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 LA QUINTA COLONNA IN RUSSIA -  IN UNO STUDIO  RETROSPETTIVO 1941 (1)

Da Missione a Mosca di Josef E. Davies  Parte quinta L'epurazione colpisce Bukharin pag.285-292

Passando da Chicago, nel mio viaggio verso casa, dopo l’inizio dei corsi di giugno nella mia vecchia Università mi fu chiesto di parlare al club dell’Università e delle società riunite di Wisconsin. Erano appena tre giorni che Hitler aveva invaso la Russia. Qualcuno dei presenti domandò: <<Che cosa n’è degli affiliati della quinta colonna, in Russia?››. Risposi prontamente:  << Non ce n’è, li hanno fucilati ›› Quel giorno, in treno, mi ritornò alla mente lo stesso pensiero. E piuttosto straordinario, se non si ricordano i precedenti, il fatto che in quest’ultima invasione nazista non sia mai comparsa una parola circa un "lavorio interno” dietro le linee russe. In Russia è mancata la cosiddetta "aggressione interna” pronta a cooperare con l'Alto Comando tedesco. La marcia di Hitler su Praga nel 1939 fu accompagnata dall'attivo contributo militare delle organizzazioni di Henlein in Cecoslovacchia; lo stesso è vero per l'invasione della Norvegia. Nel quadro sovietico invece non vi furono né Henlein alla maniera sovietica né Tiso a quella slovacca, né Degrelle del tipo belga, né Quisling come in Norvegia.
    Pensando a queste cose, mi balenò alla mente il possibile significato nuovo di alcuni degli avvenimenti occorsi in Russia durante il mio soggiorno. Giunto a Washington mi affrettai a rileggere i miei vecchi appunti del diario, e, col permesso del Dipartimento di Stato, riesumai alcuni dei miei rapporti ufficiali. Nessuno di noi in Russia pensava nel 1937 e nel 1938 alla attività della quinta colonna. La frase non era d'uso comune. E solo in epoca relativamente recente che abbiamo trovato nel nostro linguaggio le espressioni che illustrano la tecnica nazista come "quinta colonna” e "aggressione interna”.
    In generale, i bene informati sospettavano che Hitler fosse capace di impiegare tali metodi: non era una delle cose che molti ritenevano non potessero realmente accadere. Solo negli ultimi due anni, per mezzo del Comitato Dies e della F.B.I. fu scoperta l'attività delle organizzazioni tedesche in questo paese e nel Sud America e in Norvegia, in Cecoslovac- chia e in Austria, si videro gli agenti tedeschi insieme coi traditori che colpivano dall'interno il proprio paese, con un'azione coordinata col piano d'attacco di Hitler. Queste attività e questi metodi erano evidentemente già preordinati nei confronti della Russia e facevano parte del piano di Hitler sin dal 1935. Nel 1936 Hitler fece il suo ora famoso discorso di Norimberga, nel quale indicò chiaramente quali erano il suoi disegni circa l'Ucraina. Risulta ora che il Governo sovietico era allora al corrente dei piani degli Alti Comandi militari e politici tedeschi e del "lavorio interno” che si stava svolgendo per preparare l'attacco tedesco contro la Russia. Mentre meditavo su questa situazione vidi improvvisamente il quadro, come avrei dovuto vederlo a quel tempo; ne narravano la storia i processi cosiddetti di tradimento o di epurazione ai quali avevo assistito e di cui avevo sentito parlare nel 1937 e nel 1938. Riesaminando sotto un nuovo punto di vista il resoconto di tali processi e quel che avevo scritto allora in proposito, trovai che tutte le attività della quinta colonna tedesca, come noi la conosciamo ora, erano state rilevate e messe allo scoperto dalle testimonianze e dalle confessioni rese in questi processi dagli autodenunciatisi Quisling.
    E chiaro che il Governo sovietico si convinse dell’esistenza di tale attività, ne fu molto allarmato e si adoperò a stroncarla vigorosamente. Nel 1941, quando si verificò l’invasione tedesca, esso aveva soppresso qualsiasi organizzazione di quinta colonna. Un altro fatto difficile da capire a quel tempo ma che acquista un significato nuovo alla luce degli avvenimenti, fu il modo col quale il Governo sovietico soppresse gli uffici consolari tedeschi e italiani nel 1937 e 1938. Lo fece in modo molto disinvolto. Vi era una dura e quasi brutale noncuranza per la sensibilità dei paesi in questione. La ragione data dal Governo sovietico fu che quei consolati erano impegnati in attività sovversive e di politica interna; furono chiusi. La notizia dei processi e delle esecuzioni in tutta la Russia era in quell'anno invariabilmente accompagnata dall'accusa di capi imputati di esser colpevoli di tradimento e d'attività sovversiva e d’aver dato aiuto a "una potenza straniera” per rovesciare lo Stato sovietico.
    Ogni sera dopo il processo, i giornalisti americani venivano all’Ambasciata a mangiare un boccone e a bere la birra dopo le lunghe udienze notturne e malignavano i dibattimenti della giornata. Tra i presenti erano Walter Duranty e Harold Denny del The New York Times, Joe Barnes e Joe Phillips della New York Herald Tribune, Charlie Nutter e Dick Massock dell’Associated Press, Norman Deuel e Henry Shapiro de1l'United Press, Jim Brown dell'International News, Spencer Williams del Manchester Guardian. Erano un gruppo eccezionalmente brillante di uomini e mi abituai ad affidarmi a loro. Mi furono di inestimabile aiuto  nell’apprezzare e valutare. gli uomini, le situazioni e gli avvenimenti sovietici. Nel corso della mia vita professionale mi capitò più volte di dover sostenere in giudizio l'accusa o di dover difendere degli imputati.
    Shapiro è egli pure avvocato e laureato della scuola di legge di Mosca. Mi aiutò molto la sua conoscenza della legge sovietica. Gli altri avevano tutti molta familiarità con lo stato di cose, le personalità e la psicologia russa. Ci furono tra noi delle interessanti discussioni, protrattesi a lungo nella notte.
    Tutti noi allora a Mosca prestavamo poca attenzione all'aspetto dei processi che riguardava i rapporti con l'estero. Alcuni di noi non avevano capito nulla al riguardo e certamente io fui tra quelli. Non vi è dubbio che, in linea generale, noi avevamo concentrato la nostra attenzione sul drammatico conflitto pel potere che si svolgeva tra chi l'aveva e chi ne era escluso, tra Stalin e Trotzky, e sull'urto di personalità e di politiche in seno al Governo sovietico, piuttosto che sulle attività di una possibile quinta colonna, che eravamo tutti portati a svalutare.
    Nel mio caso particolare, avrei dovuto esser meglio al corrente, poiché due fatti avrebbero dovuto mettermi sull’avviso. Erano a conoscenza mia e non degli altri. L'uno si verificò durante un incontro avuto con un funzionario del Ministero degli Esteri sovietico poco dopo il mio arrivo a Mosca, l'altro capitò prima che raggiungessi Mosca: nel gennaio 1937 al Ministero degli Esteri a Berlino, durante un colloquio con un sottosegretario di Stato tedesco.   
    Questi processi danno la prova della attività sovversiva e della quinta colonna che era stata preparata in Russia con una cospirazione e con un accordo coi governi tedesco e giapponese. Eccone le risultanze essenziali:
    I principali imputati avevano ideato tra loro una cospirazione e si erano accordati con la Germania e col Giappone per aiutare tali governi in caso di attacco contro l'Unione sovietica. Essi approvarono e in fatto cooperarono a una piano diretto ad assassinare Stalin e Molotov e a preparare una insurrezione  contro il Cremlino che doveva esser condotta dal generale Tukhacevsky, per importanza il secondo ufficiale nel comando dell’esercito rosso. Per il caso di guerra, essi si accordarono e in fatto attuarono e diressero il sabotaggio delle industrie, la distruzione degli stabilimenti chimici, la distruzione delle miniere di carbone, la rovina dei mezzi di trasporto ed altre attività.  Accettarono di eseguire ed eseguirono tutte queste cose  che lo Stato Maggiore tedesco esigeva che essi compissero in conformità alle istruzioni ricevute. Accettarono e in fatto cospirarono coi servizi segreti militari d’informazione tedesco e giapponese. Si accordarono e cooperarono effettivamente coi rappresentanti diplomatico e consolare tedeschi nell’opera di spionaggio e di sabotaggio; Si accordarono e trasmisero effettivamente alla Germania e al Giappone informazioni di interesse vitale per la difesa dell'Unione sovietica. Concordarono tra loro e coi governi tedesco e giapponese di cooperare con detti Stati nella guerra contro il Governo sovietico per formare uno Stato indipendente sovietico di minori proporzioni, che avrebbe ceduto larghe porzioni nell'Unione sovietica, l'Ucraina e la Russia Bianca in occidente alla Germania, le provincie marittime in oriente al Giappone.
    Accettarono che dopo la conquista tedesca della Russia, le ditte tedesche dovessero ottenere concessioni e ricevere favori nello sfruttamento delle miniere di ferro, del manganese, del petrolio, del carbone, del legname e di tutte le altre grandi risorse dell'Unione sovietica.
    Per valutare pienamente il carattere e il significato di questa testimonianza, che ho udito di persona, bisogna tener presente che i fatti relativi alla cospirazione furono confermati da due importantissimi membri del Gabinetto, il commissario al tesoro e quello al commercio estero, da un ex- primo ministro, da due ambasciatori sovietici che avevano servito a Londra, a Parigi, e nel Giappone; da un ex-sottosegretario di Stato, nonché dal segretario di Stato del Governo in carica come da due dei più noti pubblicisti dei più importanti giornali dell'Unione sovietica. Era insomma come se  in questo paese il segretario al tesoro Morgenthau, il segretario al commercio Jones, il sottosegretario di Stato Welles, gli ambasciatori Bullitt e Kennedy e il segretario alla presidenza Early confessassero di aver cospirato con la Germania, dando la propria cooperazione onde facilitare un’invasione degli Stati Uniti. Ecco alcuni estratti delle dichiarazioni fatte dagli imputati alla pubblica udienza. Krestinsky, sottosegretario di Stato, disse:
    “Abbiamo raggiunto un accordo col generale Seecht e con Hess, per aiutare la Beichswehr a creare un certo numero di basi di spionaggio sul territorio dell'U.R.S.S… In cambio, la Beichswehr si impegnò a pagarci annualmente 350.000 marchi come sussidio››.
    Grinko, segretario al Tesoro, disse:
    “ConoscevO che ero in relazione con persone, sia dell'organizzazione ucraina sia dell'esercito rosso, che si preparavano ad aprire la frontiera al nemico. Io lavorai in particolare in Ucraina, vale a dire, proprio nella zona dove la Germania prepara il colpo contro l'U.R.S.S.”.  
    Rosengoltz, segretario al commercio, disse:
    “Io passai varie informazioni segrete al comandante in capo della Reichwehr... Successivamente furono stabilite comunicazioni dirette a mezzo dell’ambasciatore (tedesco) nell'U.R.S.S., al quale periodicamente fornii informazioni di carattere spionistico”.
    Sokolnikov, già ambasciatore in Gran Bretagna, disse: “Il Giappone, pel caso di partecipazione alla guerra, avrebbe ricevuto concessioni territoriali in Estremo Oriente, nella regione dell’Amur e nelle provincie marittime; per quanto concerne la Germania, si era contemplato di dar soddisfazione agli interessi nazionali ucraini”.
    La testimonianza di molti degli imputati minori dimostrò che per ordine dei principali accusati essi avevano diretti rapporti coi servizi segreti tedesco e giapponese e cooperarono con loro nell’opera sistematica di spionaggio e di sabotaggio; ed avevano o commesso o aiutato o provocato numerosi delitti. Per esempio, Rataiciak disse che aveva organizzato ed era responsabile di due esplosioni avvenute nelle fabbriche di nitrati di Gorlovkai; esse provocarono enormi perdite di materiale, nonché perdite di vite umane. Pushkin cooperò o assunse la responsabilità pel disastro delle fabbriche chimiche di Voskressensk e per lo stabilimento Levsky. Knyazev raccontò d'aver ideato ed eseguito il sabotaggio dei treni militari, provocando gravi perdite di vite umane, su espresse istruzioni o sotto la direzione dei servizi segreti stranieri. Depose anche di aver ricevuto da tali servizi stranieri istruzioni “per organizzare incendi nei magazzini militari, nelle cantine e nei trasporti dell'esercito” e sulla necessità di usare  “mezzi batteriologici in tempo di guerra per infettare treni militari, cantine e accampamenti con bacilli virulenti”.
    La testimonianza in questi casi coinvolgeva ed accusava il generale Tukhacevsky e molti capi dell'esercito e della marina. Poco dopo il processo Bukharin, questi uomini furono arrestati. Questi uomini erano accusati di aver partecipato sotto la direzione di Tukhacevsky a un accordo per cooperare con l’Alto Comando tedesco nel caso di attacco contro lo Stato sovietico. Numerose attività sovversive che si svolgevano nell’esercito furono pure rivelate dalle deposizioni di molti dei più alti ufficiali dell'esercito, secondo le deposizioni, o erano stati corrotti o erano stati indotti a entrare in questa cospirazione. Secondo le deposizioni, si era stabilita una completa cooperazione in ogni ramo dei servizi, nel gruppo politico rivoluzionario, in quello militare e con gli Alti Comandi della Germania e del Giappone.   
    Questa la versione dei fatti data nei processi. Le autorità del Cremlino furono indubbiamente molto allarmate dalle rivelazioni e dalle confessioni degli imputati. La rapidità con la quale agirono e la maniera radicale con cui procedettero dimostra che essi ritenevano che i fatti fossero veri. Procedettero a ripulir la casa e agirono con la più grande energia e precisione.
     Voroscilov, comandante in capo dell'esercito rosso, disse:
    “E più facile per un ladro d’entrare in una casa, se ha un complice che gli apre l'uscio. Noi abbiamo avuto cura di eliminare i complici”.
    Il generale Tukhacevsky non andò all’incoronazione a Londra, come aveva in programma. Si disse che era stato mandato a comandare l’armata1 del distretto del Volga; ma è risaputo che era stato fatto scendere dal treno e arrestato, prima di raggiungere il nuovo posto di comando cui era stato nominato. Poche settimane dopo, l’1l giugno, egli, insieme con altri medici, ufficiali dell'Alto Comando, fu giustiziato a seguito della sentenza pronunciata dalla Corte marziale e di un processo di cui i dibattiti non furono di pubblica ragione.
   Tutti quei processi, purghe, liquidazioni che sembrarono allora tanto violenti e che scandalizzarono il mondo, appaiono ora uno degli aspetti del vigoroso e deciso sforzo del Governo di Stalin per proteggersi non solo da una rivoluzione interna, ma da un attacco dall’estero. Si misero a lavorare per ripulire il paese da tutti gli elementi che potessero tradire e i casi dubbi furono tutti risolti a favore del Governo. Nel 1941 non vi furono in Russia degli affiliati alla quinta colonna; erano stati giustiziati in precedenza. La purga aveva ripulito il paese liberandolo dai traditori.  

 

(1) Per quanto questo studio sia stato scritto dopo l’invasione tedesca in Russia nell'estate del 1941, ho ritenuto opportuno di inserirlo qui, poiché è diretto a dimostrare come i processi per tradimento abbiano distrutto in Russia la quinta colonna di Hitler. I. E. D.

p.s. In una lettera dell'aprile 1938 inserita nel suo libro J.E. Davies si sofferma sul processo contro il "blocco trotskista di destra" e dice: "…E' difficile trovare un osservatore straniero che, dopo aver seguito lo svolgimento del processo, possa dubitare del coinvolgimento della maggior parte degli imputati nel complotto per l'eliminazione di Stalin”

 vedi sempre da:

Missione a Mosca di Josef E. Davies ambasciatore americano in U.R.S.S.
I processi di Mosca

vedi anche:  "Stalinismo" : alcune osservazioni sui processi di Mosca

 Estratti del libro, pubblicato nel 1943 a Zurigo, di J.E. Davies «Ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca. Relazioni autentiche e confidenziali sull'Unione Sovietica fino all’ottobre 1941.»

Davies ha seguito – tutti i diplomatici potevano farlo – i processi di Mosca, come osservatore (era giurista).

Il 17 Marzo 1938 egli inviò a Washington le sue impressioni sul processo di Bukharin e altri a Mosca. Il dispaccio è così concepito (estratti):

«Nonostante i miei pregiudizi (...) dopo aver osservato quotidianamente i testimoni e il loro modo di deporre, e in ragione di fatti finora sconosciuti, giustificati (...) sono arrivato alla conclusione che gli accusati abbiano effettivamente violato le leggi sovietiche enumerate negli atti d'accusa. Le stesse, confermate nel contraddittorio, provano le accuse d'alto tradimento e giustificano le condanne emesse contro di loro. L'opinione dei diplomatici che hanno assistito regolarmente ai dibattiti è stata unanime: il processo ha denunciato l'esistenza di una congiura d'opposizione politica di altissimo livello. Il processo ha permesso loro di capire fatti che erano fino ad allora incomprensibili.» (p. 209)

Davies aveva già nel 1937 assistito al processo di Radek e altri, e il 17 febbraio dello stesso anno aveva inviato un rapporto in merito al Segretario di Stato degli Stati Uniti. In esso affermava (p.33):

«Una ragione oggettiva (...) mi ha fatto concludere – a malincuore - che lo Stato ha realmente provato le accuse. Non esiste alcun dubbio sull'esistenza di una cospirazione assai grave fra i dirigenti contro il governo sovietico, e sul fatto che le violazioni della legge indicate nei capi d'accusa siano realmente state commesse, e siano dunque punibili. Ho parlato con praticamente tutti i membri del corpo diplomatico qui presenti, e tranne, forse, una sola eccezione, tutti sono dell’avviso che i dibattiti abbiano stabilito l’effettiva esistenza di un piano segreto e di una cospirazione miranti ad eliminare il governo.»

Nel suo diario, l’11 Marzo 1937, Davies ha annotato quest'episodio:

«Un altro diplomatico ha fatto ieri una considerazione istruttiva. Parlavamo del processo ed egli ha affermato: "Gli accusati sono senza alcun dubbio colpevoli, abbiamo tutti assistito al processo, siamo unanimi. Ma per il mondo esterno, al contrario, le descrizioni del processo hanno il carattere di una messinscena". Sapeva come ciò non rispondesse al vero, ma apparentemente era bene che il resto del mondo avesse questa impressione.» (p.86)

Davies parla di numerosi arresti ed "epurazioni" avvenuti il 4 luglio su ordine del ministro degli Affari esteri Litvinov.

A proposito di quest’ultimo, riporta:

«Litvinov (...) ha dichiarato che grazie a queste epurazioni è certo che nessun tradimento a favore di Berlino o Tokyo sarebbe più possibile. Un giorno il mondo capirà che ciò che è stato fatto era necessario. Occorreva che proteggessero il loro governo da questo "tradimento minaccioso". In effetti, hanno reso servizio al mondo intero, preservando dal pericolo del dominio mondiale dei nazisti di Hitler. L'Unione Sovietica è un forte bastione contro il pericolo nazionalsocialista. Verrà un giorno in cui il mondo intero potrà riconoscere quale grande uomo fu Stalin.» (p.128)

Ricca d’insegnamenti è anche la descrizione della conversazione avuta con Stalin, contenuta nella lettera del 9 giugno 1938 a sua figlia. Egli rimase impressionato dalla personalità di Stalin:

«Se riesci ad immaginare un personaggio totalmente diverso, in tutti i sensi, da ciò che i suoi più feroci avversari sono arrivati a descrivere, allora hai un'immagine di quest’uomo. La situazione che constato qui e la sua personalità sono diametralmente opposte. La spiegazione di questo risiede forse nel fatto che questi uomini sono pronti a fare per una religione o una "causa" ciò che non avrebbero mai fatto altrimenti.» (p. 276)

Dopo l'aggressione dell'Unione Sovietica da parte dei fascisti, Davies riassume le sue opinioni nel 1941 affermando che «i processi per alto tradimento hanno messo in rotta la quinta colonna di Hitler». (p.209)

Nel 1936 ebbero luogo i processi contro Zinoviev e altri. L'avvocato britannico D.N. Pritt (K.C.) potè assistervi. Scrisse le sue impressioni nel libro "From Right to Left" uscito nel 1965 a Londra.

«La mia impressione è che il processo sia stato condotto equamente, e che gli accusati fossero realmente colpevoli. La stessa sensazione è condivisa da tutti i giornalisti con i quali ho potuto parlare. E certamente pensavano la stessa cosa tutti gli osservatori stranieri (ce n’erano molti, soprattutto diplomatici). Ho sentito uno di loro affermare: "Naturalmente, sono colpevoli. Ma per ragioni di propaganda, dobbiamo negare.» (p. 110-111)

Dalle affermazioni di esperti di legge quali i non-comunisti Davies e Pritt, appare evidente che gli accusati dei processi di Mosca del 1936, 1937 e 1938 furono condannati perché le accuse sono state provate. In questo contesto è utile ricordare ciò che Berthold Brecht scrisse su questi processi, per esempio la concezione degli accusati.

«Una falsa concezione li ha condotti ad un profondo isolamento e al crimine. Tutte le canaglie del Paese e dell’estero, tutti questi parassiti hanno visto instaurarsi in loro il sabotaggio e lo spionaggio. Avevano gli stessi obiettivi dei criminali. Sono persuaso che questa è la verità, e che come tale sarà intesa nell’Europa dell'Ovest, anche dai lettori nemici...Il politicante che ha bisogno della disfatta per impadronirsi del potere, persegue la disfatta. Colui che vuol essere il "salvatore" opera per mettere in atto una situazione nella quale potrà "salvare", e quindi una situazione cattiva... Trotsky ha dapprima interpretato il crollo dello Stato operaio come una conseguenza della guerra, o meglio del pericolo da essa rappresentato, ma più avanti la stessa è divenuta per lui un presupposto alla sua azione pratica. Se la guerra arrivasse, la costruzione "precipitata" sprofonderebbe, l'apparato sarebbe isolato delle masse. All’esterno occorrerà rinunciare all’Ucraina, alla Siberia orientale, ecc... All'interno, bisognerà fare concessioni, tornare alle forme capitaliste, rinforzare o lasciare rinforzarsi i gulag; ma tutto ciò va nella direzione di una nuova azione, il ritorno di Trotsky. I centri anti-stalinisti non hanno la forza morale di ricorrere al proletariato, non tanto perché siano vigliacchi, quanto piuttosto perché non possiedono una reale base organizzata in seno alle masse, non hanno niente da proporre, non hanno compiti da assegnare alle forze produttive del Paese. Dunque, confessano. E possiamo pensare che confessino anche più di quanto non ci si aspetterebbe. » (B.Brecht, scritti sulla politica e la società, L.I. 1919-1941. Aufbau-Verlag. Berlino e Weimar 1968 - p.172 e segg.)

Se partiamo dal presupposto che Davies e Pritt (e Brecht), con il loro giudizio sul processo di Mosca, avevano ragione, allora bisognerà porsi necessariamente una domanda: coloro - come Kruscev e Gorbaciov - che hanno dichiarato vittime innocenti i condannati dei processi di Mosca, non l’avranno fatto perché simpatizzavano con essi, o erano addirittura loro complici, e volevano quindi metter fine ad un’impresa fallita?"
da http://www.communisme-bolchevisme.net/Le_bugie_sull_URSS_al_tempo_di_Stalin.htm   

http://users.skynet.be/roger.romain/proces_de_moscou.htm

I VERBALI ORIGINALI  dei Processi ,EDITI NEL 1937 a Mosca e quasi sconosciuti in Italia , sono stati recuperati e messi a disposizione dal  compagno  Amedeo Curatoli , fanno parte della sua biblioteca personale,le compagne Stella libera e Tonia casilino , stanno curando la traduzione dal francese ….

L’ imputato I. D. TOUROK  ha rilasciato dichiarazioni analoghe.

(Tomo XXIII, p. 73)

Il centro Trotskista e i gruppi di diversivi che egli stesso dirigeva, avrebbero dovuto svolgere  un lavoro di distruzione particolarmente attivo nelle imprese industriali e dei trasporti ferroviari, attraverso esplosioni, incendi, deragliamenti etc..,  durante la guerra,  poiché questi mostruosi atti di tradimento avrebbero assestato un colpo considerevole alla capacità di difesa dell’Unione Sovietica.

Cosicchè , l’imputato PIATAKOV, ha fornito all’imputato NORKINE, istruzioni per preparare l’incendio del complesso chimico del Kémérovo, al momento della dichiarazione di guerra. Interrogato in merito a questo l’imputato Y. L. PIATAKOV ha dichiarato:

“Sì, lo confermo. Ho effettivamente fornito tali  istruzioni a NORKINE. E’ stato poco dopo il mio incontro con TROTSKI, durante il quale lui mi sollevò dei problemi circa la necessità di effettuare, all’inizio della guerra, azioni diversive ai danni delle imprese che lavoravano nell’indotto della Difesa. E’ proprio in virtù di ciò che io  parlai a NORKINE  della necessità di prevedere la possibilità di compiere un’azione diversiva parallela a Kémérovo”.

(Tomo I, p. 309)

A sua volta, l’imputato KNIAZEV ha dichiarato, nel corso dell’interrogatorio del 14 dicembre del 1936, che, d’accordo con il Centro Parallelo, ha accettato, da un agente dei servizi segreti giapponesi, un compito da svolgere, in caso di guerra:

“organizzare incendi nei depositi militari, nei centri di rifornimento e nei centri sanitari dell’esercito”.

(Tomo XXXII, p. 68)

L’imputato KNIAZEV, ha accettato dallo stesso M. H. una missione ancora più mostruosa, diretta contro il popolo sovietico:

“I servizi segreti giapponesi insistevano  particolarmente sull’impiego di armi batteriologiche durante la guerra, allo scopo di contaminare, attraverso l’impiego di batteri particolarmente virulenti, i treni destinati alle truppe, e anche i centri di approvvigionamento alimentare e sanitario dell’armata…”                                                                                                                   (Tomo XXXII, p. 68)

Il tradimento che ha legato l’imputato KNIAZEV ai servizi segreti giapponesi è stato dimostrato non solo sulla base alle dichiarazioni di KNIAZEV stesso, ma anche

dalla corrispondenza  con H.M. e dalle fotografie che sono state sequestrate in casa sua (lettere di H. M contenenti l’indicazione del “15- XII “ e del  23 –VIII- 36).

(Tomo  XXXII, p. 121)

Le parti delle indagini preliminari e le stesse confessioni degli imputati S. A. RATAITCHAK, I. A. KNIAZEV, I. D. TOUROK, G. E. POUCHINE, I. I. HRASCHE, A. A. CHESTOV,  e M. S. STROILOV, hanno dimostrato che, affianco all’attività diversiva e di sabotaggio, il centro trotskista parallelo, nella sua lotta contro l’unione sovietica, attribuiva un’importanza non meno rilevante all’organizzazione di un servizio di spionaggio al soldo dei servizi segreti stranieri.

Tutti gli imputati su citati, essendo legati ai rappresentanti dei servizi segreti tedeschi e giapponesi, fornirono loro sistematicamente  informazioni segrete di altissima rilevanza per lo stato.

Difatti, l’imputato I. A. KNIAZEV, forniva, attraverso l’intermediazione del su menzionato agente M. H., informazioni segrete sullo stato tecnico dell’avanzamento dei lavori delle ferrovie dell’URSS, sulla mobilità e sui trasporti militari.

(Tomo XXXII, p. 103)

Gli imputati, S. A. RATAITCHAK, G. E. POUCHINE e I. I. HRASCHE, hanno ammesso di essere legati ai servizi segreti tedeschi, ai quali fornivano documentazioni segrete circa lo stato e il funzionamento delle nostre industrie chimiche.

L’imputato HRASCHE, interrogato a tal riguardo, dichiarò:

“L’organizzazione di cui facevo parte, conduceva, sotto direttiva dei servizi segreti tedeschi, non solamente un’attività diversiva, ma anche un’attività di spionaggio nelle imprese dell’industria chimica”.

(Tomo XXI, p. 40)

L’imputato G. E. POUCHINE, avendo ammesso la sua partecipazione allo spionaggio, dichiarò che egli stesso, e l’imputato S. A. RATAITCHAK, erano in contatto con i servizi segreti tedeschi, tramite l’intermediazione di LENZ, direttore della ditta “Linde”.

L’imputato G. E. POUCHINE, interrogato il 26 ottobre 1936, dichiarò ciò che segue:

“Sono stati forniti a LENZ i seguenti dati:

1.     Informazioni sulla produzione di tutte le imprese chimiche dell’URSS, in corso d’anno 1934;

2.     Il programma di lavoro di tutte le imprese chimiche dell’Urss per l’anno 1935;

3.     Il programma di costruzione dei complessi per la produzione di azoto, che prevedeva lavori di costruzione fino alla fine dell’anno 1938.

Tutto questo materiale è stato consegnato a LENZ da me personalmente in diverse occasioni  durante la prima metà del 1935.

Inoltre, ho appreso da LENZ, che lo stesso aveva ricevuto direttamente da RATAITCHAK  determinate informazioni sulla produzione degli impianti chimici militari durante l’anno 1934 e il progetto dei lavori per l’anno 1935. In più, fornivo sistematicamente  a LENZ, informazioni relative alle interruzioni della produzione, alle avarie  e allo stato delle attrezzature delle fabbriche per la produzione dell’azoto”                                                                       (Tome XIX, f.31)

Un’analoga attività di spionaggio  al soldo dei servizi segreti tedeschi è stata condotta  anche dagli imputati A. A. CHESTOV e M. S. STROILOV, convinti da rapporti criminali con un certo numero di agenti di spionaggio che erano arrivati  in  U.R.S.S. in qualità di specialisti stranieri, come, per esempio, l’ingegnere STICKLING, condannato per la sua attività diversiva e di spionaggio nell’affare di Kemerovo.

L’attività di spionaggio dei trotskisti assoldati dai servizi  segreti tedeschi erano in alcuni casi mascherati dai loro rapporti con alcune  ditte tedesche.

L’istruttoria di questo caso ha stabilito che esistevano, tra L. TROTSKI  ed alcune  aziende tedesche, degli accordi,  in base ai quali queste aziende sostenevano i trotskisti  grazie a un fondo creato dalla maggiorazione sui prezzi applicati alle merci importate dalla Germania in URSS.

L’imputato PIATAKOV,  facendo rapporto  sul suo incontro con L. L. SEDOV, figlio di TROTSKI,  trovandosi nell’ufficio immigrazione, ha dichiarato a riguardo:

“SEDOV mi ha fornito le direttive di TROTSKI  che mi assegnavano il compito di inviare  più commesse possibili alle aziende “Demag” e “Borsig” , attraverso i rappresentanti  con i quali TROTSKI era in contatto.

Voi sarete costretti a pagare dei prezzi maggiorati,  aggiunse SEDOV, ma quel denaro servirà per compiere il nostro lavoro.”

(Tomo I, p. 227)

Secondo il loro piano rivolto al rovesciamento del governo sovietico e alla presa del potere, L. TROTSKI e il Centro parallelo attribuivano un’importanza prioritaria agli atti terroristici contro i dirigenti del partito comunista dell’U.R.S.S. e del governo sovietico.

L’indagine preliminare del suddetto caso, ha stabilito che il Centro parallelo trotskista,  sotto le direttive di L. D. TROTSKI, ricevute da Y. L. PIATAKOV e K. B. RADEK,  ha creato dei gruppi terroristici a Mosca, Leningrado, Kiev, Rostov, Sotchi, Novossibirsk e in altre città.

Secondo la dichiarazione dell’imputato K.RADEK, L. D. TROTSKI ha preteso:

“di organizzare un gruppo ristretto di uomini fidati per l’esecuzione di attentati terroristici contro i dirigenti del Partito comunista dell’U.R.S.S., in primo luogo contro STALIN”.

(Tomo V, p. 102)

L.D. TROTSKI ha dato degli ordini simili all’imputato PIATAKOV nel corso del suo incontro con lui, nel 1935.

L’imputato PIATAKOV dichiarò:

“TROTSKI , durante quell’incontro ha detto:

Comprenderete bene che, senza tutta una serie di attentati terroristici che vanno compiuti al più presto possibile, risulta impossibile  rovesciare il governo staliniano.

Occorre esacerbare la lotta ancora di più, darle ancora più ampiezza. Non dobbiamo, letteralmente, indietreggiare davanti a nulla, per uccidere (far cadere)  STALIN”.

(Tomo I, p. 263, 264)

E’ in questo modo che L. D. TROTSKI, agente fascista, forniva informazioni all’organizzazione trotskista, che preparava una serie di attentati terroristici contro i dirigenti del Partito comunista dell’URSS, e del governo sovietico.

Nell’organizzare gli attentati terroristici suddetti,  il centro trotskista  si incaricò di scegliere, a tal fine,  i viaggi dei dirigenti sovietici del Partito comunista del’U.R.S.S. e del governo sovietico in diversi punti del paese.

Cosìcchè, nel 1934, durante il soggiorno in Siberia del compagno V. M. MOLOTOV, presidente del Consiglio dei Commissariati (tribunale?) del popolo dell’U.R.S.S., i terroristi trotskisti hanno attentato, sotto la direzione dell’imputato CHESTOV, alla vita del compagno V. M. MOLOTOV, organizzando per lui un incidente automobilistico.

All’interrogatorio del 21 settembre 1934, l’imputato ARNOLD,  membro del gruppo terroristico  trotskista, il diretto esecutore di questo crimine scellerato, ha dichiarato a questo proposito:

“Nel mese di settembre 1934, non mi ricordo esattamente la data, TCHEREPOUKHINE mi invitò nel suo ufficio e mi avvisò che  MOLOTOV sarebbe arrivato  a Prokopievsk…..  mi dichiarò, allo stesso tempo, che avrei dovuto sacrificarmi e provocare a tutti i costi un incidente alla mia automobile, che sarebbe stata messa a disposizione di MOLOTOV. Acconsentii e risposi che tutto sarebbe stato fatto.”                                                 (Tome XXXVI, p. 32, 33)

L’imputato CHESTOV lo confermò dichiarando:

“Su ordine di MOURALOV,  preparai attivamente nel 1934 un attentato terroristico contro MOLOTOV, presidente del Consiglio dei Commissari del popolo dell’U.R.S.S. e contro EIKHE’, segretario del Comitato del Partito del territorio della Siberia occidentale”                                                   (Tomo XV, p. 157)

L’attentato alla vita del presidente del Consiglio dei Commissari del popolo dell’U.R.S.S., il compagno V. M. MOLOTOV, tramite un incidente dell’automobile, con la quale egli ritornava dal servizio di spedizione del pozzo minerario N. 3 (Miniere di Prokopievsk) alla città operaia, ebbe effettivamente luogo, ma senza risultato.

(Tomo XXXVI, p. 48)

Tale era l’ignobile attività traditrice e antisovietica dei trotskisti, deprecabili mercenari fascisti, traditori della patria e nemici del popolo.

Avendo subito una disfatta definitiva nella loro lunga lotta contro il Partito e il potere sovietico, privati, grazie alla vittoria completa del socialismo in U.R.S.S. di tutto il sostegno delle masse popolari, rappresentando un gruppo di banditi e di spie isolati e votati al fallimento politico, segnati dal disprezzo generale del popolo sovietico, L. D. TROTSKI e i suoi accoliti PIATAKOV, RADEK, SOKOLNIKOV, SEREBRIAKOV, LIVCHITZ e gli altri imputati del presente processo hanno tradito in un modo inaudito gli interessi della classe operaia e contadina ; essi hanno tradito la patria e sono divenuti agenti di spionaggio, di diversione e di sabotaggio al servizio delle forze fasciste tedesche e giapponesi.

FORMULA ACCUSATORIA (CAPI D’ACCUSA)

L’istruttoria considera come assodato:

1) che, sulle indicazioni di L. D. TROTSKI, fu organizzato, nel 1933 un centro parallelo composto dagli imputati del presente caso:  Y. L.  PIATAKOV, K. B. RADEK, G. Y. SOKOLNIKOV e L. P. SEREBRIAKOV, che aveva il compito di dirigere un’azione antisovietica criminale di spionaggio, di diversione e di terrorismo, destinata a minare la possenza militare dell’U.R.S.S., a favorire           l’aggressione militare contro di essa, ad aiutare gli invasori stranieri ad impadronirsi del territorio dell’U.R.S.S. e a smembrarlo, a rovesciare il potere sovietico e a restaurare in U.R.S.S. il capitalismo e il potere della borghesia;

2) che, su direttiva dello stesso L. D. TROTSKI, questo centro si mise in contatto, tramite l’intermediazione degli imputati SOKOLNIKOV e RADEK, con i rappresentanti di alcuni Stati stranieri allo scopo di organizzare la lotta comune contro L’Unione Sovietica, essendo il centro Trotskista stato ingaggiato, in caso di presa del potere, di accordare a questi Stati un certo numero di vantaggi politici ed economici e di concessioni territoriali;

3) che, allo stesso tempo, questo centro, tramite l’intermediazione dei suoi membri e di altri partecipanti alla criminale organizzazione trotskista, si dedicava sistematicamente allo spionaggio al soldo di questi Stati, fornendo ai servizi segreti stranieri delle informazioni di altissima rilevanza per lo Stato;

4) che allo scopo di minare la potenza economica e la capacità di difesa dell’U.R.S.S., questo centro ha organizzato e compiuto in certe imprese e nei trasporti ferroviari una serie di atti di diversione e sabotaggio che hanno causato delle vittime e la distruzione di beni dello Stato di grande valore;

5) che questo centro ha organizzato una serie di attentati terroristici contro i dirigenti del Partito comunista dell’U.R.S.S. e del governo sovietico e che sono stati messi in atto dei tentativi per perpetrare tali crimini;

6) che all’attività criminale su indicata di questo centro, oltre ai suoi dirigenti, gli imputati, Y.L. PIATAKOV, G. Y. SOKOLNIKOV, K. B. RADEK e L. P. SEREBRIAKOV, hanno svolto una parte attiva gli imputati: Y.A. LIVCHITZ, N.I.MOURALOV, Y. N. DROBNIS, M. S. BOGOUSLAVSKI, I. A. KNIAZEV, I. D. TOUROK, S. A. RATAITCHAK, B. O. NORKINE, A. A. CHESTOV, M. S. STROILOV, I. I. HRASCHE, G. E. POUCHINE e V. V. ARNOLD.

Tutti gli imputati si sono riconosciuti interamente colpevoli dei crimini di cui sono stati accusati, confermati dai documenti, dagli stralci di discussione e dalle deposizioni dei testimoni.

Considerato tutto ciò, sono accusati:

1)    PIATAKOV, Youri (Guéorgui) Léonidovitch, nato nel 1880, impiegato;

2)    SOKOLNIKOV, Grigori Yakovlévitch, nato nel 1888, impiegato;

3)    RADEK, Karl Berngardovitch, nato nel 1885, giornalista;

4)    SEREBRIAKOV, Léonid Pétrovitch, nato nel 1888, impiegato;

di avere, in qualità di partecipanti del centro trotskista antisovietico clandestino, tradito la patria commettendo i crimini indicati nei paragrafi da 1 a 6 della formula accusatoria (CAPI D’ACCUSA), cioè di crimini previsti dagli articoli 58-1-a, 58-8, 58-9, e 58-11 del Codice Penale della R. S. F. S. R.;

5)    LIVCHITZ, Yakov Abramovitch, nato nel 1886, impiegato;

6)    MOURALOV, Nikolai Ivanovitch, nato nel 1877, impiegato;

7)    DROBNIS, Yakov Naoumovitch, nato nel 1891, impiegato;

8)    BOGOUSLAVSKI, Mikhail Solomonovitch, nato  nel 1886, impiegato;

pagine 36-37-38 dei verbali

VYCHINSKI:___Nello specifico, con chi egli ha manifestato questo?

PIATAKOV:___In primo luogo abbiamo restaurato la”stazione “ucraina, è stato;

Loguinov, Goloubenko, Kotsiubinski e Livchitz  incolpati in questo processo.

Eravamo d’accordo prima con Loguinov, poi con gli altri più tardi per formare

un gruppo ucraino di quattro.

VYCHINSKI:___Con chi di loro avete parlato di questo?

PIATAKOV:___Con tutti i quattro.

VYCHINSKI:___Compreso  Livchitz?

PIATAKOV:___Si.

VYCHINSKI:___E’ stato nel 1931?

PIATAKOV:___Credo che sia potuto essere anche nel 1932.

VYCHINSKI:___Dove ha avuto luogo la vostra intervista con Livchitz?

PIATAKOV:___Da me, alla commissione del popolo

VYCHINSKI:___Lo avete chiamato voi o è venuto da solo?

PIATAKOV:___Non mi ricordo.

VYCHINSKI:___Dove lavorava Livchitz all’epoca?

PIATAKOV:___In Ucraina, come capo di una ferrovia.

VYCHINSKI:___Non aveva affari con capi di ferrovia, come mai si è presentato

al consiglio superiore dell’Economia?

PIATAKOV:___Li sono stato personalmente legato per molto tempo.

VYCHINSKI:___Le relazioni personali non m’interessano.

PIATAKOV:___Eravamo legati da molto tempo al lavoro per il futuro contro¬-

rivoluzionario trotzkista.

VYCHINSKI:___Con quale pretesto un capo delle ferrovie si presenta da Lei,

vice-presidente del Consiglio superiore dell’economia. C’erano motivi di servizio?

PIATAKOV:___Non ce n’era bisogno. Molte persone venivano a trovarmi, ed anche lui è venuto.

VYCHINSKI:___No, non è venuto come semplice conoscente?

PIATAKOV:___Senza dubbio, è stato informato da Luguinov.

VYCHINSKI:___Dunque, è tornato da Lei, Piatakov, come un uomo nominato da

Trotskij per tessere tele trotzkiste?

PIATAKOV:___No, è venuto a trovarmi per ricevere direttamente la conferma di quello che gli aveva spedito Luiginov.

VYCHINSKI:___Ha parlato con lui di quest’argomento?

PIATAKOV:___Gli riferì la mia conversazione con Sédov, e lui trasmise le

direttive di Trotskij, argomenti sui metodi terroristici di lotta, per il  sabotaggio.

PIATAKOV:___Formalmente quale amico personale ma, di fatto, i colloqui sono riguardati il gruppo di trotzkista ucraino.

VYCHINSKI:___Dopo il suo ritorno da Berlino?

PIATAKOV:___Si

VYCHINSKI:___Dunque.Dopo il vostro ritorno da Berlino si hanno due altri

colloqui con Livchitz? Inoltre, credo che passasse da Mosca, al Commissariato del Popolo per la

causa, ma non posso ricordarmi la conversazione.

VYCHINSKI:___Accusato Livchitz, conferma le dichiarazioni di Piatakov circa

gli argomenti delle vostre conversazioni?

LIVCHITZ:____Si, lo confermo.

VYCHINSKI:___Vi siete re incontrati dopo il suo ritorno da Berlino, da Lei o

da lui?

LIVCHITZ:____Sono andato al Consiglio Superiore Nazionale dell’Economia.

VYCHINSKI:___Lo avete mandato a chiamare o è venuto di sua iniziativa?

LIVCHITZ:____Andai a verificare l’esattezza delle direttive trasmesse da

Loguinov, per Piatakov’   VYCHINSKI:___Quindi, le direttive di Trotskij vi sono

state trasmesse da Loguinov dopo quello che vi ha detto Piatakov?

LIVCHITZ:____Si

VYCHINSKI:___Dove?

LIVCHITZ:____A Kharkov.

VYCHINSKI:___Essendo a Mosca avete deciso di controllare ciò?

LIVCHITZ:____Si.

VYCHINSKI:___ Ed è a questo scopo che avete deciso di agire LIVCHITZ:____Andai da Piatakov per attenderlo.

VYCHINSKI:___E lui?

LIVCHITZ:____Piatakov mi disse la stessa cosa di Luguinov; i metodi di lotta

impiegati precedentemente non avrebbero portato ad alcun risultato, bisognava

usare nuovi metodi di lotta; sarebbe a dire: ricorrere al terrore ed a un

lavoro di distruzione.

Pagina 37

VYCHINSKI.——-Chi Ve lo disse?

LIVCHITZ.___     Fu Piatakov a dirmelo.

VYCHINSKI.——-Nel 1931?

LIVCHITZ.___     No, nel 1932.

VYCHINSKI.——-Dopo il rientro dall’estero?

LIVCHITZ.___     Dopo il suo ritorno da Berlino. Nel 1931. La mia

conversazione con Piatakov ebbe luogo nel mio vagone prima della partenza per

Berlino.

VYCHINSKI.——- La seconda volta?

LIVCHITZ.___     Non posso affermare con certezza se sia stata la prima o la

seconda volta; approssimativamente è stato a novembre-dicembre del 1931. Venne

a trovarmi, cenò. Non vi fu alcuna conversazione di carattere contro-

rivoluzionario trozkista.

VYCHINSKI.——- Quella volta lì?

LIVCHITZ.___    Quella volta perché c’era molta gente nel vagone.

VYCHINSKI.——- Venne altre volte a trovarvi nel vostro vagone?

LIVCHITZ.___      Per quello che me ne posso ricordare, non è venuto più nel

mio vagone. E’ venuto solo una volta.

VYCHINSKI.——-Dopo quell’incontro, ne avete avuti altri con lui, con

argomentazioni di carattere trotzkista?

LIVCHITZ.___     Senza dubbio.

VYCHINSKI.——- Non ho più altre domande da fare a Livchitz.

Accusato Piatakov… forse l’accusato è stanco?

PIATAKOV.____ No, posso continuare.

IL PRESIDENTE._______ Propongo di rinviare la seduta a tre ore.

VYCHINSKI.——-   Non ho nulla da obbiettare, ma può essere questo così

difficoltoso per l’imputato?

PIATAKOV._______ Per quanto tempo ne abbiamo ancora?

IL PRESIDENTE._______ Cinquanta minuti.

VYCHINSKI.——-   Dunque allora, passiamo alla questione del secondo

viaggio a Berlino.

PIATAKOV._____Sèdov, appena appreso il mio arrivo a Berlino, aveva deciso di

avere un colloquio con me, come egli disse, per ricevere le informazioni di cui

Trotskij aveva bisogno.

Quando iniziai a dirgli quello che sapevo sull’argomento dell’attività de l’

organizzazione trozkista zinovievista che si era diffusa, m’interruppe

dicendomi che lo sapeva e che aveva dei liaison diretti a Mosca e mi pregò di

raccontargli quello che succedeva in provincia.

Lo informai sulle attività dei trotzkisti in Ucraina e in Siberia occidentale.

Sui liason con Cheston, N.I. Mouralovet, Bogouslavski che si trovavano all’

epoca nella Siberia occidentale.

  SEDUTA DELLA SERA DEL 23 GENNAIO 1937

IL CANCELLIERE. La Corte! Siete pregati di alzarvi.

IL PRESIDENTE._ L’udienza continua. Compagno Vishinski, avete delle domande da porre?

VISHINSKY. __ Imputato  Piatakov, raccontateci quanto sapete sul concreto lavoro di sabotaggio delle organizzazioni trotzkiste.

PIATAKOV. __  Ho già detto che il sabotaggio doveva essere attuato in Ucraina, soprattutto nel campo dell’industria chimica del carbon coke, e consisteva in questo: i forni a coke in costruzione erano stati messi in funzione senza essere stati completati il che aveva come risultato che si demolivano in fretta. Da notare che in queste fabbriche i servizi chimici non erano stati costruiti per niente o la loro costruzione ritardata, il che implicava che i fondi immensi investiti nell’industria chimica del coke si svalutavano della metà se non dei due terzi. La parte più preziosa del carbone, quella chimica, non veniva utilizzata si volatilizzava. D’altra parte le nuove batterie a coke venivano messe fuori uso. Il gruppo trotzkista della Siberia occidentale svolgeva un lavoro di sabotaggio attivo nell’industria del carbone. Questo compito veniva svolto da Sestov e dal suo gruppo. Si trattava di un gruppo numeroso che si sforzava di provocare degli incendi nelle miniere di carbon coke. Il lavoro di sabotaggio veniva attuato presso il complesso industriale chimico di Kemerovo, che, in un primo momento, consisteva nel ritardare la messa in funzione delle fabbriche in costruzione sparpagliando i fondi tra delle costruzioni secondarie cosicché queste opere immense erano perennemente in costruzione e non erano mai pronte per essere messe in funzione. Il sabotaggio delle centrali elettriche consisteva nel diminuire l’attivo del bilancio energetico di tutto il bacino del Kuznetsk.

VYCHINSKI.__ Norkin, Kartsev, Drobnis si rispecchiavano in questa attività?

PIATAKOV.__ Sì, ne erano al corrente. Naturalmente lo erano anche Muralov e Boguslavski. Negli Urali c’erano due industrie strategiche sulle quali si concentravano tutti gli atti di sabotaggio. La prima era quella dell’industria del rame e la seconda la fabbrica di costruzione dei vagoni degli Urali. Nell’industria del rame si trattava soprattutto di ridurre le capacità produttive delle fabbriche già lavoravano il rame. L’impianto per la lavorazione del rame di Krasnouralsk e le fabbriche di rame di Kararabach non raggiungevano i loro obiettivi produttivi: c’era un enorme spreco di rame che entrava nello stabilimento e si registravano delle perdite considerevoli. L’impianto di Karabach era costantemente in uno stato di sofferenza. A Kalatinsk la fabbrica d’arricchimento del rame è andata avanti per tutto il tempo in maniera difettosa anche lì per atti di sabotaggio.

VYCHINSKI.__ E chi ha concretamente e personalmente realizzato gli atti di sabotaggio?

PIATAKOV.__ Nel complesso questo lavoro è stato svolto da Kolegaiev, amministratore della « Ottralsredmed ».
VYCHINSKI. _  Compiva i sabotaggi di propria iniziativa o in seguito ad alcune indicazioni?

PIATAKOV. __  In generale non le ha fatte di propria iniziativa ma sotto la direzione di Trotzki e anche secondo le mie personali direttive. Negli Urali era in costruzione un grande impianto, la « Sreduralmedstroi », che avrebbe dovuto aumentare considerevolmente le risorse di rame del paese. In questa fabbrica il sabotaggio venne svolto da Iulin, a capo della « Sreduralmedstroi », poi Jarikov; il sabotaggio consisteva, soprattutto, nello sparpagliare i fondi in modo da non far completare i lavori di costruzione e, in generale, di allungarne i tempi.

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Troskij fu il mandante dell’omicidio di M. Gorkij-Troskij was the instigator of the murder of M. Gorky-Troskij fue el instigador del asesinato de M. Gorky

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Troskij fu il mandante dell’omicidio di M. Gorkij  – Dal PROCESSO CONTRO IL “BLOCCO ANTISOVIETICO  DELLA DESTRA E DEI TROTZKISTI

  Resoconto degli interrogatori degli imputati dati davanti al Tribunale Militare della Corte  Suprema dell’URSS, Mosca 2–13 marzo 1938 

 permanet

Seduta antimeridiana dell’8 marzo 1938 

interrogatorio d G. Iagoda, ex direttore dell’OGPU, dopo aver chiarito il ruolo degli esecutori dell’omicidio di Gorkij e del figlio Peskhov, viene il momento di gettare luce sui mandanti e sugli organizzatori…) 

 

Vishinskij: È quello che vi chiedo. Adesso diteci, prego, quale è stato, secondo gli elementi a vostra disposizione, il ruolo degli imputati Rikov e Bukarin nella condanna a morte di A.M. Gorkij? 

Iagoda: Da quel che me ne aveva detto Jenukidze, sapevo che avevano partecipato all’esame di questo problema. 

Vyshinskij: Per quel che riguarda Rikov, avevamo chiarito la questione. Rikov ha dichiarato che nel corso di un colloquio con Jenukidze si era prospettata la possibilità di un atto terroristico. 

In proposito desidererei interrogare Bukarin. 

Bukarin: Non vi ho preso alcuna parte. 

V.: Non vi ho ancora fatto la domanda e voi vi affrettate a rispondere. 

B.: Avete detto di volermi interrogare a questo proposito. 

V.: Ho detto che vi volevo interrogare a questo proposito, ma non vi ho ancora posto la domanda e ho quasi ricevuto la risposta. Io vi voglio domandare questo: qual era l’atteggiamento di Gorkij nei riguardi di Trotzkij? 

B.: Nettamente negativo. 

V.: E sapete qual era l’atteggiamento di Trotzkij nei riguardi di A.M. Gorkij? 

B.: Lo stesso, il più nettamente negativo. Volete che esponga maggiori dettagli? 

Vyshinskij: No, per il momento non è necessario. Vorrei interrogare Bessonov. Imputato Bessonov, confermate che l’atteggiamento di Trotzkij nei riguardi di A.M. Gorkij era decisamente negativo? 

Bessonov: Sì, lo confermo. 

V.: In base a che cosa? 

Be.: In base a ciò che ha detto Trotzkij in un colloquio personale con me. 

V.: Confermate ciò che avete dichiarato alla Corte, che Trotzkij aveva trasmesso vostro tramite la direttiva di sopprimere fisicamente Gorkij? 

 

Be.: Sì, ho trasmesso questo ordine di Trotzkij a Pyatakov. 

V.: Trotzkij aveva scelto Pyatakov come uno dei capi del “blocco”: è così? 

Be.: Sì. 

 

V..· Eravate affiatato con Pyatakov nel vostro lavoro clandestino di cospiratore? 

Be.: Perfettamente. 

Vyshinskìj: Imputato Bukarin, sapevate che questo atteggiamento ostile verso Gorkij era non solo di Trotzkij ma anche dei trotzkisti? 

Bukarin: Sì, certamente, perché Trotzkij e i trotzkisti fanno una sola unità. I cospiratori obbedivano militarmente. 

V.: Sapevate che questo atteggiamento negativo da parte dei trotzkisti nei riguardi di Gorkij aveva un indirizzo preciso? 

B.: Volete parlare del colloquio che avevo avuto con Tomskij? 

V.: Se è una prova di ciò di cui parliamo. 

B.: Ebbi un colloquio con Tomskij. 

V.: Dove e quando ebbe luogo questo colloquio? 

B.: Nel 1935 Tomskij mi aveva detto che Trotzkij preparava una azione ostile o un atto ostile contro Gorkij. 

V.: Voi avete saputo da Tomskij che Trotzkij preparava un atto ostile contro Gorkij; e non avete domandato a Tomskij da chi lo aveva saputo? 

B.: No. Suppongo che ne fosse stato informato dai membri trotzkisti del “blocco”. 

V.: E non vi ha detto perché i trotzkisti preparavano questa azione o questo atto ostile contro Gorkij? 

B.: Non me lo ha detto. Mi ha detto che c’era una azione contro lo “stalinista Gorkij”, come difensore dell’edificazione socialista in generale e della politica di partito staliniano in particolare. Io penso che la ragione fosse la grande risonanza che ogni parola di A.M. Gorkij aveva nel campo internazionale in generale e presso gli intellettuali in particolare. 

V.: Tomskij non ne ha parlato in riferimento al proposito di rovesciamento del potere dei soviet? 

B.: No, Cittadino Procuratore. 

V.: Ve ne ricordate bene? 

B.: Me ne ricordo bene. 

V.: Permettetemi di ricordare ciò che ha detto Bukarin durante l’istruttoria (T. 5, f. 117): <<I trotzkisti, mi disse Tomskij, giustificavano in questo modo la loro posizione: se si pone seriamente la questione del rovesciamento della direzione staliniana, non si può non tener conto del fatto che l’organizzazione della destra e dei trotzkisti si scontrerà con un avversario attivo e molto influente nella persona di A.M. Gorkij. Tomskij mi disse che i trotzkisti insistevano vivamente sulla loro proposta e sulla sua realizzazione>>. 

 

B.: Vedete, Cittadino Procuratore, quando sono stato interrogato a proposito del mio colloquio con Tomskij, mi è stato domandato quale significato attribuissi a quelle brevi osservazioni di Tomskij e quale impressione mi fosse rimasta di quel colloquio: così io l’ho esposto in modo più dettagliato. Aggiungo che questa era l’impressione di cui mi ero ricordato quando sono stato interrogato sul colloquio con Tomskij. 

V.: Dite, Tomskij collegava il compimento di un atto ostile contro Gorkij alla questione del rovesciamento del governo sovietico? 

B.: Lo collegava come questione di fondo. 

V.: Come questione di fondo? 

B.: Ho già risposto: sì. 

V.: È la questione di fondo che mi interessa. 

B.: Ma voi interrogate in concreto… 

V.: Il vostro colloquio con Tomskij vi ha fatto pensare che l’atto ostile contro Gorkij fosse concepito in rapporto con il rovesciamento della direzione staliniana? 

B.: Sì, si può dire così, fondamentalmente. 

V..· Di conseguenza, sapevate che si trattava di un atto ostile 

contro Gorkij? 

B.: Sì. 

V.: Secondo voi, di quale atto ostile si trattava? 

B.: In quel momento non ci pensavo affatto e l’idea non mi era neanche venuta… 

V.: A che cosa pensavate, ditemi? 

B.: Quasi non pensavo a niente. 

V.: Ma si trattava di cose serie? Di che cosa si trattava? 

B.: Permettetemi di spiegarmi in due parole. Adesso, a fatto concluso, in questo processo, posso dire… 

V.: Non in questo processo, ma nel corso del colloquio che avete avuto con Tomskij. 

B.: È stata una breve conversazione, una conversazione durante una seduta dell’Ufficio politico, che durò solo pochi secondi. 

V.: Non mi interessa sapere quanto è durato il colloquio: avreste potuto chiacchierare con Tomskij un’ora intera, da qualche parte, in un angolo; la vostra argomentazione non ha importanza. Ciò che importa sono i fatti che voglio accertare. E i fatti sono i seguenti: nel 1935, al principio del 1935 (se avete detto la verità durante l’istruttoria preliminare) avete avuto un colloquio con Tomskij, il quale vi ha fatto sapere che il gruppo trotzkista-zinovievista del “ blocco della destra e dei trotzkisti” intraprendeva un atto ostile contro Gorkij, in quanto partigiano della direzione staliniana. È esatto? 

B.: Si può dire in questo modo. 

V.: È un fatto? 

B.: È un fatto. 

V.: Come avete giudicato questa comunicazione? 

B.: Non vi ho fatto attenzione. 

V.: Non vi avete fatto attenzione? 

B.: No. 

V.: Quando si parla di atti ostili si può intendere anche atti seri, anche atti terroristici. 

B.: Sì; ma fra una dichiarazione sulla stampa, una conversazione spiacevole e un atto terroristico, la differenza è grande. 

V.: E in quel momento qual era il vostro atteggiamento al riguardo? 

B.: Non mi sono intrattenuto su questo. In quel momento non c’era niente nel mio spirito. 

V.: Era dunque una dichiarazione così insignificante che non valeva la pena di soffermarvisi? 

B.: Era una osservazione di sfuggita. 

V.: Ammettiamolo. Vi si dice che si prepara un atto ostile contro A.M. Gorkij… 

B.: Ecco all’incirca come è avvenuto. Ho già descritto seriamente la cosa in istruttoria, perché volevo ricordare se questo momento del nostro colloquio potesse far luce sui documenti di cui disponeva l’istruttoria; ed è alla luce di questi documenti che tutto ha preso contorni precisi. Ma in quel momento non ci pensavo; non avevo fatto caso al senso che si poteva attribuire a 

questa cosa. 

V.: Non è escluso che in quel momento preciso si trattasse di soppressione fisica, dell’assassinio di Gorkij? 

B.: Ora penso che non fosse escluso. 

V.: Cioè: ciò che Tomskij diceva faceva capire che si trattava di un atto terroristico contro Gorkij? 

B.: Adesso penso di sì. 

V.: Ma allora non l’avevate capito? 

B.: Allora non avevo capito assolutamente nulla. 

 

Vyshinskij (rivolgendosi alla Corte). Non ho altre domande da fare. 

 

Presidente (rivolgendosi agli imputati): Qualcuno ha domande da fare a Iagoda? 

 

Rikov: Iagoda ha nominato Vinetskij come qualcuno che sarebbe stato mio complice e sarebbe servito da tramite fra me e non so chi. Io chiedo che mi si dica come lo si è saputo e chi fosse questo.Vinetskij; se Iagoda ha saputo questo da Vinetskij o da un’altra fonte. Personalmente non ho visto nessun ispettore. 

 

Iagoda: Vinetskij è ispettore di collegamento del Commissariato del popolo alle PTT e, nello stesso tempo, ispettore di collegamento del Commissariato del popolo agli Affari Interni. Un giorno mi telefonò per dirmi che Rikov gli chiedeva di portare un plico a Nikolaevskij, all’estero, e se poteva prenderlo. Io dissi: <<Parlatene a Rikov e, se ve lo dà, prendetelo>>. Da ciò conclusi che Vinetskij era un agente di collegamento fra Nikolaevskij e Rikov. 

 

Presidente: (a Vyshinskij): Avete altre domande da fare? 

 

Vyshinskij: No. 

 

Presidente: La Corte non ha altre domande da fare. Sedete, prego.  

https://paginerosse.wordpress.com/2013/08/02/troskij-fu-il-mandante-dellomicidio-di-m-gorkij/

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Trotskij, il congiurato principe e i Processi di Mosca

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Tratteremo solo di alcune (tra le tante) circostanze probatorie che evidenziano chiaramente come Leiba Bronstein, alias Lev Trotskij, fosse direttamente implicato e tirasse le fila della colossale congiura smantellata durante i famosi “Processi di Mosca”  

 Secondo il “main stream” propagandistico anticomunista, i Processi furono inventati di sana pianta dallo NKVD su ordine di Stalin per sbarazzarsi della vecchia guardia bolscevica. 

Trotskij, inoltre, affermò sempre di non aver più avuto nessuno contatto con i suoi sostenitori in URSS, dopo il suo esilio nel 1929.

Non è assolutamente così.I Processi di Mosca furono veri processi a tutti gli effetti, le accuse erano reali e fu provata la colpevolezza degli imputati e Trotskij fu sempre in stretto contatto con i cospiratori come ha ampiamente dimostrato uno storico, per di più anticomunista, come Arch J. Getty in “Trotsky in Exile: The Founding of the Fourth International.” Soviet Studies 38, 1 (January, 1986), pp. 27-28″.

Sentiamo qualche testimone diretto; . Dal libro “Ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca. Relazioni autentiche e confidenziali sull’Unione Sovietica fino all’ottobre 1941.”Zurigo, 1943 dell’ambasciatore USA, J. E. Davies:


“…Una ragione oggettiva (…) mi ha fatto concludere – a malincuore – che lo Stato ha realmente provato le accuse. Non esiste alcun dubbio sull’esistenza di una cospirazione assai grave fra i dirigenti contro il governo sovietico, e sul fatto che le violazioni della legge indicate nei capi d’accusa siano realmente state commesse, e siano dunque punibili. Ho parlato con praticamente tutti i membri del corpo diplomatico qui presenti, e tranne, forse, una sola eccezione, tutti sono dell’avviso che i dibattiti abbiano stabilito l’effettiva esistenza di un piano segreto e di una cospirazione miranti ad eliminare il governo.” da pag. 33, dopo aver assistito al processo di Radek e altri,  il 17 febbraio del 1937 aveva inviato un rapporto in merito al Segretario di Stato degli Stati Uniti.

“Un altro diplomatico ha fatto ieri una considerazione istruttiva. Parlavamo del processo ed egli ha affermato: “Gli accusati sono senza alcun dubbio colpevoli, abbiamo tutti assistito al processo, siamo unanimi. Ma per il mondo esterno, al contrario, le descrizioni del processo hanno il carattere di una messinscena”. Sapeva come ciò non rispondesse al vero, ma apparentemente era bene che il resto del mondo avesse questa impressione” da pag.86, Davies nel suo diario, l’11 marzo 1937

 

“Nonostante i miei pregiudizi (…) dopo aver osservato quotidianamente i testimoni e il loro modo di deporre, e in ragione di fatti finora sconosciuti, giustificati (…) sono arrivato alla conclusione che gli accusati abbiano effettivamente violato le leggi sovietiche enumerate negli atti d’accusa. Le stesse, confermate nel contraddittorio, provano le accuse d’alto tradimento e giustificano le condanne emesse contro di loro. L’opinione dei diplomatici che hanno assistito regolarmente ai dibattiti è stata unanime: il processo ha denunciato l’esistenza di una congiura d’opposizione politica di altissimo livello. Il processo ha permesso loro di capire fatti che erano fino ad allora incomprensibili.” da pag. 209, a proposito del processo a Bukarin del 1938.

 

Dal libro “From Right to Left” Londra 1965 dell’avvocato britannico  D.N. Pritt:

“La mia impressione è che il processo sia stato condotto equamente, e che gli accusati fossero realmente colpevoli. La stessa sensazione è condivisa da tutti i giornalisti con i quali ho potuto parlare. E certamente pensavano la stessa cosa tutti gli osservatori stranieri (ce n’erano molti, soprattutto diplomatici). Ho sentito uno di loro affermare: “Naturalmente, sono colpevoli. Ma per ragioni di propaganda, dobbiamo negare.» da pag. 110-111, a proposito del Processo del 1936 contro Zinoviev e altri.

 

Dal libro “Mosca 1937” di Lion Feuchtwanger:

“Quando a Mosca assistetti al secondo processo, quando vidi edudi i Pjatakov, Radek ed isuoi amici,  l‘impressione  di  quanto  questi  accusati  dissero  ed  il  modo  con  cui  lo  dissero  fece sciogliere questi miei sospetti come la neve al sole.Se quello che dissero è falso o predisposto, allora non so più che cosa è laverità.Presi quindi iverbali del processo,meditai su quanto avevo visto e sentito,e considerai,ancora una volta,il pro e il contro della veridicità dell‘accusa“

“Non posso dire di averricevuto questa impressione. Gli uomini processati non erano affatto persone torturate e disperate davantia lloro boia.Non bisogna, naturalmente,pensare che questo processo abbia avuto qualch ecosa di fittizio,di  artificioso od anche soltanto di solenne o patetico. L‘aula in  cui  ebbe luogo il  processo non era molto vasta,poteva contenere circa trecentocinquantapersone. Igiudici,l‘avvocato dello Stato,gli accusati ed idifensori sedevano su una bassa tribuna con scale persalirvi ,non vierano barriere fra tribunale e pubblico. E nemmeno c‘era qualche cosa che ricordasse il banco degli accusati;la barriera che separava gli accusati da lpubblico sembrava piuttosto il parapetto di un palco.”

 “Gliaccusatieranopersone bencurateebenvestite,daigestidisinvoltienaturali,bevevano tè, avevano  giornali  in  tasca  e  guardavano molto  il  pubblico.  Tutto  l‘insieme  non  faceva l‘impressione di un penosissimo processo,ma piuttosto di una discussione,condotta su  di un tono di conversazione, da uomini colti,che si occupavano di stabilire la verità e di giudicare quanto era successo“

 

 

Berthold Brecht

Dal libro “Scritti sulla politica e la società, L.I. 1919-1941″. Aufbau-Verlag. Berlino e Weimar 1968, di B. Brecht:

“Una falsa concezione li ha condotti ad un profondo isolamento e al crimine. Tutte le canaglie del Paese e dell’estero, tutti questi parassiti hanno visto instaurarsi in loro il sabotaggio e lo spionaggio. Avevano gli stessi obiettivi dei criminali. Sono persuaso che questa è la verità, e che come tale sarà intesa nell’Europa dell’Ovest, anche dai lettori nemici…Il politicante che ha bisogno della disfatta per impadronirsi del potere, persegue la disfatta. Colui che vuol essere il “salvatore” opera per mettere in atto una situazione nella quale potrà “salvare”, e quindi una situazione cattiva… Trotsky ha dapprima interpretato il crollo dello Stato operaio come una conseguenza della guerra, o meglio del pericolo da essa rappresentato, ma più avanti la stessa è divenuta per lui un presupposto alla sua azione pratica. Se la guerra arrivasse, la costruzione “precipitata” sprofonderebbe, l’apparato sarebbe isolato delle masse. All’esterno occorrerà rinunciare all’Ucraina, alla Siberia orientale, ecc… All’interno, bisognerà fare concessioni, tornare alle forme capitaliste, rinforzare o lasciare rinforzarsi i gulag; ma tutto ciò va nella direzione di una nuova azione, il ritorno di Trotsky. I centri anti-stalinisti non hanno la forza morale di ricorrere al proletariato, non tanto perché siano vigliacchi, quanto piuttosto perché non possiedono una reale base organizzata in seno alle masse, non hanno niente da proporre, non hanno compiti da assegnare alle forze produttive del Paese. Dunque, confessano. E possiamo pensare che confessino anche più di quanto non ci si aspetterebbe.”

 

 

Le circostanze probatorie riguardano questi punti:

1) Affaire Hotel Bristol. 

2) Telegramma di Trotskij del 18 giugno 1937 al Comitato Centrale

3) Dichiarazione del Ministro della Guerra nipponico Gen. Hajime Sugiyama del febbraio 1937 

4) Telegramma criptato dell’ambasciatore cecoslovacco in Berlino al presidente Benes 

5) Il coinvolgimento di Bucharin 

6) Falsa affermazione di Leon Sedov, figlio di Troskij

E’ DA TENERE PRESENTE CHE SIA TROTSKIJ SIA SUO FIGLIO, LEON SEDOV, HANNO SEMPRE NEGATO OGNI CONTATTO CON GLI IMPUTATI DEI PROCESSI

1) AFFAIRE HOTEL BRISTOL

Confessione di Eduard Solomonovich Gol’tsman:

Durante una seduta dei Processi del 1936 (“Processo del centro terrorista trotskista-zinovievista” oppure “Processo dei 16”), il 21 agosto, uno degli imputati, Eduard Solomonovich Gol’tsman (“Holtzman” nella translitterazione anglosassone), ex membro dello staff (sottosegretario) del Commissariato del Popolo al Commercio Estero, affermò di avere incontrato Lev Trotskij, tramite Leon Sedov, figlio di Trotskij, a Copenaghen, nel novembre 1932.

Dal resoconto della sua testimonianza:

Holtzman:  …nel mese di novembre ho di nuovo telefonato a Sedov e ci siamo incontrati ancora. Sedov mi disse: “Prima di ritornare in URSS sarebbe una buona cosa se tu venissi con me a Copenaghen dove c’è mio padre.”

Vyshinsky: Vale a dire?

Holtzman: Vale a dire, Trotsky.

Vyshinsky: Ci andaste?

Holtzman: Ero d’accordo, ma gli ho detto che non potevamo andare insieme per motivi di segretezza. Ho organizzato con Sedov di essere a Copenaghen nel giro di due o tre giorni, di prenotare all’Hotel Bristol e di incontrarci là. Sono andato in albergo direttamente dalla stazione e nel salone ho incontrato Sedov. Alle ore 10:00 siamo andati da Trotsky.

 

 

Colpo di scena! L’Hotel Bristol a Copenaghen non esiste nel 1932!

Tutto sarebbe una sporca menzogna orchestrata dal NKVD (Narodnyj komissariat vnutrennich, Commissariato del popolo per gli affari interni)!

Questi ultimi sarebbero stati veramente dei ciaparat a far avvenire l’incontro in un hotel che non c’era più…naturalmente su ordine del cattivone per eccellenza: Stalin.

Un breve articolo pubblicato sulla prima pagina del quotidiano danese Social-Demokraten, a una settimana delle esecuzioni dei condannati in questo processo, rivela che l’Hotel Bristol a Copenhagen aveva cessato l’attività nel 1917 e non aveva mai più riaperto i battenti. Era addirittura bruciato.
A rovinare la festa, tuttavia, ci pensano i comunisti danesi che, nell’edizione del 29 gennaio 1937 del loro Arbejderbladet, organo del Partito Comunista danese, affermano in un articolo di critica al pamphlet di Friedrich Adler, “Il processo alle streghe di Mosca” che sì, l’Hotel Bristol non esisteva più, ma che di fronte alla stazione di Copenaghen sorge un grande caffè di nome Bristol che:

piantina confetteria hall hotel

Pianta che dimostra il collegamento fra confetteria e hotel


1) ha una grande insegna con il nome Bristol

2) ha l’ingresso proprio a fianco del Grand Hotel

3) c’è un collegamento interno con la hall dell’Hotel e sia l’hotel che il caffè appartengono alla stessa famiglia

 bristol hotel

Mettono pure una foto e una piantina…

A sciupare la fiaba ci si mette pure la rivista Soviet Russia Today, edita a New York,  che nel marzo 1937 ripubblica la foto suddetta.
Naturalmente passa tutto sotto silenzio; inoltre Leon Trotskij, nel famoso affidavit (testimonianza giurata davanti a una commissione, in questo caso un giurin giurello fatto davanti ad amici…come se Pacciani davanti ai compagni di merende giurasse di non c’entrare nulla) reso alla Commissione Dewey, nega ogni cosa, tranne il viaggio a Copenaghen.

Qualche accenno a codesta Commissione Dewey: per allontanare definitivamente i sospetti di qualsiasi coinvolgimento del “più grande rivoluzionario di tutti i tempi” con i congiurati che volevano sovvertire il primo stato socialista costruito nel mondo (ma allora i processi erano veri…), si decide di istituire una commissione di inchiesta indipendente che esaminasse i fatti, con Trostkij nelle vesti di imputato e tanto di avvocato difensore. Naturalmente una buffonata visto che i partecipanti erano o suoi collaboratori o suoi simpatizzanti. Venne anche invitato ad assistere ai lavori l’ambasciatore sovietico a Città del Messico che naturalmente declinò l’invito, essendo una persona con cognizione del senso del ridicolo.

Nelle testimonianze rese a questa Commissione ne compaiono anche 2 platealmente false che negano ogni possibile confusione tra il Grand Hotel e la caffetteria Bristol, quindi Eduard Solomonovich Gol’tsman mentiva… Tutto questo viene ampiamente discusso e smontato dal recente lavoro di uno storico svedese, Sven-Eric Holmström, New Evidence Concerning the “Hotel Bristol” Question in the First Moscow Trial of 1936,  vedihttp://clogic.eserver.org/2008/Holmstrom.pdf

 

2) TELEGRAMMA DI TROTSKY

Il 18 giugno 1937, un sorprendente telegramma giunge a Mosca. Provienente da Città del Messico ed indirizzato al Comitato Centrale del Partito Comunista Sovietico, è firmato Lev Trotskij.

Questo il testo, in inglese, in quanto i telegrammi internazionali  dal Messico in quell’epoca erano in tale lingua:

 

 

POLICY IS LEADING TO COMPLETE COLLAPSE INTERNAL AS WELL

AS EXTERNAL STOP ONLY SALVATION IS RADICAL TURN TOWARD

SOVIET DEMOCRACY BEGINNING WITH OPEN REVIEW OF THE LAST

TRIALS STOP ALONG THIS ROAD I OFFER COMPLETE SUPPORT –

TROTSKY

La traduzione:

POLITICA STA CONDUCENDO SIA COLLASSO INTERNO CHE ESTERNO

STOP SOLA SALVEZZA E’ RADICALE RIVOLGIMENTO VERSO DEMOCRAZIA

SOVIETICA COMINCIANDO CON APRIRE REVISIONE DEGLI ULTIMI

PROCESSI STOP LUNGO QUESTA STRADA IO OFFRO COMPLETO SUPPORTO –

TROTSKY

Ha qualche significato?

Troskij era stato espulso dall’URSS nel 1929 e, condannato in contumacia nei Processi, su di lui pendeva un mandato di arresto. Come pensava seriamente di rientrare in URSS?

A meno che…

1) fosse impazzito

2) volesse far dispetto a Stalin

3) non solo fosse perfettamente al corrente della cospirazione per il colpo di stato, ma sapeva che forse non tutto era ancora stato svelato dai Processi e che c’era ancora qualche margine di manovra

Del resto si può definire il 1937 un anno tremendo per l’URSS:

 

per il 23 giugno viene fissato il Plenum del Comitato centrale e il 18 arriva lo strano telegramma citato sopra.

Traetene voi stessi le conclusioni

E’ DA TENERE PRESENTE CHE SIA TROTSKIJ SIA SUO FIGLIO, LEON SEDOV, HANNO SEMPRE NEGATO OGNI CONTATTO CON GLI IMPUTATI DEI PROCESSI

 

Altra interessante implicazione

La stragrande maggioranza degli “storici” (ci sarebbe da aprire un bel dibattito su cosa sono in realtà questi storici), ha sempre affermato che in realtà Stalin e i suoi collaboratori sapevano che in realtà Trotskij non fosse implicato con lo spionaggio tedesco o quello giapponese. Bene, allora come si spiega la seguente annotazione autografa sulla traduzione del telegramma?

Stalin annota “Brutta spia” e “Sfacciata spia di Hitler” Quindi firma lui stesso e fa firmare a V. Molotov, K. Voroshilov, A. Mikoian e A. Zhdanov  qui gli Originale del telegramma

http://msuweb.montclair.edu/~furrg/research/trotsky_telegram061837.pdf

 

3) DICHIARAZIONE DEL MINISTRO DELLA GUERRA NIPPONICO GEN. HAJIME SUGIYAMA

Il generale Hajime Sugiyama nel febbraio del 1937, rivelò di essere in contatti con oppositori dell’Urss che passavano informazioni riservate all’inteligence giapponese (“Soviet Links Tokyo With ‘Trotskyism.’” New York Times March 2, 1937, p. 5). Naturalmente anche quest’ultimo giornale era sotto il controllo degli “stalinisti”…

4) TELEGRAMMA CRIPTATO DELL’AMBASCIATORE CECOSLOVACCO IN BERLINO

Nel 1987, negli archivi di stato della Cecoslovacchia, viene scoperto un telegramma in cui si informava il presidente Benes che Hitler era a conoscenza che generali di alto rango preparavano un colpo di stato in URSS. Questo documento trova riscontro negli archivi nazisti catturati dagli Alleati e resi pubblici a partire dal 1974.

 5) IL COINVOLGIMENTO DI BUCHARIN

Una conferma della luciferina doppiezza di Bucharin viene dalla testimonianza di un suo amico personale: Jules Humbert Droz esponente di primo piano del Partito Comunista svizzero, nonché feroce antistalinista.

Nel suo libro di memorie” Mémoirs de Jules Humbert-Droz. De Lénine à Staline. Dix ans au service de l’internationale communiste 1921-1931. Neufchâtel: A la Baconnière, 1971″, afferma testualmente a pag.370 e pag 380:

“Nous eûmes une longue et franche conversation. Il me mit au courant des contacts pris par son groupe avec la fraction Zinoviev-Kamenev pour coordonner la lute contre le pouvoir de Staline. Je ne lui cachai pas que je n’approuvrais pas cette liaison des oppositions: «La lute contre Staline n’est pas un programme politique. Nous avons combattu avec raison le programme des troskystes sur des problems essentiels, le danger des koulaks en Russie, la lute contre le front unique avec les social démocrates, les problems chinois, la perspective révolutionnaire très courte, etc. Au lendemain d’une victoire commune contre Staline, ces problems politiques nous diviseront. Ce bloc est un bloc sans principles, qui s’effritera meme avant d’aboutir.»

Boukharine me dit aussi qu’ils avaient decide d’utiliser la terreur individuelle pour se débarrasser de Staline. Sur ce point aussi je fis d’expresses reserves: l’introduction de la terreur individuelle dans les lutes politiques nées de la Révolution russe risquait fort de se tourner contre ceux qui l’emploieraient. Elle n’a jamais été une arme révolutionnaire. «Mon opinion est que nous devons continuer la lute idéologique et politique contre Staline. Sa ligne conduira, dans un avenir proche, à une catastrophe qui ouvrira les yeux des communists et aboutira à un changement d’orientation. Le fascism menace l’Allemagne et notre parti de phraseurs sera incapable de lui resister. Devant la debacle du Parti communiste allemande et l’extension du fascism à la Pologne, à la France, l’Internationale devra change de politque. Ce moment-là sera notre heure. Il faut donc rester disciplines, appliquer les decisions sectaires après les avoir combtatues et s’opposer aux fautes et aux measures gauchistes, mais continue la lute sur le terrain strictement politique“

 

La frase chiave è questa:” Boukharine me dit aussi qu’ils avaient decide d’utiliser la terreur individuelle pour se débarrasser de Staline” vale a dire: ” BUCHARIN MI HA ANCHE DETTO CHE ESSI AVEVANO DECISO DI UTILIZZARE IL TERRORE INDIVIDUALE PER SBARAZZARSI DI STALIN“.

Questo nel 1929,9 anni prima del processo. Stalin stesso alla notizia del coinvolgimento di Bucharin rimase incredulo e raccomandò il massimo zelo nella condotta delle indagini al fine di esserne sicuri al 100%.

6)FALSA AFFERMAZIONE DI LEON SEDOV FIGLIO DI TROTSKIJ

Leon Sedov, nel suo ” Libro rosso sui Processi di Mosca”, afferma che il “Blocco della destra e dei Troskisti” non è mai esistito, che si trattò sempre di un’opposizione politica, alla luce del sole. Peccato che, tra le altre cose, esista negli archivi di Troskij, una lettera all’inchiostro simpatico scritta di suo pugno, lettera in cui attesta l’esistenza del citato Blocco e dei suoi contatti con i componenti. Lettera resa pubblica nel libro di Pierre Broué “Trotsky” – (Paris), Fayard, 1988. Del resto anche Pierre Broué era un accesso stalinista…

 

 

Tratto da  http://noicomunisti.blogspot.it/2012/11/trotskij-e-i-processi-di-mosca.html

 

https://paginerosse.wordpress.com/2013/07/31/trotskij-il-congiurato-principe-e-i-processi-di-mosca/

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IL MITO DELLE “TORTURE STALINISTE”

Di  Giovanni Apostolou

Un altro cavallo di battaglia della propaganda anticomunista è quello delle “torture staliniane”. La spia fascista Flego che, tornato al sicuro in Italia affermò di non essere stato torturato, affermava: “(…) Durante la mia detenzione nelle carceri sovietiche, sia durante il processo e sia dopo la condanna, non ebbi a subire alcun maltrattamento, degno di rilievo (…) “(1); persino Nenni non potè fare a meno di affermare: “restano le confessioni che per venire in alcuni casi da uomini i quali fino all’estremo minuto hanno battagliato aspramente con l’accusatore pubblico, non ammettendo che ciò che volevano ammettere, hanno un carattere di veridicità difficilmente contestabile” (2).

E’ risultato dalla consultazione delle carte Trockij presso la Houghton Library dell’Università di Harvard che la versione staliniana, lanciata al momento dei grandi processi del 1936-1938, su  un “  (…)“ blocco delle opposizioni di sinistra e di destra” non era del tutto infondata (…)”(3). Joseph Davies, l’ambasciatore americano in URSS, “continuò sempre ad affermare che c’era stato veramente un complotto, che i processi si erano celebrati secondo giustizia, e che di conseguenza il potere sovietico ne usciva rafforzato”(4). Presumibilmente su questa scia, in Italia anche De Gasperi sottolineava nel 1944: “Noi credevamo che i processi fossero falsi, che le testimonianze fossero inventate, che le confessioni fossero estorte.E invece oggettive informazioni americane assicurano che non si trattava di un falso (…) (5).

Non è tanto significativo che De Gasperi dicesse questo quanto piuttosto il fatto che da parte statunitense giungessero queste informazioni.

Nel 1948 Deutscher riconosceva una certa “verità psicologica” ai processi di Mosca in generale (6).Certamente, molti autori borghesi hanno affermato che le accuse di sabotaggio sistematico erano completamente inventate al solo scopo di eliminare gli oppositori politici.In relazione a questa scia interpretativa dei processi staliniani ha scritto l’intellettuale trockijsta Ted Grant:“(…)L’unica “ prova” era l’auto-confessione degli imputati, estratta sotto tortura (…)”(7).

Però si da il caso che due ingegneri americani avessero lavorato, tra il 1928 e il 1937, come quadri dirigenti, in un gran numero di miniere nelle regioni degli Urali e della Siberia, colpite dal sabotaggio: erano due tecnici ed erano estranei alla politica.

La loro testimonianza è di straordinario interesse (8).

Il 17 Marzo 1938, Davies inviò un messaggio confidenziale al segretario di Stato a Washington:

“Sebbene io nutra un pregiudizio nei confronti dell’acquisizione di prove attraverso la confessione e nei confronti di un sistema giudiziario che non accorda, per cosi dire, nessuna tutela all’accusato, dopo aver ben osservato ogni giorno i testimoni e il loro modo di testimoniare, dopo aver notato le conferme inconsapevoli che si sono evidenziate e altri fatti che hanno contrassegnato il processo” (intende il processo a Kamenev, Zinov’ev, Bucharin, NDA) “io penso, d’accordo in questo con altri il cui giudizio può essere accettato, che, per ciò che riguarda gli accusati, essi abbiano commesso abbastanza crimini secondo la legge sovietica, crimini stabiliti dalle prove e senza che siano possibili ragionevoli dubbi sul verdetto che li dichiara colpevoli di tradimento e sulla sentenza che li condanna alla pena prevista dalla legislazione penale dell’Unione Sovietica.

E’ sensazione generale dei diplomatici che hanno assistito al processo che l’accusa abbia provato l’esistenza di un complotto estremamente grave”(9).

Più di recente i fratelli Medvedev, a proposito del processo a Bucharin, hanno riconosciuto che non risulta che sia stato sottoposto a torture (10).

Qualche anno dopo il 1956, senza lasciarsi impressionare dalle rivelazioni del Rapporto segreto, uno storico statunitense non privo di simpatie nei confronti dell’opposizione antistaliniana, da lui definita “la coscienza della rivoluzione”, scriveva:

“La scelta operata da Bucharin nelle sue confessioni di colpevolezza, e ciò che si da altre fonti, rende plausibile buona parte di quello che è stato rivelato al processo, malgrado i sospetti provocati dalla natura di quei processi”(11).

Tokaev (membro di un’organizzazione clandestina filo-buchariniana in URSS negli anni ’30) sosteneva che la polizia non aveva torturato Bucharin (12).

Per quanto riguarda Tuchacevskij, Robert Service (nella sua acclamata biografia di Stalin) scrive:

“Tukhachevskij fu fucilato l’11 Giugno; aveva firmato una confessione con una mano insanguinata dopo un orrendo pestaggio”(13).

Questa dichiarazione non è solamente errata, ma è una deliberata menzogna.

Non ci sono “impronte digitali insanguinate” sulla confessione del maresciallo, e non ci sono prove che Tukhachevsky fu picchiato o minacciato in qualunque maniera.

Ma quanti lettori di Robert Service sono in grado di saperlo? (14).

Cominciano ad emergere, con difficoltà, controcorrente rispetto ai luoghi comuni consolidati per decenni, l’assoluta fragilità ed inconsistenza della leggenda delle “torture staliniane”.

Ancora oggi autorevoli specialisti dell’anticomunismo, che si pretende di elevare al rango di storia (15), scrivono: gli arrestati venivano “(…) seviziati, torturati, picchiati a sangue (…) “(16)  ed aggiungono che “(…) i verbali di interrogatorio vanno letti ricordando che le dichiarazioni in essi riportate furono estorte sotto la tortura”(17).

Ha scritto in proposito un ex generale dell’armata rossa (che divenne un disertore) P. Grigorenko citando suo fratello che la tortura consisteva nelle “(…) bastonate, dita e organi genitali schiacciati, sigarette spente in faccia e sul corpo, torture in piedi e torture con la luce intensa e senza acqua da bere”, e ancora “la tortura in piedi consisteva nell’obbligare un uomo a star fermo per molto tempo in uno speciale armadio chiuso nel quale non ci poteva girare o cambiare posizione.

Gradualmente, per la mancanza d’aria e per la stanchezza, il prigioniero perdeva i sensi e scivolava giù.

Allora veniva tirato fuori dall’armadio, svegliato e rinchiuso di nuovo.

Stando fermo per molto tempo si interrompeva la circolazione nelle gambe, che si gonfiavano di sangue stagnante

Quest’uomo aveva le gambe orribilmente gonfie (…) “(18).

Queste tesi vengono presentate come una verità incontestabile, talmente ovvia da non meritare alcuna documentazione.

Nessun studio, ma neanche la più rozza propaganda, ha fornito una qualche documentazione di questa “verità”.

Eppure gli archivi sovietici sono a disposizione di tutti, gestiti da governi anticomunisti ed aperti ad avventurieri della storia che ne possono disporre a loro piacimento (19).

C’è anche chi, con grave superficialità, ha pensato bene di fare riferimento ad un (presunto) principio d’autorità: il teorema della “tortura staliniana” (tanto pubblicizzato quanto indimostrato) sarebbe vero in quanto conforme  a quanto scrivevano due pseudo-studiosi, F. Beck – W. Godin (20).

Sembra un inestricabile labirinto dove la documentazione sfugge costantemente: “possiamo affermare con assoluta fiducia” (hanno scritto questi due luminari, NDA) “che la stragrande maggioranza dei detenuti si sentiva (…) innocente”(21).

Alla fine si arriva al capolinea: o si ha fede, “assoluta fiducia”, nelle testi maccartiste diffuse agli inizi degli anni ’50 (una fiducia, è facile comprendere, che può trovare il proprio fondamento solo in sedimentati pregiudizi ideologici) oppure la costruzione propagandistica delle “torture” crolla miseramente.

Senza temere il ridicolo il team di professionisti dell’anticomunismo insiste ancora, fornendo un’ultima, “decisiva”, prova: “il fatto che gli inquirenti ricorressero alla tortura è evidente anche dai verbali del dossier Citterio”; la “tortura” consisteva nel fatto che “Citterio” fu interrogato ripetutamente dal 17 Giugno al 27 Agosto 1940, quasi sempre di notte, com’era nella pratica della NKVD”(22).

Nell’epoca in cui le moderne democrazie imperialiste occidentali si caratterizzano per esempi di “legalità” che si concretizzano nelle bestiali torture di Abi Graib o Guantanamo, c’è da restare allibiti a leggere questo miserevole scoop propagandistico che porta ad “inconfutabile prova” di torture l’orario notturno degli interrogatori!

Eccoli i miserevoli risultati di tali “studiosi”: dopo aver setacciato gli archivi sovietici selezionando accuratamente il “materiale” da pubblicare (23), usufruendo anche di finanziamenti governativi (24), si arrampicano agli specchi: è la storia, ma non quella dei fatti.

E’ la storia della propaganda politica, la più becera, che ci riporta indietro al tempo delle fandonie con cui Scelba e De Gasperi riempivano i loro comizi nell’immediato dopoguerra.

 NOTE

1 – Il verbale dell’interrogatorio di Vittorio Flego è pubblicato in M. Franzinelli, I tentacoli dell’OVRA, Bollati Boringhieri, Torino, 1999, pp. 602-609.

Vittorio Flego, scaricatore al porto di Trieste aderì ad una cellula clandestina del Partito Comunista nel 1927; successivamente espatriò in Jugoslavia, poi in Francia e da li stabilì in Svizzera da dove dovette fuggire a seguito del tentato omicidio di una spia, Dante Venzi.

Giunto in Unione Sovietica con la convinzione di poter oziare a suo piacimento nella Casa degli Emigrati Politici, nell’Inverno 1933-1934 venne assegnato alla fabbrica di attrezzi agricoli “Rivoluzione d’Ottobre”.

Lì Flego si rese conto che la vita agiata e piena di privilegi  che si aspettava era in ipotizzabile; nel paese dei Soviet tutti, ed a maggior ragione i comunisti, dovevano dare il loro contributo.

Flego decise allora di trovare una fonte facile e redditizia di guadagno rappresentato dalla vendita di informazioni e servizi all’ambasciata italiana; si recò al consolato di Odessa dicendosi pentito delle sue scelte passate e stipulò un “compromesso” che ratificava il suo pentimento per le scelte passate e schiudeva le porte alla sua nuova, e remunerativa, attività (nell’istanza Flego scrisse testualmente: “io sotto scritto Flego Vittorio (…) desidero ritornare nella mia patria in seno ai famigliari; partito clandestinamente da Trieste nell’anno 1929 in un attimo di esaltazione dimenticai i miei doveri di cittadino italiano; mi dichiaro pentito di aver percorso una falsa strada (…) e dichiaro fermamente che un giorno entrato nel mio paese non mi occuperò mai più di politica ma dei miei doveri da buon cittadino e della mia famiglia”(istanza al Consolo Generale d’Italia, Odessa, 18/3/1935, in ACS, CPC, f. Flego Vittorio).

 2 – P. Nenni, Luci e ombre del XX congresso, in XX congresso del PCUS, Edizioni Avanti ! , Milano-Roma, 1956, p. 90.

 3 – A. Moscato (un noto imbroglione ) , Intellettuali e potere in URSS (1917-1991), Milella, Lecce, 1995, p. 108.

 4 – A. J. P. Taylor, Le origini della seconda guerra mondiale, Laterza, Roma-Bari, 1996, p. 159.  

 5 – A. De Gasperi, Discorsi politici, Cinque Lune, Roma, 1956, pp. 15-18.

 6 – I. Deutscher, Stalin. Una biografia politica (1948), Longanesi, Milano, 1969, p. 210.

 7 – T. Grant, Russia. Dalla rivoluzione alla controrivoluzione, A. C. Editoriale COOP, Milano, 1998, p. 171.  

 8 – Cfr. :

– J. Scoot, Au-delà de l’Oural, Ed. Marguerat, Lausanne, 1945.

– J. D. Littlepage, A la recherché des mines d’or de Sibèrie, 1928-1937, Ed. Payot, Paris, 1939.

 9 – J. E. Davies, Mission to Moscou, Ed. De l’Arbre, Montrèal, 1944, pp. 243-244.

  10 – Z. A. Medvedev – R. A. Medvedev, Stalin sconosciuto. Alla luce degli archivi segreti sovietici, a cura di A. Panaccione, Feltrinelli, Milano, 2006, p. 230.

Roy Medvedev (un famoso dissidente sovietico) ha scritto, a proposito dei complici di Bucharin, che il biologo Slepkov denunciò 150 comunisti assolutamente innocenti, mentre Sokol’nikov diede indicazione di “denunciare” “tutti coloro che stavano aiutando Stalin, gli apparatciki di partito, i funzionari della NKVD”(R. A. Medvedev, Lo stalinismo. Origini, storia, conseguenze, Mondadori, Milano, 1972, vol. II, p. 436).

Scrisse Paolo Robotti (uno dei più importanti dirigenti del PCd’I negli anni dell’esilio in URSS che venne denunciato da spie fasciste e, dopo alcuni mesi di carcere in URSS, fu riconosciuto innocente e pienamente riabilitato): “C’erano altri numerosi (…) che invece sostenevano doversi firmare qualsiasi accusa e qualsiasi confessione, anche la più infamante, pur di tirare dentro più gente possibile, confondere le carte il più possibile per determinare, infine, un intervento del partito e danneggiare al massimo l’apparato politico e amministrativo”(P. Robotti, Scelto dalla vita. Gli incontri, gli scontri e la lotta dalla fondazione del PCI : le memorie di un rivoluzionario professionale, Napoleone, Roma, 1980, pp. 364-365).

 11 – R. V. Daniels, La coscienza della rivoluzione. L’opposizione comunista nell’Unione Sovietica, Sansoni, Firenze, 1970, p. 144.

 12 – A. Tokaev, Comrade X, Harvill Press, Londres, 1956, p. 96.

  13 – R. Service, Stalin. A biography, Harvard University Press, London, 2005, p. 349.

 14 – Secondo una commissione dell’epoca di Krusciov, i segni su una bozza di confessione di Tukhachevskij sono di sangue. Anche se questo fosse vero, e anche se fosse sangue di Tukhachevskij (questo non è mai stato stabilito) un’occhiata ad esse dimostra che non si tratta di “impronte digitali”. Non c’è una qualsiasi prova che Tukhachevskij fu “picchiato” o torturato fisicamente in qualche modo. Le macchie possono essere visionate su: http://images.izvestia.ru/lenta/35492.jpg.

 15 – E’ il caso del volume di G. Lehner – F. Bigazzi, Carnefici e vittime. I crimini del PCI in Unione Sovietica, Mondadori, Milano, 2006, dove i due “storici” hanno “assurto a imperativo morale, principio e valore” del libro “l’anticomunismo”(p. 4). E non si tratta certo dell’unico caso di dichiarata propaganda politica presentata come ricerca storica.

16 – E. Dundovich – F. Gori, Italiani nei lager di Stalin, Laterza, Roma-Bari, 2006, p. 47.

 17 – E. Dundovich – F. Gori – E. Guercetti (a cura di), Reflections on the GULAG. With a documentary appendix on the italian victims of the repression in the USSR, in “Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli ”, anno XXXVII (2001), Feltrinelli, Milano, 2003, p. 304. Ora è disponibile anche nell’edizione italiana, GULAG. Storia e memoria (a cura di  E. Dundovich – F. Gori – E. Guercetti ), Feltrinelli, Milano, 2004.

 18 – P. G. Grigorenko, Memories, Oxford University, London, 1983, p. 96.

19 – Al punto che nel 1992 lo “storico” Andreucci alterò alcune documentazioni presenti negli archivi del KOMINTERN.

Andreucci venne clamorosamente smascherato da “La Repubblica” (si veda Clamorosa sorpresa negli archivi del KOMINTERN. Giallo a Mosca, manipolata la lettera di Togliatti, 14/2/1992, pp. 11-13); le sue “rivelazioni”, furono esaltate, con involontaria ironia, da F. Bigazzi che le presentò come la “verità sul comunismo”(si veda Migliore o peggiore?, in “Panorama”, n. 1348, 16/2/1992, pp. 40 e sgg.).Resta aperto l’interrogativo: quanti Andreucci ci sono in circolazione e si dedicano all’ignobile attività di falsari? Su tutto ciò su veda L. Canfora, Togliatti e i critici tardi, Teti Editore, Roma, 1998, pp. 40-45.

20 – E’ la tesi sostenuta da E. Dundovich – F. Gori – E. Guercetti (a cura di), Reflections on the GULAG. With a documentary appendix on the italian victims of the repression in the USSR, cit., p. 304.

 21 – F. Beck – W. Godin, Confessioni e processi nella Russia sovietica, Firenze, La Nuova Italia, 1953, p. 206.

 22 – Sono ancora Dandovich, Gori e Guercetti a scrivere queste amenità nel già citato Reflections on the GULAG. With a documentary appendix on the italian victims of the repression in the USSR, cit., p. 304.

 23 – Chiunque abbia provato a scrivere di storia sa che è attraverso la selezione che lo studioso opera della documentazione d’archivio che si può delineare un quadro in un modo o nell’altro. I documenti (verificatane filologicamente l’autenticità) riportano i fatti, ma all’interno di una massa che come nel caso russo è davvero straordinaria (6 milioni di documenti all’archivio centrale russo) si possono selezionare alcuni elementi e ometterne altri. Così la storia dell’URSS può anche essere ridotta a quella di un immenso GULAG e la carestia in Ucraina negli anni Trenta può essere attribuita a un qualche diabolico piano staliniano di eliminazione fisica di una nazione. 

 24 – Le autrici infatti precisano:“In questa Appendice sono raccolti i risultati di una ricerca sulle vittime italiane delle repressioni in URSS avviata nel 2000 grazie a un finanziamento del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica”( E. Dundovich – F. Gori – E. Guercetti (a cura di), Reflections on the GULAG. With a documentary appendix on the italian victims of the repression in the USSR, cit., p. 301).Nella stessa pagina spiegano, a testimonianza dell’impronta propagandistica di questo lavoro che esso è stato condotto “in collaborazione con l’Associazione Memorial di Mosca”, un’organizzazione che da tempo si distingue per il suo anticomunismo viscerale. In proposito si veda www. gulag.-Italia.it.

 

THE MYTHOF“TORTURE Stalinist“

Of Giovanni  Apostolou

https://paginerosse.wordpress.com/2013/05/24/il-mito-delle-torture-staliniste/

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Alcuni Verbali del processo  tenuto a Mosca del 1937-38 contro il centro torrorista trotzkista

Il responsabile  ed il mandante   dell’ assassinio di Gorki

Massimo Gorki è molto vicino à Stalin. Egli ha una grandissima funzione nella conquista dei sentimenti di simpatia per l’U.R.S.S. nell’opinione pubblica democratica mondiale, e soprattutto in Europa Occidentale. Gorki è molto popolare come
amico intimo di Stalin e perchè applica la linea generale del partito. I nostri partigiani di ieri, fra gli intellettuali, si allontanano da noi in gran parte per l’influenza di Gorki. In queste condizioni, io concludo che Gorki deve essere soppresso. Trasmettete da parte mia questa missione a Piatakov nella forma più categorica: «Sopprimete Gorki fisicamente, a qualsiasi costo».
(Direttive date da Trotzki a Bessonov, in un colloquio avuto a Parigi nel 1934).

Andrei Zhdanov

  – Dal PROCESSO CONTRO IL “BLOCCO ANTISOVIETICO  DELLA DESTRA E DEI TROTZKISTI” davanti al Tribunale Militare della Corte

Le responsabilità di Trotzkij-

Suprema dell’URSS, Mosca 2–13 marzo 1938

Seduta antimeridiana dell’8 marzo 1938

interrogatorio d G. Iagoda, ex direttore dell’OGPU, dopo aver chiarito il ruolo degli esecutori dell’omicidio di Gorkij e del figlio Peskhov, viene il momento di gettare luce sui mandanti e sugli organizzatori…)

Vishinskij: È quello che vi chiedo. Adesso diteci, prego, quale è stato, secondo gli elementi a vostra disposizione, il ruolo degli imputati Rikov e Bukarin nella condanna a morte di A.M. Gorkij?

Iagoda: Da quel che me ne aveva detto Jenukidze, sapevo che avevano partecipato all’esame di questo problema.

Vyshinskij: Per quel che riguarda Rikov, avevamo chiarito la questione. Rikov ha dichiarato che nel corso di un colloquio con Jenukidze si era prospettata la possibilità di un atto terroristico.

In proposito desidererei interrogare Bukarin.

Bukarin: Non vi ho preso alcuna parte.

V.: Non vi ho ancora fatto la domanda e voi vi affrettate a rispondere.

B.: Avete detto di volermi interrogare a questo proposito.

V.: Ho detto che vi volevo interrogare a questo proposito, ma non vi ho ancora posto la domanda e ho quasi ricevuto la risposta. Io vi voglio domandare questo: qual era l’atteggiamento di Gorkij nei riguardi di Trotzkij?

B.: Nettamente negativo.

V.: E sapete qual era l’atteggiamento di Trotzkij nei riguardi di A.M. Gorkij?

B.: Lo stesso, il più nettamente negativo. Volete che esponga maggiori dettagli?

Vyshinskij: No, per il momento non è necessario. Vorrei interrogare Bessonov. Imputato Bessonov, confermate che l’atteggiamento di Trotzkij nei riguardi di A.M. Gorkij era decisamente negativo?

Bessonov: Sì, lo confermo.

V.: In base a che cosa?

Be.: In base a ciò che ha detto Trotzkij in un colloquio personale con me.

V.: Confermate ciò che avete dichiarato alla Corte, che Trotzkij aveva trasmesso vostro tramite la direttiva di sopprimere fisicamente Gorkij?

Be.: Sì, ho trasmesso questo ordine di Trotzkij a Pyatakov.

V.: Trotzkij aveva scelto Pyatakov come uno dei capi del “blocco”: è così?

Be.: Sì.

V..· Eravate affiatato con Pyatakov nel vostro lavoro clandestino di cospiratore?

Be.: Perfettamente.

Vyshinskìj: Imputato Bukarin, sapevate che questo atteggiamento ostile verso Gorkij era non solo di Trotzkij ma anche dei trotzkisti?

Bukarin: Sì, certamente, perché Trotzkij e i trotzkisti fanno una sola unità. I cospiratori obbedivano militarmente.

V.: Sapevate che questo atteggiamento negativo da parte dei trotzkisti nei riguardi di Gorkij aveva un indirizzo preciso?

B.: Volete parlare del colloquio che avevo avuto con Tomskij?

V.: Se è una prova di ciò di cui parliamo.

B.: Ebbi un colloquio con Tomskij.

V.: Dove e quando ebbe luogo questo colloquio?

B.: Nel 1935 Tomskij mi aveva detto che Trotzkij preparava una azione ostile o un atto ostile contro Gorkij.

V.: Voi avete saputo da Tomskij che Trotzkij preparava un atto ostile contro Gorkij; e non avete domandato a Tomskij da chi lo aveva saputo?

B.: No. Suppongo che ne fosse stato informato dai membri trotzkisti del “blocco”.

V.: E non vi ha detto perché i trotzkisti preparavano questa azione o questo atto ostile contro Gorkij?

B.: Non me lo ha detto. Mi ha detto che c’era una azione contro lo “stalinista Gorkij”, come difensore dell’edificazione socialista in generale e della politica di partito staliniano in particolare. Io penso che la ragione fosse la grande risonanza che ogni parola di A.M. Gorkij aveva nel campo internazionale in generale e presso gli intellettuali in particolare.

V.: Tomskij non ne ha parlato in riferimento al proposito di rovesciamento del potere dei soviet?

B.: No, Cittadino Procuratore.

V.: Ve ne ricordate bene?

B.: Me ne ricordo bene.

V.: Permettetemi di ricordare ciò che ha detto Bukarin durante l’istruttoria (T. 5, f. 117): <<I trotzkisti, mi disse Tomskij, giustificavano in questo modo la loro posizione: se si pone seriamente la questione del rovesciamento della direzione staliniana, non si può non tener conto del fatto che l’organizzazione della destra e dei trotzkisti si scontrerà con un avversario attivo e molto influente nella persona di A.M. Gorkij. Tomskij mi disse che i trotzkisti insistevano vivamente sulla loro proposta e sulla sua realizzazione>>.

B.: Vedete, Cittadino Procuratore, quando sono stato interrogato a proposito del mio colloquio con Tomskij, mi è stato domandato quale significato attribuissi a quelle brevi osservazioni di Tomskij e quale impressione mi fosse rimasta di quel colloquio: così io l’ho esposto in modo più dettagliato. Aggiungo che questa era l’impressione di cui mi ero ricordato quando sono stato interrogato sul colloquio con Tomskij.

V.: Dite, Tomskij collegava il compimento di un atto ostile contro Gorkij alla questione del rovesciamento del governo sovietico?

B.: Lo collegava come questione di fondo.

V.: Come questione di fondo?

B.: Ho già risposto: sì.

V.: È la questione di fondo che mi interessa.

B.: Ma voi interrogate in concreto…

V.: Il vostro colloquio con Tomskij vi ha fatto pensare che l’atto ostile contro Gorkij fosse concepito in rapporto con il rovesciamento della direzione staliniana?

B.: Sì, si può dire così, fondamentalmente.

V..· Di conseguenza, sapevate che si trattava di un atto ostile

contro Gorkij?

B.: Sì.

V.: Secondo voi, di quale atto ostile si trattava?

B.: In quel momento non ci pensavo affatto e l’idea non mi era neanche venuta…

V.: A che cosa pensavate, ditemi?

B.: Quasi non pensavo a niente.

V.: Ma si trattava di cose serie? Di che cosa si trattava?

B.: Permettetemi di spiegarmi in due parole. Adesso, a fatto concluso, in questo processo, posso dire…

V.: Non in questo processo, ma nel corso del colloquio che avete avuto con Tomskij.

B.: È stata una breve conversazione, una conversazione durante una seduta dell’Ufficio politico, che durò solo pochi secondi.

V.: Non mi interessa sapere quanto è durato il colloquio: avreste potuto chiacchierare con Tomskij un’ora intera, da qualche parte, in un angolo; la vostra argomentazione non ha importanza. Ciò che importa sono i fatti che voglio accertare. E i fatti sono i seguenti: nel 1935, al principio del 1935 (se avete detto la verità durante l’istruttoria preliminare) avete avuto un colloquio con Tomskij, il quale vi ha fatto sapere che il gruppo trotzkista-zinovievista del “ blocco della destra e dei trotzkisti” intraprendeva un atto ostile contro Gorkij, in quanto partigiano della direzione staliniana. È esatto?

B.: Si può dire in questo modo.

V.: È un fatto?

B.: È un fatto.

V.: Come avete giudicato questa comunicazione?

B.: Non vi ho fatto attenzione.

V.: Non vi avete fatto attenzione?

B.: No.

V.: Quando si parla di atti ostili si può intendere anche atti seri, anche atti terroristici.

B.: Sì; ma fra una dichiarazione sulla stampa, una conversazione spiacevole e un atto terroristico, la differenza è grande.

V.: E in quel momento qual era il vostro atteggiamento al riguardo?

B.: Non mi sono intrattenuto su questo. In quel momento non c’era niente nel mio spirito.

V.: Era dunque una dichiarazione così insignificante che non valeva la pena di soffermarvisi?

B.: Era una osservazione di sfuggita.

V.: Ammettiamolo. Vi si dice che si prepara un atto ostile contro A.M. Gorkij…

B.: Ecco all’incirca come è avvenuto. Ho già descritto seriamente la cosa in istruttoria, perché volevo ricordare se questo momento del nostro colloquio potesse far luce sui documenti di cui disponeva l’istruttoria; ed è alla luce di questi documenti che tutto ha preso contorni precisi. Ma in quel momento non ci pensavo; non avevo fatto caso al senso che si poteva attribuire a

questa cosa.

V.: Non è escluso che in quel momento preciso si trattasse di soppressione fisica, dell’assassinio di Gorkij?

B.: Ora penso che non fosse escluso.

V.: Cioè: ciò che Tomskij diceva faceva capire che si trattava di un atto terroristico contro Gorkij?

B.: Adesso penso di sì.

V.: Ma allora non l’avevate capito?

B.: Allora non avevo capito assolutamente nulla.

Vyshinskij (rivolgendosi alla Corte). Non ho altre domande da fare.

Presidente (rivolgendosi agli imputati): Qualcuno ha domande da fare a Iagoda?

Rikov: Iagoda ha nominato Vinetskij come qualcuno che sarebbe stato mio complice e sarebbe servito da tramite fra me e non so chi. Io chiedo che mi si dica come lo si è saputo e chi fosse questo.Vinetskij; se Iagoda ha saputo questo da Vinetskij o da un’altra fonte. Personalmente non ho visto nessun ispettore.

Iagoda: Vinetskij è ispettore di collegamento del Commissariato del popolo alle PTT e, nello stesso tempo, ispettore di collegamento del Commissariato del popolo agli Affari Interni. Un giorno mi telefonò per dirmi che Rikov gli chiedeva di portare un plico a Nikolaevskij, all’estero, e se poteva prenderlo. Io dissi: <<Parlatene a Rikov e, se ve lo dà, prendetelo>>. Da ciò conclusi che Vinetskij era un agente di collegamento fra Nikolaevskij e Rikov.

Presidente: (a Vyshinskij): Avete altre domande da fare?

Vyshinskij: No.

Presidente: La Corte non ha altre domande da fare. Sedete, prego.

https://paginerosse.wordpress.com/2012/08/07/il-mandante-dellassassinio-di-m-gorki-el-responsable-de-la-muerte-de-m-gorki/

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https://paginerosse.wordpress.com/2013/01/03/episodi-della-vita-di-stalin/

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Dal 11 volume delle opere complete di G.STALIN . edizioni Nuova Unità- Prefazione -e altri scritti

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