di Lirio Abbate - espresso.it.
19 novembre 2009
pronti a riaprire l'inchiesta sul premier per le stragi. Mentre altri
boss potrebbero parlare. E provocare un terremoto politico.
Le rivelazioni del mafioso Gaspare Spatuzza possono portare ad una nuova
inchiesta di mafia a Firenze e Caltanissetta che coinvolgerebbe il
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il suo amico Marcello
Dell'Utri.
Il neo pentito racconta pure nuovi risvolti giudiziari su un alto
esponente politico del Pdl che in passato avrebbe incontrato i boss
Giuseppe e Filippo Graviano, perché accompagnava alcuni imprenditori che
erano loro prestanome. Pesano le affermazioni di Spatuzza su mafia e
politica e i riscontri investigativi rischiano di condizionare il
panorama politico italiano.
Ma la grande paura di Berlusconi è nascosta dietro le facce dei
Graviano, due capi mafia non ancora cinquantenni, che in cella indossano
golfini di cachemire e leggono quotidiani di economia e finanza. Sono
detenuti da 15 anni e sul ruolino del carcere è segnato: fine pena mai.
Hanno un ergastolo definitivo per aver organizzato le stragi del 1993.
Ma custodiscono segreti che se fossero svelati ai magistrati potrebbero
provocare uno tsunami istituzionale. I loro contatti e i loro affari
sono stati delineati ai pm dal collaboratori di giustizia Spatuzza, che
era il loro uomo di fiducia, e poi da Salvatore Grigoli e Leonardo
Messina. Pentiti che parlano di retroscena politico-mafioso fra il 1993
e il 1994: gli anni delle bombe e della nascita di Forza Italia. Le
nuove rivelazioni hanno portato i magistrati di Caltanissetta e Firenze
a valutare la possibilità di riaprire le inchieste su Berlusconi e
Dell'Utri. Indagini che farebbero ripiomba! re sul presidente del
Consiglio l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, mentre
per il suo amico e cofondatore di Forza Italia quella di concorso in
strage aggravata da finalità mafiose e di terrorismo.
Il premier lo scorso settembre pensava proprio a questa ipotesi, dopo
che sono iniziati a circolare i primi boatos scaturiti dalle rivelazioni
di Spatuzza, quando ha attaccato i magistrati di Firenze, Palermo e
Milano. Affermava che si trattava di «follia pura» ricominciare «a
guardare i fatti del '93 e del '92 e del '94. Mi fa male che queste
persone pagate dal pubblico facciano queste cose cospirando contro di
noi che lavoriamo per il bene del Paese». L'inchiesta è sui presunti
complici a volto coperto di Cosa nostra nelle stragi di Roma, Firenze e
Milano, in cui il premier e l'ex numero uno di Publitalia sono stati
coinvolti dieci anni fa e la loro posizione è stata archiviata dal gip.
In quel decreto, firmato il 16 novembre 1998, veniva spiegato che
«l'ipotesi di indagine (su Berlusconi e Dell'Utri) aveva mantenuto e
semmai incrementato la sua plausibilità». Ma in due anni di lavoro, non
era stata ! trovata «la conferma alle chiamate de relato» di Giovanni
Ciaramitaro e Pietro Romeo, due componenti del commando mafioso in
azione nel nord Italia, diventati collaboratori di giustizia.
Dopo 24 mesi il gip di Firenze ha
archiviato tutto per decorrenza dei termini, scrivendo però che «gli
elementi raccolti» dalla procura non erano pochi: era convinto che i due
indagati avessero «intrattenuto rapporti non meramente episodici con i
soggetti criminali cui è riferibile il programma stragista realizzato».
Pensava che «tali rapporti» fossero «compatibili con il fine perseguito
dal progetto» della mafia: cioè la ricerca di una nuova forza politica
che si facesse carico delle istanze di Cosa nostra. Ma tutti quegli
indizi non erano «idonei a sostenere l'accusa in giudizio». Per cui
«solo l'emergere di nuovi elementi» avrebbe a quel punto portato alla
riapertura dell'inchiesta.
È quello che potrebbe essere fatto adesso. Oggi sappiamo dal neo pentito
Spatuzza che Giuseppe Graviano, già nel gennaio '94, sosteneva di aver
raggiunto una sorta di accordo politico con Berlusconi, e raggiante
ripeteva: «Ci siamo messi il Paese nelle mani». Ma dopo Spatuzza c'è chi
ritiene si possano registrare altre defezioni di rango tra le fila dei
mandanti ed esecutori delle stragi: nuove collaborazioni che diano
ancora più peso alle accuse. Magari a partire proprio da Filippo
Graviano. Era stato proprio lui, nel 2004, a comunicare in carcere a
Spatuzza che «se non arriva niente da dove deve arrivare, è bene che
anche noi cominciamo a parlare con i magistrati». Erano trascorsi dieci
anni da quando suo fratello Giuseppe sosteneva di aver agganciato
Berlusconi tramite Dell'Utri, e secondo il pentito la trattativa fra
Stato e mafia proseguiva ancora.
Ma i detenuti, stanchi di attendere una soluzione politica a lungo
promessa, ma non ancora completamente realizzata, adesso minacciano di
vendicarsi raccontando cosa è davvero successo nel 1993-94. Quello che
dice ai pm Spatuzza si collega ad alcuni retroscena dell'indagine della
procura di Napoli sul sottosegretario Nicola Cosentino di cui è stato
chiesto l'arresto per concorso esterno in associazione camorristica.
Sembrano apparentemente due mondi lontani, ma a metterli in contatto
sono alcuni esponenti di Forza Italia che si rivolgono fra il '94 e il
'96 a boss di mafia e camorra promettendo, in caso di vittoria
elettorale, «un alleggerimento nei loro confronti».
E da questi discorsi emerge il progetto della dissociazione, cioè
l'ammissione delle proprie responsabilità in cambio di sconti di pena,
senza accusare altre persone. Spatuzza, parlando della trattativa con lo
Stato, che sarebbe proseguita fino al 2004, spiega che durante la
detenzione «Filippo Graviano mi dice che in quel periodo si sta parlando
di dissociazione, quindi a noi interessa la dissociazione ». E dello
stesso argomento aveva discusso il casalese Dario De Simone, con
l'onorevole Cosentino.
Adesso il premier ha paura di quegli spettri che 16 anni fa lo avrebbero
accompagnato nella sua discesa in politica. Ma lo spaventa anche la
ricostruzione di tutti gli spostamenti dei Graviano nel 1993. Perché gli
investigatori sono in grado di accertare le persone con le quali sono
stati in contatto. I tabulati di alcuni vecchi cellulari utilizzati dai
fratelli stragisti sono stati analizzati dagli investigatori con l'aiuto
di Spatuzza. E grazie a questi documenti è possibile dimostrare con chi
hanno parlato.
Su questi fatti vi sono due indagini. Una coordinata dal procuratore di
Firenze Giuseppe Quattrocchi con i suoi sostituti Giuseppe Nicolosi e
Alessandro Crini; l'altra condotta dal capo della Dda di Caltanissetta
Sergio Lari con l'aggiunto Domenico Gozzo e i pm Nicolò Marino e Stefano
Luciani.
Lari ha riaperto da mesi i fascicoli sui mandanti occulti delle stragi e
la scorsa estate Totò Riina ha fatto arrivare un lungo messaggio
attraverso il suo avvocato. Riuscendo a bucare il carcere duro imposto
dal 41 bis. Per il capo di Cosa nostra la responsabilità della morte di
Borsellino era da addebitare a «istituzioni deviate». Un messaggio
torbido. E così Lari e i suoi pm sono andati a interrogarlo. Nello
stesso periodo, i pm di Firenze interrogavano Giuseppe Graviano.
È lo stesso stragista a rivelarlo durante una deposizione a difesa
dell'ex senatore Vincenzo Inzerillo nel processo d'appello di Palermo in
cui è imputato di mafia. Graviano dice: «È venuta la procura di Firenze.
Mi hanno detto solamente: "Siamo venuti a interrogarla per i colletti
bianchi". Gli ho detto: "Mi faccia leggere i verbali" (riferendosi alle
dichiarazioni di Spatuzza, ndr) e aspetto ancora...».
La coincidenza vuole che poche settimane dopo questi due episodi, il
deputato Renato Farina (Pdl), alias "agente betulla", entra nel carcere
di Opera, nell'ambito dell'iniziativa promossa dai Radicali. L'ex
informatore dei servizi segreti si ferma a parlare con Totò Riina. Poi
il deputato prosegue il giro "cella per cella" degli 82 reclusi
sottoposti al 41bis. Casualità vuole che in questo istituto è detenuto
pureGiuseppe Graviano. I boss lanciano messaggi, e i politici che
comprendono il loro linguaggio sanno come rispondere. Ma adesso un
mafioso pentito è pronto a decifrare questo codice segreto.
Tratto da: L'espresso.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/indagine-esplosiva/2115069
Ripreso anche da:
antimafiaduemila.com.
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Una concessionaria di pubblicità, il veicolo di
contatto con il senatore
di Peter Gomez e Marco Lillo
Non ci sono solo le parole di Spatuzza a legare
i mondi lontani del gruppo Berlusconi e del clan Graviano.
C’è un filo che corre tra Segrate e Brancaccio
e lega la società Pagine Utili, controllata dalla Fininvest, e un
uomo considerato dagli investigatori un riciclatore delle cosche (ma
uscito dal processo grazie alla prescrizione).
Il Fatto Quotidiano ha scoperto negli archivi
delle camere di commercio di Palermo un documento importante.
E’ il fascicolo camerale della New Trade
System, una società che a metà dagli anni novanta era stata un
partner privilegiartner prto per la raccolta pubblicitaria della
società “Pagine utili”, guidata proprio da Marcello Dell’Utri e che
aspirava a diventare mandatario esclusivo per il sud Italia di
Telepiù, la pay tv allora ancora controllata occultamente da Silvio
Berlusconi.
Il documento va letto con attenzione perché il
padrone della società era Fulvio Lima, un commercialista parente
dell’onorevole Salvo Lima, poi processato nel 1999 per avere
riciclato tre miliardi di lire dei fratelli Graviano. A rendere
ancora più impressionante la scoperta è che in tempi non sospetti
un’informativa della Direzione Investigativa Antimafia indicava
Fulvio Lima (mai indagato per questo) come il canale attraverso il
quale fluivano i capitali dei Graviano a Dell’Utri. Il documento
risale al novembre del 1996 ma è stato depositato al processo
dell’Utri venti giorni fa.
Due funzionari che indagano sulle bombe di
mafia del 1993 scrivono di avere ricevuto una serie di informazioni
da un indagato. Il confidente, terrorizzato, si era rifiutato di
verbalizzare ma i funzionari, avevano messo nero su bianco le sue
quattro rivelazioni:
1) aveva ascoltato due telefonate tra Filippo
Graviano e Dell’Utri nelle quali si parlava di affari “consistenti”
in Lombardia e Sardegna;
2) i fratelli Graviano gli avevano detto che
“tramite Fulvio Lima trasferivano ingenti capitali a Dell’Utri”;
3) i fratelli trascorrevano la latitanza a
Milano proprio per seguire i loro affari, nei quali era coinvolto
anche il finanziere Rapisarda;
4) aveva accompagnato i Graviano al ristorante
“L’assassino” di Milano per incontrare Dell’Utri.
Il Fatto Quotidiano ha cercato di verificare le
dichiarazioni del confidente scoprendo l’esistenza di una società
che rafforza una di quelle lontane rivelazioni anonime.
La società nasce nel 1986 con il nome di Nuova
Sudgessi e si occupa di “estrazione e commercializzazione di solfato
di calcio e dei pannelli di gesso per l’edilizia”.
il 12 aprile 1995 viene rilevata da Fulvio Lima
(66 per cento delle quote) e da Giovanna Barresi (34 per cento) e
cambia il nome (New Trade System) e amministratore unico: Nerio
Tassinari.
Oggi a “Il Fatto Quotidiano” Tassinari spiega:
“ci occupavamo di cambi merci per la Promoservice del gruppo
Publitalia (la concessionaria di Mediaset che raccoglie gli spot per
le reti del Cavaliere ndr) ma”, aggiunge Tassinari, “non ricordo il
ruolo di Lima. L’ho visto solo una volta”.
Nell’oggetto sociale, dopo l’ingresso di Lima e
amici, compare: “la rappresentanza nel campo della pubblicità su
pagine utili affari e su pagine utili famiglia”. Il primo luglio del
1996 la New Trade System di Palermo apre un ufficio a Verona. Nella
nota integrativa del bilancio si spiega: “la società ha stipulato un
mandato di agenzia con la società Pagine Italia per la ricerca
pubblicitaria sugli annuari Pagine Utili. Lo sviluppo dell’attività
ha comportato la realizzazione di un ufficio in Verona, essendo la
zona del Veneto e del Trentino quella di esclusiva competenza della
società”.
La società era stata premiata anche “quale
migliore agente promotore dell’anno”. Non solo. Prosegue la
relazione “è continuata nell’esercizio la collaborazione con
‘Telepiù pubblicità’”. Anche se era sfumato il grande affare: “non
sono prevedibili particolari sviluppi riguardo alla stipula del
contratti di agenzia in esclusiva per l’Italia meridionale per
Telepiù”. Di lì a poco il controllo della pay-tv passerà dal
Cavaliere a Vivendi. Mentre Pagine Utili sarà travolta dalle perdite
e - per non appesantire la Mondadori, quotata in borsa - sarà
assorbita dalla Fininvest, e poi ceduta nel 2002 alla Telecom.
Intanto Lima finisce nei guai per alcune
vecchie operazioni del 1986-87 a Palermo. Nel 1999 lo rinviano a
giudizio con l’accusa di avere riciclato 3,5 miliardi con un
funzionario della Sicilcassa, Salvatore Cuccia. Cuccia chiede il
patteggiamento. Lima ricusa i giudici e, dopo vari rinvii il 13
gennaio del 2003 spunta la prescrizione grazie al riconoscimento
delle attenuanti generiche.
da Il Fatto Quotidiano dell’11 dicembre
in:
http://sconfini.eu/Approfondimenti/i-fratelli-graviano-conoscono-molto-bene-dellutri-ecco-la-prova.html
I fratelli Graviano conoscono molto bene
Dell'Utri. Ecco la prova Venerdì 11 Dicembre 2009 16:06 Giuseppe
Morea Attualità - Approfondimenti
E così sembrerebbe, grazie anche alla
rapidità con cui i Tg nazionali hanno informato i cittadini delle ultime
novità, che il senatore Marcello Dell'Utri non ha mai visto né
conosciuto, direttamente o indirettamente, i fratelli Graviano o almeno
Filippo, che quest'oggi in videoconferenza ha risposto alle domande dei
giudici a proposito delle recentissime dichiarazioni di Spatuzza. Grazie
a poche e sintetiche parole Filippo Graviano (il fratello si è avvalso
della facoltà di non rispondere, per ora) ha sortito un bell'effetto
mediatico: "Non ho mai detto a Spatuzza che era giunto il momento di
parlare", "Non ho mai conosciuto Dell'Utri" ecc.
L'imputato e Silvio Berlusconi tirano
un sospiro di sollievo, perché a onor del vero le dichiarazioni di
Spatuzza valgono quanto quelle di Graviano e quindi (fermo restando che
uno dei due dice il vero e l'altro mente) saranno solo i giudici a poter
stabilire chi dei due ha detto la verità. Curioso il modo con cui
vengono identificati mediaticamente i due protagonisti (entrambi, lo
ricordiamo, pericolosi ed efferati assassini e mafiosi): Spatuzza dopo
anni di "silenzio d'onore" decide che è il momento di pentirsi e rivela
una sua verità (che poi appunto i giudici dovranno giudicare); Filippo
Graviano dopo anni di "silenzio d'onore" e di omertà continua sulla sua
linea. E come vengono trattati dai media di regime i due casi? Spatuzza
si dice sia manipolato, dica un sacco di scemenze, sia un assassino che
ha sciolto i bambini nell'acido, non sia credibile e gli riversano
addosso ogni sorta di epiteto e malignità. Graviano invece è "un vero
pentito" (anche se si comporta e risponde come quando era un mafioso),
una persona che ha dimostrato una grande dignità e una persona molto
credibile.
Tanto per ricordarlo, quando fu
arrestato, Filippo Graviano negò addirittura di conoscere le persone con
cui era in compagnia (Salvatore Spataro e Giuseppe D'Agostino, che gli
garantirono la latitanza a Milano) quando è stato arrestato nel 1994
nella trattoria "Da Gigi il cacciatore". In questo senso, credere al
pentimento dell'ex boss sembra un po' esagerato.
Comunque, anche se oggi i telegiornali
sono molto attenti a gonfiare il valore delle risposte date da Graviano,
occorre ricordare che, la sentenza di primo grado che condanna a 9 anni
per concorso esterno in associazione mafiosa Marcello Dell'Utri
stabilisce in modo inequivocabile il rapporto da Dell'Utri (trait
d'union tra Fininvest e vari mandamenti mafiosi siciliani) e i Graviano.
In essa si legge inequivocabilmente "(I fratelli Graviano) avevano
accertati rapporti e contatti, diretti o mediati da terze persone con
Dell'Utri" (fonte integrale: Il Fatto Quotidiano del 10 dicembre (vedi
allegato).
A fornire la prova dei rapporti tra
Dell'Utri e i Graviano fu proprio Giuseppe D'Agostino, poi pentitosi:
“In sintesi, dal complesso delle dichiarazioni rese dai due collaboranti
emerge che il D’Agostino, intenzionato a far entrare il figlio Gaetano
nel settore giovanile della squadra del Milan, aveva interessato Melo
Barone, appassionato del gioco del calcio e presidente di una squadra
dilettantistica locale, il quale si era rivolto a Marcello Dell’Utri
ottenendo che il giovanissimo D’Agostino Gaetano, che contava 10 anni,
effettuasse un provino per il Milan nell’anno 1992. Dopo il decesso del
Barone, avvenuto alla fine di quell’anno, il D’Agostino non si era perso
d’animo e, allo scopo di raggiungere l’obiettivo prefissosi, si era
rivolto ai fratelli Graviano, i quali si erano detti disponibili a
favorirlo e gli avevano fatto capire che non sarebbe stato un problema
per loro contattare i responsabili del Milan e procuragli un posto di
lavoro a Milano presso una catena di esercizi commerciali, che gli
inquirenti hanno, poi, individuato nell’«Euromercato» facente parte del
gruppo Fininvest”.
Sono stati infatti dimostrati in
diverse riprese dai giudici i rapporti esistenti tra i Graviano e Melo
Barone. Dell'Utri disse di non conoscere Barone, ma si scoprì che sulla
sua agenda erano spesso ricorrenti appuntamenti con "Melo". Dopo la
morte di "Melo" il suo ruolo fu coperto, proprio secondo i giudici, dai
Graviano.
Il Tribunale conclude: “È lecito
affermare che, negli anni 1993-94, c’è stato un interessamento nei
riguardi del figlio di D’Agostino Giuseppe da parte di Marcello
Dell’Utri e che, essendo già deceduto Melo Barone, tale interessamento
non poteva che essere stato caldeggiato al prevenuto, direttamente o in
via mediata, dai fratelli Graviano di Brancaccio. La conclusione alla
quale perviene il Collegio poggia sulla constatazione che il giovane
D’Agostino ha effettuato un altro «provino» ad inizio del 1994 (ne ha
dato conferma il teste Buriani Ruben) e cioè nel periodo in cui
D’Agostino Giuseppe era vicino ai fratelli Graviano, favorendone la
latitanza, ed aveva ottenuto, per il figlio Gaetano, il loro intervento
diretto presso la dirigenza del Milan e, in particolare, presso Marcello
Dell’Utri, il quale in effetti aveva «segnalato» il promettente
calciatore al tecnico che doveva visionarlo, come candidamente e
spontaneamente affermato dal teste Zagatti Francesco”.
Gaetano D'Agostino è davvero un
giocatore di indubbio talento, al punto che oggi gioca in serie A con
l'Udinese. Ma questa è un'altra storia. Sul fatto che oggi Graviano ha
mentito (non si scoprirà forse mai il perché), invece, non ci sono
dubbi: lo dice la sentenza di primo grado che ha condannato Dell'Utri a
9 anni.