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La partecipazione siciliana alla resistenza e alla lotta di Liberazione

La partecipazione siciliana alla resistenza e alla lotta di Liberazione

ORA E SEMPRE RESISTENZA! Antifascismo è anticapitalismo.

25 Aprile 2021. In occasione della ricorrenza della Festa della Liberazione, la Federazione Sicilia del Partito Comunista, organizza un evento. Ospiti dell'evento:

- Alberto Lombardo, membro dell'Ufficio Politico del Partito Comunista e Direttore della Rivista "LaRiscossa.Info". -
 Angelo Ficarra, Presidente Vicario ANPI Palermo.  giornalista Fr. Fustaneo

https://www.facebook.com/pc.sicilia/videos/225023746047330   
https://www.youtube.com/watch?v=RNMVa0ofd_k   

I partigiani siciliani liberatori di Torino

Una preziosa pagina di storia che alla Sicilia “è stata negata

Cerda ricorda Vittorio Geraci
Una piazza per il partigiano

Lo Stato riconosce il gesto eroico di Giovan Battista Mineo

nato a Santa Flavia in provincia di Palermo il 27 marzo 1921

tra le motivazioni del conferimento si legge: “costante esempio di dedizione alla causa e puro eroismo”.  https://www.lanazione.it/arezzo/cronaca/salvarono-alla-chiassa-200-persone-dai-nazisti-dopo-anni-la-medaglia-al-valor-militare-1.4244019

Conigliaro Girolamo partigiano palermitano  Da Palermo per il partigiano "OTTO".

Pompeo Colajanni Le cospirazioni parallele

 

 

 

I partigiani siciliani liberatori di Torino
Amelia Crisantino - 23 aprile 2005 – La Repubblica

Una storia della Sicilia nella Resistenza è ancora tutta da scrivere, andando oltre la sbrigativa constatazione che l' isola è occupata dagli alleati nell' estate del ' 43 e quindi tagliata fuori dagli avvenimenti che interessano il resto d' Italia. Nella nostra percezione sembra esistere solo la Sicilia della guerriglia separatista, la patria della reazione che sogna di fermare il «vento del Nord». Ma c' è anche un' altra Sicilia dimenticata, fatta da partigiani siciliani che sono morti per liberare l' Italia dai nazisti. Nella nostra isola le rivolte popolari non furono molte, non ci fu nemmeno il tempo di organizzare una resistenza armata, ma il rifiuto verso i nazisti era molto diffuso.
Sin dal 1940 i tedeschi erano calati in Sicilia quasi da invasori, a Catania si radunavano le truppe dell' Afrika Korps di Rommel prima di imbarcarsi per l' Africa settentrionale. La gente identificava i tedeschi con la guerra, si voleva liberare di entrambi. Ci furono alcuni episodi, rimasti quasi del tutto ignoti. In un saggio pubblicato nel lontano 1955 lo storico Franco Pezzino ricorda che nella piana di Catania si ebbero due settimane di combattimenti, lungo il Simeto, e che ci furono dei sabotaggi contro i tedeschi. A esempio ci fu Giovanni Comis, isolato e senza organizzazioni alle spalle, che se ne andava in bicicletta per la piana di Catania e con una pinza da elettricista tagliava le linee telefoniche tedesche riuscendo persino a far saltare una radio ricetrasmittente montata su un camion, usando l' esplosivo degli stessi tedeschi. C' è pure Mascalucia, paese etneo che pochi giorni prima della liberazione di Catania, il 2 agosto del ' 43, insorge contro la violenta arroganza dei nazisti e combatte strada per strada. I tedeschi si ritirano verso Messina inseguiti dagli alleati, infierendo sui paesi che attraversano. A Castiglione di Sicilia arrivano sparando raffiche di mitra e lanciando bombe a mano per le strade, davanti alle porte e dentro le case. Nell' estate del ' 43 un' azione di sabotaggio avviene anche a Palermo. Il piano nazista era di far saltare in aria il porto con un contatto elettrico, da attivare dall' aeroporto di Boccadifalco. Franco Grasso, uno dei protagonisti dell' antifascismo siciliano, in un articolo pubblicato su L' Ora nell' agosto del ' 73 racconta quei momenti drammatici con grande semplicità: Aurelio Attardi, un comunista richiamato nell' esercito, gli indica il percorso dei fili che nell' ultimo tratto passavano lungo la galleria che collega la stazione Lolli al porto. Così, scrive Grasso, «a notte alta con Ignazio Dell' Aria, evitando i passaggi a livello strettamente sorvegliati, ci calammo da uno dei passaggi scoperti da cui prende aria la galleria. Trovammo i fili e li tagliammo». Dopo l' 8 settembre e l' annuncio dell' armistizio quello tedesco diventa un esercito di occupazione, in Sicilia non ci sono più tedeschi ma nel resto d' Italia la guerra continua. I soldati italiani sono allo sbando, senza ordini, di fronte alla scelta se arrendersi e cedere le armi, combattere a fianco dei tedeschi o combattere contro i tedeschi. Quello italiano è un esercito formato in buona parte da contadini meridionali, molti cercano di tornare a casa e finiscono nei campi di prigionia, a migliaia vengono massacrati, dal settembre del ' 43 all' aprile del ' 45 l' Italia resta un Paese diviso. Difficile dire quanti furono i meridionali che scelsero di combattere contro i tedeschi e liberare il Nord: nel dopoguerra lo storico Augusto Monti arrivò a sostenere che le squadre partigiane erano formate da meridionali per almeno il 40 per cento. Una stima forse da ridimensionare, i dati ancora parziali sulle squadre partigiane nelle province di Cuneo e Torino indicano un più verosimile 20 per cento, ma si tratta comunque di percentuali molto alte. Luciano Boccalatte, che dirige l' Istituto piemontese per la storia della Resistenza, precisa come le prime bande partigiane siano formate da militari che escono dalle caserme e vanno verso le montagne. Fra l' altro, in quella terra di confine che è il Piemonte al momento dell'armistizio si trovava anche la quarta armata di occupazione dell' esercito italiano, che si stava ritirando dalla Francia meridionale. Almeno 70 mila uomini, che si sbandano. Ma i meridionali non li troviamo soltanto nell' esercito, vivono in tutto il Nord Italia, Boccalatte sottolinea la loro importanza fra la popolazione civile. Dice: «Prima della guerra a Torino c'era già stata un' ondata migratoria, dal Veneto e dal Mezzogiorno. Persone che vivevano a Torino ma non erano torinesi, che combattevano per la città». La stessa realtà che troviamo a Milano, in Toscana, in Emilia, ovunque nell' Italia occupata dai tedeschi. A Padova ad esempio, rettore dell' università era il latinista siciliano Concetto Marchesi. Che il 1º dicembre del ' 43, alla cerimonia di apertura per l' anno accademico, legge agli studenti un appello civile che diventa una chiamata alle armi: «Voi insieme con la gioventù operaia e contadina dovete rifare la storia dell' Italia e costituire il popolo italiano (...). Non lasciate che l' oppressore disponga della vostra vita, fate risorgere i vostri battaglioni». Per questi siciliani la Resistenza diventa la prima occasione che - a caro prezzo - si vedono offrire dalla storia per entrare a far parte della comunità nazionale, le parole Patria e Risorgimento vengono usate quotidianamente, la lotta comune fa sentire fratelli. In Piemonte i siciliani che partecipano alla liberazione della regione a sud di Novara li hanno contati, sono 2.346 e sembrano pochi finché non si riflette che non si tratta di eserciti regolari ma di guerriglia. Fra loro c' era il comunista Pompeo Colajanni da Caltanissetta, che da partigiano scelse di chiamarsi "Barbato" in onore di Nicola Barbato e dei Fasci siciliani. è lo stesso Colajanni che nell' aprile del ' 75 scrive sul quotidiano "La Stampa" una dettagliata rievocazione dei suoi mesi da comandante partigiano. Possiamo leggere come la notte del 10 settembre ' 43, assieme ad Antonio Giolitti, Pajetta ed altri compagni, quello che per tutti diventa il leggendario comandante Barbato fonda la prima banda garibaldina, la "Carlo Pisacane", da cui, come sue «figlie», si sarebbero poi sviluppate brigate, divisioni e raggruppamenti di divisioni. Colajanni era in contatto col Partito Comunista clandestino già all' inizio degli anni Quaranta, Silvio Canapè scrive «in caserma la sua propaganda contro il regime e contro la guerra non viene mai a mancare». Infatti il tenente anziano Colajanni non farà carriera, non diventerà mai capitano. Colajanni ha una mente politica e ha esperienza. Già negli anni Venti si era adoperato per la costituzione di un fronte unitario antifascista, aveva conosciuto il carcere. Da partigiano vuole ampliare la partecipazione popolare alla Resistenza, i suoi interlocutori naturali sono gli operai della periferia industriale di Torino. Le formazioni partigiane crescono a vista d' occhio, mentre gli alleati sembrano solo preoccuparsi per tanto successo. Tanto che il 13 novembre del ' 44 la radio "Italia combatte" trasmette un proclama del generale Alexander, che invita a smobilitare sino alla primavera. Barbato risponde ordinando di rinserrare le fila e non abbandonare le posizioni conquistate: l' obiettivo del comandante siciliano è la liberazione delle città senza attendere gli angloamericani, che dal canto loro cercano di ostacolare l' unione fra partigiani e nuclei di cittadini e operai. Saranno le formazioni partigiane guidate dal comandante Barbato a liberare Torino: il 28 aprile1945 la città è libera. I soldati contadini che in montagna erano diventati partigiani tornano nelle campagne, molti saranno in prima fila nella lotta del movimento contadino per la terra. Ma questa è un' altra storia

Una preziosa pagina di storia che alla Sicilia “è stata negata

Una preziosa pagina di storia che, come ribadito da Angelo Ficarra, presidente ANPI Palermo, al nostro Paese e in modo particolare alla Sicilia “è stata negata. Infatti in pochi sanno che dopo i piemontesi il maggior numero di partigiani è stato composto da siciliani che hanno offerto il loro generoso e totale contributo al perseguimento della libertà“La Resistenza perfetta”, la memoria: indispensabile bagaglio culturale ed etico

A Marsala lo storico Giovanni De Luna ha presentato il suo ultimo libro. L’evento è stato organizzato dall’ANPI; dalla CGIL e dal Comune

“Gli uomini della Resistenza hanno ancora molto da insegnarci. In tre anni hanno completamente ricostruito un Paese che era stato devastato dalla guerra”. Lo ha detto Giovanni De Luna, storico, scrittore, studioso dell'antifascimo e dei sistemi politici del '900 docente di Storia contemporanea all'Università di Torino intervenuto a Marsala per presentare il suo ultimo libro “La Resistenza perfetta”. Per iniziativa dell’ANPI, associazione nazionale partigiani d’Italia, sezione di Marsala presieduta da Giuseppe Nilo, della CGIL – presidente della Camera del Lavoro di Marsala è Piero Genco – e del Comune di Marsala, l’evento si è svolto all’interno del chiostro dell’ex convento del Carmine dove una platea gremita ha ascoltato una preziosa pagina di storia che, come ribadito da Angelo Ficarra, presidente ANPI Palermo, al nostro Paese e in modo particolare alla Sicilia “è stata negata. Infatti in pochi sanno che dopo i piemontesi il maggior numero di partigiani è stato composto da siciliani che hanno offerto il loro generoso e totale contributo al perseguimento della libertà. Eppure questa cosa è stata cancellata dai libri di storia, come se si volesse negare e quindi offendere il sacrificio di tanti giovani che hanno liberato il Paese intero dal fascismo”. Molto più che un incontro con l’autore, l’evento, moderato dalla professoressa Giuseppina Passalacqua, che ha visto la presenza di Sandro Immordino per la direzione dell’associazione Memoria e Futuro, del sindaco Alberto Di Girolamo, dell’assessore Anna Maria Angileri, si è trasformato in una riflessione sulle attuali condizioni del nostro Paese: “Dalla Resistenza – ha detto De Luna – è scaturita la classe dirigente che ha ricostruito completamente l’Italia devastata dalla Guerra mondiale”. E a giudicare dai risultati è stata una selezione eccezionale di talenti ed una scuola politica eccellente che trova il suo manifesto programmatico nel discorso di Alcide De Gasperi a Parigi in occasione del Conferenza di Pace. Di tutto il sacrificio, anche in termini di ideali, però, non rimane molto. “Già Calamandrei si chiedeva quante generazioni sarebbero dovute passare prima di dimenticare la Resistenza – ha detto Giuseppe Nilo -. Mi tocca constatare amaramente che ne è bastata una sola”. “Ed è questo che deve fare l’ANPI – ha ribadito Angelo Virzì presidente provinciale dell’associazione nazionale partigiani d’Italia – recuperare la memoria come indispensabile bagaglio culturale ma soprattutto etico”. In questo senso pregevole è stato il lavoro svolto dall’ANPI di Marsala che ha ridato un volto e un nome a 130 partigiani marsalesi molti dei quali rimarranno ad imperitura memoria grazie ad una lapide e soprattutto ad una pubblicazione che però dovrà essere aggiornata in quanto il lavoro di ricerca e documentazione non si è mai arrestato da dieci anni a questa parte.

Chiara Putaggio

Cerda ricorda Vittorio Geraci
Una piazza per il partigiano

PALERMO - “L’Anpi Palermo Comandante Barbato condivide entusiasta l’iniziativa della città di Cerda di dedicare una piazza alla memoria del partigiano Vittorio Geraci”. Così Ottavio Terranova e Angelo Ficarra, rispettivamente presidente e vice dell’Anpi Palermo. 
 

“Gesto doveroso e di grande civiltà che rende onore e merito alla città di Cerda, anche perché indica alle giovani generazione gli alti ideali morali e civili di libertà, di giustizia, di solidarietà e di fratellanza umana che hanno caratterizzato un importante e difficile momento della storia del nostro Paese segnando l’alto valore del riscatto d’Italia dalla dittatura nazifascista. L’Anpi Palermo - si legge in una nota - sottolinea come questa nobile iniziativa avviene nel solco di un importante recupero della memoria della partecipazione siciliana e meridionale alla Resistenza e alla lotta di Liberazione, e chiede di poter partecipare con la Città di Cerda alla apposizione, nella stessa piazza, di una lapide che renda onore e gloria ai partigiani di Cerda”.

“La nostra amministrazione - dichiara il Vice Sindaco Salvatore Altadonna - ha assunto questa iniziativa perché ritiene che i frammenti di memoria servano a costruire e rafforzare la coscienza collettiva. La Resistenza e il sacrificio di tanti uomini e donne, come Vittorio Geraci, che hanno perso la vita combattendo per la libertà, sono l’esempio più alto di questo ragionamento”.