RASSEGNA STAMPA |
Bellissimo discorso do Fidel Castro nella scuola elementare “Marcelo Salado” di Cárdenas, il 5 dicembre 2003,
Perché Cuba sta esportando la sanità pubblica ai poveri del mondo? 2007
Ipocrisia sui diritti umani: Quando gli Usa provano a criticare Cuba
Cuba in cifre La speranza di vita alla nascita
è di 76.5 anni; Oggi nel mondo ci sono 860 milioni di persone
completamente analfabete. Nessuno di loro è cubano. Ogni 100.000
abitanti, Cuba conta su 590 medici; L'UNESCO, nel 1999, nella
relazione sull'educazione in 13 paesi dell'America Latina pone Cuba
al primo posto in tutte le materie. Su 11 milioni di abitanti, a
Cuba più di 500 000 hanno il livello di laurea universitaria e
attualmente vi sono quattro milioni di studenti.
Nel 2003 la CEPAL ha segnalato che in America Latina e nei Caraibi
vi sono 102 milioni di esseri umani in completa indigenza, vale a
dire il 20 % della popolazione. Nessuno di loro è cubano.
In Honduras circa il 67 % degli abitanti patiscono la più brutale
miseria. In America Latina, 54 milioni di latinoamericani patiscono
la malnutrizione. Nessuno di loro è cubano.
In Messico il 34 % dei bambini minori di cinque anni è colpito da
una malnutrizione cronica. In Guatemala questo valore raggiunge il
50 %. Nel mondo ogni sette secondi un bambino di meno di dieci anni
muore di fame. Nessuno di loro è cubano.
Secondo la FAO, 842 milioni di persone soffrono di malnutrizione
cronica. Nessuna di loro è cubana.
FIDEL CASTRO RISPONDE AD OBAMA, marzo 2016
NON NECESSITIAMO REGALI DALL’IMPERO. I NOSTRI SFORZI SARANNO LEGALI E PACIFICI, PERCHÈ È IL NOSTRO IMPEGNO CON LA PACE E LA FRATERNITÀ DI TUTTI GLI ESSERI UMANI CHE VIVIAMO IN QUESTO PIANETA QUI
Fidel contro Obama: «Non abbiamo bisogno dei regali dell’impero Usa»
Fidel Castro prende posizione sugli accordi bilaterali
Cuba-Usa
Contro Cuba il solito, triste mercato Usa dei diritti umani
A proposito di Cuba nota Giuseppina Ficarra il giorno venerdì 11 maggio 2012
Fidel Castro
prende posizione sugli accordi bilaterali Cuba-Usa mandandoci a dire
che egli continua a non nutrire nessuna fiducia nella politica
americana. FIDEL CASTRO: PER I MIEI COMPAGNI DELLA
FEU - Federación Estudiantil Universitaria (Federazione degli Studenti
Universitari) Cari compagni, Traduzione: Redazione di El Moncada
buona lettura:
dall’anno 2006, per motivi di salute incompatibili con il tempo e lo
sforzo necessario per adempiere a un dovere - che imposi a me stesso
quando entrai in questa Università il 4 settembre 1945, 70 anni fa - ho
rinunciato ai miei incarichi.
Non ero figlio di un operaio, né mi mancavano le risorse materiali e
sociali per un’esistenza relativamente comoda; posso dire che sono
miracolosamente scampato alla ricchezza. Molti anni dopo, il
nordamericano più ricco e senza dubbio molto capace, con quasi 100.000
milioni di dollari, ha dichiarato - come ha pubblicato un’agenzia di
notizie lo scorso giovedì 22 gennaio - che il sistema di produzione e
distribuzione privilegiata delle ricchezze trasformerà di generazione in
generazione i poveri in ricchi.
Dai tempi dell’antica Grecia, per quasi 3.000 anni, i greci, senza
andare più lontano, sono stati brillanti in quasi tutte le attività:
fisica, matematica, filosofia, architettura, arte, scienza, politica,
astronomia e altre branche del sapere umano. La Grecia, tuttavia, era un
territorio di schiavi che facevano i lavori più duri nelle campagne e
nelle città, mentre un’oligarchia si dedicava a scrivere e filosofare.
La prima utopia è stata scritta proprio da loro.
Osservate bene le realtà di questo noto, globalizzato e mal distribuito
pianeta Terra, dove si conosce ogni risorsa vitale depositata in virtù
di fattori storici: alcuni con molto meno di quello di cui hanno bisogno
e altri con tanto che non sanno che cosa farsene. Adesso, in mezzo a
grandi minacce e pericoli di guerra, regna il caos nella distribuzione
delle risorse finanziarie e nella ripartizione della produzione sociale.
La popolazione del mondo è cresciuta, tra gli anni 1800 e 2015, da mille
milioni a settemila milioni di abitanti. Si potranno risolvere in questo
modo l’incremento della popolazione nei prossimi anni e le necessità di
cibo, salute, acqua e abitazioni che avrà la popolazione mondiale
qualunque siano i progressi della scienza?
Bene, ma lasciando da parte questi enigmatici problemi, stupisce pensare
che l’Università di La Habana, nei giorni in cui sono entrato in questa
cara e prestigiosa istituzione, quasi tre quarti di secolo fa, era
l’unica che c’era a Cuba.
Tra l’altro, compagni studenti e professori, dobbiamo ricordare che non
si tratta di una, ma che oggi abbiamo più di cinquanta centri di
educazione superiore ripartiti in tutto il paese.
Quando mi avete invitato a partecipare all’apertura della giornata per
il 70° anniversario del mio ingresso all’Università, cosa che ho saputo
all’improvviso, e in giorni molto impegnati su diversi temi nei quali
forse posso essere ancora relativamente utile, ho deciso di riposare
dedicando alcune ore al ricordo di quegli anni.
Mi secca scoprire che sono passati 70 anni. In realtà, compagni e
compagne, se mi iscrivessi di nuovo a quest’età come alcuni mi chiedono,
risponderei senza esitazione che sarebbe ad una facoltà scientifica.
Laureandomi, direi come Guayasamin, lasciatemi una lucina accesa.
In quegli anni, già influenzato da Marx, sono riuscito a capire di più e
meglio lo strano e complesso mondo nel quale a tutti noi è toccato
vivere. Ho potuto prescindere dalle illusioni borghesi, i cui tentacoli
sono riusciti a irretire molti studenti, quando possedevano meno
esperienza e più ardore. Il tema sarebbe lungo e interminabile.
Un altro genio dell’azione rivoluzionaria, fondatore del Partito
Comunista, è stato Lenin. Per questo non ho esitato un secondo quando
nel processo del Moncada al quale mi hanno permesso di partecipare,
anche se una sola volta, ho dichiarato davanti ai giudici e a decine di
alti ufficiali batistiani che eravamo lettori di Lenin.
Di Mao Tse-tung non abbiamo parlato perché non aveva ancora concluso la
Rivoluzione Socialista in Cina, ispirata da identici propositi.
Avverto, tuttavia,che le idee rivoluzionarie devono stare sempre in
guardia man mano che l’umanità moltiplica le sue conoscenze.
La natura ci insegna che possono essere trascorsi decine di migliaia di
milioni di anni luce e la vita in qualunque delle sue manifestazioni è
sempre soggetta alle più incredibili combinazioni di materia e
radiazioni.
Il saluto personale dei Presidenti di Cuba e degli Stati Uniti è
avvenuto al funerale di Nelson Mandela, insigne ed esemplare combattente
contro l’Apartheid, che era amico di Obama.
Basta segnalare che già in quella data, erano trascorsi vari anni da
quando le truppe cubane avevano sconfitto in forma schiacciante
l’esercito razzista del Sudafrica, diretto da una borghesia ricca e con
enormi risorse economiche. È la storia di una battaglia che sta per
essere scritta. Il Sudafrica, il governo con più risorse finanziarie di
quel continente, possedeva armi nucleari fornite dallo stato razzista di
Israele, in virtù di un accordo tra questo e il presidente Ronald
Reagan, che lo autorizzò a consegnare i dispositivi per l’uso di quelle
armi con le quali colpire le forze cubane e angolane che difendevano la
Repubblica Popolare dell’Angola contro l’occupazione di quel Paese da
parte dei razzisti. In quel modo si escludevano tutti i negoziati di
pace, mentre l’Angola era attaccata dalle forze dell’Apartheid con
l’esercito più addestrato ed equipaggiato del continente africano.
In quella situazione non c’era alcuna possibilità di una soluzione
pacifica. Gli incessanti sforzi per liquidare la Repubblica Popolare
dell’Angola, per dissanguarla sistematicamente con il potere di quel ben
addestrato e equipaggiato esercito, sono stati ciò che ha determinato la
decisione cubana di sferrare un colpo decisivo contro i razzisti a Cuito
Cuanavale, ex base della NATO, che il Sudafrica cercava di occupare a
tutti i costi.
Quel prepotente paese è stato obbligato a negoziare un accordo di pace
che ha messo fine all’occupazione militare dell’Angola e ha segnato la
fine dell’Apartheid in Africa.
Il continente africano fu liberato dalle armi nucleari. Cuba ha dovuto
affrontare, per la seconda volta, il rischio di un attacco nucleare.
Le truppe internazionaliste cubane si sono ritirate con onore
dall’Africa.
È sopraggiunto poi il ‘Período Especial’ in tempo di pace, che è durato
più di 20 anni, senza che alzassimo bandiera bianca, una cosa che non
abbiamo fatto e non faremo mai.
Molti amici di cuba conoscono l’esemplare condotta del nostro popolo, e
a loro spiego in poche parole la mia posizione essenziale.
Non ho fiducia nella politica degli Stati Uniti né ho scambiato una
parola con loro, senza che questo significhi, tanto meno, un rifiuto a
una soluzione pacifica dei conflitti e dei pericoli di guerra. Difendere
la pace è un dovere di tutti. Qualunque soluzione pacifica e negoziata
ai problemi tra gli Stati Uniti e i popoli o qualsiasi popolo
dell’America Latina, che non implichi la forza o l’impegno della forza,
dovrà essere trattata secondo i principi e le nome internazionali.
Difenderemo sempre la cooperazione e l’amicizia con tutti i popoli de
mondo e tra loro quelli dei nostri avversari politici. È quello che
stiamo chiedendo per tutti.
Il Presidente di Cuba ha fatto i passi opportuni in accordo con le sue
prerogative e le facoltà che gli concedono l’Assemblea Nazionale e il
Partito Comunista di Cuba.
I gravi pericoli che oggi minacciano l’umanità dovrebbero cedere il
passo a norme che siano compatibili con la dignità umana. Da questi
diritti non è escluso nessun paese.
Con questo spirito ho lottato e continuerò a lottare fino all’ultimo
respiro.
Fidel Castro Ruz
26 gennaio 2015
Ore 12:35 p.m
http://www.cubadebate.cu/…/fidel-castro
4 Lug 2011 Da: Fidel Castro Ruz
L’attenzione per altri temi, adesso prioritari, mi hanno appartato momentaneamente dalla frequenza con cui elaboravo riflessioni nel 2010, ma indubbiamente la dichiarazione del leader rivoluzionario Hugo Chávez Frías di giovedì 30 mi obbliga a scrivere queste linee.
Il presidente del Venezuela è uno degli uomini che hanno fatto di più per la salute e l’educazione del suo popolo; dato che sono temi in cui la Rivoluzione cubana ha fatto le maggiori esperienze, collaboriamo al massimo e con molto piacere in questi due settori con questo fraterno paese.
Non si tratta in assoluto del fatto che in questo paese mancavano i medici, al contrario ce n’erano molti ed anche, tra loro, professionisti capaci come in altri paesi dell’America Latina. Si tratta di una questione sociale. I medici migliori e le attrezzature più sofisticate potrebbero essere a disposizione, come in tutti paesi capitalisti, al servizio della medicina privata, e a volte nemmeno di questa, perchè nel capitalismo sottosviluppato come quello che c’era in Venezuela la classe ricca conta con mezzi sufficienti per andare nei migliori ospedali degli Stati Uniti o dell’Europa, fatto abituale che nessuno può negare.
Peggio ancora: gli Stati Uniti e l’Europa si sono caratterizzati per sedurre i migliori specialisti di qualsiasi paese sfruttato del Terzo Mondo, per far sì che abbandonino la Patria ed emigrino nella società del consumo. Formare medici per questo mondo dei paesi sottosviluppati implica favolose somme, che milioni di famiglie povere dell’America e dei Caraibi non potrebbero mai pagare. A Cuba questo succedeva sino a che la Rivoluzione ha accettato la sfida non solo di formare medici capaci di servire il nostro paese, ma di altri popoli della’America Latina, dei Caraibi o del mondo.
Non abbiamo mai strappato le intelligenze agli altri popoli. In cambio a Cuba si sono formati gratuitamente decine di migliaia di medici ed altri professionisti di alto livello, per renderli ai propri paesi, Grazie alle loro profonde rivoluzioni bolivariane e martiane, il Venezuela e Cuba sono paesi dove la salute e l’educazione si sono sviluppate straordinariamente. Tutti i cittadini hanno il diritto reale di ricevere gratuitamente l’educazione generale e una formazione professionale, una cosa che gli Stati Uniti non hanno potuto nè potranno garantire a tutti i loro abitanti.
La realtà è che il governo di questo paese investe ogni anno un milione di milioni di dollari nel suo apparato militare e nelle sue avventure guerresche. Inoltre è il maggior esportatore di armi e strumenti di morte ed il maggior mercato di droghe del mondo. Per questo traffico decine di migliaia di latinoamericani perdono la vita ogni anno.
È una cosa tanto nota e reale, che più di 50 anni fa, un presidente militare denunciò in tono amaro il potere decisivo accumulato dal complesso militare industriale di questo paese.
Queste parole sarebbero di troppo se non ci fosse di mezzo l’odiosa e ripugnante campagna sferrata dai mezzi di diffusione di massa dell’oligarchia venezuelana al servizio di questo impero, utilizzando le difficoltà di salute che s sta attraversando il presidente bolivariano. A questi ci unisce una stretta e indistruttibile amicizia, sorta dalla prima volta che venne nella nostra Patria, il 13 dicembre del 1994.
Alcuni si sono stupiti della coincidenza della visita a Cuba con la necessità di assistenza medica avvenuta. Il presidente venezuelano ha visitato il nostro paese con lo stesso obiettivo che lo aveva portato in Brasile e in Ecuador e non aveva alcuna intenzione di ricevere un servizio medico nella nostra Patria.
Come si sa, un gruppo di specialisti cubani della sanità presta da diversi anni i suoi servizi al presidente venezuelano che, fedele ai suoi principi bolivariani, non ha mai visto in loro degli stranieri indesiderabili, ma i figli della Grande Patria latinoamericana per la quale lottò il Libertador sino all’ultimo respiro.
Il primo contingente di medici cubani partì per il Venezuela quando avvenne la tragedia nello stato Vargas che costò migliaia di vite a questo nobile popolo. Quell’azione di solidarietà non era nuova e costituiva una tradizione radicata nella nostra Patria, dai primi anni della Rivoluzione, da quando, quasi mezzo secolo fa, i medici cubani furono inviati in Algeria, che era da poco indipendente.
La tradizione si approfondì mentre la Rivoluzione, nel mezzo di una blocco crudele, formava i medici internazionalisti. Paesi come il Perù, il Nicaragua di Somoza e altri dell’ emisfero e del Terzo Mondo soffersero tragedie per terremoti e altre cause, e necessitarono la solidarietà di Cuba Così la nostra Patria è diventata la nazione del mondo con il più alto indice di medici e personale specializzato nella sanità, con elevati livelli d’esperienza e capacità professionale.
Il Presidente Chávez s’impegnò nell’attenzione al nostro personale della sanità. Così nacque e si sviluppò il vincolo di fiducia e amicizia tra lui e i medici cubani che furono sempre molto sensibili al trattamento del leader venezuelano che, da parte sua, è stato capace di creare migliaia di centri per la salute e dotarli degli strumenti necessari, per prestare servizi gratuiti a tutti i venezuelani. Nessun governo al mondo ha mai fatto tanto in così breve tempo per la salute del suo popolo.
Un’elevata percentuale di personale cubano della sanità ha prestato servizio in Venezuela e molti hanno anche lavorato come docenti in determinate materie impartite per la formazione di più di 20.000 giovani venezuelani che cominciano a laurearsi come medici.
Molti di loro hanno cominciato gli studi nel nostro paese. I medici internazionalisti che integrano il Battaglione 51, laureati nella Scuola Latinoamericana di Medicina hanno guadagnato un solido prestigio nel compimento di complesse e difficili missioni.
Su queste basi si sono sviluppate le mie relazioni in questo campo con il presidente Hugo Chávez.
Devo aggiungere che per 12 anni, dal 2 febbraio del 1999, il presidente e leader della Rivoluzione venezuelana non ha riposato un solo giorno e occupa un luogo unico nella storia di questo emisfero. Tutte le sue energie le ha dedicate alla Rivoluzione.
Si potrebbe affermare che per ogni ora extra che Chávez dedica al suo lavoro, un presidente degli Stati Uniti ne riposa due.
Era difficile, quasi impossibile che la sua salute non soffrisse qualche problema, com’e avvenuto negli ultimi mesi.
Persona abituata ai rigori della vita militare, sopportava stoicamente i dolori e le molestie che con frequenza crescente lo colpivano. Date le relazioni d’amicizia sviluppate e gli scambi costanti tra Cuba e il Venezuela, sommati alla mia esperienza personale in relazione alla salute che ho vissuto dal proclama del 30 luglio del 2006, non è raro che mi rendessi conto della necessità di un controllo generale della salute del presidente. È troppo generoso da parte sua attribuirmi alcun merito, specie in questo tema.
Ammetto ovviamente che non è stato facile il compito che mi sono imposto. Non era difficile rendermi conto che la sua salute non andava bene.
Erano passati 7 mesi dalla sua ultima visita a Cuba. Lo staff medico dedicato all’attenzione della sua salute mi aveva chiesto di fare questa gestione. Dal primo momento l’atteggiamento del presidente è stato d’informare il popolo con assoluta chiarezza sul suo stato di salute e per questo, al punto di ritornare, attraverso il suo ministro degli Esteri ha informato il popolo sulla sua salute sino a quel momento e ha promesso di mantenerlo dettagliatamente informato.
Ogni cura è stata accompagnata da rigorose analisi cellulari e di laboratorio che si realizzano in queste circostanze.
Uno degli ultimi esami, diversi giorni dopo il primo intervento chirurgico ha dato risultati che hanno determinato una misura chirurgica più radicale e un trattamento speciale del paziente.
Nel suo degno messaggio del 30 giugno, il presidente, notevolmente migliorato, parla del suo stato di salute con tutta la chiarezza.
Ammetto che per me non è stato facile il compito d’informare l’amico della nuova situazione. Ho potuto apprezzare la dignità con cui ha ricevuto la notizia che per lui – con tanti compiti importanti che aveva nella mente, tra i quali la commemorazione del Bicentenario e la formalizzazione dell’Accordo sull’unità dell’America Latina e dei Carabi- molto più che la sofferenza fisica, implicata da un’operazione radicale, significava una prova che, come ha detto, paragonava ai moment duri che ha dovuto affrontare nella sua vita di combattente invincibile.
Assieme a lui lo staff di persone che lo assistono e che ha definito sublimi, hanno sferrato la magnifica battaglia di cui sono testimone.
Senza esitazioni affermo che i risultati sono impressionanti e che il paziente ha sferrato una battaglia decisiva che lo condurrà, e con lui il Venezuela, ad una grande vittoria.
Il suo allegato si deve comunicare con esattezza in tutte le lingue, ma soprattutto che sia tradotto e sottolineato in inglese, una lingua che si può intendere in questa torre di Babele in cui l’imperialismo ha trasformato il mondo.
Adesso i nemici esterni ed interni di Hugo Chávez sono alla mercè delle sue parole e delle sue iniziative. Ci saranno senza dubbio delle sorprese per loro. Offriamo il più fermo appoggio e la fiducia. Le menzogne dell’impero e il tradimento dei venditori della patria saranno sconfitti. Oggi ci sono milioni di venezuelani combattivi e coscienti che l’oligarchia e l’impero non li potranno sottomettere mai più.
Fidel Castro Ruz 3 luglio 2011
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Dispiace constatare, una volta ancora, che un politico di professione, per di più di sinistra, dimostri una così scarsa conoscenza riguardo a questi due concetti, quando si parla di Cuba.
Il popolo cubano ha conquistato la propria libertà il 1° gennaio 1959, dopo una lotta di trent’anni contro il colonialismo spagnolo, poi di altri sessant’anni contro i governi o i dittatori imposti dagli Stati Uniti.
Il sistema democratico cubano ha il suo fondamento nella Costituzione della Repubblica di Cuba, approvata il 15 febbraio 1976 attraverso un referendum – con voto libero, uguale, diretto e segreto – dal 97.7 % dei voti della popolazione cubana. Lo scrutinio ha riportato questo risultato: su 5.602.973 elettori, 5.473.534 hanno votato “sì” e 54.070 “no”.
Dalla Costituzione deriva la Legge Elettorale che stabilisce che ogni cittadino cubano può essere eletto Delegato a un’Assemblea Municipale o a un’Assemblea Provinciale purché abbia compiuto 16 anni. Per essere eletto Deputato all’Assemblea Nazionale (Parlamento) occorre che abbia compiuto 18 anni.
Il Partito Comunista di Cuba non partecipa alle elezioni e non propone candidati.
La democrazia cubana è un sistema che garantisce ai propri cittadini non solo la possibilità di eleggere e di essere eletti, ma anche un ruolo attivo nella proposizione, nella scelta e nel controllo dell’operato dei propri rappresentanti istituzionali.
Ogni carica istituzionale, a qualsiasi livello, decade al termine di un mandato stabilito da una Costituzione approvata direttamente dal popolo cubano. Attraverso il processo elettorale i cittadini cubani possono decidere di confermare o di sostituire i propri rappresentanti.
L’aspetto economico non incide minimamente sul risultato delle elezioni, in quanto ogni candidato non deve spendere neppure un centesimo per la propria propaganda elettorale. Inoltre, chi viene eletto non ha nessun tornaconto economico dato che continua a percepire lo stesso stipendio, come se si trovasse al suo posto di lavoro.
La presenza di un cospicuo numero di donne elette al Parlamento – il 43 % nelle elezioni di gennaio 2008 – costituisce un indice di emancipazione e di uguaglianza nella società cubana, percentuale che pone Cuba ai primissimi posti nel mondo tra i paesi con maggiore presenza femminile nel Parlamento.
La partecipazione in massa dell’elettorato a tutte le elezioni dal 1976 fino a oggi – una trentina tra Nazionali, Provinciali e Municipali – sempre di gran lunga oltre il 95 % degli aventi diritto al voto pur non essendo obbligatorio andare a votare, dimostra che la trasparenza, la legalità e l’attaccamento del popolo a questo sistema sono inequivocabili.
I risultati delle ultime elezioni del 20 gennaio 2008 comprovano la solidità della Rivoluzione: le schede depositate nelle urne sono state 8.231.365 pari al 96.9 % degli aventi diritto al voto. Di queste, le schede ritenute valide sono state il 95.3 %, quelle bianche il 3.7 % e quelle annullate solamente l’1 %.
Il signor Vendola ha tutto il diritto di non gradire il sistema vigente a Cuba, ma lasci almeno al popolo cubano il diritto di stabilire se la propria sia una società libera e democratica.
Segreteria Nazionale
Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba
FIDEL CASTRO
NON NECESSITIAMO REGALI DALL’IMPERO. I NOSTRI SFORZI SARANNO LEGALI E PACIFICI, PERCHÈ È IL NOSTRO IMPEGNO CON LA PACE E LA FRATERNITÀ DI TUTTI GLI ESSERI UMANI CHE VIVIAMO IN QUESTO PIANETA
I re di Spagna ci portarono i conquistatori e padroni, le cui impronte sono
restate negli appezzamenti circolari di terra assegnati ai cercatori d’oro
nelle sabbie dei fiumi, una forma abusiva e vergognosa di sfruttamento, le
cui vestigia si possono intravedere dall’aria in molti luoghi del paese. Il
turismo oggi in gran parte consiste nel mostrare le delizie dei paesaggi e
degustare le squisitezze alimentari dei nostri mari e sempre condividendo
con il capitale privato delle grandi corporazioni straniere, i cui guadagno
se non raggiungono le migliaia di milioni di dollari pro capite non sono
degni di alcuna attenzione. Già che mi vedo obbligato a citare il tema, devo
aggiungere principalmente per i giovani che poche persone si rendono conto
dell’importanza di tale condizione in questo momento singolare della storia
umana. Non dirò che il tempo si è perduto, ma non dubito nell’affermare che
non siamo sufficientemente informati, né voi nè noi sulle conoscenze e le
coscienze che dovremmo avere per affrontare le realtà che ci sfidano. La
prima cosa da considerare è che le nostre vite sono una frazione storica di
secondo che dobbiamo condividere con le necessità vitali di ogni essere
umano. Una delle caratteristiche di questi è la tendenza alla super
valutazione del suo ruolo, cosa che contrasta da un altro lato con il numero
straordinario di persone che incarnano i sogni più elevati. Nessuno di noi,
senza dubbio, è buono o cattivo in sè stesso. Nessuno di noi è disegnato per
il ruolo che deve assumere nella società rivoluzionaria. In parte i cubani
abbiamo il privilegio di contare con l’esempio di Martí. Mi chiedo anche se
doveva morire a Dos Ríos, quando disse “per me è ora”, e caricò contro le
forze spagnole trincerate in una solida linea di fuoco. Non voleva ritornare
negli Stati Uniti e non aveva chi l’avrebbe fatto tornare. Qualcuno strappò
alcuni fogli del suo diario. Chi fece sua questa perfida colpa, che fu senza
dubbio opera di qualche intrigante senza scrupoli? Si conoscono differenze
tra i capi, ma mai indiscipline. “Chi tenta d’appropriarsi di Cuba
raccoglierà la polvere del suo suolo annegato nel sangue, se non muore nella
lotta”. dichiarò il glorioso leader negro Antonio Maceo. Si riconosce
ugualmente in Máximo Gómez, il capo militare più disciplinato e discreto
della nostra storia. Guardando da un altro angolo, come non ammirare
l’indignazione di Bonifacio Byrne quando, dalla distante imbarcazione che lo
portava di ritorno a Cuba, vedendo un’altra bandiera con quella della stella
solitaria, dichiarò: “La mia bandiera è quella che non è mai stata
mercenaria…” per aggiungere immediatamente una delle frasi più belle che ho
mai ascoltato. “Se la mia bandiera un giorno fosse lacerata in minuscoli
pezzi … i nostri morti alzando le braccia la sapranno difendere tuttavia!
....Non dimenticherò nemmeno le accese parole di Camilo Cienfuegos quella
notte, quando diverse a decine di metri, bazooka e mitragliatrici d’origine
nordamericana nelle mani dei controrivoluzionari puntavano sulla terrazza
dove stavamo in piedi. Obama è nato nell’agosto del 1961 come ha spiegato
lui stesso. È trascorso più di mezzo secolo da quel momento. Vediamo senza
dubbi come pensa oggi il nostro illustra visitatore: “Sono venuto qui per
lasciare indietro le ultime vestigia della guerra fredda nelle Americhe.
Sono venuto qui stendendo le mani dell’amicizia al popolo cubano”.
Immediatamente un diluvio di concetti assolutamente nuovi per la maggioranza
tra noi: “Tutti e due viviamo in un nuovo mondo colonizzato dagli europei”.
Poi il presidente nordamericano ha proseguito: “Cuba, come gli Stati Uniti,
è stata costituta da schiavi portati dell’ Africa, come gli Stati Uniti il
popolo cubano ha eredità di schiavi e di schiavisti”. Le popolazioni native
non esistono per niente nella mente di Obama. E non dice nemmeno che la
discriminazione razziale è stata spazzata via dalla Rivoluzione; che la
pensione e il salario di tutti i cubani sono stati decretati da questa,
prima che il Signor Barack Obama compisse dieci anni. L’odioso costume
borghese e razzista di assumere sbirri perchè i cittadini negri fossero
espulsi dai centri di ricreazione fu spazzato via dalla Rivoluzione cubana.
Questo passerà alla storia come la battaglia che liberò l’Angola contro
l’apartheid, mettendo fine alla presenza di armi nucleari in un continente
con più di mille milioni di abitanti. Non era quello l’obiettivo della
nostra solidarietà, ma aiutare i popoli di Angola, Mozambique, Guinea Bissau
e altri del dominio coloniale fascista del Portogallo. Nel 1961, appena un
anno e tre mesi dopo il Trionfo della Rivoluzione, una forza mercenaria con
cannoni e fanteria blindata, equipaggiata con aerei e addestrata e
accompagnata da navi da guerra e portaerei degli Stati Uniti attaccò a
sorpresa il nostro paese. Nessuno potrà giustificare quel perfido attacco
che costò al nostro paese centinaia di vittime, tra morti e feriti. Della
brigata d’assalto yankee da nessuna parte consta che avrebbe potuto evacuare
un solo mercenario. Gli aerei yankee da combattimento furono presentati
presso le Nazioni Unite come apparecchi cubani sottratti. L’esperienza
militare e il potere di questo paese sono anche troppo conosciuti. In Africa
credettero ugualmente che la Cuba rivoluzionaria sarebbe stata messa fuori
combattimento facilmente. L’attacco nel sud dell’Angola da parte delle
brigate motorizzate del Sudafrica razzista ci portò sino alle vicinanze di
Luanda, la capitale del paese, e lì iniziò una lotta che si prolungò per non
meno di 15 anni. Non parlerei nemmeno di questo senza il dovere elementare
di rispondere al discorso di Obama nel Gran Teatro de La Habana Alicia
Alonso. Non tenterò nemmeno di scendere in dettagli, ma solo di sottolineare
che lì è stata scritta una pagina d’onore della lotta per la liberazione
dell’essere umano. In una certa forma io desideravo che la condotta di Obama
fosse corretta. La sua origine umile e la sua intelligenza naturale sono
evidenti. Mandela era recluso a vita e si era trasformato in un gigante
della lotta per la dignità umana. Un giorno giunse nelle mie mani una copia
del libro in cui si narra una parte della vita di Mandela e, oh sorpresa! Il
prologo era di Barack Obama. Gli diedi un’occhiata rapidamente. Era
incredibile la misura delle minuscole lettere di Mandela precisando
dati…Vale la pena aver conosciuto uomini come quello. Sull’episodio del
Sudafrica devo segnalare altre esperienze. Io ero realmente interessato e
volevo conoscere più dettagli sulla forma in cui i sudafricani avevano
acquisito le armi nucleari. Avevo solo l’informazione molto precisa che non
erano più di 10 o 12 bombe. Una fonte sicura era il professore e
investigatore Piero Gleijeses, che aveva scritto il testo “Missioni in
conflitto: L’Avana, Washington e l’Africa 1959-1976”, un lavoro eccellente.
Io sapevo che lui era la fonte più sicura su quanto era accaduto e glielo
comunicai. Mi rispose che lui non aveva mai parlato del tema, perchè nel
testo aveva risposto alle domande del compagno Jorge Risquet, che era stato
ambasciatore e collaboratore cubano in Angola, ed era un suo grande amico.
Localizzai Risquet, già in altre importanti occupazioni. Stava terminando un
corso a cui mancano alcune settimane dal termine. Quell’impegno coincise con
un viaggio abbastanza recente di Piero nel nostro paese. Io lo avevo
avvertito che Risquet aveva già un certa età e che la sua salute non era
ottima. Pochi giorni dopo accadde quello che temevo. Risquet peggiorò e
morì. Quando Piero giunse non c’era nulla da fare se non promesse, ma io
avevo già ottenuto le informazioni su quello che aveva relazioni con
quell’arma e sugli aiuti che il Sudafrica razzista aveva ricevuto da Reagan
e Israele. Non so cosa avrà da dire adesso Obama su questa storia. Ignoro
che sapesse o meno, anche se dubito che non sapesse assolutamente nulla. Il
mio modesto suggerimento è che rifletta e non cerchi adesso d’elaborare
teorie sulla politica cubana. C’è una questione importante: Obama ha
pronunciato un discorso nel quale utilizza le parole più sdolcinate per
sostenere: “È già ora di dimenticate il passato; lasciamo il passato;
guardiamo il futuro, guardiamolo insieme, un futuro che dà speranza, e non
sarà facile, ci sono differenze e a queste dobbiamo dare tempo, ma la mia
presenza qui mi dà più speranze in questo di quello che possiamo fare
insieme come amici, come famiglia, come vicini, insieme”. Si suppone che
ognuno di noi abbia corso il rischio di un infarto ascoltando queste parole
del presidente degli Stati Uniti. Dopo un blocco spietato che dura da quasi
60 anni e quelli che sono morti negli attacchi mercenari alle navi e nei
porti cubani, un aereo di linea pieno di passeggeri, fatto esplodere in
volo, le invasioni mercenarie, i molteplici attacchi di violenza e di forza?
Nessuno può illudersi che il popolo di questo nobile e abnegato paese
rinuncerà alla gloria, ai diritti, e alla ricchezza spirituale che ha
guadagnato con lo sviluppo dell’ educazione, la scienza e la cultura.
Avverto anche che siamo capaci di produrre alimenti e le ricchezze materiali
che necessitiamo con lo sforzo dell’intelligenza del nostro popolo. Non
necessitiamo regali dall’impero. I nostri sforzi saranno legali e pacifici,
perché è il nostro impegno con la pace e la fraternità di tutti gli esseri
umani che viviamo in questo pianeta.
Ore 22.25 (Traduzione Gioia Minuti) Granma
Fidel Castro Ruz
27 Marzo del 2016
Fidel contro Obama: «Non abbiamo bisogno dei regali dell’impero Usa»
CORRIERE DELLA SERA
La rabbia del «lider maximo» che non ha incontrato il presidente Usa durante
la visita ufficiale a Cuba: «Impossibile dimenticare i tanti attacchi alla
nostra sovranità. Ora, noi cubani siamo in grado di produrre cibo e
ricchezze materiali di cui abbiamo bisogno»
di Giuseppe Sarcina, nostro corrispondente
Fidel Castro, «lider maximo» da tempo a riposo,
interviene sulla visita del presidente degli Stati Uniti a Cuba, con un
articolo neanche troppo lungo (un 150 righe) considerati i suoi standard,
titolato «Fratello Obama». La scorsa settimana, il 21 e il 22 marzo, il
leader della Casa Bianca ha portato nell’Isola della «Revoluciòn» un
messaggio di pace, «una rosa bianca», come ha detto citando il poeta ed eroe
nazionale Josè Martì. «Roba da infarto per noi cubani», scrive Castro nella
rubrica «Riflessioni di Fidel», pubblicata dal Granma, l’organo ufficiale
del Partito comunista di Cuba.
shadow carousel
Il peso della Storia
Il maggiore dei fratelli Castro, 90 anni il prossimo 13 agosto,
ininterrottamente al potere dal 1959 al 2008, dà voce alla reazione più
ruvida al passo storico voluto dal fratello Raùl, 84 anni, presidente in
carica. «Noi non abbiamo bisogno dei regali dell’impero. Noi cubani siamo in
grado di produrre il cibo e le ricchezze materiali di cui abbiamo bisogno,
con gli sforzi e l’intelligenza del nostro popolo». È un articolo per lo più
intriso di orgogliosa retorica rivoluzionaria. Basta leggere un altro
passaggio: «Il popolo di questo nobile e altruista Paese non rinuncerà alla
gloria, ai diritti e alla ricchezza spirituale che ha guadagnato con lo
sviluppo dell’istruzione, della scienza e della cultura». E ancora: «I
nostri sforzi saranno legali e pacifici, perché è il nostro impegno per la
pace e la fraternità di tutti gli esseri umani che vivono in questo
pianeta». Il corpo centrale del testo è costituita da una rassegna degli
avvenimenti storici. Visto da Fidel: oltre mezzo secolo di attacchi costanti
alla sovranità di Cuba. Il tentativo di invasione nella Baia dei Porci
(1961), l’embargo totale deciso da John Kennedy il 7 febbraio 1962,
l’attentato a un aereo di linea attribuito agli esiliati cubani (1976).
Tutti fatti che, dice Fidel, restano vivi nella memoria collettiva
dell’Isola. La vecchia guida della Rivoluzione, oggi costretto su una
carrozzella, si appella a questo passato per mettere in dubbio le buone
intenzioni di Obama. Cita la frase chiave, pronunciata dal Presidente
americano nel discorso al Gran Teatro Alicia Alonso, all’Avana, il 22 marzo:
«È arrivato il momento di lasciarsi alle spalle il passato». Commenta Fidel:
«Immagino che ciascuno di noi abbia corso il rischio di un infarto
ascoltando queste cose dal Presidente degli Stati Uniti». La conclusione è
un «modesto suggerimento» che però è un invito perentorio a «non cercare di
sviluppare teorie sulla politica cubana».
Nessun incontro
L’uscita di Fidel era attesa da giorni. Obama non ha chiesto di incontrarlo
e, a quanto risulta, neanche l’ex «lider maximo» lo ha cercato. La sua non è
un posizione isolata, né lo sfogo tollerato dal nuovo corso intrapreso da
Raul Castro. Al contrario segnala, al netto della ritualità e
dell’armamentario ideologico, una larga sacca di diffidenza ancora vitale
all’interno del regime cubano. Il «popolo di Cuba», invocato da Fidel,
appare a sua volta frastornato, in attesa di capire se l’apertura agli Stati
Uniti porterà davvero qualche cambiamento nelle condizioni materiali del
Paese. I numeri dell’economia reale del Paese raccontati dai cubani non
coincidono con quelli descritti da Fidel Castro. Non esistono statistiche
ufficiali. Si può ragionare su inchieste recenti condotte sul campo, anche
dal Corriere della Sera. Questi i risultati che vanno considerati per
approssimazione, ma certamente indicativi: circa il 20% della popolazione
vive con un salario intorno ai 100 euro al mese. E questi non sono i più
poveri. Questi sono i più ricchi. Il 30% guadagna più o meno 50 euro al
mese, compresi i medici e gli insegnanti; il restante 50% si deve arrangiare
con il salario minimo, 10 euro al mese. Quanto serve per vivere in modo
decente? Diciamo riso, carne o uova almeno due volte alla settimana? 100-110
euro al mese.
28 marzo 2016 (modifica il 28 marzo 2016 | 21:27)
http://www.corriere.it/esteri/16_marzo_28/fidel-contro-obama-non-abbiamo-bisogno-regali-dell-impero-usa-750eebd4-f507-11e5-ad8f-b6693bfe4739.shtml