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La partecipazione siciliana alla resistenza e alla lotta di Liberazione
La
partecipazione siciliana alla resistenza e alla lotta di Liberazione
ORA E SEMPRE RESISTENZA! Antifascismo è anticapitalismo.
- Alberto Lombardo, membro dell'Ufficio Politico del Partito
Comunista e Direttore della Rivista "LaRiscossa.Info". -
Angelo Ficarra,
Presidente Vicario ANPI Palermo. giornalista Fr. Fustaneo
https://www.facebook.com/pc.sicilia/videos/225023746047330
https://www.youtube.com/watch?v=RNMVa0ofd_k
Una preziosa pagina di storia che alla Sicilia “è stata negata
nato a Santa Flavia in provincia di Palermo il 27 marzo 1921
tra le motivazioni del conferimento si legge: “costante esempio di dedizione alla causa e puro eroismo”. https://www.lanazione.it/arezzo/cronaca/salvarono-alla-chiassa-200-persone-dai-nazisti-dopo-anni-la-medaglia-al-valor-militare-1.4244019
Conigliaro Girolamo partigiano palermitano Da Palermo per il partigiano "OTTO".
Pompeo Colajanni Le cospirazioni parallele
I partigiani siciliani liberatori
di Torino
Amelia Crisantino - 23 aprile 2005 – La
Repubblica
Una storia della Sicilia nella Resistenza è ancora
tutta da scrivere, andando oltre la sbrigativa constatazione che l' isola è
occupata dagli alleati nell' estate del ' 43 e quindi tagliata fuori dagli
avvenimenti che interessano il resto d' Italia. Nella nostra percezione
sembra esistere solo la Sicilia della guerriglia separatista, la patria
della reazione che sogna di fermare il «vento del Nord». Ma c' è anche un'
altra Sicilia dimenticata, fatta da partigiani siciliani che sono morti per
liberare l' Italia dai nazisti. Nella nostra isola le rivolte popolari non
furono molte, non ci fu nemmeno il tempo di organizzare una resistenza
armata, ma il rifiuto verso i nazisti era molto diffuso.
Sin dal 1940 i tedeschi erano calati in Sicilia quasi da invasori, a Catania
si radunavano le truppe dell' Afrika Korps di Rommel prima di imbarcarsi per
l' Africa settentrionale. La gente identificava i tedeschi con la guerra, si
voleva liberare di entrambi. Ci furono alcuni episodi, rimasti quasi del
tutto ignoti. In un saggio pubblicato nel lontano 1955 lo storico Franco
Pezzino ricorda che nella piana di Catania si ebbero due settimane di
combattimenti, lungo il Simeto, e che ci furono dei sabotaggi contro i
tedeschi. A esempio ci fu Giovanni Comis, isolato e senza organizzazioni
alle spalle, che se ne andava in bicicletta per la piana di Catania e con
una pinza da elettricista tagliava le linee telefoniche tedesche riuscendo
persino a far saltare una radio ricetrasmittente montata su un camion,
usando l' esplosivo degli stessi tedeschi. C' è pure Mascalucia, paese etneo
che pochi giorni prima della liberazione di Catania, il 2 agosto del ' 43,
insorge contro la violenta arroganza dei nazisti e combatte strada per
strada. I tedeschi si ritirano verso Messina inseguiti dagli alleati,
infierendo sui paesi che attraversano. A Castiglione di Sicilia arrivano
sparando raffiche di mitra e lanciando bombe a mano per le strade, davanti
alle porte e dentro le case. Nell' estate del ' 43 un' azione di sabotaggio
avviene anche a Palermo. Il piano nazista era di far saltare in aria il
porto con un contatto elettrico, da attivare dall' aeroporto di Boccadifalco.
Franco Grasso, uno dei protagonisti dell' antifascismo siciliano, in un
articolo pubblicato su L' Ora nell' agosto del ' 73 racconta quei momenti
drammatici con grande semplicità: Aurelio Attardi, un comunista richiamato
nell' esercito, gli indica il percorso dei fili che nell' ultimo tratto
passavano lungo la galleria che collega la stazione Lolli al porto. Così,
scrive Grasso, «a notte alta con Ignazio Dell' Aria, evitando i passaggi a
livello strettamente sorvegliati, ci calammo da uno dei passaggi scoperti da
cui prende aria la galleria. Trovammo i fili e li tagliammo». Dopo l' 8
settembre e l' annuncio dell' armistizio quello tedesco diventa un esercito
di occupazione, in Sicilia non ci sono più tedeschi ma nel resto d' Italia
la guerra continua. I soldati italiani sono allo sbando, senza ordini, di
fronte alla scelta se arrendersi e cedere le armi, combattere a fianco dei
tedeschi o combattere contro i tedeschi. Quello italiano è un esercito
formato in buona parte da contadini meridionali, molti cercano di tornare a
casa e finiscono nei campi di prigionia, a migliaia vengono massacrati, dal
settembre del ' 43 all' aprile del ' 45 l' Italia resta un Paese diviso.
Difficile dire quanti furono i meridionali che scelsero di combattere contro
i tedeschi e liberare il Nord: nel dopoguerra lo storico Augusto Monti
arrivò a sostenere che le squadre partigiane erano formate da meridionali
per almeno il 40 per cento. Una stima forse da ridimensionare, i dati ancora
parziali sulle squadre partigiane nelle province di Cuneo e Torino indicano
un più verosimile 20 per cento, ma si tratta comunque di percentuali molto
alte. Luciano Boccalatte, che dirige l' Istituto piemontese per la storia
della Resistenza, precisa come le prime bande partigiane siano formate da
militari che escono dalle caserme e vanno verso le montagne. Fra l' altro,
in quella terra di confine che è il Piemonte al momento dell'armistizio si
trovava anche la quarta armata di occupazione dell' esercito italiano, che
si stava ritirando dalla Francia meridionale. Almeno 70 mila uomini, che si
sbandano. Ma i meridionali non li troviamo soltanto nell' esercito, vivono
in tutto il Nord Italia, Boccalatte sottolinea la loro importanza fra la
popolazione civile. Dice: «Prima della guerra a Torino c'era già stata un'
ondata migratoria, dal Veneto e dal Mezzogiorno. Persone che vivevano a
Torino ma non erano torinesi, che combattevano per la città». La stessa
realtà che troviamo a Milano, in Toscana, in Emilia, ovunque nell' Italia
occupata dai tedeschi. A Padova ad esempio, rettore dell' università era il
latinista siciliano Concetto Marchesi. Che il 1º dicembre del ' 43, alla
cerimonia di apertura per l' anno accademico, legge agli studenti un appello
civile che diventa una chiamata alle armi: «Voi insieme con la gioventù
operaia e contadina dovete rifare la storia dell' Italia e costituire il
popolo italiano (...). Non lasciate che l' oppressore disponga della vostra
vita, fate risorgere i vostri battaglioni». Per questi siciliani la
Resistenza diventa la prima occasione che - a caro prezzo - si vedono
offrire dalla storia per entrare a far parte della comunità nazionale, le
parole Patria e Risorgimento vengono usate quotidianamente, la lotta comune
fa sentire fratelli. In Piemonte i siciliani che partecipano alla
liberazione della regione a sud di Novara li hanno contati, sono 2.346 e
sembrano pochi finché non si riflette che non si tratta di eserciti regolari
ma di guerriglia. Fra loro c' era il comunista Pompeo Colajanni da
Caltanissetta, che da partigiano scelse di chiamarsi "Barbato" in onore di
Nicola Barbato e dei Fasci siciliani. è lo stesso Colajanni che nell' aprile
del ' 75 scrive sul quotidiano "La Stampa" una dettagliata rievocazione dei
suoi mesi da comandante partigiano. Possiamo leggere come la notte del 10
settembre ' 43, assieme ad Antonio Giolitti, Pajetta ed altri compagni,
quello che per tutti diventa il leggendario comandante Barbato fonda la
prima banda garibaldina, la "Carlo Pisacane", da cui, come sue «figlie», si
sarebbero poi sviluppate brigate, divisioni e raggruppamenti di divisioni.
Colajanni era in contatto col Partito Comunista clandestino già all' inizio
degli anni Quaranta, Silvio Canapè scrive «in caserma la sua propaganda
contro il regime e contro la guerra non viene mai a mancare». Infatti il
tenente anziano Colajanni non farà carriera, non diventerà mai capitano.
Colajanni ha una mente politica e ha esperienza. Già negli anni Venti si era
adoperato per la costituzione di un fronte unitario antifascista, aveva
conosciuto il carcere. Da partigiano vuole ampliare la partecipazione
popolare alla Resistenza, i suoi interlocutori naturali sono gli operai
della periferia industriale di Torino. Le formazioni partigiane crescono a
vista d' occhio, mentre gli alleati sembrano solo preoccuparsi per tanto
successo. Tanto che il 13 novembre del ' 44 la radio "Italia combatte"
trasmette un proclama del generale Alexander, che invita a smobilitare sino
alla primavera. Barbato risponde ordinando di rinserrare le fila e non
abbandonare le posizioni conquistate: l' obiettivo del comandante siciliano
è la liberazione delle città senza attendere gli angloamericani, che dal
canto loro cercano di ostacolare l' unione fra partigiani e nuclei di
cittadini e operai. Saranno le formazioni partigiane guidate dal comandante
Barbato a liberare Torino: il 28 aprile1945 la città è libera. I soldati
contadini che in montagna erano diventati partigiani tornano nelle campagne,
molti saranno in prima fila nella lotta del movimento contadino per la
terra. Ma questa è un' altra storia
Una preziosa pagina di storia che alla Sicilia “è stata negata
A Marsala lo storico Giovanni De Luna ha presentato il suo ultimo libro. L’evento è stato organizzato dall’ANPI; dalla CGIL e dal Comune
“Gli uomini della Resistenza hanno ancora molto da insegnarci. In tre anni hanno completamente ricostruito un Paese che era stato devastato dalla guerra”. Lo ha detto Giovanni De Luna, storico, scrittore, studioso dell'antifascimo e dei sistemi politici del '900 docente di Storia contemporanea all'Università di Torino intervenuto a Marsala per presentare il suo ultimo libro “La Resistenza perfetta”. Per iniziativa dell’ANPI, associazione nazionale partigiani d’Italia, sezione di Marsala presieduta da Giuseppe Nilo, della CGIL – presidente della Camera del Lavoro di Marsala è Piero Genco – e del Comune di Marsala, l’evento si è svolto all’interno del chiostro dell’ex convento del Carmine dove una platea gremita ha ascoltato una preziosa pagina di storia che, come ribadito da Angelo Ficarra, presidente ANPI Palermo, al nostro Paese e in modo particolare alla Sicilia “è stata negata. Infatti in pochi sanno che dopo i piemontesi il maggior numero di partigiani è stato composto da siciliani che hanno offerto il loro generoso e totale contributo al perseguimento della libertà. Eppure questa cosa è stata cancellata dai libri di storia, come se si volesse negare e quindi offendere il sacrificio di tanti giovani che hanno liberato il Paese intero dal fascismo”. Molto più che un incontro con l’autore, l’evento, moderato dalla professoressa Giuseppina Passalacqua, che ha visto la presenza di Sandro Immordino per la direzione dell’associazione Memoria e Futuro, del sindaco Alberto Di Girolamo, dell’assessore Anna Maria Angileri, si è trasformato in una riflessione sulle attuali condizioni del nostro Paese: “Dalla Resistenza – ha detto De Luna – è scaturita la classe dirigente che ha ricostruito completamente l’Italia devastata dalla Guerra mondiale”. E a giudicare dai risultati è stata una selezione eccezionale di talenti ed una scuola politica eccellente che trova il suo manifesto programmatico nel discorso di Alcide De Gasperi a Parigi in occasione del Conferenza di Pace. Di tutto il sacrificio, anche in termini di ideali, però, non rimane molto. “Già Calamandrei si chiedeva quante generazioni sarebbero dovute passare prima di dimenticare la Resistenza – ha detto Giuseppe Nilo -. Mi tocca constatare amaramente che ne è bastata una sola”. “Ed è questo che deve fare l’ANPI – ha ribadito Angelo Virzì presidente provinciale dell’associazione nazionale partigiani d’Italia – recuperare la memoria come indispensabile bagaglio culturale ma soprattutto etico”. In questo senso pregevole è stato il lavoro svolto dall’ANPI di Marsala che ha ridato un volto e un nome a 130 partigiani marsalesi molti dei quali rimarranno ad imperitura memoria grazie ad una lapide e soprattutto ad una pubblicazione che però dovrà essere aggiornata in quanto il lavoro di ricerca e documentazione non si è mai arrestato da dieci anni a questa parte.
Chiara Putaggio
Cerda ricorda Vittorio Geraci
Una piazza per il partigiano
PALERMO - “L’Anpi Palermo Comandante Barbato
condivide entusiasta l’iniziativa della città di Cerda di dedicare una
piazza alla memoria del partigiano Vittorio Geraci”. Così Ottavio Terranova
e Angelo Ficarra, rispettivamente presidente e vice dell’Anpi Palermo.