti del partito candidati alla sua successione. Di
Stalin e Trotzky scriveva:
"Io penso che, da questo punto di vista,
fondamentali per la questione della stabilità siano certi membri del CC come
Stalin e Trotski. I rapporti tra loro, secondo me, rappresentano una buona metà
del pericolo di quella scissione, che potrebbe essere evitata e ad evitare la
quale, a mio parere, dovrebbe servire, tra l'altro, l'aumento del numero dei
membri del CC a 50 o a 100 persone."
Poi continuava:
"Il compagno Stalin, divenuto segretario
generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e io non sono sicuro
che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza. D'altro canto, il
compagno Trotski come ha già dimostrato la sua lotta contro il CC nella
questione del commissariato del popolo per i trasporti, si distingue non solo
per le sue eminenti capacità. Personalmente egli è forse il più capace tra i
membri dell'attuale CC, ma ha anche una eccessiva sicurezza di sé e una tendenza
eccessiva a considerare il lato puramente amministrativo dei problemi."
Il 4 gennaio aggiungeva riguardo a Stalin:
"Stalin è troppo grossolano, e questo difetto,
del tutto tollerabile nell'ambiente e nel rapporti tra noi comunisti, diventa
intollerabile nella funzione di segretario generale. Perciò propongo ai compagni
di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico e di designare a
questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua
dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più
tollerante, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno
capriccioso, ecc. Questa circostanza può apparire una piccolezza insignificante.
Ma io penso che, dal punto di vista dell'impedimento di una scissione e di
quanto ho scritto sopra sui rapporti tra Stalin e Trotski, non è una piccolezza,
ovvero è una piccolezza che può avere un'importanza decisiva."
Un
allegato di Luigi alla lettera del : Sunday, April
19, 2015 11:45 PM
----- Original Message -----
Sent: Sunday, April 19, 2015 11:45 PM
Subject: R: la logica
****
IL PENSIERO DI LENIN SU TROCKIJ
Si usa spesso dire che nel suo "Testamento" politico Lenin avesse dato
indicazioni verso Trockij piuttosto che verso Stalin come leader del partito
bolscevico e del nascente stato sovietico. In realtà in tale "Testamento" Lenin
esprimeva profonde riserve su tutti principali leader del partito bolscevico
dell'epoca, riscontrando difetti teorici, pratici o caratteriali sia in Stalin
che in Kamenev, Bucharin, Zinov'ev e, non ultimo, nello stesso Trockij.
Riguardo a quest'ultimo anzi il giudizio di Lenin stesso era sempre stato
molto severo e teso alla diffidenza politica. A questo riguardo occorre
ricordare che tale preoccupazione era presente nell'intero gruppo dirigente del
partito bolscevico, tant'è che lo stesso Stalin fu nominato segretario generale
del partito già nel 1922, Lenin vivente, appoggiato non solo da Lenin ma dalla
gran parte del gruppo dirigente (compresi gli altri leader prima nominati),
preoccupato per il prestigio popolare acquisito dal fondatore dell'Armata Rossa,
sul quale pesavano però alcune notevoli divergenze politiche.
A titolo di esempio riportiamo
una lunga serie di giudizi non propriamente positivi
dati dal compagno Lenin su Trockij (che riportiamo pur ricordando che
fu lo stesso Lenin e lo stesso partito ad affidare spesso incarichi importanti e
determinanti per il buon esito della rivoluzione bolscevica e della sua
salvaguardia; è però importante ricondurre pregi e difetti ad un giudizio
critico adeguato ai fatti storici):
"La spudoratezza di Trotsky nel ridurre al minimo il
partito e esaltare se stesso."
(Significato storico della lotta all'interno del Partito comunista in Russia,
1911)
"Frasi risonanti ma vuote di quelle in cui Trotsky è
un maestro".
(Significato storico della lotta interna nel Partito comunista in Russia, 1911)
"L’ossequiosità di Trotsky è più pericolosa di un
nemico! Trotsky non poteva offrire alcuna prova, ad eccezione di conversazioni
private (semplice sentito dire, che in Trotsky sussiste sempre)."
(Il diritto delle nazioni all’autodeterminazione, 1914)
"Antiche e pompose ma perfettamente vacue frasi di
Trotsky... Nessuna parola sul merito della questione... Esclamazioni vuote,
parole di alto volo, uscite arroganti contro avversari che l'autore non nomina,
affermazioni straordinariamente importanti - questo è il repertorio di Trotsky".
(Pravda, 1913)
"Non capisce il significato storico delle differenze
ideologiche tra gruppi e tendenze marxiste"
(Rottura dell’Unità, 1914)
"Trotsky non ha mai avuto una opinione ferma su
nessuna questione importante del marxismo".
(Il diritto delle nazioni all'autodeterminazione, 1914)
"Trotsky, tuttavia, non ha mai avuto un "aspetto",
l'unica cosa che ha è l'abitudine di cambiare fronte, di saltare dai liberali ai
marxisti per ritornare di nuovo, di impostare esageratamente argomenti e frasi
roboanti..."
(La rottura del blocco di agosto, 1914)
"Trotsky, da un lato, rappresenta solo le sue
esitazioni personali e nient'altro. Nel 1903, fu menscevico; nel 1904, ha
lasciato i menscevichi; nel 1905 ritornò al menscevismo urlando frasi
ultra-rivoluzionarie; nel 1906 lo lasciò di nuovo; alla fine del 1906 sostenne
accordi elettorali con i cadetti (essendo ancora una volta con i menscevichi);
nella primavera del 1907, al Congresso di Londra, affermò che differiva da Rosa
Luxemburg in "dettagli specifici di idee piuttosto che di linee politiche". Un
giorno Trotsky plagia l'eredità ideologica di una fazione, il giorno dopo ne
plagia un altra, e infine si dichiara al di sopra delle fazioni."
(Significato storico della lotta all'interno del Partito comunista in Russia,
1911)
"Trotsky fu un ardente iskrista nel 1901-1903, e
Ryazanov descrisse il suo ruolo nel Congresso nel 1903 come "il randello di
Lenin". Alla fine del 1903, Trotsky fu un ardente menscevico (cioè un transfuga
passato dagli iskristi agli "economisti"). Egli proclama che "tra la vecchia e
la nuova Iskra vi è un abisso". Nel 1904-1905 abbandona i menscevichi e assume
una posizione incerta, ora collaborando con Martynov (un "economista") ora
proclamando l'assurdamente sinistra teoria della "rivoluzione permanente". Nel
1906-1907 si avvicina ai bolscevichi e nella primavera del 1907 si proclama
d'accordo con Rosa Luxemburg.”
(Come si viola l'unità gridando che si cerca l'unità, 1914)
"Che canaglia questo Trotsky; frasi di sinistra, e in
blocco con la destra contro la sinistra di Zimmerwald!!!".
(Lettera a Kollontai, febbraio 1917)
"Trotsky arrivò, e questo farabutto subito si alleò
con l'ala destra del Novy Mir contro la sinistra di Zimmerwald! [...] Questo e’
Trotsky! Sempre fedele a se stesso = truffaldino, si finge di essere di sinistra
e aiuta la destra, per quanto possibile..."
(Lettera a Inessa Armand, febbraio 1917)
"Un leader politico è responsabile non solo della
propria politica, ma anche per gli atti di coloro che egli guida."
(I sindacati, la situazione attuale e gli errori di Trotsky, 1921)
"Trotsky ha fatto perdere tempo al partito in una
discussione di parole e brutte tesi... Tutte le sue tesi, quanto la sua intera
piattaforma, sono così errate che abbiano sottratto risorse e l'attenzione del
Partito dal lavoro pratico nella "produzione" di un sacco di discorsi vacui
[...] dopo la sessione plenaria di novembre in cui si è data una soluzione
chiara e teoricamente corretta."
(Ancora una volta sui sindacati, 1921)
"Il suo rifiuto a far parte del comitato dei
sindacati è stata una violazione della disciplina del Comitato centrale."
(Discorso sui sindacati, 1921)
"L’apparato è per la politica, non la politica per
l'apparato [...] Trotsky è un uomo di temperamento con esperienza militare. Egli
è affezionato all'organizzazione ma, come in politica, non ha nessuna idea."
(Riassunto di note di Lenin in occasione della Conferenza dei Delegati al X
congresso del PC(B), marzo 1921).
"Il compagno Trotsky parla di “stato operaio".
Lasciatemi dire che questa è un'astrazione, non è proprio uno “Stato Operaio”.
Questo è uno dei principali errori del compagno Trotsky [...] Per una cosa: il
nostro non è in realtà uno stato operaio, ma uno stato di operai e contadini. E
molto deriva da esso."
(I sindacati, la situazione attuale e gli errori di Trotsky, 1921)
"Trotsky accusa Tomsky e Lozovsky di pratiche
burocratiche. Io direi che è vero il contrario."
(Secondo Congresso dei minatori russi, 1921)
"In relazione all’Ispezione operaia e contadina, il
compagno Trotsky ha fondamentalmente sbagliato [...] In relazione alla
Commissione di pianificazione dello Stato, il compagno Trotsky non ha solo
sbagliato ma sta giudicando qualcosa su cui è sorprendentemente male informato"
(Replica sulle osservazioni sulle funzioni del Vice Presidente dei Commissari
del Popolo, 1922).
https://www.facebook.com/IMaestriDelSocialismo/posts/313934748808483
la fonte sono le opere complete di Lenin. Buon lavoro di ricerca!
*****
Cari compagni,
"Nonostante la famosa lettera testamento di questo, dove sembrava preferire
Trotskij a Stalin per il futuro della Russia, negli anni precedenti, anche
nei colloqui con eminenti esponenti dell’ambasciata americana a Mosca,
Vladimir Il’ič Ul’janov aveva sempre espresso parole di fuoco per il
compagno Trotskij,.."
Mi potete aiutare a trovare la fonte sicura in modo da potere documentare
questi colloqui di Lenin "con eminenti esponenti dell’ambasciata americana a
Mosca"
Grazie una compagna stalinista in cerca di documenti da sbattere in faccia
ai revisionisti
***********
Ho consultato nella bibliotaca digitale Mels del sito
resistenze.org
5 volumi delle opere compete di Lenin, e nellindice dei nomi non ho trovato
Trotsky, Troskij nè Trotskij. Ceme si spiega? Dove devo cercare?
anche
direttamente in fb https://www.facebook.com/IMaestriDelSocialismo
Cari compagni,
sono alla ricerca di fonti sicure da "sbattere in faccia" ai revisionisti.
In
http://www.conflittiestrategie.it/la-grande-congiura-i-puntata
si legge che:
"Nonostante la famosa lettera testamento di questo, dove sembrava preferire
Trotskij a Stalin per il futuro della Russia, negli anni precedenti, anche nei
colloqui con eminenti esponenti dell’ambasciata americana a Mosca, Vladimir
Il’ič Ul’janov aveva sempre espresso parole di fuoco per il compagno
Trotskij,.."
Mi potete aiutare a trovare la fonte sicura in modo da potere documentare questi
colloqui di Lenin "con eminenti esponenti dell’ambasciata americana a Mosca"?
e ancora
Ho consultato nella bibliotaca digitale Mels del sito
resistenze.org 5 volumi delle opere compete di Lenin, e nellindice dei nomi
non ho trovato Trotsky, Troskij nè Trotskij. Ceme si spiega? Dove devo cercare?
Resistenze.org - sito di controinformazione del C.C.D.P. - Via Reggio 14 -
Torino
resistenze.org
Grazie e saluti comunisti
Giuseppina Ficarra
****
https://www.facebook.com/IMaestriDelSocialismo/posts/313934748808483
A titolo di esempio riportiamo una lunga
serie di giudizi non propriamente positivi
dati dal compagno Lenin su Trockij (che
riportiamo pur ricordando che fu lo stesso
Lenin e lo stesso partito ad affidare spesso
incarichi importanti e determinanti per il
buon esito della rivoluzione bolscevica e
della sua salvaguardia; è però importante
ricondurre pregi e difetti ad un giudizio
critico adeguato ai fatti storici):
"La
spudoratezza di Trotsky nel ridurre al
minimo il partito e esaltare se stesso."
(Significato storico della lotta all'interno
del Partito comunista in Russia, 1911)
"Frasi risonanti ma vuote di quelle in
cui Trotsky è un maestro".
(Significato storico della lotta interna nel
Partito comunista in Russia, 1911)
"L’ossequiosità di Trotsky è più
pericolosa di un nemico! Trotsky non poteva
offrire alcuna prova, ad eccezione di
conversazioni private (semplice sentito
dire, che in Trotsky sussiste sempre)."
(Il diritto delle nazioni
all’autodeterminazione, 1914)
"Antiche e pompose ma perfettamente vacue
frasi di Trotsky... Nessuna parola sul
merito della questione... Esclamazioni
vuote, parole di alto volo, uscite arroganti
contro avversari che l'autore non nomina,
affermazioni straordinariamente importanti -
questo è il repertorio di Trotsky".
(Pravda, 1913)
"Non capisce il significato storico delle
differenze ideologiche tra gruppi e tendenze
marxiste"
(Rottura dell’Unità, 1914)
"Trotsky non ha mai avuto una opinione
ferma su nessuna questione importante del
marxismo".
(Il diritto delle nazioni
all'autodeterminazione, 1914)
"Trotsky, tuttavia, non ha mai avuto un
"aspetto", l'unica cosa che ha è l'abitudine
di cambiare fronte, di saltare dai liberali
ai marxisti per ritornare di nuovo, di
impostare esageratamente argomenti e frasi
roboanti..."
(La rottura del blocco di agosto, 1914)
"Trotsky, da un lato, rappresenta solo le
sue esitazioni personali e nient'altro. Nel
1903, fu menscevico; nel 1904, ha lasciato i
menscevichi; nel 1905 ritornò al menscevismo
urlando frasi ultra-rivoluzionarie; nel 1906
lo lasciò di nuovo; alla fine del 1906
sostenne accordi elettorali con i cadetti
(essendo ancora una volta con i
menscevichi); nella primavera del 1907, al
Congresso di Londra, affermò che differiva
da Rosa Luxemburg in "dettagli specifici di
idee piuttosto che di linee politiche". Un
giorno Trotsky plagia l'eredità ideologica
di una fazione, il giorno dopo ne plagia un
altra, e infine si dichiara al di sopra
delle fazioni."
(Significato storico della lotta all'interno
del Partito comunista in Russia, 1911)
"Trotsky fu un ardente iskrista nel
1901-1903, e Ryazanov descrisse il suo ruolo
nel Congresso nel 1903 come "il randello di
Lenin". Alla fine del 1903, Trotsky fu un
ardente menscevico (cioè un transfuga
passato dagli iskristi agli "economisti").
Egli proclama che "tra la vecchia e la nuova
Iskra vi è un abisso". Nel 1904-1905
abbandona i menscevichi e assume una
posizione incerta, ora collaborando con
Martynov (un "economista") ora proclamando
l'assurdamente sinistra teoria della
"rivoluzione permanente". Nel 1906-1907 si
avvicina ai bolscevichi e nella primavera
del 1907 si proclama d'accordo con Rosa
Luxemburg.”
(Come si viola l'unità gridando che si cerca
l'unità, 1914)
"Che canaglia questo Trotsky; frasi di
sinistra, e in blocco con la destra contro
la sinistra di Zimmerwald!!!".
(Lettera a Kollontai, febbraio 1917)
"Trotsky arrivò, e questo farabutto
subito si alleò con l'ala destra del Novy
Mir contro la sinistra di Zimmerwald! [...]
Questo e’ Trotsky! Sempre fedele a se stesso
= truffaldino, si finge di essere di
sinistra e aiuta la destra, per quanto
possibile..."
(Lettera a Inessa Armand, febbraio 1917)
"Un leader politico è responsabile non
solo della propria politica, ma anche per
gli atti di coloro che egli guida."
(I sindacati, la situazione attuale e gli
errori di Trotsky, 1921)
"Trotsky ha fatto perdere tempo al
partito in una discussione di parole e
brutte tesi... Tutte le sue tesi, quanto la
sua intera piattaforma, sono così errate che
abbiano sottratto risorse e l'attenzione del
Partito dal lavoro pratico nella
"produzione" di un sacco di discorsi vacui
[...] dopo la sessione plenaria di novembre
in cui si è data una soluzione chiara e
teoricamente corretta."
(Ancora una volta sui sindacati, 1921)
"Il suo rifiuto a far parte del comitato
dei sindacati è stata una violazione della
disciplina del Comitato centrale."
(Discorso sui sindacati, 1921)
"L’apparato è per la politica, non la
politica per l'apparato [...] Trotsky è un
uomo di temperamento con esperienza
militare. Egli è affezionato
all'organizzazione ma, come in politica, non
ha nessuna idea."
(Riassunto di note di Lenin in occasione
della Conferenza dei Delegati al X congresso
del PC(B), marzo 1921).
"Il compagno Trotsky parla di “stato
operaio". Lasciatemi dire che questa è
un'astrazione, non è proprio uno “Stato
Operaio”. Questo è uno dei principali errori
del compagno Trotsky [...] Per una cosa: il
nostro non è in realtà uno stato operaio, ma
uno stato di operai e contadini. E molto
deriva da esso."
(I sindacati, la situazione attuale e gli
errori di Trotsky, 1921)
"Trotsky accusa Tomsky e Lozovsky di
pratiche burocratiche. Io direi che è vero
il contrario."
(Secondo Congresso dei minatori russi, 1921)
"In relazione all’Ispezione operaia e
contadina, il compagno Trotsky ha
fondamentalmente sbagliato [...] In
relazione alla Commissione di pianificazione
dello Stato, il compagno Trotsky non ha solo
sbagliato ma sta giudicando qualcosa su cui
è sorprendentemente male informato"
(Replica sulle osservazioni sulle funzioni
del Vice Presidente dei Commissari del
Popolo, 1922).
FONTE
http://noicomunisti.blogspot.it/2012/09/le-reali-opinioni-di-lenin-su-troztskij.html
dove trovo:
Il grande Lenin sul piccolo Troztskij (citazioni)
Non è tutt'oro quel che riluce. Le frasi di Trotsky sono
molto luccicanti e sonore, ma non hanno contenuto" Lenin da
Come si viola l'unità gridando che si cerca l'unità
FONTE
-
"La
spudoratezza di Trotsky nel ridurre al minimo il partito e
esaltare se stesso." (Significato storico della lotta
all'interno del Partito comunista in Russia, 1911)
"Frasi
risonanti ma vuote di quelle in cui Trotsky è un maestro".
(Significato storico della lotta interna nel Partito
comunista in Russia, 1911)
-
"L’ossequiosità
di Trotsky è più pericolosa di un nemico! Trotsky non poteva
offrire alcuna prova, ad eccezione di "conversazioni
private" (semplice sentito dire, che in Trotsky sussiste
sempre)." (Il diritto delle nazioni all’autodeterminazione,
1914)
-
"Antiche
e pompose ma perfettamente vacue frasi di Trotsky ...
Nessuna parola sul merito della questione ... Esclamazioni
vuote, parole di alto volo, uscite arroganti contro
avversari che l'autore non nomina, affermazioni
straordinariamente importanti - questo è il repertorio di
Trotsky". (Pravda, 1913)
-
"Non
capisce il significato storico delle differenze ideologiche
tra gruppi e tendenze marxiste" (Rottura dell’Unità, 1914)
-
"Trotsky
non ha mai avuto una opinione ferma su nessuna questione
importante del marxismo". (Il diritto delle nazioni
all'autodeterminazione, 1914)
-
"Trotsky,
tuttavia, non ha mai avuto un "aspetto", l'unica cosa che ha
è l'abitudine di cambiare fronte, di saltare dai liberali ai
marxisti per ritornare di nuovo, di impostare esageratamente
argomenti e frasi roboanti ..." (La rottura del blocco di
agosto, 1914)
-
"...
Trotsky, da un lato, rappresenta solo le sue esitazioni
personali e nient'altro. Nel 1903, fu menscevico; nel 1904,
ha lasciato i menscevichi; nel 1905 ritornò al menscevismo
urlando frasi ultra-rivoluzionarie; nel 1906 lo lasciò di
nuovo; alla fine del 1906 sostenne accordi elettorali con i
cadetti (essendo ancora una volta con i menscevichi); nella
primavera del 1907, al Congresso di Londra, affermò che
differiva da Rosa Luxemburg in "dettagli specifici di idee
piuttosto che di linee politiche". Un giorno Trotsky plagia
l'eredità ideologica di una fazione, il giorno dopo ne
plagia un altra, e infine si dichiara al di sopra delle
fazioni. " (Significato storico della lotta all'interno del
Partito comunista in Russia, 1911)
-
"Trotsky
fu un ardente iskrista nel 1901-1903, e Ryazanov descrisse
il suo ruolo nel Congresso nel 1903 come " il randello di
Lenin ". Alla fine del 1903, Trotsky fu un ardente
menscevico (cioè un transfuga passato dagli iskristi agli
"economisti"). egli proclama che "tra la vecchia e la nuova
Iskra vi è un abisso". Nel 1904-1905 abbandona i menscevichi
e assume una posizione incerta, ora collaborando con
Martynov (un "economista") ora proclamando l'assurdamente
sinistra teoria della "rivoluzione permanente". Nel
1906-1907 si avvicina ai bolscevichi e nella primavera del
1907 si proclama d'accordo con Rosa Luxemburg.” (Come si
viola l'unità gridando che si cerca l'unità, 1914)
-
"L'articolo
di A.P. sulla Berner Tagwacht (24 luglio) intorno al
congresso del Partito socialdemocratico olandese è molto
importante ai fini della nostra comprensione reciproca ...
il nostro compito più importante consiste ora appunto nel
tracciare una netta linea di confine tra la sinistra
marxista, da una parte, e gli opportunisti (e i kautskiani)
e gli anarchici, dall'altra. Un punto dell'articolo di A.P.
mi ha però addirittura indignato, e precisamente dove si
dice che la dichiarazione di principio della signora
Roland-Holst' corrisponde perfettamente al punto di vista
del Partito socialdemocratico'!!Da questa dichiarazione di
principio ... vedo che in nessun caso noi potremo
solidarizzare con la signora Roland-Holst. Questa a mio
avviso, è il Kautski olandese o il Trotzki olandese. Costoro
in linea di principio “non sono assolutamente d'accordo” con
gli opportunisti, ma in pratica, in tutte le questioni più
importanti, sono d'accordo!! La signora Roland-Holst
respinge il principio della difesa della patria, cioè
respinge il socialsciovinismo. Questo va bene. Ma essa non
respinge l'opportunismo!! Nella interminabile dichiarazione
neanche una parola contro l'opportunismo! Neanche una parola
precisa, non ambigua, sui mezzi di lotta rivoluzionari...
Neanche una parola sulla rottura con gli opportunisti!
Parola d'ordine della 'pace' completamente alla Kautski!...
In tutto e per tutto come il nostro signor Trotzki: “'in
linea di principio decisamente contro la difesa della
patria”, in pratica per l'unità con il gruppo di Ckheidze
nella Duma russa (cioè con gli avversari del nostro gruppo
deportato in Siberia, con i migliori amici dei
socialsciovinisti russi)... Questo è internazionalismo del
tutto avventato, meramente platonico e ipocrita. Nient'altro
che tattica delle mezze misure. Questo può servire
(politicamente parlando) solo a formare un' ”ala sinistra”
(cioè una 'minoranza innocua', un 'ornamento marxista
decorativo') nei vecchi partiti di lacché, partiti vili e
imputriditi (nei partiti operai liberali)... La lotta del
nostro partito (e del movimento operaio in Europa in
generale) deve essere interamente diretta contro
l'opportunismo. Questo non è una corrente, una tendenza;
questo (l'opportunismo) è diventato oggi uno strumento
organizzato della borghesia in seno al movimento operaio. E
inoltre: i problemi della lotta rivoluzionaria (tattica,
mezzi, propaganda nell'esercito, fraternizzazione nelle
trincee,ecc.) debbono assolutamente essere esaminati punto
per punto, discussi,meditati, controllati, spiegati alle
masse nella stampa illegale. Senza di questo, ogni
'riconoscimento' della rivoluzione rimane soltanto una
frase. Noi e i radicali parolai (in olandese: 'passivi')
percorriamo strade diverse". Lenin,
Opere complete, Vol. 35, pagg. 130-132
-
"Che
canaglia questo Trotsky; frasi di sinistra, e in blocco con
la destra contro la sinistra di Zimmerwald!!!". (Lettera
a Kollontai, febbraio 1917)
-
"Trotsky
arrivò, e questo farabutto subito si alleò con l'ala destra
del Novy Mir contro la sinistra di Zimmerwald! ... Questo e’
Trotsky! Sempre fedele a se stesso = truffaldino, si finge
di essere di sinistra e aiuta la destra, per quanto
possibile ... "(Lettera a Inessa Armand, febbraio 1917)
-
"...
Un leader politico è responsabile non solo della propria
politica, ma anche per gli atti di coloro che egli guida."
(I sindacati, la situazione attuale e gli errori di Trotsky,
1921)
-
"Trotsky
ha fatto perdere tempo al partito in una discussione di
parole e brutte tesi ... Tutte le sue tesi, quanto la sua
intera piattaforma, sono così errate che abbiano sottratto
risorse e l'attenzione del Partito dal lavoro pratico nella
"produzione" di un sacco di discorsi vacui ... (...) dopo la
sessione plenaria di novembre in cui si è data una soluzione
chiara e teoricamente corretta. "(Ancora una volta sui
sindacati, 1921)
-
"Il
suo rifiuto a far parte del comitato dei sindacati è stata
una violazione della disciplina del Comitato centrale."
(Discorso sui sindacati, 1921)
-
"L’apparato
è per la politica, non la politica per l'apparato ...
Trotsky è un uomo di temperamento con esperienza militare.
Egli è affezionato all'organizzazione ma, come in politica,
non ha nessuna idea." (Riassunto di note di Lenin in
occasione della Conferenza dei Delegati al X congresso del
PC(B), marzo 1921).
-
"Il
compagno Trotsky parla di “stato operaio ". Lasciatemi dire
che questa è un'astrazione, non è proprio uno “Stato
Operaio”. Questo è uno dei principali errori del compagno
Trotsky ... Per una cosa: il nostro non è in realtà uno
stato operaio, ma uno stato di operai e contadini. E molto
deriva da esso ". (I sindacati, la situazione attuale e gli
errori di Trotsky, 1921)
-
"Trotsky
accusa a Tomsky e Lozovsky di pratiche burocratiche. Io
direi che è vero il contrario." (Secondo Congresso dei
minatori russi, 1921)
-
"In
relazione all’Ispezione operaia e contadina, il compagno
Trotsky ha fondamentalmente sbagliato ... In relazione alla
Commissione di pianificazione dello Stato, il compagno
Trotsky non ha solo sbagliato ma sta giudicando qualcosa su
cui è sorprendentemente male informato" ( Replica sulle
osservazioni sulle funzioni del Vice Presidente dei
Commissari del Popolo, 1922).
- https://www.google.it/search?q=Lenin,+Opere+complete,+Vol.+35&biw=893&bih=507&tbm=isch&tbo=u&source=univ&sa=X&ei=mvI1VerID4GE7gacy4DgDQ&ved=0CCAQsAQ
https:
//www.google.it/search?q=Lenin,+Opere+complete,+Vol.+35&biw=893&bih=507&tbm=isch&tbo=u&source=univ&sa=X&ei=mvI1VerID4GE7gacy4DgDQ&ved=0CCAQsAQ
https://www.google.it/search?q=Lenin,+Opere+complete,+Vol.+35&biw=893&bih=507&tbm=isch&tbo=u&source=univ&sa=X&ei=mvI1VerID4GE7gacy4DgDQ&ved=0CCAQsAQ&gws_rd=ssl#imgrc=wYQMojtGxP8znM%253A%3BuIXzAksaMiczuM%3Bhttps%253A%252F%252Fpaginerosse.files.wordpress.com%252F2013%252F07%252Fpag-166-167.jpg%3Bhttps%253A%252F%252Fpaginerosse.wordpress.com%252F2013%252F07%252F14%252Fdal-11-volume-delle-opere-complete-di-g-stalin-edizioni-nuova-unita-risposta-al-compagno-sch-allunione-della-gioventu-comunista-leninista-per-il-10-anniversario-del-primo-congres%252F%3B4111%3B2907
****
https://drapporosso.wordpress.com/category/lenin-stalin-mao/page/8/
documenti
per chi fosse interessato, il progetto dell'antologia
leniniana sta andando avanti e comincia a dare i primi
risultati
https://www.facebook.com/IMaestriDelSocialismo/posts/346802822188342
Di seguito l'indice delle due raccolte:
Opere Scelte - Vol.1
Breve biografia di Lenin p. 2
Che cosa sono gli amici del popolo e come lottano contro i
socialdemocratici (1894) p. 5
Articolo biografico su Engels (1895) p. 35
I compiti dei socialdemocratici russi (1897) p. 39
A proposito della profession de foi (1899) p. 48
Protesta dei socialdemocratici russi (1899) p. 53
Articoli per la "Robaciaia Gazeta" (1899) p. 59
Una tendenza retrograda nella socialdemocrazia russa (1899)
p. 67
Da che cosa cominciare? (1901) p. 80
La rivista Svoboda (1901) p. 84
Un colloquio con i sostenitori dell'economismo (1901) p. 85
L'agitazione politica e il "Punto di vista di classe" (1902)
p. 89
Lettera a un compagno sui nostri compiti organizzativi
(1902) p. 92
I compiti del movimento socialdemocratico (1902) p. 100
I compiti della gioventù rivoluzionaria (1903) p. 101
Un passo in avanti, due passi indietro (1904) [in francese]
p. 108
Dobbiamo organizzare la rivoluzione? (1905) p. 201
Sulla fusione di politica e pedagogia (1905) p. 205
Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione
democratica! (1905) p. 207
Socialismo piccolo-borghese e socialismo proletario (1905)
p. 259
Una nuova ascesa (1906) p. 263
La lotta elettorale a Pietroburgo e i menscevichi (1907) p.
266
Marxismo e revisionismo (1908) p. 269
Materialismo ed empiriocriticismo (1908) (appunti) p. 274
Progetto di risoluzione sul momento attuale e sui compiti
del Partito (1908-09) p. 299
In Cammino (1909) p. 301
L'atteggiamento del partito operaio verso la religione
(1909) p. 305
Ivan Vasìl'evic Babuskin - Necrologio (1910) p. 311
In memoria della Comune (1911) p. 313
Partito clandestino e lavoro legale (1912) p. 316
I destini storici della dottrina di Karl Marx (1913) p. 321
Tre fonti e tre parti integranti del marxismo (1913) p. 323
Gli armamenti e il capitalismo (1913) p. 326
Come si viola l’unità gridando che si cerca l’unità (1914)
p. 327
La situazione e i compiti dell’Internazionale Socialista
(1914) p. 336
La guerra e il socialismo internazionale (1914) p. 339
La guerra e la socialdemocrazia russa (1914) p. 341
Opere Scelte - Vol.2
Karl Marx - Breve saggio biografico ed esposizione del
marxismo (1914) p. 3
Sull'orgoglio nazionale dei Grandi-Russi (1914) p. 23
Il socialismo e la guerra (1915) p. 26
Sulla parola d'ordine degli Stati Uniti d'Europa (1915) p.
52
Il fallimento della Seconda Internazionale (1915) p. 54
Il proletariato rivoluzionario e il diritto di autodecisione
delle nazioni (1915) p. 79
Sul Diritto di Autodecisione delle Nazioni (1916) p. 83
Sulla tendenza nascente dell'"economicismo imperialistico"
(1916) p. 91
L'imperialismo e la scissione del socialismo (1916) p. 96
Pacifismo Borghese e Pacifismo Socialista p. 103
Agli operai che sostengono la lotta contro la guerra e
contro i socialisti che si sono schierati con i loro governi
(1917) p. 111
Dodici brevi tesi sulle argomentazioni di H. Greulich a
favore della difesa della patria (1917) p. 114
Palude immaginaria o reale? (1917) p. 117
Lettere da Lontano (1917) p. 119
Sui compiti del proletariato nella rivoluzione attuale (Tesi
di Aprile) (1917) p. 138
Lettere sulla Tattica (1917) p. 141
La guerra e la rivoluzione (1917) p. 147
L'insurrezione è un'arte (1917) p. 158
La catastrofe imminente e come lottare contro di essa (1917)
p. 159
Per il pane e per la pace (1917) p. 178
Cosa strana e mostruosa (1918) p. 179
Discorso sull'educazione al primo congresso di tutta la
Russia (1918) p. 183
Le preziose ammissioni di Pitirim Sorokin (1918) p. 185
La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky (1918) p.
190
"Democrazia" e Dittatura (1918) p. 230
Agli americani (1918-19) p. 233
Ai Compagni Italiani (1919) p. 251
Progetto di programma del PCR(b) (1919) p. 253
Cos'è il potere sovietico (1919) p. 269
La III Internazionale e il suo posto nella storia (1919) p.
270
Come si inganna il popolo con le parole d’ordine di libertà
e di eguaglianza (1919) p. 274
Sullo Stato (1919) p. 290
Economia e politica nell'epoca della dittatura del
proletariato (1919) p. 299
Alle operaie (1920) p. 304
La giornata internazionale delle operaie (1921) p. 305
La tattica del Partito comunista russo (1921) p. 306
Nuovi tempi, vecchi errori in forma nuova (1921) p. 315
L'epurazione del partito (1921) p. 319
Per il quarto anniversario della rivoluzione d'Ottobre
(1921) p. 320
La Nuova politica economica e i compiti dei centri di
educazione politica (1921) p. 324
Note di un Pubblicista (1922) p. 333
Cinque anni di rivoluzione russa e le prospettive della
rivoluzione mondiale (1922) p. 337
Lettera al Congresso (Testamento di Lenin) (1922-23) p. 344
Sull'attribuzione di funzioni legislative al GOSPLAN (1922)
p. 347
Sulla questione delle nazionalità o della "autonomizzazione"
(1922) p. 349
Sulla Cooperazione (1923) p. 353
Sulla Nostra Rivoluzione (1923) p. 357
Come riorganizzare l'Ispezione operaia e contadina (1923) p.
359
Meglio meno, ma meglio (1923) p. 362
Alessandro Pascale (GC Milano, CPF PRC Milano)
***
un documento in cui Lenin parla di Trotsky
https://paginerosse.wordpress.com/2012/09/04/v-i-lenin-come-si-viola-lunita-gridando-che-si-cerca-lunita/
mie note su facebook
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nota contestata da Luigi!!
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