RASSEGNA STAMPA
vedi
GLOBALMAFIA
Umberto Santino Antimafia civile e sociale
Uno scambio di idee con Salvatore Vaiana su Facebook
http://perlasicilia.blogspot.com/2011/01/caro-salvatore-partendo-dal-tuo.html http://www.ilpuntodue.it/?q=node/1621
Caro Salvatore, partendo dal tuo Contadino dirigente (*) che si avvale dell’antica saggezza del contadino siciliano mi piace pensare al popolo siciliano del dopoguerra composto prevalentemente di contadini come un popolo saggio e non certo pervaso in larga parte di cultura mafiosa. A tale proposito ci viene in soccorso Giuseppe Carlo Marino precisando che non si tratta di una sua colpa o di “una qualche originaria affinità antropologica tra la cultura popolare siciliana e la mafiosità”. La cultura mafiosa del popolo siciliano è effetto di “EGEMONIA”. Cosi scrive infatti Giuseppe Carlo Marino:
<<In qualsiasi sistema organico di egemonia, ha ben spiegato Antonio Gramsci, si crea una situazione nella quale le forze egemoni conseguono un’autorevolezza che in genere gli egemonizzati accettano senza obiezioni, tendendo addirittura ad avvalersene e a nutrirsene essi stessi, comunque avvertendo il dominio che li sovrasta come l’espressione di un ordine necessario assimilabile[N1] all’ordine naturale del vivere e del pensare. (……..) Di qui, tramite il comune registro delle tradizioni, si è realizzato un costante travaso al popolo dei valori elaborati e presidiati dai ceti dominanti. (….) E furono loro (i baroni e i gabellotti n.d.r.) – pervadendo dall’alto del loro conseguito potere, come si è già ricordato, e giova ripetere, il mondo culturale tradizionalista di una società di poveracci analfabeti – ad “istruire” il popolo, mostrando come l’illegalismo possa generare ricchezza, come dalla ricchezza comunque conseguita, e tenacemente preservata dal poco al molto, scaturiscano le condizioni sociali della “valentia” e del “rispetto” e, quindi, dell’onorabilità e dell’”onore”; e chiamando tutto questo, con enfasi e passione, “Sicilia”. >>
Per fortuna, ci ricorda Marino, con Gramsci, esiste la CONTROEGEMONIA e quindi abbiamo i Fasci siciliani e le lotte contadine del dopoguerra di cui ti occupi nel tuo libro.
Scrive ancora Marino: <<In seguito, l’aprirsi della democrazia alla storia del socialismo avrebbe esercitato un ruolo determinante nel liberare dalla passività ampie masse popolari (dalle lotte dei Fasci dei lavoratori di fine Ottocento a quelle ancor più drammatiche contro i latifondisti e i gabelloti nel primo e nel secondo dopoguerra) generando una sempre più ampia e capillare consapevolezza sociale dell’oppressione e inducendo contestuali tentativi di riscatto e di liberazione mediante organizzate azioni “antimafia” interne al conflitto tra le classi.>>
Ed ecco il punto del discorso di Marino che più mi interessa focalizzare e cioè quello che egli chiama “lo scandalo della Sicilia” . Scrive Marino <<Resta comunque da rilevare (purtroppo) che UN’EGEMONIA ANTAGONISTICA non è mai riuscita in Sicilia a prevalere nettamente e, meno che mai, a stabilizzarsi. Il fronte cultura politica progressista democrazia popolare, nei fatti, è risultato sempre sconfitto. Drammaticamente, spesso tragicamente, sconfitto; lasciando sul terreno centinaia di vittime e di martiri. Ed è questo il più inquietante dei retaggi che la storia siciliana continua a lasciare all’Italia e al mondo, un retaggio tenace che, in altro opera [Marino, 1993] si è già indicato come “lo scandalo della Sicilia” : uno scandalo da non riferire ad un’antimodernità e a un’arretratezza cronicamente tutelate e addirittura rivendicate in nome di speciali “valori” e tradizioni, ma che consiste, piuttosto “nel costante riassorbimento delle spinte innovatrici, e persino dei loro parziali esiti positivi, da parte dell’egemonia politico-culturale della società mafiosa”.
Sintetizzando possiamo dire che i tre punti della questione sono:
1) c’è un popolo siciliano pervaso di cultura mafiosa per effetto di EGEMONIA
2) C’è stata una CONTROEGEMONIA8pt
3) lo scandalo della Sicilia”, cioè il “costante riassorbimento delle spinte innovatrici, e persino dei loro parziali esiti positivi, da parte dell’egemonia politico-culturale della società mafiosa”
Si tratterebbe di un concatenarsi di “verità”, l’una non separabile dall’altra, l’una non spiegabile senza l’altra. Ma se delle tre verità sopra evidenziate una non “funziona” allora potrebbe essere possibile dubitare delle altre?
Ecco cosa secondo il mio modestissimo parere non funziona. Non è vero che il grande movimento dei Fasci e l’altro grande movimento delle lotte contadine sono stati RIASSORBITI da parte dell’egemonia politico-culturale della società mafiosa. I contadini siciliani sconfitti non sono stati risucchiati passivamente dalla cultura mafiosa della classe dominante, con buona pace di Gramsci; sono semplicemente EMIGRATI, hanno SCELTO di emigrare. Di questo non trovo traccia in Marino (*). Spero ne parlerà nel libro che a poco dovrebbe essere in libreria.
Un MILIONE di siciliani sono emigrati dopo la sconfitta dei Fasci, un MILIONE E MEZZO nel dopoguerra, una vera ferita nel corpo della Sicilia, la cui “onda lunga” come la chiama Umberto Santino, ancora si fa sentire.
Giuseppina Ficarra
Ho tratto le citazioni di Giuseppe Carlo Marino dalle bozze del suo libro,” Globalmafia. Come combatterla” che ho scaricato dal sito dell’università: http://www.unipa.it/scienzepolitiche/dispense/nuovo_saggio_mafia_globalizzata.doc
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Commento di Salvatore Vaiana
Cara Giuseppina, il Popolo siciliano anche per me non ha una cultura mafiosa; anzi, è un popolo che ha dovuto combattere la mafia e relativa cultura mafiosa pagando quei prezzi altissimi che sappiamo (come sappiamo, l'antimafia è, a parte qualche rara eccezione, siciliana).
- La cultura mafiosa, purtroppo, ha fatto breccia in settori, minoritari, di società siciliana. Capita, per esempio, che alcuni risolvano le violente controversie personali non attraverso la legge (perchè, dicono, "nu' atri sbirri un ci semmu!") ma rivolgendosi ad intermediari(non necessariamente mafiosi). Capita, per esempio, che si gestisca un'azienda dello Stato come se fosse un feudo personale, facendo affari, minacciando, picchiando (e tutti in silenzio per paura e/o perchè "la cosa nu' n'interessa"). Questi non sono analisi sociologiche, solo due fra i tanti esempi che potrei raccontare tratti da esperienze personali o raccontate da amici e compagni.
- Affamatori del Popolo furono i Savoia quanto i Borboni. Ma non ci sono più, per fortuna, nè gli uni nè gli altri. C'è ora la Repubblica, uno Stato democratico e costituzionale (almeno sulla carta), meglio delle teste coronate).
- Penso ancora all'Internazionalismo proletario e all'unità di classe fra lavoratori del Nord e quelli del Sud Italia contro la classe dirigente settentrionale e meridionale corrotta, affarista e mafiosa. - Questo è, in pillole, quello che penso."
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Risposta di Giuseppina Ficarra:
Caro Salvatore, mi riempie di gioia sentirti affermare che il Popolo siciliano anche per te non ha una cultura mafiosa e che questa é presente in settori, minoritari, di società siciliana. E' quello che ho sempre pensato anch'io e di cui spesso, come sai, mi é capitato di parlare. Sul silenzio per paura ti suggerisco un articolo inchiesta sul pagamento del pizzo che ho pubblicato su spazioamico: (http://www.spazioamico.it/inchiesta sulle estorsioni.htm). Ci sono i collusi con la mafia, purtroppo, a cominciare dai politici, e Umberto Santino li conta pure! E ci sono i comportamenti che tu descrivi. Su questi io da tempo invito quelli che hanno qualche decennio meno di me a fare una analisi descrittiva di tipo "scientifico". (Qualcosa é stato fatto dalla rivista del centro "Pio La Torre" oltre che dal sociologo Giovanni Lo Monaco: http://www.spazioamico.it/Giovanni_Lo_Monaco.htm e Alessandra Dino). Potremmo scoprire che cultura mafiosa (sempre parlando di persone che non hanno rapporti con mafiosi) e berlusconismo sono interscambiabili! (Vedi per esempio il ricorso alla raccomandazione: Illuminante l'articolo di FILIPPO CECCARELLI "Nella repubblica dei raccomandati Lo è un italiano su due" e varie altre inchieste). Ché la cultura veramente mafiosa, quella, caro Salvatore, i mafiosi ci tengono a "mascherarla" per essere accetti nella società. Ne ho parlato nel mio scritto "Parliamo di familismo amorale", se ti ricordi. Quali possono essere i codici culturali dei mafiosi? Acquisire potere e ricchezza, perseguire i propri scopi a qualunque costo, anche con il delitto e la strage!
(*) Salvatore Vaiana Il contadino dirigente
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Anche Giuseppe Carlo Marino ha commentato la nota "Sognando la rivoluzione" di Salvatore Vaiana.
Giuseppe Carlo ha scritto: "Ti sono davvero grato, cara e paziente Giuseppina, per l'attenzione che dedichi ai miei scritti. Prendo nota anche della tua sollecitazione sul rapporto contadini-movimento dei Fasci. Non ho parlato del dramma dell'emigrazione perché nell'economia di "Globalmafia" la parte dedicata alla storia siciliana consiste in una sessantina di pagine che fanno da premessa all'analisi dei processi della proliferazione mafiosa nel quadro della globalizzazione. Il libro ha una sua forma particolare, che non direi canonicamente storiografica. E', e vuole essere, come vedrai, un "libro di battaglia" che si propone come un Manifesto per un'Internazionale antimafia (un'idea che condivido con Antonio Ingroia, sulla scorta di un lavoro politico-culturale svolto in America latina). Data la sua impostazione e date le sue finalità, non mi sarebbe stato possibile dilungarmi su eventi e processi storici siciliani dei quali mi sono occupato ampiamente in altre opere. In "Globalmafia" (la cui prima parte è sostanzialmente quella che già conosci e citi generosamente) mi sono limitato a segnare le linee dinamiche fondamentali della dialettica egemonia-controegemonia. E, se è vero come non potrebbe che essere, trattandosi di un processo dialettico, che affermazione e negazione si superano in sintesi che comprendeno entrambi i termini, è pur vero che nelle nuove sintesi l'esperienza talvolta tanto epica quanto drammatica del movimento contadino si è largamente depotenziata. Ma non vorrei qui né aprire una polemica con te, né accedere al mito di una cultura contadina "rivoluzionaria". Il movimento contadino diventò finalmente capace di sollevarsi dalla condanna ad uno sterile e subalterno riformismo (cattolico e socialriformista) soltanto quando fu corroborato e guidato dalla cultura del movimento operaio introdottavi dal Pci nell'orizzonte strategico Nord-Sud della cosiddetta alleanza operai-contadini (Lenin, Gramisci e, nell'azione concreta, Mommo Li Causi). Spero che potrai leggermi e magari incalazarmi con nuove critiche leggendo, a fine gennaio, l'intero testo a stampa del Manifesto. E spero che contribuirai a diffonderlo. L'ho scritto, infatti, non per una vanità accademica, ma per un'iniziativa intorno alla quale la Sinistra potrebbe ricostiuire una sua specifica identità, ben al di là della nostra Sicilia. Un caro saluto e ancora auguri di buon anno."
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Giuseppina Ficarra:
Premesso che non esiste un movimento contadino che prima é impregnato di una cultura di subalterno e sterile riformismo poi emancipato dalla cultura del movimento operaio introdotto dal PCI, ma sono esistiti momenti di lotta e di elaborazione di obiettivi di volta in volta riferiti a situazioni concrete, é bene ricordare che la direzione del PCI non fu affatto entusiasta delle occupazioni delle terre predicate da Mommo Li Causi perché anche allora, così come ora c'é chi non vuole rompere con Marchionne e ne cerca l'alleanza, c'era chi non voleva rompere con i grandi proprietari terrieri siciliani. Per cui il movimento per le occupazioni delle terre che veniva dalla cultura contadina siciliana e mondiale non ebbe adeguati appoggi politici dalla sinistra italiana e finì sconfitto nonostante la sua enorme ampiezza e non soltanto a causa della cattiva qualità delle terre distribuite dalla riforma agraria. Da notare che la memoria di Mommo Li Causi (*) non mi pare sia viva tra i comunisti nonostante sia stato un grande martire del fascismo e fondatore del pci siciliano.
Mommo Li Causi: Occupazione delle terre. Un'epopea contadina http://www.anpi.it/media/uploads/patria/2010/5/LE_FOTOSTORIE_33.pdf
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Pietro Ancona
Dal dibattito molto stimolante sono indotto a fare qualche riflessione sui contadini, sulla loro cultura e sul movimento contadino. Intanto il movimento contadino non è una entità che esiste sempre. E' stato un momento della storia della Sicilia che ha prodotto tanta cultura da impregnarne la sinistra per oltre un trentennio conclusosi con una sconfitta dovuta ad una riforma agraria che ebbe l'unico merito di frantumare il latifondo ma non di distribuirne equamente il possesso ai contadini che lo coltivavano. Renda sostiene che è stato comunque di fondamentale importanza perché ha aperto le porte all'era moderna chiudendo il medioevo siciliano. Una volta ero d'accordo con questa affermazione.
Ora, credo che la modernità nella quale viviamo non è la migliore possibile se è vero che tutta la classe agricola e non solo i contadini sono oggi soggetti ad uno sfruttamento dell’ipercapitalismo di chi controlla i mercati di sbocco per cui un chilo di farina vale meno di una tazzina di caffè al bar ed un chilo di arance sono cedute dal produttore a 5 centesimi (con tutte le conseguenze sulla manodopera che non ricava più di venti euro al giorno per giornate interminabili di lavoro). (Vedi vertenza del pastori sardi e dei produttori di latte della pianura padana). Mi viene anche da pensare che le uniche volte nella storia del mondo in cui la campagna vinse la città sono state la rivoluzione messicana e quella dei comunisti cinesi guidati da Mao. In generale la città ha sempre avuto il sopravvento sulla campagna esercitandovi la sua egemonia con lo scambio ineguale tra prodotti agricoli e prodotti industriali sia sul piano interno che su quello internazionale.
Ma oggi la rivoluzione comunista di Mao con la sconfitta della banda dei quattro ha generato un Mostro nazicomunista che sta facendo della Cina il più grande Santuario del Capitalismo amministrato da un Partito che si dichiara Comunista ma che crea miliardari e colonizza il pianeta in concorrenza con l'Occidente. Ma sto divagando e per tornare al tema ritengo che i contadini siciliani specialmente i braccianti furono in grado di produrre un movimento antagonistico per la terra e contro la mafia perchè percepivano i mafiosi come loro oppressori o strumenti di una oppressione di classe nei loro confronti. I contadini siciliani non sono mai stati mafiosi ed essendo stati la stragrande maggioranza del popolo siciliano si può affermare con orgoglio che la Sicilia pur avendo il tumore mafioso non è mai stata contaminata da esso. Infatti l'infezione mafiosa non esce mai dall'habitat malavitoso non avendo forza culturale per egemonizzare nessuno. Può esercitare una prevaricazione con la violenza del mitra e della lupara ma mai diventare "sentire comune" di una popolazione.
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Fara Misuraca
<<Mi riesce difficile accettare la mafia come fenomeno socio-psicologico. Sono stanca di queste analisi che inchiodano i siciliani ad un modello "umano" differente e delinquente. La mafia nasce per esercitare ...un potere baronale , quello del mero e misto imperio, nelle figure dei campieri e gabelloti che vessavano e sfruttavano , per conto del "barone" e con personale tornaconto, il popolo suddito. Continua la sua opera quando si istaura la dominazione sabauda, mediando tra il popolo rimasto servo e il nuovo Stato.>>
vedi: Angelo Ficarra La strage di Canicattì del 21 dicembre 1947 Una bellissima pagina di una "straordinaria battaglia di civiltà che in tutta la Sicilia si combatteva per più umane condizioni di lavoro nelle campagne".
Per il movimento contadino vedere Umberto Santino Movimento contadino e sindacale.
vedi Parliamo di sicilianismo Giuseppina Ficarra ((http://www.perlasicilia.it/collaboratori/Ficarra_Giuseppina/parliamo di sicilianismo.HTM)
Palizzolo Cuffaro e il Comitato Pro-Sicilia di Giuseppina Ficarra
Due tesi a confronto
nota pubblicata da Giuseppina Ficarra su facebook il giorno domenica 24 ottobre 2010 alle ore 7.01
http://www.facebook.com/giuseppina.ficarra#!/note.php?note_id=455045559604
1) Nella presentazione del libro La mafia dentro di Girolamo Lo Verso leggiamo:
<<La mafia non è soltanto un fenomeno militare, capace di creare alleanze, di controllare il territorio e l'economia. È innanzitutto un fenomeno socio-psicologico, che è riuscito a far coincidere cultura, comunità, famiglia, individui. E per sconfiggerlo lo Stato deve riuscire a cambiare l'identità, la cultura e il tessuto psicologico di molte aree della Sicilia e non.>>
http://www.francoangeli.it/ricerca/Scheda_Libro.asp?ID=5017&Tipo=Libro
2) Umberto Santino
<<Di indubbio interesse le analisi di psicanalisti e psicologi apparse negli ultimi anni, soprattutto per la sperimentazione di percorsi intrecciati tra discipline e pratiche diverse, ma purtroppo affette o da una sorta di "sindrome di Copernico" (pensare di avere scoperto la chiave della fenomenologia mafiosa) o pesantemente condizionate da stereotipi. Alla base degli studi degli psicanalisti [F. Di Forti 1971, 1982; S. Di Lorenzo 1996] è l'immagine di una comunità dominata dal parricidio e dalla Grande Madre, principio femminile dommaticamente definito negativo, di fronte a un principio maschile dommaticamente positivo (Jung dixit), mentre gli psicologi hanno riproposto il mito della Sicilia inchiodata alla sua diversità, affetta da un sentire e da uno psichismo mafiosi trasmessi transpersonalmente, cioè inconsciamente, in cui il familismo amorale non consente lo svilupparsi del senso dello Stato, della , e i comportamenti controcorrente si limitano a pochi personaggi considerati alieni [F. Di Maria - G.Lavanco 1995; I. Fiore 1997; G. Lo Verso 1998; F. Di Maria 2005]. Si propone così una sorta di lombrosismo psichico e si ignora che senza il rapporto con le istituzioni la mafia non esisterebbe e che allo scontro con la mafia si sono mossi in Sicilia movimenti di massa tra i più grandi d'Europa, la cui sconfitta si deve proprio al ruolo della mafia come componente di un blocco dominante e alla sua interazione con il potere costituito [U. Santino 2000a].>>
http://www.centroimpastato.it/publ/online/scienze_sociali.php3
Giuseppina Ficarra E' sottinteso che vi invito a scegliere tra le due tesi.....
24 ottobre 2010
Lo Leggio Salvatore Mah! Da giovanissimo Jimmy Lo Verso era di estrema destra: poi, trascinato dal maestro Canziani e dal giro degli psicologi cambiò idea. Ora leggo questa idea di uno Stato con la maiuscola che cambia identità, cultura, "tessuto psichico" (chissà com'è fatto) e mi viene il sospetto di una regressione "statolatrica". Naturalmente sto con Santino. Gli Stati (in genere espressione di un potere classista) allevano le mafie e se ne servono per opprimere: contro la mafia lotta di classe!
24 ottobre 2010 alle ore 7.52
Fara Misuraca Senza dubbio io sto con Santino.
Mi riesce difficile accettare la mafia come fenomeno socio-psicologico. Sono stanca di queste analisi che inchiodano i siciliani ad un modello "umano" differente e delinquente.
La mafia nasce per esercitare ...un potere baronale , quello del mero e misto imperio, nelle figure dei campieri e gabelloti che vessavano e sfruttavano , per conto del "barone" e con personale tornaconto, il popolo suddito. Continua la sua opera quando si istaura la dominazione sabauda, mediando tra il popolo rimasto servo e il nuovo Stato.
Che la endemica mancanza di lavoro e l'ignoranza abbiano favorito il reclutamento di manovalanza armata non significa che il fenomeno è socio-psicologico ma semplicemente sociale, mancando un reale aiuto alla popolazione e una reale difesa dalla delinquenza da parte delle istituzioni.Mostra tutto
24 ottobre 2010 alle ore 16.24
Patrizia Zavattaro Sono nata e vivo a Milano, ho sposato però un siciliano che è a Milano da 36 anni. Non ho mai vissuto in Sicilia (solo brevi periodi di vacanza) ma frequento molti siciliani e non sono assolutamente d'accordo con Girolamo Lo Verso: mafiosi non si nasce ma si diventa e i mafiosi più pericolosi e spietati sono del nord.
24 ottobre 2010 alle ore 20.08
Gaetano Siciliano Condivido Giuseppina e Fara. Le interpretazioni psicologiche mi sembrano fuorvianti e spesso anche diffuse in malafede. Spesso nell'osservare e giudicare i fenomeni criminali non si tiene conto delle concomitanze storiche e dei meccanismi d...i potere che hanno importanza nel generarli e mantenerli.
Anche Pino Aprile mi sembra aver dato questa chiave di lettura quando descrive la costruzione della minorità dei meridionali (e a mio avviso è il più grande merito del suo successo, più che la ricostruzione dei fatti storici di cui già altri hanno parlato).
Cercare la mafia tra i comportamenti e il modo di essere di una persona equivale ad etichettarla, criminalizzarla come ha fatto Lombroso per motivi ideologici e come oggi sta facendo Sgarbi col museo della mafia di Salemi (ne sono pienamente convinto e lo sto denunciando dappertutto ma vedo che non se parla).
Tuttavia penso che gli individui non sono determinati dall'ambiente sociale in cui vivono al punto da non aver possibilità di riscattarsi.Mostra tutto
24 ottobre 2010 alle ore 20.37 ·
Daniele Girone Io sto con Lo Verso, haimè la risposta più giusta non è quasi mai quella che vorremmo. Le mafie nascono in determinati contesti sociali e per questo sono indissolubilmente legati al luogo di nascita, il brodo di coltura nel quale queste ve...ngono concepite nascono e proliferano è un'insieme di cause e concause che prendono vita dalla società che gli da i natali. Basta vivere in Sicilia per rendersi conto di come la "mafiosità" spesso inconsapevole dei siciliani sia un qualcosa che fa parte della propria quotidianetà, una mafiosità concettuale che si esprime nella propria necessità di sopravvivenza con tutto quello che ne consegue.Bisogna anche dire che la realtà isolana non è quella del passato, i cambiamenti sociali, per loro natura estremamente lenti, sono in atto e non è escluso che quelle cause e concause che hanno dato vita alla mafia possano un giorno venir meno ma fino a quando i binomi povertà ignoranza, stato mafia, capitale potere, non verranno meno la mafia sarà e resterà il sub stato che gestisce il "regno delle due sicilie", Concludo parafrasando Falcone; la mafia è un prodotto umano e come tale ha avuto un inizio e avrà anche una fine.Mostra tutto
25 ottobre 2010 alle ore 20.36
Giuseppe Carlo Marino Sul tema della mafia continua ad imperversare la confusione. E' vero che esiste la "mafiosità" ovvero la mentalità mafiosa, una mentalità diffusa di cui spesso sono vittime inconsapevoli anche i non mafiosi, persino alcuni che, in buona fede si ritengono antimafiosi. Ma non si comprenderà mai il fenomeno mafioso ritenendolo una mera conseguenza della "mafiosità", così come si rimarrà su una falsante pista interpretativa insistendo nel rappresentarselo - così come si sente dire - come un fenomeno di pura e semplice "criminalità organizzata". E', invece, il fenomeno mafioso, un fenomeno di potere. Quindi, in sé e per sé, un perverso fenomeno politico, di pervertimento della politica , in funzione di un sistema che "privatizza" la stessa politica asservendola ad un contesto ampio e capillare di interessi per il quale lo Stato e le leggi sono di volta in volta soltanto degli incomodi da rimuovere o degli "strumenti" da utilizzare a vantaggio, appunto, di tali spregiudicati e "privati" interessi.Con siffatte caratteristiche, il fenomeno mafioso costituisce e radica una sua "egemonia".Mostra tutto
26 ottobre 2010 alle ore 10.19 ·
Giuseppina Ficarra
Caro Giuseppe Carlo,
il tuo commento come sempre è ricco di riflessioni interessanti che io dividerei in tre punti.
1) esiste la mentalità mafiosa diffusa di cui spesso sono vittime inconsapevoli anche i non mafiosi
2) è depistante considerare il fenomeno mafioso una mera conseguenza della " mentalità mafiosa " o come un fenomeno di pura e semplice "criminalità organizzata"
3) E', invece, il fenomeno mafioso, un fenomeno di potere, ….. di pervertimento della politica, etc.
Il secondo e il terzo punto li condivido pienamente e li possiamo definire contrari a quella che io ho chiamato la tesi di Lo Verso: “E per sconfiggerlo lo Stato deve riuscire a cambiare l'identità, la cultura e il tessuto psicologico di molte aree della Sicilia e non.>>
In qualche modo neanche quella che io ho chiamato la tesi di Santino ti trova pienamente d’accordo. Condividi sicuramente l’affermazione di Santino: “senza il rapporto con le istituzioni la mafia non esisterebbe”.
Appare invece chiaro che non condividi il Santino che condanna (lo considera una sorta di lombrosismo psichico) il fatto di considerare la Sicilia affetta da un sentire e da uno psichismo mafiosi trasmessi transpersonalmente, cioè inconsciamente… Infatti tu dici ESISTE LA MENTALITÀ MAFIOSA DIFFUSA DI CUI SPESSO SONO VITTIME INCONSAPEVOLI ANCHE I NON MAFIOSI.
Su questo punto io condivido l’opinione espressa da Fara Misuraca
Mi piacerebbe approfondire quest’ultimo punto. Per esempio stabilire dei descrittori che possano definire con chiarezza cosa si intende per “mentalità mafiosa”, magari ci accorgeremmo che ci rientrano tipi che siciliani non sono, come ci fa osservare Patrizia Zavattaro
Il discorso si farebbe troppo lungo e ci porterebbe lontano se volessimo poi affrontare l’argomento portato secondo me “erroneamente” a sostegno della tesi che vorrebbe essere la cultura mafiosa presente in buona parte del popolo siciliano, cioè l’assunto marxista che dice che <<la cultura diffusa in ogni popolo è quella della sua classe dominante, che esercita appunto una egemonia>>. Dico “erroneamente” perché i borghesi mafiosi (i “facinorosi della classe media” di Franchetti) fanno parte, si, della borghesia, classe dominante, ma si guardano bene, proprio perché é interesse della mafia rimanere “sommersa”, “silente”, dal mostrare codici culturali diversi da quelli accettati dalla classe borghese e di riflesso, per effetto di egemonia, dal popolo. Falcone si è trovato a processare e condannare uomini che erano stati suoi intimi amici. Conosco persone di indubbio rigore morale che per anni sono stati in buona frequentazione con persone che poi sono state condannate come mafiosi.
Giuseppina Ficarra Caro Daniele: Intanto nella presentazione del libro di Lo Verso é detto che lo Stato se vuole sconfiggere la mafia deve riuscire a cambiare l'identità, la cultura e il tessuto psicologico. Invece tu giustamente tra le cause che danno vita ...alla mafia ci metti il rapporto stato mafia, capitale potere e quindi é questo rapporto che bisogna recidere.
Tu dici "Basta vivere in Sicilia per rendersi conto di come la "mafiosità" spesso inconsapevole dei siciliani sia un qualcosa che fa parte della propria quotidianetà, una mafiosità concettuale che si esprime nella propria necessità di sopravvivenza con tutto quello che ne consegue."
Come dicevo a Marino mi piacerebbe che provassimo a descrivere che cosa é la "mentalità mafiosa", la "mafiosità" spesso inconsapevole dei siciliani. Nessuno me l'ha mai detto.
Comincio io:
1) cercare sempre la raccomandazione,
2) pretendere di avere la precedenza in tutto,
3) scegliere gli amici tenendo conto del loro stato sociale,
4) non avere scrupoli a tradire una amicizia per un interesse economico.
5) pensare che a fare affari poco puliti non ci sia niente di male, lo fanno tutti.
6) pensare che non sia poi così grave venire meno ai propri principi, bisogna "campare"
Come vedi io non sono brava, non riesco a trovare descrittori di una mafiosità siciliana, infatti i sei punti che ho indicato descrivono una "mentalità" che può essere attribuita a chiunque.
Chi vuole continuare?
Naturalmente non stiamo parlando di mafiosi, stiamo parlando di siciliani che non sono mafiosi ma affetti da inconsapevole mafiosità, di "mafiosità" presente anche, come dice il Prof. Marino, in alcuni che, in buona fede si ritengono antimafiosi.
Conto sul vostro aiuto!!!
Gianni Morando Meno male che esisti, cara Giuseppina!!!
27 ottobre 2010 alle ore 12.05 ·
Giuseppina Ficarra e meno male che ci sei tu che me lo dici e così dicendo mi allunghi la vita...
27 ottobre 2010
Globalmafia stimola il dibattito Ulteriore commento alla nota Due tesi a confronto con dibattito pubblicata su facebook.
Giuseppina Ficarra 14 aprile 2011 Caro Giuseppe Carlo Marino, rivedendo questa nota a distanza di più di un mese, tempo durante il quale mi rodeva dentro il tarlo della mafiosità inconsapevole dei siciliani di cui tu parli, quindi, in teoria, anche mia, anche tua, anche di Fara etc., e poichè io, come tu dici a pag. 17 di "Globalmafia" appartengo ai siciliani che "vivono in profondità l'angoscia", soprattuto, almeno da parte mia, per queste affermazioni, ho avuto un flash e mi sono ricordata del sociologo Rocco Sciarrone da te pure citato nella tua ultima lodevole fatica, Globalmafia, anzi sei stato proprio tu a farmelo ricordare.
Secondo il sociologo considerando la mafia innanzitutto una mentalità, una cultura, la sua diffusione può essere rappresentata attraverso la dinamica di un contagio di tipo culturale, di cui si farebbero portatori i meridionali. A questo punto perché non difendersi dal contagio con misure neorazziste? Scrive Sciarrone: "Se si assume il paradigma interpretativo culturalista, è facile che la spiegazione della diffusione mafiosa venga avanzata sulla base di una variante dell’ipotesi etnica. Considerando la mafia innanzitutto una mentalità, la sua diffusione può essere rappresentata attraverso la dinamica del contagio, un contagio di tipo culturale, di cui si farebbero portatori i meridionali.
Questa tesi viene espressa in diverse varianti e non manca chi tende a renderla più morbida, dicendosi pronto a riconoscere, per esempio, che non tutti i meridionali sono agenti infettivi. Tali affermazioni, però, hanno il più delle volte un significato che riconferma l’ipotesi etnica, poiché sembra che si riconosca ai meridionali la possibilità di essere semplici portatori sani della malattia." Anche Luciano Pellicani ci mette in guardia dalle derive razziste di questa teoria della mafiosità come cultura diffusa anche se inconsapevole: "Accade così- dice Pellicani- che, in nome della propria identità culturale, una determinata collettività può rivendicare il diritto alla non contaminazione e, pertanto, può esigere che tutti coloro che sono portatori di atteggiamenti, valori e comportamenti “altri” siano tenuti a debita distanza […].
Il culturalismo offre una base teorica sufficiente per legittimare il rifiuto di convivere con i “diversi” (in: http://inoz.ilcannocchiale.it/post/1198085.html). Ti assolve comunque un poco ai miei occhi, caro Marino la tua convinzione che "non si comprenderà mai il fenomeno mafioso ritenendolo una mera conseguenza della "mafiosità"". Non siamo proprio respomsabili noi poveri siciliani, così mi sembra di capire....Dell'effetto dell'egemonia di cui tu parli in Globalmafia ho parlato nella mia ultima nota su questo argomento: "Traendo spunto da GLOBALMAFIA del Prof. Giuseppe Carlo Marino prosegue il dibattito sulla cultura del popolo siciliano" 14 aprile 2011
http://www.facebook.com/#!/notes/giuseppina-ficarra/due-tesi-a-confronto/455045559604
http://www.facebook.com/home.php#!/giuseppina.ficarra
http://www.facebook.com/note.php?created&¬e_id=10150162961834605
vedi anche
Due tesi a confronto con dibattito nota pubblicata da Giuseppina Ficarra su facebook il giorno domenica 24 ottobre 2010
Palizzolo Cuffaro e il Comitato Pro-Sicilia di Giuseppina Ficarra
Dibattito sul meridionalismo su facebook che parte da un articolo di Casarrubea