---- Original Message -----
From: pietroancona@tin.it
To: callcenter@giustizia.it
Sent: Wednesday, November 07, 2007 7:47 PM
Subject: quei bimbi di strada e la pietà strabica Unita oggi
Per il Professor Luigi Manconi
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Caro Manconi,
lei che pur viene da una lunga e tormentata emarginazione, dimentico di questa e
del fatto che i diritti umani e civili sono indivisibili e garantiti dai
documenti prodotti nei momenti migliori della storia dell'umanità, scrive oggi
sull'Unità, il giornale che fu di Antonio Gramsci e la voce del movimento
comunista italiano
"In altri termini, se la sospensione della patria potestà o la condanna penale
nei confronti dei genitori o altre misure altrettanto severe rispondono ai due
criteri prima indicati (efficacia del provvedimento ed efficacia delle soluzioni
alternative per l’affidamento dei minori), esse vanno assunte senza aspettare
che politiche pubbliche, strategie sociali e programmi culturali ottengano il
giusto risultato: il fatto, cioè, che siano quegli stessi genitori a rinunciare
all’uso manipolatorio dei propri figli. Insomma, siamo in presenza di un caso
dove - mentre si lavora per rimuovere le cause lontane - si deve agire, e
subito, per intervenire, qui e ora, su ciò che, qui e ora, dolorosamente
accade.!"
Insomma lei propone di strappare alle loro famiglie i bambini e di
istituzionalizzarli o di affidarli in adozione a famiglie magari stanche di
cercarli all'estero e nei paesi più poveri del mondo.
Non ho mai condiviso le decisioni dei giudici italiani che hanno strappati
bambini a famiglie che non potevano dimostrare di poterli mantenere. Sono
provvedimenti pieni di un contenuto di oppressione classista intollerabile dal
momento che lo Stato anzicchè pagare le rette alle istituzioni (spesso
religiose) potrebbe aiutare le famiglie senza distruggerle. Ma forse per lei la
distruzione di una famiglia di povera gente non è importante!!
En passant aggiungo che spesso gli orfanotrofi gestiti da religiosi sono
lagers e non mancano casi di pedofilia,
molestie, violenze e quanto altro le lascio immaginare.
Io sono stato il primogenito di una famiglia poverissima. Eravamo quattro
sorelle. Mio padre era un povero venditore ambulante e tuttavia quasi sempre
riusciva ad assicurarci il pane. In certi periodi dell'anno, quando a casa
entrare il mostro della fame, io saltavo di andare a scuola e facevo il
venditore di frutta per le scale di Agrigento città che è tutta scale almeno
come io ne conservo tristissimo ricordo. Avevo dodici o tredici anni ed andavo
in giro dal mattino presto con una grossa cesta di almeno venti chili di frutta
assicurata da una robusta cinghia alle spalle che ancora me li sento bruciare e
doloranti. In giro fino a quando non vendevo tutto. La frutta che restava
invenduta annullava il piccolo guadagno. Sono trascorsi oltre cinquanta anni di
allora.
Lei crede che io ero sfruttato dai miei genitori? lei crede che sono sfruttati
i bambini siciliani che a migliaia ancora oggi servono nei bar e fanno vari
servizi quando dovrebbero essere o a scuola o a giocare per vivere una
fanciullezza ed una adolescenza che non conosceranno mai?
Rovesciare la responsabilità di questo sui genitori (magari perchè hanno fatto
troppi figli) è operazione tipica della ideologia reganiana che ha ribadito
essere la povertà una colpa ed i poveri colpevoli. Sono poveri perchè non
virtuosi oppure perchè Dio li ha voluto punire.
Sui rom si informi meglio. I loro bambini andavano regolarmente a scuola
prima che i Sindaci di Pavia, di Bologna e Veltroni (sindaco della più grande
favelas dell'occidente) distruggessero i loro miseri accampamenti li
stradicassero dalle scuole che frequentavano senza prospettare alcuna
alternativa. Si faccia raccontare dall'associazione Pasolini di Pavia che cosa è
successo ai piccoli rom dopo la deportazione delle loro famiglie dall'ex Snia
dove abitavano da anni.
La sua soluzione sarebbe piaciuta ad Hitler. I collaboratori di Hitler agivano
sulle sue stesse coordinate. Decoro borghese delle città, ordine e pulizia
più importante degli esseri umani. Se provo ad immaginarvi visivamente il
nazismo vedo grandi geometrie ordinatissime, citta controllate dai poliziotti,
E non finga di ignorare che l'invasione dei rumeni e degli altri (come la
chiamate) è dovuta alle aziende lagers che abbiamo impiantato in Romania ed in
Polonia a salari di 150 euro al mese, è dovuta allo sconvolgimento della
penisola balcanica che l'Italia ha inondato di bombe all'uranio per condannare
ad essere mostri anche i bambini che ancora debbono nascere; è dovuta al muro di
Israele ed all'atroce occupazione dello Irak e dell'Afghanistan che dura da
tanti anni.
Che un uomo di legge, sottosegretario alla Giustizia proponga le misure
razziste che lei suggerisce seppur velandone un poco ambiguamente con un "se",
lascia sperare assai poco su questo Governo.
Cordiali saluti.
Pietro Ancona
http://www.feltrinellieditore.it/FattiLibriInterna?id_fatto=9209
Luigi Manconi: Quei bimbi di strada e la nostra pietà strabica Tratto da “l’Unità”, 7 novembre 2007
Proviamo a ragionare senza alcun schema preconcetto. Proviamo a immaginare un bambino (5, 6, 7, 8 anni o poco più), costretto a fare qualcosa che non vuole fare e di cui ignora il significato: in condizioni meteorologiche che possono essere assai pesanti (troppo sole o troppo freddo...), in stato di fatica e di degrado, esposto a rischi e a patologie; impedito nella libertà di movimento, sottratto al gioco, alla relazione con coetanei, a esperienze formative e creative; indotto all’inattività per molte ore. Davanti a una tale situazione, vi ribellereste? La risposta è scontata, ovviamente. Eppure, tale ribellione ha difficoltà a manifestarsi o si esprime in forme esclusivamente declamatorie, retoriche, pietistiche: oppure attraverso una esacrazione apocalittica (“il mondo è ingiusto”); o, infine, con la deplorazione per il “contesto”, le cause profonde, le radici antiche di quell’ingiustizia. La situazione prima descritta si palesa frequentemente nella vita quotidiana: e può essere riconosciuta in alcune circostanze, quando emerge come rappresentazione spietata del lavoro minorile e infantile, mentre risulta meno identificabile se si occulta nelle pieghe della marginalità sociale e del disordine urbano. Qui - proprio qui - è diffusa la pratica dell’accattonaggio infantile, che ci dovrebbe apparire talmente iniqua da gridare vendetta davanti a Dio e agli uomini. Eppure non è così. I bambini del Bangladesh o di una qualunque provincia asiatica sottoposti a pesanti attività lavorative e ridotti a strumenti di produzione sono un’ingiuria intollerabile: ma quegli stessi bambini, trasferiti nello scenario delle nostre città, e trasformati in appendice degli adulti che mendicano, non suscitano altrettanta rivolta morale. Ma siamo sicuri che siano così diverse le loro condizioni? Non è forse il nostro sguardo, ispessito da troppe chiavi di lettura, a non vedere ciò che è così semplice a vedersi? Ovvero un bambino ridotto in schiavitù? Perché nel primo caso vorremmo liberarlo costi quel che costi e, nel secondo, esitiamo perfino a dirlo? Anche nel primo caso (il lavoro minorile in Bangladesh o altrove), il contesto (la condizione di generale miseria) potrebbe risultare un’attenuante; e il “realismo umanitario” (meglio che lavori a fabbricare palloni piuttosto che venga stuprato negli alberghi degli occidentali) può costituire un argomento degno di attenzione. E tuttavia - e per fortuna - quegli argomenti ci appaiono fallaci, forse vergognosi. Ma ciò non ci impedisce di utilizzarli, o di utilizzarne di molto simili, a proposito dei bambini rom usati come corredo pietistico e incentivo emotivo agli angoli delle strade dai loro stessi parenti. Ovvero: “l’accattonaggio fa parte della loro cultura”, o: “meglio mendicare che rubare”, o ancora: “in ogni caso stanno coi propri genitori”. Se mettiamo da parte la prima considerazione, le altre sono, a mio avviso, altrettante manifestazioni di ipocrisia, che finiscono con l’occultare il corpo di un bambino utilizzato come “mezzo caritatevole” e destinato, nel meno grave dei casi, all’infelicità: o all’abbruttimento e, assai probabilmente, a un futuro di illegalità. Siamo sicuri che non ci siano alternative a tale destino? E siamo sicuri che le alternative - come si sente dire e come, forse, io stesso ho detto talvolta - “sono tutte peggiori”? Pongo queste domande perché all’interno del centro sinistra in coincidenza con la presentazione del pacchetto sicurezza (ma la norma in questione è già prevista) - si discute dell’opportunità di sospendere la patria potestà a quei genitori che piegano i propri figli all’attività di accattonaggio. Voglio esser chiaro: non penso sia un provvedimento da respingere immediatamente e totalmente, se si rispettano due condizioni. La prima è relativa all’efficacia o meno della misura; la seconda va valutata in rapporto alle conseguenze che potrà avere sul minore. Quel provvedimento è sufficiente a sottrarre quel bambino al circuito dell’accattonaggio? E, poi, sarà possibile affidare ad altri - che diano garanzie maggiori - la responsabilità di quel bambino, della sua crescita e del suo futuro? Dunque, se è ragionevole pensare che quel futuro potrà essere migliore o, comunque, meno ostile, una misura estrema come questa non va pregiudizialmente esclusa. Correlata a questa considerazione, ne va fatta un’altra: il destino di quel bambino - dato in affido o in carico ai servizi sociali o comunque “più protetto” - sarà effettivamente migliore di quello dei suoi coetanei rimasti nelle proprie famiglie e ancora impiegati come supporto all’attività di accattonaggio? Ecco: è in questi termini, a mio avviso, che la questione va posta. E va posta assai concretamente e pragmaticamente, con riferimento a scelte da assumere subito e da applicare nell’immediatezza dei fatti. Ciò non esclude - anzi! - la possibilità di affrontare sin da ora tutte le questioni “di contesto”, e che rimandano a cause profonde e lontane: ma quest’ultimo modo di procedere - questa strategia lungimirante: ovvero di medio e lungo periodo - non deve essere considerata come precondizione ineludibile, e premessa insuperabile, per assumere oggi, e nel frattempo, altre, urgenti e congiunturali, decisioni. In altri termini, se la sospensione della patria potestà o la condanna penale nei confronti dei genitori o altre misure altrettanto severe rispondono ai due criteri prima indicati (efficacia del provvedimento ed efficacia delle soluzioni alternative per l’affidamento dei minori), esse vanno assunte senza aspettare che politiche pubbliche, strategie sociali e programmi culturali ottengano il giusto risultato: il fatto, cioè, che siano quegli stessi genitori a rinunciare all’uso manipolatorio dei propri figli. Insomma, siamo in presenza di un caso dove - mentre si lavora per rimuovere le cause lontane - si deve agire, e subito, per intervenire, qui e ora, su ciò che, qui e ora, dolorosamente accade. P.S. Quella appena esposta è una traccia di ragionamento, ma non è detto che sia il mio ragionamento. E tuttavia, se qualcuno me lo esponesse in questi termini, avrei difficoltà a non prenderlo in considerazione. D’altra parte, ritengo che i criteri indicati (efficacia delle misure a tutela dei diritti fondamentali della persona) valgano per l’intero discorso sulle politiche per la sicurezza.
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