RASSEGNA STAMPA |
Era il 1968, l'anno della contestazione
Era il 1968, l'anno della contestazione. Timida, ma ostinata, mi trovai in prima linea, senza neanche rendermene conto.
Avevo avuto l’incarico al biennio del liceo scientifico di .... Da alcuni giorni a scuola, nelle classi superiori, c’era una certa agitazione. I ragazzi scioperavano. Nella sala dei Professori si discuteva animatamente, ma in modo piuttosto unilaterale.
Una mattina una professoressa mi invita a leggere il compito d’italiano, il famoso “tema”, di un alunno che, a quanto seppi, era la causa dell’agitazione. Il titolo invitava gli alunni a parlare dei moderni mezzi d’informazione. Leggo attentamente e ne ricavai una buona impressione. Il contenuto era buono: il ragazzo faceva una analisi critica dei mezzi d’informazione, parlava del pericolo di manipolazione dell’opinione pubblica, esprimeva, bene inserita nel contesto, anche una sua opinione personale. C’era qualche errore di forma, che, anche se non grave, a me, insegnante piuttosto esigente, avrebbe impedito di dare più di 6 e ½ . Guardo il voto assegnato dall’insegnante: 3; la collega mi invita a leggere anche il giudizio che accompagnava il voto e che era pressappoco questo: - non dovevi esprimere le tue opinioni personali, ma dovevi limitarti a parlare dei mezzi di informazione .-
A quei tempi ero molto giovane e piuttosto timida. Non avrei spiccicato una parola in pubblico, manco morta! Riuscii in qualche modo ad esprimere il mio dissenso, ma non chiaro e forte come lo sentivo dentro di me. Ciò spinse gli altri a sottovalutarmi.
Si riunisce il collegio dei Professori: bisognava prendere una decisione importante: i professori si sarebbero rifiutati di fare lezione, bisognava chiudere la scuola. (A me suonava come una “serrata”). Tutti i colleghi votano a favore; il Preside vuole assicurarsi dell’unanimità, ma a questo punto, dall’ultima fila, con un filo di voce, ma risoluta, esprimo il mio parere contrario. Grande costernazione, agitazione, ma io fui irremovibile. Non riuscivo a parlare, è vero, ma continuavo a dire “no”, semplicemente “no”.
Dopo qualche giorno fui avvicinata da una collega, che mi invitava a riflettere. Non dissi nulla. La cosa fece ben sperare. Si riunisce di nuovo il Collegio dei Professori con lo stesso ordine del giorno. Erano sicuri che questa volta avrebbero ottenuto l’unanimità, a cui il Preside a quanto pare, teneva molto. Era una “conditio sine qua non”. Ma anche questa volta fui irremovibile.
Intanto nelle classi del triennio cresceva l’agitazione. I professori, anche senza una delibera in tal senso, non andavano in classe. I ragazzi erano “arrabbiati”. Ce n’era uno che sembrava il capo: occhi scuri e una folta capigliatura, così mi pare di ricordare. Lo chiamo in disparte e gli suggerisco un idea: potevano dimostrare di essere responsabili e autosufficienti. I professori si rifiutavano di entrare in classe? Ebbene:i più bravi dell’ultimo anno avrebbero fatto lezione a quelli della classe inferiore e così via. Tutti dovevano impegnarsi. L’idea piacque e fu messa in atto. (Naturalmente, timida come ero, pregai il ragazzo di non fare il mio nome). Mi piacerebbe oggi sapere come si chiamava e se si ricorda di me!
Cresceva anche l’agitazione della classe insegnante; fui di nuovo avvicinata, ma mi mostrai irremovibile, questa volta chiaramente.
Qualche giorno dopo seppi che il Preside, molto addolorato, si era messo in aspettativa o si era addirittura ritirato dalla scuola. Ebbi la netta sensazione che cercarono di farmi sentire in colpa.
Nel tempo, ripensando a questi fatti, ho riflettuto come, anche da soli, con la forza soltanto delle proprie idee, ci si può trovare a combattere in prima linea. E dentro di me ho sempre disprezzato quelli che sono, a parole, per una giusta causa, ma non sono disposti ad intraprendere alcuna azione se si trovano a doverlo fare da soli.
G.F.
RASSEGNA STAMPA |
Era il 1968, l'anno della contestazione
Era il 1968, l'anno della contestazione. Timida, ma ostinata, mi trovai in prima linea, senza neanche rendermene conto.
Avevo avuto l’incarico al biennio del liceo scientifico di .... Da alcuni giorni a scuola, nelle classi superiori, c’era una certa agitazione. I ragazzi scioperavano. Nella sala dei Professori si discuteva animatamente, ma in modo piuttosto unilaterale.
Una mattina una professoressa mi invita a leggere il compito d’italiano, il famoso “tema”, di un alunno che, a quanto seppi, era la causa dell’agitazione. Il titolo invitava gli alunni a parlare dei moderni mezzi d’informazione. Leggo attentamente e ne ricavai una buona impressione. Il contenuto era buono: il ragazzo faceva una analisi critica dei mezzi d’informazione, parlava del pericolo di manipolazione dell’opinione pubblica, esprimeva, bene inserita nel contesto, anche una sua opinione personale. C’era qualche errore di forma, che, anche se non grave, a me, insegnante piuttosto esigente, avrebbe impedito di dare più di 6 e ½ . Guardo il voto assegnato dall’insegnante: 3; la collega mi invita a leggere anche il giudizio che accompagnava il voto e che era pressappoco questo: - non dovevi esprimere le tue opinioni personali, ma dovevi limitarti a parlare dei mezzi di informazione .-
A quei tempi ero molto giovane e piuttosto timida. Non avrei spiccicato una parola in pubblico, manco morta! Riuscii in qualche modo ad esprimere il mio dissenso, ma non chiaro e forte come lo sentivo dentro di me. Ciò spinse gli altri a sottovalutarmi.
Si riunisce il collegio dei Professori: bisognava prendere una decisione importante: i professori si sarebbero rifiutati di fare lezione, bisognava chiudere la scuola. (A me suonava come una “serrata”). Tutti i colleghi votano a favore; il Preside vuole assicurarsi dell’unanimità, ma a questo punto, dall’ultima fila, con un filo di voce, ma risoluta, esprimo il mio parere contrario. Grande costernazione, agitazione, ma io fui irremovibile. Non riuscivo a parlare, è vero, ma continuavo a dire “no”, semplicemente “no”.
Dopo qualche giorno fui avvicinata da una collega, che mi invitava a riflettere. Non dissi nulla. La cosa fece ben sperare. Si riunisce di nuovo il Collegio dei Professori con lo stesso ordine del giorno. Erano sicuri che questa volta avrebbero ottenuto l’unanimità, a cui il Preside a quanto pare, teneva molto. Era una “conditio sine qua non”. Ma anche questa volta fui irremovibile.
Intanto nelle classi del triennio cresceva l’agitazione. I professori, anche senza una delibera in tal senso, non andavano in classe. I ragazzi erano “arrabbiati”. Ce n’era uno che sembrava il capo: occhi scuri e una folta capigliatura, così mi pare di ricordare. Lo chiamo in disparte e gli suggerisco un idea: potevano dimostrare di essere responsabili e autosufficienti. I professori si rifiutavano di entrare in classe? Ebbene:i più bravi dell’ultimo anno avrebbero fatto lezione a quelli della classe inferiore e così via. Tutti dovevano impegnarsi. L’idea piacque e fu messa in atto. (Naturalmente, timida come ero, pregai il ragazzo di non fare il mio nome). Mi piacerebbe oggi sapere come si chiamava e se si ricorda di me!
Cresceva anche l’agitazione della classe insegnante; fui di nuovo avvicinata, ma mi mostrai irremovibile, questa volta chiaramente.
Qualche giorno dopo seppi che il Preside, molto addolorato, si era messo in aspettativa o si era addirittura ritirato dalla scuola. Ebbi la netta sensazione che cercarono di farmi sentire in colpa.
Nel tempo, ripensando a questi fatti, ho riflettuto come, anche da soli, con la forza soltanto delle proprie idee, ci si può trovare a combattere in prima linea. E dentro di me ho sempre disprezzato quelli che sono, a parole, per una giusta causa, ma non sono disposti ad intraprendere alcuna azione se si trovano a doverlo fare da soli.
G.F.
Elezioni 2001 Lettera a Luigi
I fatti politici recenti e meno recenti mi hanno fatto incavolare e mi fanno venire in mente i pupi del teatrino siciliano mossi dai fili del puparo. Io sarei una pupa!
Vengo e mi spiego… Nel '98, senza un fatto nuovo, improvvisamente Bertinotti ritira la fiducia e cade Prodi. Poi uno (anche i pupi) ci riflette, ma si, ma no… Bertinotti ha ragione.. io sono la prima ad essere incazzata per una politica aperta alla chiesa come mai prima, alla scuola privata ecc..
A maggio si vota. Tu mi hai detto un giorno che se vinceva Berlusconi ti "saresti suicidato"!
Partecipavi con me, telefonicamente alla speranza che gli Italiani non avrebbero consegnato il Paese a Fini, Bossi, Casini e Berlusconi. Potevamo votare Bertinotti al proporzionale e all'uninominale l'Ulivo, ne abbiamo parlato al telefono più di una volta. Bene.
Il 13 maggio notte, quando i risultati cominciano ad essere chiari, io mi sono sentita male, ho dovuto prendere un tranquillante in preda all'ansia, più di una camomilla, non ho dormito tutta la notte e lo stesso altri pupi.
Ma che ti vedo in TV e nell'edizione on-line di Liberazione? La faccia di Bertinotti che trasuda felicità da tutti i pori, in preda ad un attacco irrefrenabile di soddisfazione, di felicità per la "vittoria"! Confusione. Ma che avevo capito io, che mio fratello era disperato all'idea di consegnare l'Italia a Berlusca?
Poi la pupa ci riflette ma si, ma no… effettivamente, l'unione si costruisce sul programma, non c'erano i presupposti e ripiglia fiato. Si butta a capofitto a leggere l'edizione di "Liberazione" online: "Caro Fausto" di R. Rossanda e la risposta: "Cara Rossana". Risposta molto articolata, quasi esauriente. La destra è "Il male", ma il centrosinistra non è "il bene", ma si, ma no… effettivamente!
Arrivano i risultati dei ballottaggi: uno (il pupo, la pupa) si aspetta : "Non ha vinto il Bene". Stiamo attenti, non facciamoci illusioni, questo Veltroni, questa Jervolino sono quelli del finanziamento alla scuola privata, della politica di privatizzazione, della guerra.."
Ma no, i pupi sono troppo stupidi, non capiscono niente, sono i capi quelli che sanno le cose; ma almeno avvisate, che uno magari non fa male figure!
E allora di nuovo prendo:
Liberazione
29 maggio 2001
E che leggo? (cito l'articolo, perché so bene che le estrapolazioni fanno condannare un innocente) Che : Veltroni, Jervolino sono stati premiati perché "candidati credibili", che c'era "un'eredità del settennato di Rutelli", ma, uno dice, è lo stesso Rutelli? No.. si.. ma che hai capito? Io? ..niente.
Rosa Russo Jervolino? Ma che fa non ti piace? Ma, io veramente… non è quella…. ma che hai capito? Io? ..niente. Ora te lo spiego io, cara pupa : "Rosa Russo Jervolino. Una figura politica nazionale, certo, non però premiata in quanto esponente di rilievo del Ppi o della Margherita, ma in grazia della cultura politica democratica"
Una donna che " ha significativamente detto di sé, "noi abbiamo la cultura della Costituzione".
Ma allora ci potevamo pensare anche prima, perché anche prima Rosa aveva la cultura della Costituzione. - Ma no, perché "non si è vinto sommando i numeri del centrosinistra con quelli di Rifondazione comunista: ma, come sopra tentavamo di dire, sulla base di programmi costruiti, spesso con numerose tappe conflittuali, in anni di lavoro politico, non certo improvvisati all'ultim'ora"
Con la Jervolino? Mi limito a dire :Non lo sapevo, i pupi chi sannu! Ci voli cu ci lu spiega. Manco le addizioni sanno fare.
Ma i frastornamenti non sono finiti. Il 29 maggio sul Corriere della sera appare un articolo sul complotto D'Alema - Marini contro Prodi. Uno dice: lo sapevo io. Ma che sapevi? D'Alema, Marini, ma pure Bertinotti, picchi se no come cadiva Prodi? Perché non ci piaceva a D'Alema?
Il 31 la tua telefonata: su "Liberazione" c'è un articolo sul complotto di D'alema, -C'era su "Il Corriere della sera", - dico io -No, non c'entra, è un'altra cosa-. Effettivamente pare un'altra cosa. La scena è quella del Transatlantico, sovraffollato, però se il caso vuole che due si devono incontrare, si incontrano! D'Alema: io complottare contro a Prodi? Semmai contro Rifondazione complottai! E' veru o no? E cu c'era ddra vicinu, per caso? Bertinotti: "Si -dice- e aggiunge - Ti assolvo dall'accusa di avere complottato contro Prodi perché sei reo confesso di avere complottato per la scissione di Rifondazione Comunista". Avete capito pupi ignoranti? Ma Cossutta non si incazzò perché Bertinotti ritirò la fiducia? Ma no che hai capito. Cu Io?
Io credo di avere capito, caro Luigi, che per i prossimi vent'anni avremo, ci metto un forse augurale, al governo Berlusconi, Casini, Fini, Bottiglione e Bossi, cioè "Il Male" e su questo almeno siamo d'accordo, che forse faranno più danno di quanto non abbia fatto in tanti anni la Democrazia Cristiana, nelle cui file la Jervolino si è fatta "la cultura della Costituzione". , che faremo opposizione e cosi cresce Rifondazione, D'Alema ripiglia le redini (da bambino ha sempre saputo che doveva fare il capo) e tutti (cioè loro) saranno felici e contenti come prima, peggio di prima, peggio, perché la scuola che con De Mauro era in buone mani, farà una brutta fine, la Sanità che con Veronesi stava avendo aperture mai viste prima farà anch'essa una brutta fine e sono due cose che mi stanno molto a cuore: la scuola per i nostri nipoti, la sanità per la nostra incombente vecchiaia.
E poi ho capito un'altra cosa: che è più facile intendersi con chi non fa "politica", con chi non ti deve "manovrare" per raccogliere consensi e quindi dice le cose papali papali che le possono capire pure i pupi, per esempio con Consolo, che su Repubblica del 29 maggio (Consolo: "I siciliani? A destra perché servili" ) in una intervista a CONCETTO PRESTIFILIPPO che gli chiede quali fossero gli errori compiuti dalla sinistra, dice:
"Sono stati disattesi i grandi temi sociali. Non si è risolto il conflitto di interessi. Senza dimenticare l'azione di Bertinotti contro il governo dell'Ulivo, l'unico possibile. La caduta di Prodi è stata un'azione politica da Caino. I piccoli caporali del progresso hanno imparato solo le tattiche, le strategie utili per l'esercizio di quello che credono essere il potere. Molti anni fa sono stato testimone dell'incontro tra Leonardo Sciascia e Giancarlo Pajetta. Eravamo nella sede del quotidiano "L'Ora". I due, dopo i saluti, si misero subito a parlare di Anatole France. Mi chiedo quanti di questi nuovi leader progressisti abbiano letto France. Frequentino meno i "Maurizio Costanzo show". Vadano invece a leggersi i diari di Albert Camus per comprendere il loro distacco dalla gente, dai temi sociali, dalla cultura"."
Baci Giuseppina
1 giugno 2001