RASSEGNA STAMPA |
Ludo Martens STALIN Un altro punto di vista Introduzione
INTRODUZIONE
Il 20 agosto 1991, l’eco del colpo
di Stato sui generis di Janaev risuonò in tutte il mondo come il dissonante
preludio alla liquidazione delle ultime vestigia del comunismo in Unione
Sovietica. Le statue di Lenin furono abbattute e le sue idee rinnegate. Questo
avvenimento provocò numerosi dibattiti all’interno del movimento comunista.
Alcuni dissero che era accaduto in modo del tutto inatteso.
Nell’aprile 1991 avevamo pubblicato il libro L’URSS et la contrce—révolution
de velours1, che tratta essenzialmente dell’evoluzione politica e
ideologica dell’URSS e dell’Europa orientale dopo il 1956. Dopo il colpo di
Stato professionale di El’cin e la sua chiassosa proclamazione della
restaurazione capitalista, non abbiamo niente da cambiare
In effetti, le ultime confuse scaramucce tra Janaev, Gorbacèv ed El’cin non
erano che le convulsioni di un sistema moribondo, l’esteriorizzazione di
decisioni già prese nel corso del XXVIII Congresso del luglio 1990.
“Questo congresso — avevamo scritto allora — segna nettamente la rottura
con il socialismo ed il passaggio all’economia capitalista.”2
Un’analisi marxista dei precipitosi sconvolgimenti in URSS aveva portato,
già dal 1989, alla seguente conclusione:
“Gorbacèv caldeggia l’evoluzione lenta, graduale ma sistematica verso la
restaurazione del capitalismo. Trovandosi con le spalle al muro, cerca
sempre nuovi appoggi, sia politici che economici, da parte del mondo
imperialista. In cambio lascia che gli Occidentali facciano praticamente tutto
ciò che vogliono in Unione Sovietica.”
Un anno dopo, alla fine del 1990, avevamo concluso la nostra analisi nei
termini seguenti:
“Dopo il 1985, ondata dopo ondata, la destra ha attaccato e, ad ogni nuova
tappa, Gorbacèv è stato trascinato sempre più verso destra. Di fronte ad una
raddoppiata aggressività dei nazionalisti e dei fascisti, spalleggiati da
El’cin, non è impossibile che Gorbacèv scelga di indietreggiare ulteriormente.
Ciò provocherà senza dubbio la disgregazione del Partito Comunista e dell’Unione
Sovietica.”4
“La balcanizzazione dell’Africa e del mondo arabo ha garantito le condizioni
ottimali per il dominio imperialista. Le menti più creative dell’Occidente
cominciano a sognare, oltre la restaurazione del capitalismo in URSS, il suo
assoggettamento economico e politico.”
Abbiamo ricordato di proposito queste conclusioni a cui molti marxisti-leninisti
erano arrivati nel 1989 e 1990. In effetti, l’abbattimento delle statue di Lenin
è stato accompagnato da un’esplosione di propaganda che proclamava il fallimento
del marxismo—leninisrno. Eppure è stato provato che l’analisi marxista è in
fondo la sola valida, la sola che ha permesso di scoprire le forze sociali reali
che operano dietro le parole d’ordine demagogiche “democrazia e libertà”,
“glasnost’ e perestrojka”.
Nel
1956, durante la sanguinosa controrivoluzione in Ungheria, furono abbattute le
statue di Stalin; trentacinque anni dopo, le statue di Lenin sono state ridotte
in polvere. Le distruzioni delle statue di Stalin e di Lenin segnano i due punti
di rottura con il marxismo. Nel 1956, Chruscev attaccò l’opera di
Stalin per cambiare la linea fondamentale della direzione del Partito
Comunista. La progressiva degenerazione del sistema politico ed economico che
ne seguì portò alla rottura definitiva con il socialismo, rottura consumata, nel
1990, da Corbacèv.
Certamente, i mezzi di comunicazione ci informano ogni giorno della
sconfitta detinitiva del comunismo nel mondo. Ma noi dobbiamo sottolineare
che, se si può parlare di un fallimento in Unione Sovietica, questo è il
fallimento del revisionismo, introdotto in Unione Sovietica da Chruscèv
trentacinque anni or sono. È il revisionismo che ha portato all’affossamento del
sistema politico, alla capitolazione nei confronti dell’imperialismo, alla
catastrofe economica. L’esplosione attuale del capitalismo selvaggio e del
fascismo in URSS dimostra fin troppo bene a che cosa conduce in definitiva il
rigetto dei principi rivoluzionari del marxismo—leninismo.
Per trentacinque anni i revisionisti si erano affannati a demolire Stalin. Una
volta screditato Stalin, Lenin tu liquidato senza grandi sforzi. Cruscèv si era
accanito contro Stalin. Gorbacèv raccolse il testimone conducendo, nei cinque
anni della sua glasnost’, una vera e propria crociata contro lo stalinismo.
Cruscèv cominciò la sua opera distruttiva affermando che criticava gli errori
di Stalin allo scopo di “ristabilire il leninismo nella sua purezza originale” e
di migliorare il sistema comunista. Corbacèv fece le stesse promesse demagogiche
per disorientare le forze di sinistra.
Oggi ci si deve arrendere all’evidenza: con il pretesto di “ritornare” a
"Lenin”, si è fatto ritornare lo zar; con il pretesto di migliorare il
comunismo, si è risuscitato il capitalismo selvaggio.
La maggior parte delle persone di sinistra ha letto qualche opera dedicata alle
attività della CIA e dei servizi segreti occidentali. Queste persone hanno
imparato che la guerra psicologica e politica è una branca separata e
straordinariamente importante della guerra totale moderna. La calunnia,
l’intossicazione, la provocazione, lo sfruttamento delle divergenze,
l’esasperazione delle contraddizioni, la demonizzazione dell’avversario, la
perpetrazione dei crimini addossata all’avversario sono le tattiche abituali a
cui fanno ricorso i servizi segreti occidentali.
Dopo
il 1945 l’imperialismo “democratico” ha investito risorse colossali nelle guerre
anticomuniste, guerre militari, guerre clandestine, guerre politiche e guerre
psicologiche. Non è evidente che la campagna contro Stalin è stata al centro di
tutte le lotte ideologiche condotte contro il socialismo? I portavoce ufficiali
della macchina da guerra americana, Kissinger e Brzezinski, hanno fatto l’elogio
delle opere di Solzenicyn e di Conquest, che sono anche — vedi caso due autori
in voga tra i socialdemocratici, i trockijsti e gli anarchici. Questi ultimi,
invece di “scoprire la verità su Stalin” negli scritti di quegli specialisti
dell’anticomunismo, non avrebbero fatto meglio a scoprirvi le manovre della
guerra psicologica e politica condotta dalla CIA?
Non è davvero un caso se al giorno d’oggi in quasi tutte le pubblicazioni
borghesi e piccolo-borghesi “in voga” si ritrovano le calunnie e le menzogne su
Stalin che si potevano leggere sulla stampa nazista durante la guerra. È un
segno che la lotta di classe a livello mondiale diviene sempre più aspra e che
la grande borghesia mobilità tutte le sue forze, a trecentosessanta gradi, in
difesa della sua “democrazia”. In occasione di alcune conferenze che abbiamo
tenuto sul periodo staliniano, abbiamo letto un lungo testo antistalinista ed
abbiamo chiesto alle persone presenti che cosa ne pensassero. Quasi sempre gli
intervenuti sottolineavano che il testo, benché violentemente anticomunista,
mostrava chiaramente l’entusiasmo dei giovani e dei poveri per il bolscevismo,
come pure le realizzazioni tecniche dell’URSS, e che era, tutto sommato,
abbastanza sfumato. A quel punto rivelavamo all’uditorio che il testo che
avevano appena commentato, era un testo nazista, pubblicato in Signal n 24 del
1943, in piena guerra... Le campagne antistaliniste condotte dalle “democrazie”
occidentali negli anni 1989—1991 erano a volte più violente e calunniose di
quelle orchestrate, nel corso degli anni Trenta, dai nazisti. Ai giorni nostri
non ci sono più le grandi realizzazioni comuniste degli anni trenta a fare da
contrappeso alle calunnie. Non ci sono più forze politiche significative che
prendano le difese dell’esperienza sovietica sotto la direzione di Stalin.
Quando la borghesia proclama il fallimento definitivo del comunismo, essa
utilizza la pietosa bancarotta del revisionismo per riaffermare il suo odio
verso l’opera grandiosa di Lenin e di Stalin. Ma nel far ciò, essa si preoccupa
più del futuro che del passato. La borghesia vuole far credere che il
marxismo-leninìsmo sia definitivamente sotterrato, perché si rende perfettamente
conto dell’attualità e della validità dell’analisi comunista. La borghesia
dispone di un gran numero di quadri capaci di fare una valutazione scientifica
dell’evoluzione del mondo. Inoltre essa prevede crisi sempre maggiori,
sconvolgimenti di dimensioni planetarie e guerre di ogni specie. Dopo la
restaurazione del capitalismo in Europa orientale e in Unione Sovietica, si sono
esacerbate tutte le contraddizioni del sistema imperialista mondiale. Di fronte
all’abisso della disoccupazione, della miseria, dello sfruttamento e della
guerra che si apre davanti alle masse lavoratrici di tutto il mondo, soltanto il
marxisrno-leninismo può indicare la via della salvezza. Soltanto il
marxismo-leninismo può offrire alle masse lavoratrici dei paesi capitalisti e ai
popoli oppressi del terzo mondo le armi per conquistare la loro libertà. Tutto
il clamore sulla fine del comunismo ha quindi lo scopo di disarmare, in
previsione delle grandi lotte future, le masse oppresse del mondo intero.
La difesa dell’opera di Stalin, che è in sostanza la difesa del
marxismo-leninismo, è un compito attuale e urgente per affrontare la realtà
della lotta di classe nel Nuovo Ordine mondiale.
L’opera di Stalin è di una bruciante attualità nei paesi ex socialisti come nei
paesi che conservano un orientamento socialista, nei paesi del terzo mondo come
nei paesi capitalisti.
Stalin è al centro dell’attualità nei paesi ex socialisti.
Dopo la restaurazione del capitalismo in URSS, l’opera dì Stalin ha assunto
una grande importanza per comprendere i meccanismi della lotta di classe
nel socialismo.
Esiste un legame tra la restaurazione del capitalismo e la virulenta campagna
contro Stalin che l’aveva preceduta. Le esplosioni di odio contro un uomo
scomparso nel 1953 possono, di primo acchito, sembrare strane se non
incomprensibili. Nei venticinque anni che precedettero l’avvento di Gorbacev,
Breznev aveva incarnato la burocrazia, la stagnazione, la corruzione e il
militarismo, Ma nè in Unione Sovietica nè nel mondo “libero” si è assistito a
quella critica violenta, accanita, rabbiosa contro Breznev che aveva
caratterizzato la crociata antistalinista. E’ evidente che, nel corso degli
ultimi anni, tutti i fanatici apologeti del capitalismo e dell’imperialismo, pur
di farla finita con ciò che restava del socialismo in URSS, hanno preso Stalin
come bersaglio.
La disastrosa deriva messa in moto da Chruscèv mostra, per contrasto, la
validità della maggior parte delle idee enunciate da Stalin. Stalin aveva
affermato che la lotta di classe continua nel socialismo, che le vecchie forze
feudali e borghesi non cessano di lottare per la restaurazione e che gli
opportunisti in seno al partito, i trockijsti, i buchariniani e i nazionalisti
borghesi aiutano le classi e gli strati di classe antisociali a radunare le loro
forze. Chruscev dichiarò che queste tesi erano aberranti e portavano
all’arbitrio. Ma nel 1992, la figura massiccia dello zar Boris si erse come un
monumento a testimoniare la giustezza dell’analisi di Stalin.
I nemici della dittatura del proletariato non hanno mai smesso di affermare che
Stalin incarnava non la dittatura dei lavoratori, ma la sua personale dittatura
autocratica. La parola Gulag è divenuta sinonimo di “dittatura stalinista”.
Orbene, quelli che erano nel Gulag ai tempi di Stalin ora fanno parte della
nuova borghesia al potere. Si disse che demolire Stalin significava far
rinascere la democrazia socialista. Ma sepolto Stalin, Hitler è risorto dalla
sua tomba. Si sono riabilitati in Russia, in Ucraina, in Romania e in Slovacchia
tutti gli eroi neri, i Vlasov, i Bandera, gli Antonescu, i Tiso e altri
collaboratori dei nazisti. La caduta del muro di Berlino ha segnato la crescita
dei neo-nazisti in Germania. Oggi, dinanzi allo scatenarsi del capitalismo e del
fascismo in Oriente, si comprende meglio come Stalin abbia effettivamente difeso
il potere operaio.
Stalin è al centro del dibattito politico nei paesi che mantengono un indirizzo socialista.
I mezzi di comunicazione non mancano di ricordarci continuamente che, disgraziatamente, esiste ancora un ultimo residuo di stalinismo sul pianeta. Fidel Castro resiste nella sua piccola isola come un dinosauro stalinista. Kim Il Sung ha superato Stalin nel campo del culto della personalità. I carnefici cinesi di piazza Tien An Men sono i degni eredi di Stalin. Alcuni dogmatici vietnamiti espongono ancora le foto di Ho Chi Minh e di Stalin. In breve, i quattro paesi che seguono, anche con percorsi diversi, la via socialista sono scomunicati dal mondo “civile” nel nome di Stalin. Questo incessante clamore ha anche lo scopo di suscitare e rafforzare le correnti “antistaliniste”, cioè borghesi e piccolo-borghesi in questi paesi.
L’opera di Stalin diventa sempre più attuale nei paesi del terzo mondo.
Attualmente, nel terzo mondo tutte le forze che si oppongono alla barbarie
imperialista sono perseguitate e combattute in nome della lotta contro lo
stalinismo.
Così il Partito Comunista delle Filippine, secondo i termini usati dal giornale
Le Monde6 è recentemente caduto in preda del demone stalinista
delle “purghe”. Secondo un volantino del gruppo Meisone, gli” stalinisti” del
Fronte Popolare di Liberazione del Tigré hanno preso il potere ad Addis Abeba.
Anche in Perù si sentono ancora le tesi mao-staliniste, “questo politichese”,
sentenzia il signor Marcel Niedergang in Le Moode. Ci è toccato anche leggere
che il Baath siriano dirige ‘una società chiusa, quasi stalinista”! In piena
guerra del Golfo, un giornale riportava le rivelazioni di una pubblicazione
sovietica che, confrontando le foto di Stalin con quelle di Saddam Hussein,
avanzava l’ipotesi che Saddani fosse un figlio illegittimo del grande georgiano
e gli energumeni che hanno cacciato il bravo padre Aristide da Haiti, affermano,
con tutta serietà, che quest’ultimo aveva instaurato “una dittatura
totalitaria”!
L’opera di Stalin è di un’assoluta attualità per tutti i popoli che sono
impegnati nella lotta per la loro emancipazione dalla dominazione imperialista.
Stalin, così come Lenin, è il simbolo della fermezza nelle lotte di classe più
accanite e spietate. Stalin dimostrò che, nelle situazioni più difficili,
soltanto un atteggiamento fermo e inflessibile verso il nemico di classe
permette di risolvere i problemi fondamentali delle masse lavoratrici.
L’atteggiamento conciliante, opportunista, disfattista e capitolazionista
conduce inevitabilmente alla catastrofe e alla rivincita sanguinaria delle forze
reazionarie.
Oggi, le masse lavoratrici del terzo mondo si trovano in una situazione
difficilissima, apparentemente senza uscita, che assomiglia alla situazione
dell’Unione Sovietica negli anni 1920-1933. In Mozambico, le forze più
retrograde della società sono state utilizzate dalla CIA e dai servizi segreti
sudafricani per massacrare 900.000 Mozambicani. I fondamentalisti indù, protetti
da lungo tempo dal partito del Congresso e sostenuti da una parte della grande
borghesia indiana, sprofondano l’india nel terrore. In Colombia la
collusione-rivalità tra l’esercito e la polizia reazionari, la CIA e i
trafficanti di droga provoca bagni di sangue tra le masse popolari. In Iraq,
dove un’aggressione criminale ha provocato 200.000 morti, l’embargo imposto dai
nostri grandi difensori dei diritti dell’uomo continua ad uccidere a fuoco lento
decine di migliaia di bambini.
In
tutte queste situazioni estreme, l’esempio di Stalin indica la necessità di
mobilitare le masse per una lotta senza tregua e vittoriosa contro un nemico
pronto a tutto.
Ma un certo numero di partiti rivoluzionari del terzo mondo, già impegnati in
una lotta accanita contro l’imperialismo, ha gradualmente deviato verso il
disfattismo e la capitolazione e questo processo di degenerazione è quasi sempre
cominciato con un attacco contro l’opera di Stalin. La recente evoluzione dei
partiti che compongono il FMLN [Fronte Farabundo Martì per la
Liberazione Nazionale] del Salvador ne è un esempio. All’interno del Partito
Comunista delle Filippine si è sviluppata, dopo il 1985, una tendenza
opportunista che voleva porre fine alla guerra popolare e aprire un processo di
“riconciliazione nazionale”. I testimoni di Geova, sostenitori di questa linea,
si accanivano contro Stalin. Questo stesso opportunismo si è manifestato in una
forma di “sinistra”: volendo arrivare rapidamente al potere, alcuni hanno
proposto una linea militarista ed una politica di insurrezione urbana. Alcuni
responsabili di questa tendenza hanno organizzato un’epurazione del Partito a
Mindanao, per mettere fine a delle infiltrazioni poliziesche: essi hanno
giustiziato molte centinaia di persone in condizioni contrarie a tutte le regole
del Partito. Ma quando il Comitato Centrale ha deciso di condurre una campagna
di rettifica, tutti questi opportunisti si sono opposti alle “purghe
staliniste”!
José
Maria Sison scrive:
“Coloro che si oppongono più aspramente al movimento di rettifica, sono gli
stessi che portano la maggiore responsabilità per le tendenze militariste, per
la considerevole riduzione della nostra base di massa, per la caccia alle
streghe che ha assunto proporzioni mostruose e per la degenerazione verso il
gangsterismo. Essi da lungo tempo si erano impegnati in campagne di calunnie e
di intrighi. Questi rinnegati si sono di fatto affiancati agli agenti segreti e
agli specialisti della guerra psicologica del regime U.S.-Ramos nel tentativo di
impedire al Partito Comunista delle Filippine di rafforzarsi ideologicamente,
politicamente e organizzativamente.”8
Il giornale Democratic Palestine, del Fronte Popolare per la Liberazione della
Palestina (FPLP) ha aperto una discussione su Stalin.
“Gli aspetti negativi dell’epoca di Stalin che sono stati evidenziati
comprendono: la collettivizzazione forzata; la repressione della libera
espressione e della democrazia nel partito e nella società; la
supercentralizzazione nell’assunzione delle decisioni nel partito, nello Stato
sovietico e nel movimento comunista internazionale.”9
Tutte
queste cosiddette “critiche” a Stalin non sono altro che la ripetizione, tale e
quale, dei vecchi attacchi anticomunisti della socialdemocrazia. Imboccare
questa strada e seguirla fino in fondo comporta, a breve termine, la morte del
FPLP in quanto organizzazione rivoluzionaria. La traiettoria di tutti quelli che
hanno intrapreso questa strada non lascia alcun dubbio in proposito.
La recente evoluzione del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN) è
istruttiva a questo riguardo. Nella sua conversazione con Fidel Castro, Thomas
Borge se la prende, con termini molto vivaci, con lo “stalinismo”: è sotto
questa maschera che si è compiuta la trasformazione del FSLN in organizzazione
socialdemocratica borghese.
L’opera di Stalin assume un nuovo significato nella situazione creatasi in
Europa dopo la restaurazione capitalista nell’Est europeo.
La guerra civile in Jugoslavia mostra in quale carneficina l’insieme del
continente europeo potrebbe nuovamente precipitare se le crescenti rivalità tra
le potenze imperialiste dovessero provocare una nuova grande guerra. Una tale
eventualità non può più essere esclusa. L’odierna carta geografica mondiale
mostra una certa somiglianza con la situazione esistente tra il 1901 e il 1914,
quando le potenze imperialiste rivaleggiavano per il dominio economico sul
mondo. Oggi, i rapporti tra i sei grandi centri capitalisti, Stati Uniti, Gran
Bretagna, Giappone, Germania, Russia e Francia, sono divenuti molto instabili.
Siamo entrati in un periodo nel quale le alleanze si fanno e si disfano e nel
quale le battaglie economiche e commerciali si conducono con crescente vigore.
La formazione di nuovi blocchi imperialisti pronti ad affrontarsi con le armi
entra nel campo delle possibilità. Una guerra tra potenze imperialiste
trasformerebbe tutta l’Europa in una gigantesca Jugoslavia. Di fronte ad una
tale eventualità, l’opera di Stalin merita un nuovo studio.
La
lotta ideologica sulla questione di Stalin nei partiti comunisti di tutto il
mondo presenta numerose caratteristiche comuni.
In tutti i paesi capitalisti, la pressione economica, politica ed ideologica
esercitata dalla borghesia sui comunisti è estremamente forte. Essa è una
sorgente perenne di degenerazione, di tradimento, di lento slittamento verso il
campo avverso. Ma ogni tradimento ha bisogno di una giustificazione ideologica
agli occhi dello stesso soggetto che lo commette. In generale un rivoluzionario
che si è messo sul piano inclinato dell’opportunismo “scopre la verità sullo
stalinismo”. Egli riprende, tale e quale, la versione borghese della storia del
movimento rivoluzionario sotto la guida di Stalin. In effetti, i rinnegati non
fanno alcuna scoperta, essi copiano semplicemente la borghesia. Perché tanti
rinnegati hanno “scoperto la verità su Stalin” (naturalmente per migliorare il
movimento comunista), ma nessuno di loro “ha scoperto la verità su Churchill”?
Una scoperta che sarebbe d’altra parte più importante per “migliorare” la lotta
antimperialista! Avendo al suo attivo mezzo secolo di crimini al servizio
dell’Impero britannico (guerra in Sudatrica, terrore in India, Prima Guerra
mondiale interimperialista seguita dall’intervento militare contro la Repubblica
Sovietica, guerra contro l’Iraq, terrore in Kenya, scatenamento della guerra
fredda, aggressione contro la Grecia antifascista, ecc.), Churchill è senza
dubbio il solo politico di questo secolo paragonabile ad Hitler.
Qualsiasi scritto politico e storico è caratterizzato dalla collocazione di
classe del suo autore. Dagli anni Venti fino al 1953, la maggior parte delle
pubblicazioni occidentali sull’Unione Sovietica era al servizio della lotta
della borghesia e della piccola borghesia contro il socialismo sovietico. Gli
scritti dei membri dei partiti comunisti e degli intellettuali di sinistra che
illustravano l’esperienza sovietica costituivano una debole voce controcorrente
in difesa della verità storica. In seguito, a partire dal 1956, Chruscèv e il
Partito Comunista dell’Unione Sovietica hanno riproposto, in proprio, pezzo per
pezzo, la storiografia borghese sul periodo staliniano.
Da
allora in poi, tutti i rivoluzionari del mondo occidentale sono stati sottoposti
ad una pressione ideologica incessante riguardo al periodo cruciale dello
sviluppo del movimento comunista, soprattutto il periodo di Stalin. Se Lenin ha
diretto la Rivoluzione d’Ottobre e ha tracciato a grandi linee gli orientamente
per la costruzione del socialismo Stalin ha realizzato l’edificazione del
socialismo per un periodo di trent’anni. Tutto l’odio della borghesia si è
concentrato sull’opera titanica compiuta sotto la direzione di Stalin. Un
comunista che non adotta una ferma posizione di classe nei confronti
dell’informazione faziosa, unilaterale, parziale o menzognera diffusa dalla
borghesia, si perderà irrimediabilmente. Per nessun altro protagonista della
storia recente la borghesia ha dimostrato altrettanto interesse nell’intento di
screditare e denigrare uno dei suoi avversari. Ogni comunista deve adottare
un atteggiamento di sistematica diffidenza nei confronti di tutte le
“informazioni” che gli offre la borghesia (e gli offrono i chruscèviani)
sull’era di Stalin. E deve fare di tutto per scoprire le rare fonti di
informazione alternative che difendono l’opera rivoluzionaria di Stalin.
Al contrario, gli opportunisti nei vari partiti non osano opporsi
frontalmente all’offensiva ideologica antistalinista. Malgrado sia evidente il
suo scopo anticomunista, gli opportunisti si piegano sotto la sua pressione;
essi dicono “sì alla critica su Stalin”, ma pretendono di criticare Stalin “da
sinistra”.
Oggi possiamo fare il bilancio di settant’anni di critiche ‘da sinistra”
formulate contro l’esperienza del Partito Bolscevico sotto Stalin. Disponiamo di
centinaia di opere scritte da socialdemocratici, da trockijsti, da buchariniani
e da intellettuali di sinistra “indipendenti”. I loro punti di vista sono stati
ripresi dai chruscèviani e dai titini. Oggi possiamo comprendere meglio il vero
significato di classe di questa letteratura. Tutte queste critiche hanno portato
a
pratiche rivoluzionarie più conseguenti di quelle incarnate nell’opera di
Stalin? Le teorie sono giudicate, in definitiva, dalle pratiche sociali che
suscitano. La pratica rivoluzionaria del movimento comunista mondiale sotto la
guida di Stalin ha sconvolto il mondo intero e ha impresso un nuovo orientamento
alla storia dell’umanità. Nel corso degli anni 1985-1990 abbiamo potuto
constatare che tutte le cosiddette “critiche da sinistra” contro Stalin, simili
a innumerevoli ruscelli, si sono gettate nel grande fiume dell’anticomunismo.
Socialdemocratici, anarchici, buchariniani, trockijsti, titini, chruscèviani,
ecologisti si sono tutti ritrovati nel movimento “per la libertà, la democrazia
e i diritti dell’uomo”, che ha liquidato quello che restava del socialismo in
URSS. Tutte queste “critiche da sinistra” di Stalin hanno potuto andare fino
alle estreme conseguenze delle loro scelte politiche e tutte hanno contribuito
alla restaurazione di un capitalismo selvaggio, all’instaurazione di una
spietata dittatura della borghesia, alla distruzione delle conquiste sociali,
politiche e culturali delle masse lavoratrici e, in molti casi, all’insorgere
del fascismo e delle guerre civili reazionarie.
Tra i comunisti che, nel 1956, hanno resistito al revisionismo e hanno preso le
difese di Stalin, le campagne anticomuniste si sono fatte sentire in una maniera
particolare.
Nel 1956, il Partito Comunista Cinese ebbe il coraggio di difendere l’opera di
Stalin. Il suo documento A proposito dell’esperienza della dittatura del
proletariato costituì un considerevole aiuto per i marxisti-leninisti di
tutto il mondo. Sulla base della loro esperienza, i comunisti cinesi mossero
delle critiche a certi aspetti dell’opera di Stalin. Ciò che era ed è del tutto
normale in una discussione tra comunisti.
Tuttavia, con il trascorrere del tempo, si è visto che molte delle loro
critiche erano state formulate in forme troppo generali. Ciò ha influenzato
negativamente molti comunisti che hanno attribuito una certa credibilità ad ogni
specie di critiche opportuniste.
Così, ad esempio, i compagni cinesi dissero che, a volte, Stalin non distingueva
nettamente tra i due tipi di contraddizioni: quelle in seno al popolo, che
potevano essere superate con l’educazione e la lotta, e quelle tra il popolo e i
suoi nemici, che necessitavano di forme di lotta adeguate. Da questa critica
generale, alcuni hanno tratto la conclusione che Stalin non ha affrontato
correttamente le contraddizioni con Bucharin, ed hanno finito per adottare la
linea socialdemocratica di Bucharin.
I compagni cinesi affermarono anche che Stalin, a volte, si era ingerito negli
affari degli altri partiti e che aveva ostacolato la loro indipendenza.
Da queste critiche generali, alcuni hanno dedotto che Stalin aveva sbagliato nel
condannare la politica di Tito e hanno finito per accettare il titismo come la
“forma specifica jugoslava del marxismo-leninismo”. I recenti avvenimenti in
Jugoslavia fanno comprendere meglio come Tito, dopo la rottura con il Partito
Bolscevico, abbia seguito una politica nazionalista-borghese e sia caduto sotto
l’influenza americana.
I tentennamenti e gli errori ideologici relativi alla questione di Stalin, che
abbiamo appena ricordato, si sono verificati in quasi tutti i partiti
marxisti-leninisti.
Possiamo trarne una conclusione di portata generale. Per essere in grado
di giudicare tutti gli episodi del periodo 1923-1953, bisogna sforzarsi di
conoscere nella loro integrità la linea e la politica sostenute dal Partito
Bolscevico e da Stalin. Non si può sottoscrivere alcuna critica all’opera di
Stalin senza aver verificato i dati principali delle questioni dibattute e senza
conoscere la versione data dalla direzione bolscevica.
Trockij nei confronti di Lenin e Stalin Da Ludo Martens STALIN Un altro punto di vista pag.77-80
Fin dal 1902, Trockij aveva costantemente osteggiato le prospettive che Lenin aveva tracciate per la Rivoluzione democratica e la rivoluzione socialista in Russia. Riaffermando, proprio prima della morte di Lenin, che la dittatura del proletariato sarebbe necessariamente entrata in collisione con l’ostilità delle masse contadine e che, di conseguenza, non ci sarebbe stata altra salvezza per il socialismo sovietico al di fuori della rivoluzione vittoriosa nei paesi «più civilizzati», Trockij tentava di sostituire il suo programma a quello di Lenin.
Dietro il suo discorso sulla “rivoluzione mondiale” Trockil riprendeva l’idea fondamentale dei menscevichi: era impossibile costruire il socialismo in Unione Sovietica. I menscevichi dicevano apertamente che né le masse né le condizioni oggettive erano mature per il socialismo. Trockij, da parte sua, diceva che il proletariato, in quanto classe specifica, e le masse dei contadini individualisti, dovevano necessariamente entrare in collisione. Senza il sostegno esterno di una rivoluzione europea vittoriosa, la classe operaia sovietica sarebbe stata incapace di edificare il socialismo. Con questa conclusione, Trockij si ricongiungeva ai suoi amici di gioventù, i menscevichi.
Nel 1923, nella sua lotta per prendere il potere in seno al Partito Bolscevico, Trockij lanciò una seconda offensiva. Egli cercò di mettere da parte i vecchi quadri del Partito a favore dei giovani, che sperava di poter influenzare. Per preparare la presa del potere nella Direzione del Partito, Trockij ritornò, quasi parola per parola, alle concezioni antileniniste sul partito che aveva sviluppate nel 1904.
Dal suo libro Nos taches politiques, pubblicato nel 1904, all’opuscolo Cours
nouveau scritto nel 1923, noi ritroviamo la stessa ostilità contro i principi che
Lenin aveva definiti per la costruzione del partito. (……)
Nel 1904, Trockij aveva combattuto con particolare accanimento la concezio-
ne leninista del partito. Aveva tacciato Lenin di essere uno “scissionista fa-
natico”, un «rivolu7ionario democratico—borghese», un «feticista dell’orga—
nizzazione», «un partigiano di un «regime da caserma», lo aveva accusato di
«meschinità organizzativa»,di essere un «dittatore che voleva sostituirsi al
Comitato Centrale», un «dittatore che voleva instaurare la dittatura sul proletariato» per il quale «qualsiasi interterenferenza di elementi che pensano diversamente è un fenomeno patologico».14
Il lettore avrà notato che tutta questa verbosità carica di odio non era indirizzata all’infame Stalin, ma all’adorato maestro, Lenin. Il libro che Trockij
aveva pubblicato nel 1904 è cruciale per comprendere la sua ideologia. Tutte le calunnie e gliinsulti che, per più di venticinque anni, egli riverserà su Stalin, li aveva sputati in quest’opera sulla figura di Lenin.
Trockij si accanì nel dipingere Stalin come un dittatore che regnava sul
Partito. Ma, quando Lenin aveva creato il Partito Bolscevico, Trockij l’aveva
accusato di instaurare una «teocrazia ortodossa» e un <centralismo autocrati-="">
co-asiatico>.15
Trockij non smise mai di affermare che Stalin aveva adottato un atteggiamento pragrammatico verso il marxismo, che aveva ridotto a formule preconfezionate. Nel 1904, criticando l’opera Un pas en avant..., Trockij aveva scritto:
«Non si può manifestare un maggior cinismo nei confronti del miglior patrimonio ideologico del proletariato di quanto faccia il compagno Lenin. Per
lui il marxismo non è un metodo di analisi scientifica.»16
Nel suo libro del 1904, Trockij aveva inventato il termine di “sostituzionismo” per attaccare il modello di partito leninista e la sua direzione.
«Il gruppo dei “rivoluzionari di professione” agisce in luogo del proletariato.» «L’organizzazione si “sostituisce” al partito, il Comitato Centrale all’organizzazione e infine, il dittatore sostituisce il Comitato Centrale.»17
Nel 1923, spesso con gli stessi termini che aveva usato contro Lenin, Trockij
attaccò la Direzione del Partito e Stalin.
«La vecchia generazione s’è abituata e si abitua a pensare e a decidere per
il partito.» Trockij denunciò «una tendenza dell’apparato a pensare e a decide-
re per l’intera organizzazione.» 18
Nel 1904, Trockij aveva attaccato la concezione leninista del partito affermando che essa «separa l’attività cosciente dall’attività esecutiva. (C’è) il
Centro e, al di sotto, non ci sono che gli esecutori disciplinati che funzionano
tecnicamente». Nella sua concezione piccolo-borghese, Trockij rifiutava le gerarchie e le differenze dei livelli di responsabilità, così come la disciplina. Il suo ideale era «la personalità politica globale, che faceva rispettare di fronte a tutti i “centri” la sua volontà e questo in tutte le forme possibili, fino ed incluso il boicottaggio»!19 Era il credo di un individualista, di un anarchico,
Queste critiche vennero rilanciate da Trockij nel 1923.
«L’apparato manifesta una tendenza a contrapporre qualche migliaio di compagni che compongono i quadri dirigenti al resto delle masse che non sono per loro che uno strumento per l’azione.» 20
Nel 1904, Trockij aveva accusato Lenin di essere un burocrate che faceva degenerare il Partito in un’organizzazione rivoluzionaria-borghese. Lenin era accecato dalla «logica burocratica di questo o quel “piano” organizzativo», ma «il fiasco del feticismo organizzativo» era certo.
</centralismo>
«Il capo dell’ala reazionaria del nostro Partito, il compagno Lenin, dà della socialdemocrazia una definizione che è un attentato teorico al carattere di classe del nostro Partito.» Lenin «ha dato origine ad una tendenza che si è delineata nel Partito, la tendenza rivoluzionaria-borghese».21
Nel 1923 Trockij disse la stessa cosa contro Stalin, ma con un tono più moderato.. «La burocratizzazione minaccia di provocare una degenerazione più o meno opportunista della vecchia guardia.» 22
Nel 1904 il “burocrate” Lenin veniva accusato di” terrorizzare” il Partito.
«ll compito dell’lskra (il giornale di Lenin) consisteva nel terrorizzare teoricamente l’intellighenzia. Per i socialdemocratici, educati ad una certa scuola, l’ortodossia è qualcosa di molto vicino a quella “Verità” assoluta che ispirava i Giacobini (rivoluzionari borghesi). La Verità ortodossa prevede tutto. Colui che la contesta deve essere escluso; colui che ne dubita è prossimo ad essere escluso. .» 23
Nel 1923 Trockij lanciò un appello per sostituire i burocrati mummificati affinché «nessuno osi più terrorizzare il Partito.»24
(….) Nel 1923, per prendere il potere nel seno del Partito Bolscevico, Trockij voleva “liquidare” la vecchia guardia bolscevica che conosceva troppo bene il suo passato di oppositore delle idee di Lenin. Nessun vecchio bolscevico sarebbe stato disposto ad abbandonare le idee di Lenin per il trockijsmo. Da ciò la tattica di Trockij: egli dichiarò che i vecchi bolscevichi” degeneravano” e lusingò i giovani che non conoscevano il suo passato antileninista. Con la parola d’ordine della “democratizzazione” del Partito, Trockij voleva far entrare nella Direzione del Partito dei giovani che lo sostenessero.
Dieci anni dopo, quando uomini come Zinov’ev e Kamenev avrebbero svelato completamente il loro carattere opportunista, Trockij dichiarerà che essi rappresentavano la “vecchia guardia bolscevica” perseguitata da Stalin e si legherà a quegli opportunisti, invocando il passato glorioso della “vecchia guardia”!
Nel corso degli anni 1924-1 926, man mano che la posizione politica di Trockij andava sempre più indebolendosi, crescevano i suoi attacchi, particolarmente rabbiosi, contro la Direzione del Partito.
Partendo dall’idea che fosse impossibile costruire il socialismo in un solo paese, Trockij concluse che la politica caldeggiata da Bucharin, la sua bestia nera del momento, rappresentava gli interessi dei kulaki e dei nuovi borghesi, i cosiddetti “Nep-men”. Il potere, egli sosteneva, tendeva a diventare un potere kulak. Veniva nuovamente aperta la discussione sulla “degenerazione” del Partito Bolscevico. Poiché questo si evolveva verso la degenerazione e il partito kulak, Trockij si attribuì il diritto di creare delle frazioni e di condurre un lavoro clandestino all’interno del Partito.
Il dibattito fu condotto apertamente e francamente per cinque anni. Quando la discussione fu chiusa, nel 1927, con una votazione in seno al Partito, coloro che sostenevano la tesi dell’impossibilita della costruzione del socialismo in Unione Sovietica e difendevano le attività frazioniste di Trockij ottennero tra l’i e l’1,5 ‘ dei voti. Trockij fu espulso dal Partito, in seguito esiliato in Siberia ed infine bandito dall’Unione Sovietica.
Da Ludo Martens STALIN Un altro punto di vista pag.77-80
Per quello che concerne Trockij, Lenin ne sottolinea i quattro maggiori difetti: ha dei lati molto negativi come ha dimostrato la sua lotta contro il Comitato Centrale sulla questione della "militarizzazione dei sindacati"; ha un'opinione esagerata di se stesso; affronta i problemi in modo burocratico e il suo non-bolscevismo non è un fatto accidentale. ivi pag.69
Trotski, Nos taches politiques, Ed. Pierre Belfond, Paris, 1970,
Trotski, Cours nouveau U.G.E.., collection 10-18, Paris, 1972
Note:
15. Ibiden,, pp. 97—170.
16. Ibiden,, p. 160
17. Thiden,, pp. 103 e 128.
18. Trotski, Cours nouveau U.G.E.., collection 10-18, Paris, 1972, pp. 21 e 158.
19. Trotski, Nos taches, pp. 140-141
20. Trotski, Cours nouveau, p. 25.
21. ‘I’rotski, Nos taches, pp. 204, 192, 195.
22. Trotski, Cours nouveau, p. 25.
23. ‘I’rotski, Nos taches, p. 190.
24. Trotski, Cours nouveau, p. 154
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Premesso che il nazismo è stato sconfitto dalla gloriosa armata rossa e dal popolo sovietico sotto la guida di Stalin, ecco cosa scrive Losurdo in Storia e critica di una leggenda nera pag.270
Subito dopo il patto di non aggressione tra Terzo Reich e Unione Sovietica, Trockij lancia una sorta di grido di trionfo: adesso finalmente capiranno anche «gli apologeti di professione del Cremlino» e di Stalin, «i minchioni “prosovietici” di ogni colore>, coloro che si erano illusi di poter contare sull’appoggio di Mosca per contenere l’espansionismo della Germania nazista. Ad essere preso particolarmente di mira è Neville Chamberlain. Sì, il primo ministro inglese, già in questo momento messo in stato d’accusa da Churchill a causa della politica di appeasement da lui perseguita nei confronti di Hitler, viene aspramente criticato da Trockij per avere nutrito illusioni sul conto di... Stalin! «Nonostante tutta la sua avversione per il regime sovietico», il leader conservatore inglese» aveva tentato con ogni mezzo di stabilire un’alleanza con Stalin»: una colossale prova di ingenuità! Lui, Trockij, sin dall’avvento del Terzo Reich aveva ripetutamente chiarito che, ad onta di tutte le chiacchiere sui fronti popolari antifascisti, «il vero obiettivo della politica estera di Stalin era la conclusione di un accordo con Hitler»; ora tutti sono costretti a prendere atto che il dittatore del Cremlino è «il maggiordomo di Hitler» Messo in seria difficoltà dall’epica resistenza dell’Unione Sovietica contro il Terzo Reich, questo gioco al rialzo riprende con forza dopo il xx Congresso del PCUS e il Rapporto segreto.
STALIN DI FRONTE ALLA GUERRA DI STERMINIO DEI NAZISTISTI
Ludo Martens STALIN Un altro punto di vista Zambon editore pag.278
Quando si parla della Seconda guerra mondiale, bisogna sempre ricordarsi che in effetti, non c’è stata una sola guerra, ma diverse guerre. La guerra che conducevano gli imperialisti anglo—americani e francesi contro il loro concorrente tedesco, non aveva molto in comune con la guerra nazionale antifascista condotta dall’Unione Sovietica. La guerra in Occidente era stata una guerra tra due eserciti borghesi. Nella lotta contro l’invasione dei soldati di Hitler, la classe dirigente francese non voleva e non poteva mobilitare e armare le masse lavoratrici per una lotta all’ultimo sangue contro il nazismo. Dopo la disfatta delle sue truppe, Pétain, l’eroe della Prima Guerra mondiale, firmò l’atto di resa e passò velocemente al collaborazionismo. Quasi in blocco, la grande borghesia francese si mise agli ordini di Hitler, cercando di trarre vantaggio dalla Nuova Europa Tedesca. La guerra a Ovest restava, in qualche modo, una guerra più o meno “civilizzata” tra borghesi “civilizzati”.
Nulla di simile in
Unione Sovietica. Il popolo sovietico dovette fronteggiare
una guerra di tutt’altra natura. E uno dei meriti di Stalin fu di averlo capito
in tempo e di essersi preparato in conseguenza.
Prima dell’inizio dell’operazione Barbarossa Hitler ne aveva già annunciato la filosofia. Il generale Halder annotò nel suo Journal gli appunti di un discorso che Hitler aveva tenuto ai suoi generali il 30 marzo 1941. Il fuhrer parlava della futura guerra contro l’Unione Sovietica.
«Lotta delle due ideologie. Giudizio schiacciante riguardo al bolscevismo:
è come un crimine asociale. Il comunismo è un pericolo spaventoso per l’avvenire. (. . . ) Si tratta di una lotta di annientamento. Se non guardiamo la questione da questo punto di vista, batteremo certamente il nemico, ma, tra trent’anni, il nemico comunista si opporrà di nuovo a noi. Non facciamo la guerra per conservare il nostro nemico. (...) Lotta contro la Russia: distruzione dei commissari bolscevichi e dell’intellighenzia comunista. »72
Si noterà che qui si tratta di” soluzione finale” — ma niente affatto contro gli Ebrei. Le prime promesse di “guerra di annientamento” e di ”distruzione fisica” erano rivolte ai comunisti sovietici.
Ed effettivamente, i bolscevichi, i Sovietici furono le prime vittime degli stermini di massa.
Il generale Nagel nel settembre 1941 scriveva:
Non siamo tenuti a nutrire i prigionieri bolscevichi, contrariamente al dovere di alimentare gli altri prigionieri (cioè inglesi e americani) »73
Nei campi di concentramento di Auschwitz e di Chelm, ‘«i prigionieri sovietici erano i primi, o tra i primi, ad essere deliberatamente uccisi con delle iniezioni mortali e con il gas.»74
Il numero dei prigionieri di guerra sovietici morti nei campi di concentramento, “durante gli spostamenti” o in “diverse circostanze” è di 3.259.000 uomini! Quando si manifestavano delle epidemie nelle baracche dei Sovietici, le guardie naziste non vi entravano «salvo che con delle squadre di lanciafiamme quando, per “ragioni di igiene”, i moribondi e i morti venivano bruciati insieme sui loro pagliericci pieni di parassiti». Ci potrebbero essere stati più di 5.000.000 di prigionieri assassinati, se si tiene conto dei soldati sovietici ”semplicemente abbattuti sul posto” nel momento in cui si arrendevano.75
Cosi le prime campagne di sterminio, anche le più vaste, furono dirette contro i popoli sovietici, tra cui il popolo ebraico sovietico. I popoli dell’URSS sono quelli che hanno maggiormente sofferto, che hanno contato il più gran numero di morti - 23 milioni - ma che hanno anche dato prova della più indomita determinazione e dell’eroismo più ardente.
Fino all’aggressione contro l’Unione Sovietica, non ci furono dei grandi massacri di popolazioni ebraiche. Fino a quel momento, i nazisti non avevano ancora trovato da nessuna parte una seria resistenza. Ma dai loro primi passi
in territorio sovietico, questi nobili Tedeschi dovettero affrontare degli avversari che combattevano fino all’ultima goccia di sangue. A partire dalle prime settimane, i Tedeschi subirono delle dure perdite, e ciò contro una razza inferiore, contro gli Slavi e, peggio ancora, contro dei bolscevichi! La rabbia sterminatrice dei nazisti nacque con le loro prime massicce perdite. Appena la bestia fascista cominciò a sanguinare sotto i colpi dell’Armata Rossa, concepì “la soluzione finale” per il popolo sovietico.
Il 26 novembre 1941, il trentesimo Corpo d’armata, che occupava un vasto territorio sovietico, ordinò di rinchiudere nei campi di concentramento come ostaggi «tutti gli individui che avevano parenti tra i partigiani» «tutti gli individui sospetti di avere rapporti con i partigiani», «tutti i membri del Partito e del Komsomol, compresi i membri candidati», «tutti i vecchi membri del Partito» e «tutti gli individui che hanno funzioni ufficiali».76 Per ogni soldato tedesco ucciso, i nazisti decideano di giustiziare almeno dieci ostaggi.
Il I° dicembre 1942, durante una discussione con Hitler sulla guerra dei partigiani sovietici, il generale Jodl sintetizzo la posizione tedesca in questi
termini:
«Nel combattimento le nostre truppe possono fare ciò che vogliono: prendere i partigiani, appenderli a testa in giù o squartarli.»77
[……..]
Man mano che la guerra all’Est assumeva un carattere sempre più accanito, la follia omicida dei nazisti contro tutto un popolo si intensificò. Himmler, rivolgendosi ai dirigenti delle SS, avrebbe parlato, nel giugno 1942, di una “guerra di sterminio” tra due “razze e popoli” che si erano impegnati in una lotta “incondizionata”. C’era da un lato «questa materia bruta, questa massa, questi uomini primitivi o piuttosto questi sotto-uomini diretti da commissari politici» e dall’altro lato «noi, i Tedeschi.»78
Un terrore sanguinano, mai praticato prima: questa era l’arma attraverso
cui i nazisti volevano costringere i Sovietici alla capitolazione morale e politica.
«Durante i combattimenti per la presa di Char’kov - diceva Himniler - ci
precedeva la fama di essere coloro che scatenano la paura e seminano il terrore. È un’amia straordinaria che dovremo sempre rafforzare.»79
E i nazisti intensificarono il terrore.
Il 23 agosto
1942, alle 18 precise, un migliaio di aerei cominciarono a lanciare bombe
incendiarie su Stalingrado. In questa città, dove vivevano 600.000
abitanti, c’erano molte abitazioni in legno, serbatoi di benzina, riserve di
carburante nelle fabbriche. Eremenko, che comandava il fronte di Stalingrado
scrive:
«Stalingrado fu immersa nei bagliori degli incendi, circondata di fumo e di fuliggine. Tutta la città era in fiamme. Enormi nubi di fumo e di fuoco turbinavano sopra le fabbriche. I serbatoi di petrolio sembravano dei vulcani che eruttassero lava. Centinaia di migliaia di pacifici cittadini perivano. Il cuore si stringeva di compassione per le vittime innocenti del cannibalismo fascista. »80
Occorre avere una visione chiara di questa realtà insostenibile per capire certi aspetti di ciò che la borghesia chiama “lo stalinismo”. Durante l’epurazione, erano stati colpiti dei burocrati irrecuperabili, dei disfattisti e dei capitolardi; molti fra loro erano stati mandati in Siberia. Un partito roso dal disfattismo e dallo spirito di capitolazione non avrebbe mai potuto mobilitare e disciplinare il popolo per contrastare il terrore nazista. Ed è ciò che fecero i Sovietici nelle città assediate, a Leningrado e a Mosca. E perfino nel braciere di Stalingrado, degli uomini sopravvissero, non si arresero mai e infine parteciparono alla controffensiva!
Nel giugno 1941, durante l’aggressione tedesca, il generale d’armata Pavlov, alla guida del Fronte Ovest, dette prova d’incompetenza e di negligenza. Una conseguenza fu la perdita di Minsk, capitale della Bielorussia. Il 28 giugno Stalin convocò a Mosca Pavlov e il suo staff. Zukov scrive che «su proposta del Consiglio Militare del Fronte Ovest», furono citati in giudizio e fucilati.81 Elleinstein si affretta a dire che così «Stalin continuava a terrorizzare i suoi collaboratori.»82
Ora, di fronte alla barbarie nazista, i dirigenti sovietici dovevano esigere un atteggiamento inflessibile e una fermezza a tutta prova e qualsiasi atto di grave irresponsabilità doveva essere punito con il necessario rigore.
Quando la belva fascista cominciò a subire delle ferite mortali, volle riprendere coraggio abbeverandosi di sangue, praticando il genocidio contro il popolo sovietico caduto tra le sue grinfie.
Himmler a Weimar, il 16 dicembre 1943, dichiarò:
«Quando in un villaggio sono stato obbligato a dare l’ordine di marciare contro i partigiani e i commissari ebrei, ho sistematicamente dato l’ordine di uccidere anche le donne e i bambini di questi partigiani e di questi commissari. Sarei un vigliacco e un criminale nei confronti dei nostri discendenti, se lasciassi crescere i bambini pieni di odio di questi sotto-uomini abbattuti nella lotta dell’uomo contro il sotto-uomo. Dobbiamo sempre essere coscienti del fatto che siamo coinvolti in una lotta razziale primitiva, naturale e primordiale.»83
Il capo delle SS,
il 24 aprile 1943, in un altro discorso a Char’kov, aveva detto:
«Con quali mezzi arriveremo a togliere al Russo il maggior numero di uomini,
morti o vivi? Vi arriveremo uccidendoli, facendoli prigionieri, facendoli
lavorare per davvero e non rendendo al nemico (alcuni territori) se non dopo
averli completamente svuotati dei loro abitanti. Restituire degli uomini al
Russo sarebbe un grosso errore.»84
La realtà dell’inaudito terrore che i nazisti praticarono in Unione Sovietica contro il primo paese socialista, contro i comunisti, è quasi sistematicamente taciuta o minimizzata nella letteratura borghese. Questo silenzio ha un preciso scopo. Alle persone che ignorano i crimini mostruosi commessi contro i Sovietici si può più facilmente fare ingoiare l’idea che Stalin fosse anche lui un “dittatore” paragonabile a Hitler. La borghesia elude il vero genocidio anticomunista per poter manifestare più liberamente ciò che essa ha in comune con il nazismo: l’odio irrazionale nei confronti del comunismo, l’odio di classe verso il socialismo. E per oscurare il più grande genocidio della guerra, la borghesia punta il dito esclusivamente contro un altro genocidio, quello degli Ebrei.
In un pregevole libro, Arno J. Maver, il cui padre era un sionista di sinistra, dimostra che lo sterminio degli Ebrei non cominciò che nel momento in cui i nazisti, per la prima volta, subirono delle perdite pesanti. Ciò avvenne nel giugno-luglio 1941, contro l’Armata Rossa. La ferocia esercitata contro i comunisti, poi le sconfitte inaspettate che fecero vacillare il sentimento di in invincibilità dei superuomini, crearono l’atmosfera che permise l’olocausto.
«Il genocidio ebraico è stato forgiato nel fuoco di una guerra tremenda per conquistare nel territorio della Russia uno “spazio vitale” illimitato, per schiacciare il regime sovietico e per liquidare il bolscevismo internazionale. (...) Senza l’operazione Barbarossa, non ci sarebbe stata e non avrebbe potuto esserci la catastrofe ebraica della “soluzione finale”.»85 Nel momento in cui i nazisti si dovettero confrontare con la realtà delle sconfitte sul fronte russo, decisero «una soluzione globale e definitiva» del “problema ebraico” durante la conferenza di Wannsee, il 20 gennaio 1942.
I nazisti già da molti anni avevano proclamato il loro odio contro il “giudeo-bolscevismo”, essendo, secondo loro, il bolscevismo la peggior invenzione degli Ebrei. La resistenza implacabile dei bolscevichi impediva ai nazisti di finirla con il loro nemico principale. Allora deviarono le loro frustrazioni contro gli Ebrei, che sterminarono in un moto di cieca vendetta.
Dato che la grande borghesia ebraica era stata conciliante verso lo Stato di Hitler - e in certi casi persino complice - la maggioranza degli Ebrei si consegnò con rassegnazione al proprio boia. Ma gli Ebrei comunisti, che agivano con uno spirito internazionalista, combatterono con le armi in pugno i nazisti e coinvolsero una parte della sinistra ebraica nella resistenza. La maggior parte degli Ebrei poveri fu gasata. Molti ricchi, tuttavia, riuscirono a rifugiarsi negli Stati Uniti. Dopo la guerra si misero al servizio dell’imperialismo americano e di
Israele, la sua testa di ponte in Medio Oriente. Essi parlano a profusione dell’olocausto degli Ebrei, ma in un’ottica pro-israeliana; nello stesso tempo danno libero sfogo ai loro sentimenti anticomunisti e insultano così la memoria degli Ebrei comunisti che hanno veramente affrontato i nazisti.
Per terminare, qualche parola sul modo in cui Hitler preparò i nazisti a
massacrare con indifferenza 23 milioni di Sovietici. Per trasformare i suoi uomini in macchine per uccidere, li convinse che un bolscevico non era che un
sotto-uomo, un animale.
«Hitler metteva sull’avviso le sue truppe informandole che le forze nemiche
erano “largamente composte da animali, e non da soldati”, condizionati a
battersi con una ferocia animalesca.»86
Per spingere le truppe tedesche allo sterminio dei comunisti, Hitler diceva loro che Stalin e gli altri dirigenti sovietici erano «dei criminali coperti di sangue, (che hanno) ucciso e sterminato milioni di intellettuali russi nella loro sete selvaggia di sangue... (e) che hanno esercitato la tirannia più crudele di tutti
i tempi.»87
«In Russia, l’Ebreo sanguinano e tirannico ha ucciso, a volte anche con torture disumane, o ha sterminato mediante la carestia, con una barbarie vera-
mente fanatica, circa trenta milioni di uornini.»88
Così, sulla bocca di Hitler, la menzogna di «trenta milioni di vittime dello
stalinismo» servì a preparare psicologicamente la barbarie nazista e il genocidio dei comunisti e dei partigiani sovietici.
Facciamo notare, tra l’altro, che Hitler aveva messo precedentemente questi «trenta milioni di vittime» sul conto di... Lenin. In effetti questa vergognosa menzogna figura già in Mein Kampf, scritto nel 1926, molto prima della collettivizzazione e dell’epurazione! Prendendosela con il giudeo-bolscevismo, Hitler aveva scritto:
«Con una ferocia fanatica, l’Ebreo ha ucciso in Russia quasi trenta milioni
di uomini, a volte sotto torture brutali.»89
Mezzo secolo più tardi, Brzezinski, l’ideologo ufficiale dell’imperialismo
americano, avrebbe ripreso, parola per parola, tutte queste infamie naziste:
«E’ assolutamente ragionevole (!) stimare che le vittime di Stalin siano state non meno di venti e forse persino quaranta milioni.»90
Note: