----- Original Message -----
From: pietroancona@tin.it
To: tranfaglia nicola professore torino
Sent: Thursday, November 08, 2007 7:40 PM
Subject: le mafie del mezzogiorno
Caro Professore,
non ti offenderai se ti dico che la prossima volta che ti occuperai di
mafia farai bene a documentarti meglio sulla situazione del Sud
specialmente sul versante
dell'analisi dei comportamenti delle popolazioni e dei partiti
hai scritto:
"Ma l’altro strumento di cui si parla assai poco e che nel lungo periodo
può essere davvero decisivo è quello della mentalità collettiva,
dell’acculturazione delle grandi masse popolari e piccolo-borghesi ma
anche di quelle delle classi dirigenti locali.
Manca, in quelle regioni, una cultura dello stato di diritto, degli
interessi generali, dello spirito di cooperazione moderno,di un
superamento degli interessi individuali e familiari o del clan
particolare."
Sono affermazioni del tutto prive di fondamento. Esiste un problema
solo ed è quello del comportamento dei gruppi dirigenti politici e del
loro rapporto con le mafie.
Nel PD ci sono importanti personaggi napoletani calabresi e siciliani
che hanno asservito le amministrazioni regionali alle peggiori pratiche
di favoritismo di interessi illegali che sono il terreno di coltura
degli interessi malavitosi e mafiosi. Prendi la legislazione della
Regione Calabria diretta dall'ineffabile Lojero o quella della regione
Campania dell'inossidabile Bassolino e quella siciliana di Cuffaro e dei
suoi compari bipartisan e ti renderai conto facilmente come sia
necessaria una bonifica radicale dell'ambiente politico. Il delitto
Fortugno è maturato in questo contesto. E' un delitto interno al quadro
politico della Regione.
La cultura delle cittadinanze meridionali non abbisogna di nessuna
opera di proselitismo verso lo stato di diritto. (Prova ne siano le
grandi e frequenti manifestazioni e movimenti contro la mafia nel
mezzogiorno e solo nel mezzogiorno). Le popolazioni meridionali non
sono diverse da quelle toscane o piemontesi. Se c'è mancanza di cultura
del bene comune dovresti guardare al Governo fatto da una caterva di
ministri e sottosegretari e ai parassitari palazzi romani che
inghiottono come pitoni le risorse del Paese. Certamente la mafia è un
fenomeno interno al Mezzogiorno ma sarebbe razzistico e sbagliato darne
una interpretazione etnologica o antropologica.
La mafia è il problema che l'Italia deve risolvere
a partire dall'allineamento del governo al sostegno della diffusa
rivolta che è in corso specialmente in Sicilia di centinaia di
imprenditori che rifiutano di pagare il pizzo.
C'è un grosso fatto nuovo: a Gela, sei imprenditori dopo aver ottenuto
la condanna penale dei loro sfruttatori mafiosi, li hanno citati in sede
civile per risarcimento danni!!! Quando la gente cessa di avere paura è
la mafia a dover avere paura.
Se debbo essere sincero, le forze impegnate tra gli imprenditori, la
magistratura, la polizia in prima linea contro la mafia non ricevano
adeguato sostegno dallo Stato. Sembra quasi che si registrino i successi
recenti con un certo imbarazzo.
Cordiali saluti.
Pietro Ancona
___________________
L'Unità 8.11.2007
Mafia, la battaglia continua
Nicola Tranfaglia
Non avrebbe senso mettere in dubbio che la cattura dei Lo Piccolo e
degli altri «colonnelli» del gruppo erede di Provenzano ha rappresentato
una vittoria delle forze dell’ordine siciliane e delle altre strutture
repressive nei confronti di Cosa Nostra. Come è dimostrato dalla storia
difficile sulla cattura del «capo dei capi» Provenzano, devono esserci
circostanze e volontà rilevanti per raggiungere simili risultati e ha
relativa importanza la disputa su quali interne rivalità o concorrenze
abbiano favorito la cattura. È probabile, a mio avviso, che Lo Piccolo,
padrone e controllore del traffico delle estorsioni in gran parte
dell’isola, non fosse stato investito di una carica suprema sia perché
la rivalità con Matteo Messina Denaro, boss della mafia trapanese, aveva
trovato un accomodamento temporaneo e non un pace vera sia perché i
grandi traffici internazionali di Cosa Nostra sono probabilmente in
altre mani.
Certo, la questione del rientro degli «americani» (Inzerillo ed altri)
costituisce un problema ancora irrisolto e non siamo in grado di
prevedere come si evolverà. È l’eredità dei corleonesi, e la scelta
della linea politica della mafia siciliana, a costituire il prossimo
terreno d’accordo o di scontro all’interno della commissione
interprovinciale e vedremo presto che cosa succederà.
Proprio per questo non ci si può far prendere da un ottimismo eccessivo
e ritenere che la mafia abbia perduto la sua guerra e che lo Stato stia
per vincerla. Al contrario, le posizioni segnalano che, al di là di
battaglie singole pur significative, vale la pena ricordare che, nelle
tre regioni in cui il dominio territoriale delle cosche resta invasivo e
il controllo economico soffocante (Sicilia, Calabria, Campania e una
parte della Puglia), la mafia ha conseguito risultati imbarazzanti per
una democrazia moderna.
Economia, società e istituzioni sono condizionate in maniera
determinante dall’espansione dei metodi mafiosi presenti nella società
politica, come in quella civile ed economica.
I politici o i magistrati che si spingono a cercare di combatterle o
operano in maniera contraddittoria si trovano subito in pericolo e in
casi estremi vengono eliminati (basta ricordare il caso Fortugno in
Calabria). Oppure il caso opposto del presidente della regione siciliana
processato, con qualche innegabile fondamento, segnala forme di
penetrazione che non risparmiano neppure i vertici istituzionali.
La verità storica dimostra, almeno da centocinquant’anni, che il
processo di conquista da parte delle mafie (e in questo momento sono la
’ndrangheta e la camorra a guidare la corsa grazie alla maggior
disgregazione delle due regioni interessate e un numero minore di
sconfitte politico-militari) procede e, sul piano economico-finanziario,
ha conseguito risultati assai difficili da mettere in discussione. Le
ragioni che hanno condotto a questa difficile situazione sono chiare ma
le classi dirigenti italiane (parlo della coalizione che governa come di
quella che è all’opposizione pur con rilevanti e note differenze)
stentano ancora, pur dopo tutta l’esperienza storica ormai accumulata, a
rendersi conto che la repressione di polizia e magistratura, sempre
necessaria, non può da sola (anche se fosse costante e tutti sappiamo
che così non è stato nell’ultimo decennio) risolvere il problema.
Mancano altri due strumenti difficili da mettere in azione ma
indispensabili per mettere la mafia in crisi grave e addirittura
definitiva.
Il primo è costituito dallo sviluppo economico delle tre regioni
direttamente interessate che oggi è malato e, almeno in buona parte,
caratterizzato da meccanismi parassitari. Penso in questo momento alla
situazione campana, in cui, nelle precedenti esperienze di governo, né
il centro-destra né il centro-sinistra sono riusciti a innescare regole
virtuose, a livello locale come nazionale, per uscire dal sottosviluppo.
E lo stesso discorso si può applicare alla Calabria che ha visto, più o
meno negli stessi anni, cambiare i governi locali senza verificare
risultati positivi. Non basta cambiare le èlites di governo o gli
obbiettivi enunciati per ottenere salti di qualità rilevanti. È troppo
forte l’inquinamento mafioso o il processo disgregativo è andato troppo
avanti nella conquista della società politica e di quella civile?
Ma l’altro strumento di cui si parla assai poco e che nel lungo periodo
può essere davvero decisivo è quello della mentalità collettiva,
dell’acculturazione delle grandi masse popolari e piccolo-borghesi ma
anche di quelle delle classi dirigenti locali.
Manca, in quelle regioni, una cultura
dello stato di diritto, degli interessi generali, dello spirito di
cooperazione moderno,di un superamento degli interessi individuali e
familiari o del clan particolare.
E non basta far retorica su questi problemi. È necessaria, al contrario,
un’opera costante a livello nazionale e locale per inoculare, negli anni
infantili e dell’adolescenza, i valori fondamentali di una convivenza
civile caratterizzata dalle regole del diritto, dell’uguaglianza, della
solidarietà piuttosto che quelle della prepotenza e dell’arroganza a
livello individuale come a quello collettivo.
Sembra un’utopia irrealizzabile? Eppure è un obbiettivo in gran
parte realizzato nei maggiori paesi europei come la Francia, la
Germania, l’Inghilterra e la Spagna. Che cosa manca al nostro paese
perché si vada in questa direzione? Aspettiamo risposte dal governo che
sosteniamo con convinzione dal momento in cui ha iniziato la sua opera.
Pubblicato il: 08.11.07
Modificato il: 08.11.07 alle ore 15.05
© l'Unità.
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----- Original Message -----
Sent: Saturday, November 10, 2007 9:42 AM
Subject: Il birazzismo del
Panzino.
Caro Sansonetti,
ti rivolgo viva preghiera, come siciliano,
di pubblicarmi questa nota all'articolo apparso ieru sul Corriere a
firma di tale Francesco Merlo non nuovo in imprese di alta xenofobia
Pietro
Il birazzismo del Panzino
=========
Senza alcuna intenzione offensiva debbo
dire che la prosa ricca di aggettivi a volte estremi di Francesco Merlo
mi ricorda quella di GianPaolo Panza famoso per invenzioni linguistiche
fascinose come "la balena bianca" per indicare la DC o "baffino di
ferro" per indicare D'Alema. Francesco Merlo si sforza di imitare il
Panza ma i risultati non sono sempre incoraggianti.
Ieri si è lasciato andare ad una lunga
acrimoniosa ed a volte velenosetta scorribanda nei quartieri meridionali
ed in particolare in quelli siciliani. Un lungo pezzo dove ho contato un
numero di aggettivi ragguardevole che in sostanza è l'estrinsecazione di
un proverbio siciliano "niuru cu niuru non tingi!" in sostanza per dire
che criminali noi siciliani (tutti? Si tutti se non criminali,
"marinati" nella cultura del crimine), criminali i rumeni abbiamo gli
anticorpi e la conoscenza necessari per non subirne le violenze.
Sono stupito! Manco se il nostro Merlo
fosse nato in Sicilia e subisse quella sindrome meravigliosamente
descritta da Nino Martoglio ne "l'aria del continente", la sindrome di
chi, trapiantato in Italia (continente), nei suoi rientri nell'Isola
ostenta il "tischi toschi", modi ed abitudini contratti al nord esibiti
goffamente ma con molta sicumera. Ma penso che il nostro Merlo sia nato
a Torino e quindi, al massimo, avrà la mentalità dei pedemontani
fruitori dell'impresa dei Mille!.
Ad un certo punto del suo componimento
parla dei pellegrinaggi degli srilankesi al santuario di Santa Rosalia,
un lunga arrampicata in processione sul bellissimo monte che sovrasta il
porto di Palermo per recare ceri o altri doni alla Santuzza. Se il Merlo
si fosse preso la briga di approfondire il problema saprebbe che, da
sempre, nei ristoranti cingalesi di Palermo sono esposti quadri delle
divinità indiane accanto a quelle di Cristo, la Madonna con il naso di
elefante accanto alla nostra Madonna! La cultura religiosa di questi
civilissimi indiani è sincretistica, rispetta come manifestazioni della
divinità tutte le divinità esistenti al mondo come del resto facevano
gli antichi romani che vennero alle mani con i cristiani perchè questi
volevano che soltanto il loro Dio fosse considerato tale e si rifutavano
di adorare la figura dell'imperatore, cioè di sottomettersi al potere
civile. Mi viene da pensare come sarebbe stato migliore il mondo senza i
monoteismi. Ieri sera, sfogliando un vecchio libro di storia, ho avuto
modo di guardare con rinnovato orrore una stampa che illustra la
decapitazione dei musulmani ad opera dei Templari!
Mi viene ancora da pensare al coraggioso e
cristianissimo parroco di Treviso (l'antro del lupo razzista) che apre
la porta della sua Chiesa ai musulmani riconoscendosi con ciò nella
verità più profonda del cristianesimo. "Ama il prossimo tuo come te
stesso".
Ieri è stata una giornata durissima per
i pennivendoli razzisti: le dichiarazioni di Barroso contro i
nazionalismi, l'intervista del Prefetto di Roma che è una lezione di
etica civile da trasmettere a tutte le scuole italiane, il gesto del
parroco trevisano. Il Paese, avvelenato da mesi e mesi di martellamento
massmediatico xenofobo ha respirato tre piccole boccate di ossigeno!
Per quanto scrive Merlo non vale la pena
neppure di smentirlo riga per riga. La generalizzazione xenofoba che fa
dei siciliani o dei calabresi (come se i ragazzi di Locri fossero
identici ai mafiosi) è frutto di pregiudizi nutriti da ignoranza. La
Sicilia è popolata da persone civili ed anche da persone meno civili. E'
raro trovarvi il razzismo nel senso che abbiamo ancora nelle orecchie
il "forza etna" dei razzisti veneti e nel senso che il popolo siciliano
vivente nel mondo se sommato è più di venti milioni di persone. Niuru cu
niuri non tingi perchè tra discriminati scatta il meccanismo della
solidarietà. Se i rumeni fossero stati ricchi non avrebbero subito la
discriminazione degli avidi e feroci sfruttatori italiani che
impiantando le industrie in Romania hanno fatto opera di rapina e di
sevizie sociali pagando dieci ore di lavoro per pochi spiccioli al mese!
I russi ricchissimi del post muro di Berlino vengono accolti con
ruffianierie a non finire appunto perchè hanno gli "sghei" che è l'unica
cosa che certa subcultura di destra riesce a rispettare.
Da noi la comunità dello Sri Lanka vive
da oltre venti anni e conta diecimila persone. Palermo accoglie nella
sua povertà meridionale oltre centomila stranieri. A casa mia viene con
la madre una volta la settimana una bellissima ed intelligentissima
bambina nata a Palermo con genitori delle Isole mauritiane. Spero di
vivere abbastanza per aiutarla a laurearsi (la madre non ha potuto per
quattro materie bloccata dal bisogno di lavorare). Il palazzo dove abito
e dove siamo ormai quasi tutti anziani, essendo stato costruito nel
millenovecento sessanta, è popolato da silenziose e sorridenti rumene a
volte anche con due lauree, che con grande dignità curano nostri
vecchi e li accompagnano a passeggio o a fare l'elettrocardiogramma.
Ebbene io vedo in loro esseri umani. Io mi sento un essere umano quando
penso a loro come esseri umani dentro i quali ci può anche essere
l'assassino di Giovanna come dentro di noi ci può essere l'assassino
della ragazza di Perugia. Ma io voglio sperare in un futuro in cui i
valori della civiltà siano talmente forti ed incombenti da rendere
impossibile la soppressione di una sola vita umana!
Pietro Ancona
----- Original Message -----
From: pietroancona@tin.it
To: palermo@repubblica.it
Cc: g.gullo@repubblica.it
Sent: Saturday, November 17, 2007 6:14 PM
Subject: la mafia e
l'antropologia
Cara Repubblica,
ancora c'è chi insiste nel mondo
accademico italiano, tra i grandi intellettuali che firmano gli
editoriali dei giornali, a far risalire le radici della mafia al
carattere dei siciliani (inteso in senso leopardiano), come un dato
antropologico ed etnologico che richiede
per la sua scomparsa una lunga
rieducazione del popolo siciliano alla cultura dello stato di
diritto.
Se questa teoria fosse vera
bisognerebbe chiedersi come mai prima dell'unità d'Italia questo
fenomeno fosse del tutto assente in Sicilia. Non ne esiste traccia
nei documenti, nelle storie, negli archivi penali o militari
dell'isola. La mafia appare nella seconda metà dell'ottocento a
seguito del processo di unificazione dell'Italia.
Insomma non si tratta di
antropologia, di una sorta di mutazione dell'homo siculus destinata
a rimanere nel nostro DNA e nella nostra cultura. Come diceva
Falcone la mafia fatta da uomini ha un inizio ed avrà una fine.
Lavoriamo perchè avvenga al più presto possibile.
Pietro Ancona
.
----- Original Message -----
Sent: Sunday, November 18, 2007 4:38 PM
Subject: La mafia
invisibile. Criminalità organizzata al nord.
<<Un sindaco di Milano affermava
che a Milano la mafia non esiste: non bisognava infangare il
buon nome milanese. Oggi proprio non se ne parla: mafia
invisibile! Cosa nostra in Sicilia, la 'ndrangheta in Calabria,
a Nord c'è "la
rinascente">> (audio:
Osservatorio Milanese sulla Criminalità Organizzata al Nord )
Duro scoglio per
l'approccio antropologico al fenomeno mafia!! Nel
libro I complici di Lirio Abate non c'è un solo "fatto" mafioso
tra quelli descritti e commesso in combutta con i complici
politici che possa essere fatto risalire o avere una
connessione con un carattere del popolo siciliano, con una
"mentalità mafiosa", o con il cosiddetto "sentire mafioso".
(Mafia vista erroneamente come comportamento e non come
organizzazione come giustamente fa osservare Salvatore Lupo).
L'unico argomento che potrebbe
essere usato dai sostenitori dell'approccio antropologico al
fenomeno mafioso, è quello del pizzo, ma è un falso argomento.
Per costoro chi paga il pizzo lo fa perchè ha una cultura
mafiosa, non ha senso civico, poco ci manca che non venga
accusato di essere in combutta con la mafia! Argomento
insostenibile visto che chi paga il pizzo è taglieggiato e non
favorito dalla mafia !!! Nel mio quartiere ho visto cadere in
rovina una famiglia di brave persone che avevano una grande
cartolibreria e tabaccheria e potrei citare altri esempi.
Il pizzo si paga laddove non
esistono minime condizioni di sicurezza per le vittime a meno di
pagare con la vita come Libero Grassi. Infatti dove si sono
create condizioni per permea resistenza non isolata c'è stato il
rifiuto a pagarlo e la denuncia degli estortori. Condizioni
oggettive e non svolta culturale
Saluti Giuseppina
http://www.radioradicale.it/organizzatori/osservatorio-milanese-sulla-criminalita-organizzata-al-nord
http://www.radioradicale.it/scheda/239507/convegno-sul-tema-la-mafia-invisibile-criminalita-organizzata-al-nord-controllo-del-territorio-e-potenza-e
http://www.radioradicale.it/organizzatori/associazione-saveria-antiochia-omicron-onlus
Seguito a La mafia invisibile.
Cara Madunina
La mafia invisibile al Nord da oggi
non più tanto invisibile. La speculazione edilizia di stampo iper
mafioso a Milano, e quindi la mafia, ora è stata resa visibile a
tutti quelli che hanno seguito la coraggiosa trasmissione Report di
Milena Gabanelli
Vi trascrivo due battute ascoltate nel
corso della trasmissione: <<BERNARDO IOVENE
Ligresti...Stiamo parlando
di Ligresti Ligresti?
SERGIO BRENNA - PROFESSORE DI URBANISTICA
Ligresti! Salvatore, Don Salvatore, Don Salvatore, è lui, Don
Salvatore.>>
Saluti Giuseppina