Il giardino di limoni di Pietro Ancona
Qualche anno fa fui invitato ad un pranzo elettorale da un caro
amico. Una piccola folla si riunì nel cortile del grande casale che
questo mio amico possedeva in un immenso sterminato giardino di
limoni mandarini ed arance. Il
pranzo era di altissima cucina siciliana rigatoni salsa con
melanzane e salsiccia e tante altre ottime cose. Bastava spostarsi
ai lati del cortile e si entrava nel folto di migliaia e migliaia di
piante di limone. Con milioni di frutti gialli d'oro splendenti e
rifulgenti gli ultimi raggi di sole. Dovunque lo sguardo io girassi
non vedevo altro che sterminati grappoli di frutti appesi agli
alberi. Molti di questi alberi avevano insieme frutto e fiore. E'
cosa straordinaria ma per noi siciliani naturale vedere la zagare e
gli agrumi attaccati allo stesso ramo. Camminando nel giardino di
questo mio amico dopo un paio di chilometri immersi nel verde e
nell'oro dei limoni e nel rosso delle arance e dei mandarini si
giungeva al mare. Il grande generoso mare che circonda la Sicilia
isolandola ed unendola al mondo.
Riflettevo che tutto il destino della Sicilia è nell'immensità della
ricchezza di limoni arance e mandarini che a momenti ci soffoca. Una
ricchezza che è la nostra povertà perché spesso non abbiamo i soldi
per pagarne la raccolta per immagazzinarla e per esportarla. Quel
giardino per me è una metafora. La metafora di una ricchezza inutile
sterile che genera povertà sofferenza e dolore. Mi è tornata in
mente una pagina di Vittorini dove racconta di un venditore di
arance calabrese che usa il traghetto per venire a vendere la sua
roba a Messina e quando non vende niente è costretto a mangiare e a
dare da mangiare alla sua bambina arancia tagliata a fette con un
po' di sale mentre lo stomaco gli si contorce e chiede pane, una
bella consistente fetta di pane!