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AFRICA

INTERVISTA ESCLUSIVA CON MOHAMED KONARE.

 

GUERRE AI MIGRANTI

 

L'ASINO DI RIACE  Concita De Gregorio(Rino Girimonte). 9
Mimmo Lucano e l'agguato di Locri di Adriano Sofri

A casa nostra    Cronaca da RIACE Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso

UNA PAGINA NERA PER TUTTO IL PAESE
https://www.la7.it/otto-e-mezzo/rivedila7/mimmo-lucano-eroe-o-criminale-otto-e-mezzo-puntata-del-7102021-07-10-2021-401609

Giuseppina Ficarra
CONCORDO IN PIENO CON QUANTO DICE MARCO RIZZO SULLA QUESTIONE MIGRANTI!!!!!!!!!!

"NON SONO I MIGRANTI CHE ARRIVANO OGNI ANNO A SPOSTARE I TERMINI DEI GRANDI NUMERI DELLA DISOCCUPAZIONE IN ITALIA O DELLA NECESSITÀ DI ALLOGGI".

"Il capolavoro delle classi dominanti, però, è quello di far credere agli oppressi che la causa dell’oppressione non stia nelle classi che li opprimono, ma nelle classi ancora più sottomesse. Da qui la guerra tra gli ultimi e gli ultimissimi. Nulla di nuovo. Ce ne parlava già Marx, quando parlava del conflitto tra operai inglesi e irlandesi."

https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=pfbid0T21x7cNxfi9FyDwaRyFL1e76XTkXwudtoNAAAosxD9Ug6xf1FW3Q2WerbSp4WD9sl&id=100011805847766        

 

Migranti, “patto criminale tra Italia e Libia: nei lager sul Mediterraneo torture, stupri e schiavi. L’Europa apra gli occhi”L’inferno esiste ed è in Libia

DA DOVE ARRIVANO I MIGRANTI E PERCHE

GUERRA AI MIGRANTI NON DA ORA!!!28/06/2015
Antonio Mazzeo * | antoniomazzeoblog.blogspot.it

https://www.resistenze.org/sito/os/ep/osepff30-016587.htm?fbclid=IwAR1w-BqyD_BFXvm-shbjYWOX0S0sh1DJEsV5iPb3ke-N6UfpEA5vxuF4tSg   

IL PRESIDENTE TURCO ERDOGAN HA MINACCIATO DI FAR INVADERE L'EUROPA DA MIGRANTI IN CASO DI OSTILITÀ ALLA SUA OPERAZIONE BELLICA IN SIRIA. LA MERKEL AVEVA COSTRETTO LA UE A PAGARE UN PIZZO ALLA TURCHIA PER NON FAR ARRIVARE PROFUGHI.
(Presumo che anche l'Italia paga il pizzo) https://www.la7.it/otto-e-mezzo/video/migranti-il-ricatto-di-erdogan-marco-travaglio-italia-rischia-meno-di-germania-e-visegrad-10-10-2019-286830?fbclid=IwAR1LfmREzCY9TX3oPEUKoAVgziXtYMBhzZluTcORI1wfHuAsdUsMfe86Lgo

La "nostra" Africa. Missioni italiane e guerre ai migranti a sud del MediterraneoVEDI

Antonio Mazzeo  | antoniomazzeoblog.blogspot.com
http://www.resistenze.org/sito/os/dg/osdgim08-020869.htm?fbclid=IwAR0q7P4yRqZJCYNBO5g-I7E6pJAlvB5AoAD4pJCATcVfGTI_Uc2nIg44I-M   

   

07/11/2018

Italia-Libia, l'accordo con Tripoli: i veri obiettivi del patto crudele VEDIhttps://www.repubblica.it/politica/2019/11/01/news/italia-libia_l_accordo_con_tripoli_i_veri_obiettivi_del_patto_crudele-239993987/   

 

Il governo nato dall'alleanza tra M5S e Pd - la cui primaria esigenza è non scomparire con nuove elezioni - in materia di immigrazione sta sbagliando tutto. O forse non sta sbagliando, perché il Memorandum per il contenimento dei flussi migratori nasconde altro

Il governo nato dall'alleanza tra M5S e Pd - la cui primaria esigenza è non scomparire con nuove elezioni - in materia di immigrazione sta sbagliando tutto. O forse non sta sbagliando, perché l'accordo tra Italia e Libia per il contenimento dei flussi migratori nasconde altro e cioè il tentativo di tutelare gli interessi energetici dell'Italia in Libia?

Il dubbio che la questione migratoria sia la migliore copertura possibile per la questione energetica è forte. Ci hanno parlato per anni di invasione, ci hanno fatto sentire insicuri nelle nostre case, hanno proclamato che non sono importanti i numeri, ma la percezione che abbiamo di quei numeri. Tutto questo non è stato fatto solo per polarizzare l'opinione pubblica al fine di ottenere i voti degli arrabbiati, ma probabilmente per un fine ben più strategico: giustificare lo stanziamento di fondi da mandare in Libia, magari a vantaggio di una parte.E se l'accordo sul "contenimento" dei flussi migratori fosse anche una copertura per sostenere Fayez al Serraj con l'avallo di Trump? Sarebbe un modo per partecipare alla guerra civile, anche perché l'impressione è che la vita delle persone detenute illegalmente nei lager libici sia senza valore al cospetto degli interessi petroliferi italiani.

Se da un lato le motivazioni dell'accordo italo-libico parrebbero chiare, resta la amara consapevolezza che più a lungo questo governo lascia in mare chi fugge dall'inferno libico, più i feroci populisti potranno urlare facendo campagna elettorale sulla pelle di quei disperati. Nei prossimi giorni verrà rinnovato l'accordo: si tratterebbe di altri 50 milioni che si aggiungono a quelli già stanziati dall'Europa negli scorsi anni.

Questo accordo fa il paio con quello che la Germania di Angela Merkel ha siglato con il tiranno Erdogan per il controllo dei confini orientali dell'Europa. Ma quale pensiamo possa essere il nostro futuro se finanziamo governi autoritari e in guerra? Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha detto che avrebbe convocato una commissione italo-libica per favorire un ulteriore coinvolgimento delle Nazioni Unite. Di Maio ignora che le Nazioni Unite, visto il numero abnorme di migranti illegalmente trattenuti in Libia (650mila è la stima per difetto) non riescono a prestare soccorso, a creare corridoi umanitari o anche a rimpatriare chi dalla Libia non vuole nemmeno più venire in Europa, ma tornare al proprio Paese di origine. E mentre accade questo, a noi viene portata come prova dei presunti effetti positivi dell'accordo italo-libico la diminuzione degli sbarchi. Dagli oltre 100mila arrivati in Italia nel 2017, si è passati ai quasi 10.000 del 2019.

Ma queste cifre non ci dicono che sono calati gli arrivi in Libia dai Paesi limitrofi prima ancora che gli arrivi in Europa. E non ci dicono nemmeno che fine fanno le migliaia di persone che restano Libia e non possono partire. Non ce lo dicono, ma noi lo sappiamo: restano bloccate in centri di detenzione dove subiscono ogni genere di tortura. Restano bloccati nel Paese che ci minaccia di lasciarli venire tutti in Italia e in cambio ottiene soldi. Possibile che ci sia qualcuno al governo che abbia il coraggio di rivendicare questa schifezza? Ma non è tutto: il Consiglio presidenziale di Tripoli ha emesso un decreto che impone alle Ong di non intervenire senza il permesso della Guardia costiera libica, anche in caso emergenza. Il decreto, inoltre, impone alle Ong di garantire l'accesso alle loro imbarcazioni a ufficiali libici. Magari a salire a bordo saranno gli stessi che hanno aperto il fuoco mentre la Alan Kurdi salvava i migranti. O sarà proprio Abdulrahman Al Milad, detto Bija, riconfermato a capo della Guardia costiera di Zawyah nonostante, secondo l'Onu, sia un torturatore e un trafficante di esseri umani.

Non è assurdo imporre alle Ong che salvano vite l'ennesimo codice di condotta, mentre nessun codice di condotta è imposto a chi tortura e uccide? Due giornalisti, Nello Scavo e Nancy Porsia, sono stati posti sotto tutela proprio per aver raccontato chi fosse Bija e per aver svelato la sua presenza in Italia nel 2017, seduto a un tavolo con funzionari dell'Interno (al Viminale c'era Minniti) con cui trattava il blocco dei migranti. Un criminale ha trattato con l'Italia il blocco dei migranti. Forse potremmo fermarci qui e non aggiungere altro, ma due navi sono ancora in mare: la Alan Kurdi della Ong Sea-Eye con 90 naufraghi e la Open Arms, che ne ha 15. I migranti della Alan Kurdi non hanno solo subìto torture e maltrattamenti in Libia, ma sono stati soccorsi mentre i criminali della Guardia costiera libica, che noi italiani addestriamo e finanziamo, gli sparavano addosso. Il governo, prima di concedere tregua ai disperati della Ocean Viking, ha aspettato di perdere nel voto in Umbria.

Le prossime elezioni ci saranno in Emilia Romagna tra troppo tempo, mentre in mare la disperazione è tangibile, e urgente è la necessità di far sbarcare le 105 persone della Alan Kurdi e della Open Arms, provando ad agire senza sentirsi costretti alla ferocia da una tendenza generale. Ma credo che sia importante tranquillizzare chi ritiene che questo secondo governo Conte abbia aperto i porti. Niente affatto: i porti sono chiusi, anzi, si aprono e si chiudono proprio come quando al governo c'era Salvini, per mera propaganda e convenienza elettorale.

Su immigrazione e sicurezza tutti gli ultimi governi hanno agito in totale continuità. Esiste una gestione dell'immigrazione inaugurata da Minniti, proseguita da Salvini e abbracciata dal secondo governo Conte che individua nemici per scaricargli addosso responsabilità che non hanno, che crea tensione e odio sociale senza risolvere alcun problema e che ignora quel che invece è fin troppo chiaro: non si possono chiudere i porti, non si possono bloccare i flussi migratori; si tratta di sfide epocali che si devono affrontare con senso dello Stato, con senso della comunità e con l'umanità del diritto. Non sento di poter chiedere a questo governo un cambio di rotta, ma se il suo destino è segnato, che almeno dimostri di tenere in conto la vita umana, perché la realpolitik non sarà una scriminante innanzi alla Storia.

 

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Concita De Gregorio  facebook

Rino Girimonte

L'asino di Riace

Sono stanco di argomentare, di fare distinguo in punto di diritto e di fioretto, faccio fatica a partecipare a un dibattito su attenuanti e aggravanti, voglio prendere aria, di quella buona, alla contundenza dei codici oppongo la bellezza dei fatti, la finalità ultima che sta alla base di tutta la trama del racconto di Riace. Non mi eccitano le comparative con altre vicende giudiziarie, episodi orribili, sparatorie a "negri", femminicidi, reati mafiosi, per criticare l'assurdità della condanna a 13 anni e 2 mesi, quasi il doppio della richiesta dalla pubblica accusa. È insultante solo accostarli. Certamente, a frequentare la povertà ci si sporca le mani, rimane la terra nelle unghie a chi ha uno sguardo solidario, a quelli che hanno un cuore così grande che non gli entra nel petto.

Sono dentro questo guado che mi affligge e che mi affoga, siamo dentro il via vai di quest'onda, tra lo Stato di diritto e il diritto dello Stato a farne a meno.

Non mi fa stare meglio la prospettiva di un ribaltamento in appello, come se si potesse cancellare tutto questo tempo di sofferenza, come se fosse niente o poco disonorevole, essere dichiarato, unico in terra di Calabria, impresentabile alle elezioni. Elezioni da cui non mi aspetto nulla, pronto a chiedere scusa se venissi smentito. No, io oggi voglio affermare che Mimmo è grande proprio perché ha fatto della disobbedienza a leggi incivili come la Bossi Fini, ai decreti sicurezza, vera e propria fabbrica di fantasmi dispersi ma ben visibili sui marciapiedi davanti alle chiese, perfino Conte si è pentito, in parte, di averli firmati, la sua ragione di militanza umanitaria, il suo apostolato contro i diritti calpestati, la sua testimonianza poetica, perché un poeta è, un poeta dei vicoli dell'abbandono e della solitudine, un cacciatore di sogni, di buon vento. Ha infranto le loro regole proprio perché, dentro queste regole, non è prevista la pietà umana, la solidarietà di chi fugge da una terra che non li vuole, dalle guerre e dalla fame, una guerra per cui non è prevista mai una tregua. Lo ha fatto sapendo che erano pronti i plotoni d'esecuzione per fargliela pagare, manco fosse Al Capone, condannato a 11 anni e 80 mila dollari, così, en passant, giusto per la cronaca. Lo ha fatto senza nascondersi, come fanno loro, dentro il parlamento italiano o europeo, con stipendi da marchesi, lo ha fatto perché i sogni belli vale la pena sognarli. Per cui sei grande per ciò che hai fatto in favore degli ultimi, senza nessun guadagno economico, solo il compenso dei loro abbracci, solo per quei momenti di tenerezza con un bambino in braccio. Certamente, in ciò c'è gratificazione perché c'è gratitudine sincera, e sei grande per come lo hai fatto, e se qualche regola è saltata, tanto peggio per loro. E poi, cosa c'è di male andare fieri del proprio operato quando in ogni angolo della terra ti viene riconosciuto come un merito? Ti sei montato la testa? È forse anche questa una colpa?

Ci sono momenti nella storia in cui violare le leggi diventa un obbligo morale, politico, per innescare un processo che serva a cambiarle, un processo faticoso e lento come un carretto tirato dai ciucci.

Bisogna provarci come abbiamo tentato noi di farlo, sicuramente con moltissimi errori e con grandi ideali, grandi li ritenevamo noi, nel '68 e poi nel '77.

La strada delle conquiste sociali, civili, politiche, le trasformazioni culturali, personali, collettive, è lastricata di sbagli, salite, discese, ricadute, la lotta per i diritti non è un pranzo di gala, come diceva la buonanima. È la disumanità delle leggi che provoca la necessità di violarle.

Michele Permunian, il Pubblico Ministero, sapeva che i quasi 8 anni da lui richiesti erano pochi, addirittura aveva preparato una requisitoria B nella quale chiedeva 15 anni, come è generoso lei, ci dobbiamo aspettare l'ergastolo in appello?

Le sue parole dipingono la figura di un delinquente che favorisce i quattro amici e la sua compagna, le case restaurate servivano per ospitare musicisti e, nel paese delle mafie e dell'illegalità, non ha fatto il bando con lo scopo di favorire la cooperativa per la raccolta dei rifiuti con i loro ciucci, dando dignità a Biase, che ho conosciuto nel racconto bellissimo di Giusy Staropoli Calafati, asino tra gli asini, così era considerato dai proprietari terrieri per i quali lavorava come uno schiavo. Calabrese, sì, ma schiavo.

E poi c'è la cosa peggiore, l'nsinuazione che in una cassaforte vuota ci fosse il bottino dell'arricchimento personale. Lucano è un idealista, sì, ma anche no. Ecco servita la polpetta avvelenata, cioè una delle poche accuse che farebbero sbriciolare il mito con un fracasso assordante, che neanche i Bronzi.

"Un bandito da western" lo apostrofò, un forajido che non ha attraversato il Rio Grande per fuggire in Messico. E che caxxo, almeno un Robin Hood calabro te lo poteva concedere, no?

 

Mimmo Lucano e l'agguato di Locri di Adriano Sofri
Che sciocchezze si dicono sulle sentenze. “Non si commentano!” – figurarsi. Poi succede davvero che paiano incommentabili, che lascino, a tutta prima, senza parole. Bastonate fra capo e collo, da tramortire. Forse, ci si dice, bisogna smettere con la pretesa di capire. Forse sforzarsi di capire è un cedimento all’assurdo, gli restituisce una razionalità.
Eravamo stati sbalorditi dall’oltranza di una pubblica accusa che aveva preteso per Mimmo Lucano una condanna a 7 anni e 11 mesi – 8 anni, insomma, addolciti come i prezzi al mercato: 7 euro e 99 centesimi.
Poi il Presidente ha letto, prima le singole tariffe, poi il totale: 13 anni e 2 mesi.
Poco dopo era già su youtube, guardavo l’uomo che leggeva, chissà che la fisionomia, il taglio dei capelli, desse qualche indizio. Guardavo la giudice donna e quello uomo, gli altri due del collegio giudicante, speravo di rintracciare dei sentimenti a latere: si erano trattenuti quattro giorni in camera di consiglio, avranno almeno avuto dissensi, aspri magari, dopotutto avevano alle spalle non solo un’opinione pubblica commossa e turbata ma pronunciamenti giudiziari i più diversi e contrastanti, misure gravi prese e revocate... Ma i giudici a latere stanno in silenzio alla lettura della sentenza, e hanno la mascherina, così non traspariva almeno dalle loro facce un’amarezza, un disappunto - si trattava della vita di un uomo e delle altre 26 persone giudicate con lui.
Mi è balenato un pensiero risolutivo: è una sentenza suicida. Il diritto ha infatti escogitato stratagemmi capaci di capovolgerne l’assurdità. Possibile? No, purtroppo no: dev’essere ancora peggio di così.
Io (e anche voi che non avete termini di paragone strettamente personali) non fatico affatto a capire, a sentire, che cosa abbia provato Mimmo Lucano mentre gli leggevano la sentenza, capo d’imputazione dietro capo d’imputazione (otto ne aveva addosso, un campione di sollevamento pesi: associazione per delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina).
Lo capisco Mimmo, lo sento, gli sto a fianco, per quel che vale: un po’ vale. Non è su lui che mi interrogo, l’ho già fatto da quando questa burrasca si è alzata e l’ha scaraventato giù dal prestigio che si era meritato con la frazione alta del suo paesello, e aveva roso d’invidia e di livore i tanti umani troppo umani dai pomeriggi grigi, offesi dalle classifiche che facevano di Mimmo un eroe in carne e ossa, e di Riace, il giacimento degli eroi di bronzo, il suo regno.
Se mi propongo nonostante tutto di provare a capire, è sul giudice che devo interrogarmi, quello che ha letto la sentenza, quello che è stato attento a raddoppiare la richiesta esosa della pubblica accusa, ma non esattamente, che sarebbe stato grossolano, 15 anni e 10 mesi, no: 13 anni e 2 mesi, la piccola asimmetria è condizione di grazia.
Si chiama Fulvio Accurso, e io sono un topo di Google, miniera che non tradisce. Ha 58 anni, è nato a Reggio Calabria, è stato pubblico ministero a Reggio, giudice e poi presidente della sezione penale a Locri, poi presidente facente funzione del tribunale fino a febbraio 2021. Allora, dopo una vacanza di quasi un anno (il precedente era stato promosso a Catanzaro) il CSM vota all’unanimità per il successore: la giudice Gabriella Reillo, del tribunale di Catanzaro. Voci locali si levano a denunciare indignate che non un solo voto sia andato al giudice Accurso, candidato naturale all’incarico che già ricopre di fatto. La nominata Reillo (altra voce locale), “rinuncia all’incarico, dimostrando un’enorme sensibilità per la situazione che si stava venendo a creare, e il Consiglio Superiore della Magistratura è tornato sui suoi passi chiudendo questa situazione incresciosa nell’unico modo possibile: quello giusto”. A maggio Accurso, con la controfirma di Cartabia, è presidente effettivo del tribunale, nel quale sta guidando da tempo il processo a Lucano Domenico, ex-sindaco di Riace. Le cronache nazionali, intermittenti come sempre, segnalano una mossa falsa del PM, Michele Permunian, che denuncia in aula la candidatura di Lucano alle elezioni regionali, a conferma del suo disegno di sfruttare le supposte malversazioni per la propria ambizione elettorale. (Mimmo Lucano, fuori dal breve confine di Riace, aveva sempre rifiutato candidature appetitose, compresa quella all’europarlamento). Qui non si fa politica, si fa un processo, tagliò corto Accurso, e fece ben sperare.
Ma lasciatemi procedere nell’improvvisato bottino di notizie sull’autore primo della sentenza che ieri ha tramortito gli italiani (e gli stranieri) non incattiviti. Nel dicembre 2017 gli studenti del Liceo Mazzini di Locri incontrano nel loro auditorium “il dott. Fulvio Accurso, che ci ha fatto emozionare, raccontandoci del progetto ‘I colori della Legalità’.” Accurso li ammonisce a non pensare ai detenuti come a un “noi e voi”, ragazze e ragazzi visiteranno il carcere e pubblicheranno un giornalino, “Oltre le sbarre”. L’antefatto, riferisce un conoscente di Accurso, coach di professione, è che lui “è un uomo di legge, ma anche un artista. Ama dipingere e circondarsi di musica colori e bellezza. Il giorno in cui si è insediato ha capito che era inaccettabile per lui lavorare in locali fatiscenti e degradati, come le strutture a cui siamo abituati. Nel giro di poche ore Fulvio ha cominciato a far fiorire le sue idee, proponendo un restauro a ‘costo zero’ per lo stato. L’idea è stata accolta con entusiasmo dal Presidente del Tribunale e hanno aderito con lo stesso fervore il direttore delle carceri di Locri, l’ordine degli avvocati, l’amministrazione comunale, una compagnia di Assicurazioni e tutto il personale del Tribunale. Un’idea geniale, una colletta tra magistrati, un contributo degli avvocati per i materiali, l’assicurazione che ha coperto i rischi, il tifo del personale del Tribunale e l’opera di quattro giovani detenuti, tutti a fine pena e su base volontaria, hanno dato vita al progetto ‘i colori della legalità’. Il tribunale di Locri, a seguito di questo progetto, è stato inserito quale ‘primo tribunale d’Italia tra le best practices del CSM’ per operazioni di tal genere”. Per parte sua, il giudice Accurso testimonia: “Ho chiesto ai quattro uomini: siete felici?” “Siamo felicissimi dottore!” (E il CSM, poi, avrebbe votato all’unanimità l’altra candidata: com’è ingiusta la vita!)
Sto mettendo in buona luce il giudice Fulvio Accurso? Me ne guardo. E tanto meno sto ripetendo la cantilena della vita che è chiara e scura. Caso mai, nel nostro caso, si mostrerebbe bianca e nera. Nerissima è la pagina che il collegio di Locri ha appena firmato sulla pelle del bravo sindaco (e dei coimputati, troppo trascurati dalle cronache: la compagna di Lucano, Lemlem Tesfahun, 4 anni e 10 mesi; Cosimina Ierinò, segretaria dell’associazione Città Futura, 8 anni e 10 mesi; Annamaria Maiolo, presidentessa di “Oltre Lampedusa”, 6 anni, come Salvatore Romeo e Jerry Tornese, e così via).
La condanna sarebbe stata penosa, salvo che si fosse ridotta al riconoscimento simbolico che, nell’intento di far bene e supplire all’incapacità di accoglienza pubblica, Lucano e la sua gente avevano trasgredito regolamenti e pastoie: come nella vicenda delle cooperative per i rifiuti e i loro favolosi asinelli. Sarebbe suonata odiosa, perché inutilmente crudele ed esemplare, se avesse accolto la richiesta della pubblica accusa. Ma la condanna pressoché raddoppiata non è solo il ripudio del buon senso confrontato con la lettera della legge, né la severità feroce che respinge come intrusa umanità e buon senso: è una bravata. Per far riuscire il calcolo, ha dovuto negare agli imputati, incensurati, le stesse attenuanti generiche, e negare la ovvia continuazione del reato. Perché? Bisognerà che lo spieghi lui, il giudice, e immagino che vorrà tenere per sé la stesura delle motivazioni, dopotutto è la gran festa della sua vita. Ma le motivazioni non basteranno. Dev’esserci qualcosa d’altro in una simile messinscena della giustizia, in una simile rivalsa sul suo pubblico tramonto.
Sapete che cos’è una sentenza suicida.
È una sentenza deliberatamente assurda, e assurdamente motivata, per garantirsi l’annullamento nei gradi successivi. Un inganno vergognoso, di solito perpetrato per rivalersi da giudici togati e soprattutto dai giudici popolari dell’assise che abbiano imposto un’assoluzione non voluta dal presidente. Qui, dove tutto sembra ribaltato, la sentenza sfida l’assurdità a vantaggio dell’oltranza. Fama del piccolo sindaco, popolarità nazionale, classifiche internazionali che lo mettono al secondo posto fra i sindaci del pianeta, al quarantesimo dei cento personaggi più influenti, alla candidatura al Nobel: una carriera che va schiacciata col doppio della tracotanza. Ha creduto di “dominare” Riace (così l’accusa) rendendola extraterritoriale, facendosi la sua propria legge, procurando matrimoni di donne straniere e facendo ripulire il paese coi somari, fottendosene dello Stato.
E lo Stato gli ha dato ripetutamente ragione; un gip (nessun lucro, solo superficialità e malcostume), una volta su due una prefettura (autorità che non sapevano dove sbattere la testa gli mandavano migranti cui provvedere con tanto di ringraziamenti ed elogi), una volta la Cassazione (che l’ha fatto tornare a Riace), ma quello è uno Stato che periclita. Lo Stato sono io, 13 anni e 2 mesi, tredici anni e due mesi. E lui è Mimmo Lucano, piccolo, percosso, attonito. Non ha intascato un solo denaro per sé, in tutta questa vicenda, hanno dovuto ammettere. Ma ha lucrato per la reputazione, per la vanità... Oggi, di sè, dice di sentirsi finito. Finito Mimmo, è il momento malinconico di interrogarsi sulla reputazione, sulla vanità, di un giudice, di un collegio di giudici. E il famoso prepotere delle Procure ha avuto anche lui la sua lezione: doppiato, anche lui.
Riace non c’è più. Il successore di Lucano era ineleggibile, restò appena il tempo di cancellare un’intitolazione a Peppino Impastato. Xenia, hanno chiamato in Procura l’operazione di pulizia etica di Riace. Un fatuo ricordo di Magna Grecia, di Locri Epizefiri. Disambiguazione: c’è una marca di bibite e cracker, una nave, un’auto, dei villaggi anglosassoni, un film, una termoplastica, un nome proprio, un asteroide, una raccolta di epigrammi di Marziale, una di Montale. Xenia erano i cibi che si mettevano nelle stanze degli ospiti dopo il primo giorno di accoglienza, perché si sentissero come a casa loro. Pollame, uova, verdura, frutta e altri prodotti della campagna. E dipinti, che ornassero le domuncolae o le dispense degli ospitati. E’ Vitruvio, sembra la descrizione di Riace com’era. Come non sarà più. Fiat iustitia et pereat mundus. Sia fatta giustizia, vada in malora il mondo.
di Adriano Sofri