-
Progetti di destabilizzazione: l’asse Pristina – Damasco 25.10.2012
e
qui
Siria: un'infinità di menzogne e il naufragio dell'Impero
nota
su fb
Andrea Salomoni
2 giugno 2012
Pussy Riot e
qui
Paolo Ferrero da chiamare le Pussy
“compagne Pussy Riot” da megachip.info
qui
Tumulto di tope (Pussy Riot)
di Fulvio Grimaldi
qui
Pussy Riot
da Il declino della protesta politica: Le “Pussy Riot” e Amnesty International
Diana Johnstone Tradotto da Curzio Bettio
Paolo
Ferrero and Pussy Riot anche qui
NUOVE RACAK, IN SIRIA OVUNQUE di Fulvio Grimaldi (nota
in fb) 29.05.2012
La
battaglia per la Siria é decisiva fonte
New Orient
News (Libano)
Falsità e omissioni
internazionali sulla Siria
pubblicata su fb da Armata Rossa 6 agosto 2011
SIRIA, UNA SOVRANITA' CHE INFASTIDISCE GLI USA pubblicato su fb da
armata rossa
Libia e altre rivoluzioni pilotate dalle banche
La destabilizzazione della Siria e la guerra
del grande Medio Oriente
di Michel Chossudovsky
SIRIA, UNA SOVRANITA' CHE
INFASTIDISCE GLI USA
Smembrare
il mondo arabo
di Makram
Khoury-Mach
(inviato da Conques il 14.8.2012)
I progressi sociali
nella Repubblica Araba di Siria
Da
I
deliri della ‘sinistra’ riguardo la
Libia e la Siria
Vince Sherman
novembre 20, 2011
I
progressi sociali nella Repubblica Araba
di Siria
Dalla sua
fondazione nel 1973 dal parte del
partito socialista arabo Baath siriano,
la Repubblica araba siriana iniziò da
subito a sostenere la lotta di
liberazione nazionale palestinese e la
lotta contro l’egemonia geopolitica di
Israele. Un afflusso costante di
profughi palestinesi, fuggiva
dall’apartheid israeliano ed emigrava in
Siria, dove godono di condizioni di vita
“migliori che negli altri Paesi
circostanti perché, a differenza di
Libano e Giordania, sanità, istruzione e
alloggi sono accessibili ai palestinesi
in Siria.” (13)
I
palestinesi non sono gli unici
destinatari dell’assistenza siriana*. Il
governo di Assad ha sempre usato la sua
frontiera per aiutare la lotta di
liberazione nazionale libanese, fornendo
risorse e supporto tattico a Hezbollah
durante la guerra del 2006 con Israele.
In seguito all’invasione degli USA
dell’Iraq, nel 2003, la Siria ha accolto
favorevolmente 1,5 milioni di rifugiati
iracheni, scacciati dalla guerra
imperialista, e ha esteso i programmi
sociali del paese anche a loro. (13)
(13)
Sebbene
la Siria non sia un paese socialista, il
governo nazionalista Assad ha esercitato
il diritto della nazione
all’autodeterminazione, nazionalizzando
le imprese e le fabbriche occidentali,
usando la ricchezza della nazione per i
programmi sociali radicali, tra cui
“garantendo assistenza sanitaria,
standard di vita ed istruzione.” (13)
Inoltre, i comunisti siriani
hanno un ruolo importante nel governo e
sono autorizzati a organizzare un
partito separato dal Baath.
A differenza dell’esperienza dei
comunisti in Iraq, che hanno affrontato
la repressione da parte dello Stato
Baath, guidato dal presidente Saddam
Hussein, i due partiti comunisti della
Siria sono membri di spicco del Fronte
nazionale progressista dominante, e
hanno una rappresentanza in seno al
Consiglio del Popolo della Siria.
I
disordini in Siria sono il prodotto
dell’imperialismo e dell’intervento
occidentale
Anche se
alcune piccole proteste sono cominciate
a gennaio, solo alla fine di marzo i
disordini in Siria hanno attirato
seriamente l’attenzione dei media
mondiali. Cablo recenti rilasciati da
Wikileaks, tuttavia, confermano che
l’Occidente ha svolto un ruolo di primo
piano dell’opposizione siriana, per
anni. Il Dipartimento di Stato USA ha
“segretamente finanziato gruppi politici
di opposizione siriani e progetti
relativi, tra cui un canale televisivo
satellitare che i trasmettesse
programmazione anti-governativa nel
paese.” (14) Questo canale finanziato
dagli USA, Barada TV, ha avuto un ruolo
centrale nel diffondere la propaganda
anti-Assad, “è strettamente affiliata
con il Movimento per la Giustizia e lo
Sviluppo, una rete di esuli siriani con
sede a Londra.” (14)
I cablo
di Wikileaks confermano che “il denaro è
stato assegnato almeno fino al settembre
2010“, dimostrando che il cambiamento di
regime in Siria è la politica ufficiale
dell’amministrazione Obama. (14) Barada
TV che incoraggia e funziona come
braccio organizzativo dell’opposizione
siriana, è una testimonianza della
centralità dell’imperialismo in questa
cosiddetta ‘rivolta’. Se alcune delle
persone dell’opposizione siriana hanno
legittime rivendicazioni verso il
governo del presidente Assad o meno,
questo movimento avanza funzionalmente
gli obiettivi dell’imperialismo:
rimuovere un governo popolare
anti-imperialista nel Medio Oriente.
Dato il sostegno del governo di
Assad alle lotte di liberazione
palestinese e libanese, l’occidente vede
comprensibilmente la Siria come una
minaccia all’egemonia in Medio
http://aurorasito.wordpress.com/2011/11/20/i-deliri-della-sinistra-riguardo-la-libia-e-la-siria/
Minaccia
imperialista contro la Siria
(Nota del Partito Comunista del Brasile)
.pubblicata da
Salvatore Tovarish Vicario il giorno giovedì
1 dicembre 2011 alle ore 10.48.Stiamo
assistendo all'altezza del cinismo
dell'imperialismo in questa campagna per il
dominio del Medio Oriente. Confrontiamo
quello che sta accadendo nei due paesi
(Egitto e Siria). In Egitto, quasi
esclusivamente ci sono manifestazioni contro
il governo militare: la maggioranza,
pacifiche, autentiche, spontanee e costanti.
Nessuna manifestazione in favore del
governo. L'imperialismo chiude un occhio
alla violenza dello stato che proprio questa
settimana, ha fatto più di cinquanta
manifestanti uccisi e migliaia di feriti. I
media e i leader delle maggiori potenze non
parlano di "aiuti umanitari", "diritti
umani", "sanzioni", "dittatori", "ribelli".
Richiedono il "senso comune" su entrambi i
lati, come se fosse uguale la potenza di
fuoco. Dopo la grande manifestazione del
popolo egiziano, lo scorso Venerdì, gli
yankee pressano il governo militare per
consegnare il governo ai civili, è chiaro
che il campo politico è lo stesso. Una
soluzione mediata in Egitto dà anche
legittimità all'imperialismo per isolare e
invadere la Siria. Certo. Il governo
egiziano è un alleato degli Stati Uniti e
della NATO. E 'il secondo più grande
destinatario "aiuti militari" gli Stati
Uniti, dopo Israele, di cui il grande
alleato Egitto sta contribuendo a placare i
palestinesi ai confini con la Striscia di
Gaza. In Siria, le manifestazioni maggiori
invece sono in difesa del governo civile.
Dopo aver iniziato ad ottenere i cambiamenti
reclamati, politiche sociali ed economiche,
ora hanno come tema centrale l'opposizione
alla crescente minaccia di invasione
militare dell'imperialismo. Ci sono milioni
di persone, che protestano contro
l'intervento straniero. Le manifestazioni
contro il governo, infinitamente inferiori a
quelle favorevoli, sono sovradimensionati e
manipolate dai media. Super mercenari armati
dalla CIA(Usa), il Mossad(Israele) e la
M16(Inghilterra), con il supporto delle
oligarchie arabe, si infiltrano nei confini
della Turchia e Giordania, che sostengono il
gioco dell'imperialismo. Lo scontro è tra
provocatori e cecchini da una parte e le
truppe e la polizia dall'altra, ci sono
vittime da entrambe le parti e finiscono per
provocare vittime civili. Questo scenario
viene utilizzato per giustificare
l'intervento militare nel paese. I centri
imperialisti, stanno mascherando i loro
artigli, in quanto si parla di "zona di
esclusione", "corridoio umanitario",
"ribelli", "peacekeeping", "sanzioni", tutta
l'intera litania dei preparatori
all'occupazione militare . I vettori aerei
degli Stati Uniti sono già sulla costa
siriana, crescono le sanzioni per
strangolare il paese e le tradizionali
chiamate a lasciare la Siria delle grandi
potenze straniere che vogliono invadere il
paese. Certo. La Siria è un grosso ostacolo
per le mire espansionistiche
dell'imperialismo ed il sionismo. E' uno dei
pochi paesi con cui i palestinesi sono in
grado di collaborare. Ha una posizione
strategica per il progetto di espansione
chiamato "Grande Israele" e crea le
condizioni per l'aggressione contro l'Iran e
poi forse il Libano, per aiutare a
completare la pulizia etnica che ha effetto
il sionismo in Palestina e l'egemonia
imperialista in tutto il Medio Oriente. In
Libia, i "ribelli", applauditi e guidati da
alcuni media di "sinistra", si sono
impegnati da subito a trasformare il Paese
in un imperialismo con un enorme base
militare per dominare il continente
africano. Con quale morale gli Stati Uniti e
la NATO - che hanno ucciso, torturato e
ferito negli ultimi anni più di un milione
di persone, la stragrande maggioranza
civili, in diversi paesi - possono parlare
di diritti umani? Con quale morale Arabia
Saudita, le monarchie ed emirati arabi, i
regimi più conservatori e autoritari nel
mondo possono parlare di democrazia?
Pertanto, il PCB non tentenna. La lotta di
classe è sempre di campo. Il nostro campo
sono i lavoratori e coloro che lottano
contro l'imperialismo. Pertanto, esortiamo
il governo brasiliano a riconsiderare il
proprio voto alla condanna delle Nazioni
Unite della Siria, e dei lavoratori
brasiliani di parlare in solidarietà con il
popolo siriano. Pertanto, tutti la nostra
solidarietà per la stragrande maggioranza
degli egiziani e siriani. Rio, 28 Nov 2012
PCB - Partito Comunista del Brasile
http://www.facebook.com/giuseppina.ficarra/posts/306663569354188#!/notes/salvatore-tovarish-vicario/minaccia-imperialista-contro-la-siria-nota-del-partito-comunista-del-brasile/283869668321881
Falsità e omissioni internazionali sulla
Siria
pubblicata da
Armata Rossa 6 agosto 2011
All’indomani
della condanna formale emessa dal Consiglio
di sicurezza delle Nazioni Unite nei
confronti la Siria, per la presunta
repressione attuata dal governo di Damasco
conto i manifestanti dissidenti, è ancora
l’ipocrisia a regnare sovrana nel Palazzo di
Vetro di New York.
“Il mondo
ha visto il deterioramento della situazione
in Siria con profonda inquietudine . Ma gli
avvenimenti di questi ultimi giorni sono
oltremodo rivoltanti. Continuare così non è
sostenibile, Assad non può e loro non
possono continuare a uccidere il proprio
popolo”, sono state le parole con le quali
il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon,
ha voluto sottolineare la necessità della
presa di posizione del Consiglio. Eppure il
testo approvato mercoledì scorso dal massimo
organo delle Nazioni Unite conteneva anche
una sostanziale ammissione della presenza di
gruppi di rivoltosi armati nel Paese arabo,
quelle stesse formazioni composte quasi
esclusivamente da fondamentalisti sunniti
denunciate più volte dall’esecutivo siriano
e che nei giorni scorsi hanno preso
d’assalto le sedi delle principali
istituzioni dello Stato. Il segretario
generale dell’Onu ha quindi pensato bene di
evitare di commentare uno dei punti chiave,
non solo del documento stilato dal
Consiglio, ma dell’intera crisi siriana.
Quello
cioè in grado di spigare e giustificare
l’uso della forza in determinate occasioni
da parte di Damasco. Un ricorso all’utilizzo
dell’esercito per tutelare la popolazione
ieri anche da una studentessa di Hama che,
raggiunta telefonicamente da Radio 24, ha
smentito la presenza dei carri armati del
regime all’interno della città. Una
testimonianza che, proprio come molte altre,
verrà puntualmente ignorata dalla comunità
internazionale occidentale, impegnata a
portare avanti una campagna mediatica senza
ritegno con il chiaro scopo di far cadere
l’attuale governo siriano. Dopo aver
invitato più volte il presidente al Assad e
il suo esecutivo ad attuare le riforme
democratiche promesse alla popolazione,
infatti, Francia e Italia si sono scagliate
contro la nuova legge per il multipartitismo
promulgata soltanto ieri dal capo di Stato
siriano, che l’ha così resa immediatamente
applicabile senza dover quindi attendere il
tempo previsto dall’ordinamento del Paese
arabo. “Il decreto che autorizza il
multipartitismo in Siria emanato dal
presidente siriano Bashar al Assad è una
provocazione”, ha detto il ministro degli
Esteri di Parigi, Alain Juppe, che si è
detto pronto a chiedere al Consiglio di
sicurezza dell’Onu di andare oltre una
semplice dichiarazione di condanna.“Noi
vogliamo vedere la formazione dei partiti.
È
evidente che la semplice adozione di un
decreto non determina il venir meno delle
condizioni di estrema preoccupazione ne' le
ragioni che hanno ispirato la condanna
dell’Onu”, gli ha fatto eco il titolare
della Farnesina, Franco Frattini.Tuttavia le
dichiarazioni che preoccupano maggiormente
sono quelle rilasciate dal capo di Stato
russo Medvedev, fino a poco tempo fa strenuo
difensore della Siria e del suo presidente.
“Assad deve urgentemente andare avanti con
le riforme, ristabilire la pace e creare uno
stato moderno. Se non farà questo, si
troverà di fronte ad un triste futuro”, ha
affermato il capo del Cremlino. Parole che
se affiancate a quelle del responsabile
della diplomazia francese non possono non
far pensare a quanto accaduto in precedenza
a Iran e Libia.
SIRIA, UNA SOVRANITA' CHE
INFASTIDISCE GLI USA
pubblicato su fb da
armata rossa
In Siria, a
partire dal 1966 sotto... la direzione del
partito Baath e con la partecipazione del
Partito Comunista, è stata portata al potere
una rivoluzione nazional-democratica che ha
assicurato l'indipendenza del Paese, una
politica estera anti-imperialista, nonché
delle riforme progressiste sia in ambito
economico che sociale. Non mancarono, grazie
al sostegno dell'allora Unione Sovietica,
anche progetti infrastrutturali, quale la
diga Thawra sul fiume Eufrate, che garantiva
al paese l’autosufficienza energetica e un
sistema efficiente di irrigazione agricola.
La rivoluzione baathista favorì inoltre la
democratizzazione dell'istruzione pubblica,
prima appannaggio di pochi figli dell'élite.
La
scelta, poi, di subordinare l’economia agli
interessi dello Stato fu determinante per
l’innalzamento del tenore di vita dei
lavoratori e dei contadini. Oltre a ciò la
Siria divenne un paese laico e
multi-religioso dalla politica estera molto
coraggiosa e totalmente in contrasto con
l’espansionismo dei sionisti. In questa
situazione l'imperialismo ha deciso di
giocare la sua carta per abolire ogni
ipotesi realmente rivoluzionaria. Su una
cosa possiamo essere sicuri: l'eventuale
sconfitta dell’attuale governo
significherebbe tutt'altro che libertà, pace
e democrazia!
I comunisti siriani hanno conseguentemente
riaffermato la loro posizione e si sono
schierati, con il governo di Assad. E ciò
vale sia per il Partito Comunista Siriano,
sia per il più riformista Partito Comunista
Siriano Unificato, entrambi membri del
Fronte Nazionale Progressista.
Assad,
peraltro, continua a godere dell’appoggio
indiscusso del Baath, ossia il Partito Arabo
Socialista che, per diritto costituzionale,
è considerato partito guida della nazione.
Al fianco del governo e quindi contro la
rivolta si è schierata anche la Federazione
Generale dei Sindacati che riunisce tutti i
sindacati siriani, guidata da Shaaban Azzouz.
I sindacati hanno diramato una nota con le
seguenti parole: "gli attacchi pianificati
degli imperialisti contro la Siria, contro
la classe operaia e contro il popolo della
Siria non sono un fenomeno nuovo.
La vera
ragione sta nel sostegno dei governi USA e
dei loro alleati a Israele e all'occupazione
dell'esercito israeliano dei territori
arabi. Il loro obiettivo sono il petrolio e
le risorse acquifere. Oggi tutti capiscono
che questi attacchi organizzati contro la
Siria mirano a imporre a quest'ultima un
cambiamento nella sua politica estera, per
renderla subalterna agli USA".
http://www.facebook.com/home.php#!/profile.php?id=100002123307541
La Siria vista dall'Irak
Domenico Losurdo
Notizie tragiche
e dettagli raccapriccianti giungono da quel paese, ma è difficile
distinguere tra verità e manipolazione, tra legittime proteste e infami
tentativi di
destabilizzazione. Può essere utile tuttavia guardare alla Siria a partire non
dall’Occidente ma, ad esempio, dall’Irak. L’occasione ce la fornisce un articolo
di Tim
Arango sull’«International Herald Tribune» del 30‐31 luglio. Leggiamo:
«In Irak, la Siria rappresenta ancora qualcosa di simile a un’oasi. Gli irakeni
cominciarono a rifugiarsi di là per sfuggire la guerra diretta dagli Usa e il
susseguente bagno di sangue della violenza settaria. Nel corso della guerra, la
Siria
ha accolto circa 300 mila rifugiati irakeni, più di qualsiasi altro paese nella
regione (a
quello che riferisce l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati).
In questi giorni, anche se la Siria deve fronteggiare i suoi disordini, sono
pochi gli
irakeni che ritornano in patria. In effetti, sono molto più numerosi gli irakeni
che
partono per la Siria di quelli che ritornano in patria».
Gli irakeni fuggono non solo per lasciarsi alle spalle la guerra che continua a
farsi
avvertire, ma anche perché non ne possono più di un paese caratterizzato
dall’inefficienza e dalla corruzione dei servizi pubblici. Sì, «la Siria viene
vista come
un paese migliore in cui vivere».
Interrogati dall’«International Herald Tribune», gli irakeni si esprimono con
semplicità ed efficacia. Con riferimento alla Siria dicono: «Là la vita è bella,
là le
donne sono belle» (non c’è l’obbligo del velo). In ogni caso, «c’è una cosa
importante: libertà e sicurezza dappertutto». E’ a partire da questa diffusa
convinzione che, «a causa delle vacanze estive, è cresciuto il numero delle
persone
che abbandonano l’Irak per la Siria».
Ma cosa riferiscono coloro che già si sono stabiliti in quel paese
(presumibilmente nelle regioni più tranquille)? Interrogato sempre dal
quotidiano
statunitense, un irakeno testimonia: sì, alla televisione lo spettacolo che
viene
offerto della Siria è assai inquietante, ma «quando telefono alla mia famiglia,
mi
dicono che tutto è ok».
Ovviamente il quadro qui tracciato è unilaterale e roseo in modo eccessivo. Ma
coloro che, dopo aver scatenato la guerra e aver provocato direttamente o
indirettamente decine e decine di migliaia di morti, hanno ridotto l’Irak in
condizioni
ancora oggi così catastrofiche da far apparire la Siria come un «oasi», costoro
non
hanno lezioni da impartire né ad un paese né all’altro. Per restare in Medio
Oriente:
coloro che, mentre continuano a bombardare la Libia, senza esitare a massacrare
i
giornalisti e i tecnici della televisione di quel paese, pretendono di dare
lezioni sui
«diritti umani» e sognano una nuova «guerra umanitaria», costoro dimostrano di
aver smarrito persino il senso del pudore e del ridicolo.
1 agosto 2011
dal blog di Domenico Losurdo
http://domenicolosurdo.blogspot.com
Tocca alla Siria? Tocca alla Siria!
Potete immaginare
che le belve necrofore del Finanzkapital perdano l’occasione, ora che
hanno messo la sordina all’apocalisse libica, di distrarre le proprie
popolazioni vampirizzate e finalmente in rivolta in mezzo Occidente (tra
cui un migliaio di città e cittadine Usa) con una nuova campagna per la
“salvezza dei diritti umani e l’avanzamento della democrazia” in Siria”?
No, non potete. Anche perché,
se non vi fossero bastati i
mattatoi allestiti dalle élites Nato, con l’aiutante di campo Obama, in
Afghanistan, Iraq, Yemen e Somalia, a strapparvi dagli occhi le fette di
prosciutto marcio delle “verità” diffuse dagli embedded di destra,
centro e sinistra, dovrebbe essere stato sufficiente il martirio della
Libia libera, giusta e invincibile.
Un martirio tuttora in atto
e i cui responsabili sono stati smascherati in tutta la loro nefandezza
da una resistenza di popolo che ha del sovrumano: 8 mesi di tempeste di
morte Nato, di terrorismo sanguinario del brigantaggio assoldato tra Al
Qaida, satrapi del Golfo e vendipatria bulimici di ladrocinio, settimane
di assedio alle città resistenti Sirte, Beni Walid e a tutto il Sud, con
taglio genocidio dei rifornimenti vitali, linciaggi di massa… e qual è
l’esito? Che le forze coalizzate di 27 paesi tra i più potenti del
mondo, con sul terreno i migliori squadroni della morte Nato (“Forze
speciali”), a guidare marmaglie capaci solo di esercitare il loro
sadismo necrofago sugli inermi, “controllano” alcune città in cui
continuano a erompere ribellioni e spuntare bandiere verdi, si
frantumano e azzannano tra di loro per il bottino, constatano davanti a
sé una nazione che li costringerà, come l’Afghanistan, come l’Iraq, come
lo Yemen, come la Somalia, a svenarsi per anni in una partita
invincibile. Mentre il costo dei loro macelli si abbatte sui propri
popoli, sempre più deprivati e sempre più incazzati, che accendono
focolai sotto i loro banchetti da un continente all’altro, addirittura
nella pancia del mostro.
Occorreva urgentemente un diversivo.
L’attacco quasi in contemporanea a Libia e Siria avrebbe dovuto nel giro
di un paio di settimane, come dicevano gli Stati Maggiori, completare la
normalizzazione della colonia “Grande Medio Oriente” dall’Atlantico al
Golfo Persico, consentendo poi di ripulire, ricorrendo al pretesto dei
soliti reparti coperti Al Qaida, gli uranici e petroliferi Algeria e
Sahel, Corno e Controcorno strategici tra Somalia e Yemen, e di
stroncare definitivamente una “primavera araba”, che si conta già
sterilizzata altrove. Una primavera araba, peraltro, che aveva radici
profonde nelle rivoluzioni laiche, antimperialiste, socialiste, di Libia
e Siria, sopravvissute e vittoriose fin da lontani decenni del secolo
scorso. Dopo si sarebbe pensato a sistemare l’Iran, ultimo contrafforte
islamico sovrano tra Usa e Cina. E invece, ecco che ovunque li troviamo
impantanati nella melma di un mercenariato imbelle e inaffidabile,
aggrediti da masse non violente ma incontenibili, mentre inciampano a
ogni passo nelle imboscate di popoli armati e hanno la credibilità
planetaria fatta a pezzi dalla rozza iattanza delle loro bugie. Bugie
chiare, se non agli intossicati sospesi nel nulla culturale della
“comunità internazionale”, 7% scarso dell’umanità, al restante 93%
latinoamericano, africano, asiatico. Urgente era dunque spostare lo
sguardo dei renitenti nelle Piazze Tahrir, fiorite in mezzo mondo, sul
solito nemico esterno. Non da noi, dove il tessuto delle menzogne ha
imbavagliato e mummificato le “sinistre” di ogni risma, e l’occhio, che
doveva guardare agli oceani di sangue e alle vette di eroismo di là dal
breve mare, se lo sono pugnalati da tempo, ma ovunque, pur accendendo
fuochi nelle piazze dell’Impero, si insistesse a recitare novene ai
“diritti umani” e si alimentassero ceri sotto il simulacro “Democrazia”.
Il nemico esterno Siria, speranzosamente affidato alla
solita compagnia della bella morte Fratelli Musulmani, carta di ricambio
Usa, invasata di furori religiosi e bulimica di soldo e di burka,
fornita dai quartieri generali in Arabia Saudita, Egitto, Giordania,
Qatar, destra libanese e dall’arlecchino turco, non dava segni di
collasso.
Ci si era illusi che sarebbe bastata qualche strage
perpetrata dagli infiltrati armati, qualche eccessiva reazione di Bashar
El Assad, per far sgomberare il campo al Baath e poi collocare nei
palazzi di Damasco quelli dell’ennesimo Consiglio Nazionale
Rivoluzionario, i pitbull ben addestrati al morso e all’obbedienza nei
lunghi anni alla greppia di Londra e Washington. Non ha funzionato
niente e la Siria libera è più in piedi che mai. Fin dai primi giorni di
marzo ha dovuto vedersela con gruppi armati, prima nelle roccaforti
islamiste di Deraa, Homs e Hama, poi altrove, ma sempre in aree contigue
alle basi estere di rifornimento, che sparavano su manifestanti di ogni
indirizzo e sulle forze dell’ordine.
A ottobre saranno 500 i
militari e poliziotti uccisi e oltre 1000 i civili. Il popolo siriano ha
reagito con adunate oceaniche a supporto del proprio Stato e governo,
Assad ha offerto dialogo, revisioni costituzionali, elezioni, richieste
fatte dalla stessa opposizione e, come in Libia, sistematicamente
ridicolizzate e rifiutate su ordine di servizio Nato. A ribellione
armata di terroristi eterodiretti ha risposto con repressione armata.
Arricciate il naso? Mettiamo che in un’Italia antifascista liberata dai
partigiani, la Germania nazista spedisca a far casino arnesi mercenari
del neofascismo internazionale. Cosa dovrebbe fare lo Stato? Avesse
voluto il cielo, o chi per lui, che Gheddafi avesse risposto così ai
quattro scalzacani di Bengasi, anziché ordinare alle guarnigioni e alla
polizia di non aprire il fuoco sugli attaccanti! Sarebbe finita prima
che un soloTornado venisse tirato fuori dall’hangar di Sigonella.
Soffriva di corruzione l’amministrazione siriana? C’erano familismo,
privilegi di casta, prevaricazioni? E chissenefrega. Nel senso che chi
siamo, noi nella latrina, per lanciare merda? C’è un popolo, degli
ininterrottamente aggrediti, che stia meglio dopo l’arrivo dei
liberatori occidentali? Che non stia spaventosamente peggio? Chi ha più
sangue sulle mani, Assad e Gheddafi, o Obama, Bush, Cameron, Blair,
Sarkozy, Prodi-Berlusconi con i loro quasi 40 concittadini morti in
Afghanistan appresso alle migliaia da loro ammazzati, con il quarto
posto conquistato nella classifica dei boia della Libia?
Alla televisione siriana appaiono arsenali di armi
sequestrate ai “ribelli”, tra esse un carico di mitragliatrici e bombe a
mano provenienti dall’esercito israeliano e sequestrate a Homs, riprese
di cecchini che tirano sulle manifestazioni, i doganieri libanesi che
bloccano decine di trasporti di armi per i mercenari.
Fucilatori catturati
video- e audio-rivelano i loro mandanti e la loro
missione. Tra i mandanti eccelle Saad Hariri, ex-premier filoisraeliano
e filo-saudita del Libano, detronizzato dall’opposizione nazionale,
figlio di Rafiq. Ma, come è risaputo, la “voce dell’altro” non si
ascolta, è per definizione indegnamente falsa. Non è stato così con
Milosevic e la voce dei serbi, con Saddam e la voce degli iracheni, con
i Taliban e la voce degli afghani? Sono ominicchi, scarsamente umani. E
questo da un mondo dove madonnine di gesso lacrimano sangue e genocidi
vengono definiti “interventi umanitari”. Date un’occhiata a
http://www.youtube.com/watch?v=13xy37BulPI&feature=share e ascoltate le
confessioni di un oppositore sulle matrici e i trombettieri del
tentativo di destabilizzazione della Siria. Leggi tutto l'articolo qui:
****
ALLAH SOURIA BASHAR WA BASS
pubblicata da
Mariella Salvadore il giorno giovedì 16 febbraio 2012 alle ore 22.39 ·
Vorrei
parlare della Siria facendo alcune considerazioni partendo dalla mia esperienza
in questo splendido paese. Sono stata quattro volte in Siria, una prima dei
disordini, e le altre tre dopo. Comincio, ovviamente, dalla prima esperienza. Ho
avuto modo, in quel caso, di visitare la Siria in lungo e in largo, e di
conoscere personalmente sia il grado di civiltà e modernità del paese, sia il
consenso di cui gode, in una larga fascia della popolazione siriana, il
presidente Bashar al-Assad. Leader che è rimasto pressoché sconosciuto alla
maggioranza degli occidentali fino alla cosiddetta "primavera araba", che tanta
violenza e devastazione ha seminato nell'intero cosiddetto vicino e medio
oriente.
Presidente, Bashar al-Assad, sconosciuto all'opinione pubblica, ma non ai leader
europei, che negli anni passati hanno ricevuto con tutti gli onori questo leader
che oggi viene dipinto come un mostro, un degenerato e un sadico. Tutto questo
devo dire che mi ricorda un grande leader del secolo scorso, tale Giuseppe
Stalin, celebrato a più riprese da molti leader occidentali, come Churchill,
che, a proposito del leader sovietico, disse: "I like this man", e che alla
conferenza di Teheran del novembre 1943 lo salutò come "Stalin il grande". O
come Averell Harriman, ambasciatore statunitense a Mosca tra il 1943 e il 1946,
che disse a proposito del capo di stato sovietico: "lo trovo meglio informato di
Roosevelt e più realistico di Churchill, in qualche modo il più efficiente
leader di guerra". O, per parlare di casa nostra, lo stesso Alcide De Gasperi si
espresse con parole di elogio per "il genio di Giuseppe Stalin". O Sandro
Pertini, compianto Presidente della Repubblica, che scrisse per la morte di
Stalin parole di sincera ammirazione. Anche molti intellettuali occidentali si
profusero in passato in elogi per la "saggezza di Stalin".
Fino a
quando un famigerato "Rapporto Chruščёv" volle consegnare alla Storia la stessa
persona eroica, geniale e saggia, come "un enorme, cupo, capriccioso, degenerato
mostro umano". Parole molto simili a quelle usate oggi per descrivere il
presidente siriano Bashar al-Assad. Il quale, lo ricordo, è stato ricevuto con
tutti gli onori nell'aprile 2002 da Walter Veltroni, nel dicembre dello stesso
anno dalla regina Elisabetta, nel agosto 2005 dal presidente turco Erdogan,
nell'ottobre 2007 ancora in Turchia dal primo ministro Abdullah Gul e
nell'ottobre 2008 dal presidente italiano Giorgio Napolitano. Fu celebrato, il
presidente siriano, come un leader illuminato, e la sua consorte descritta come
"il fiore del medioriente". Che cos'è cambiato da allora? Forse un altro
provvidenziale "Rapporto Chruščёv"? Personalmente ritengo che il giorno che
saranno aperti gli archivi segreti della Casa Bianca, si troveranno progetti
tipo "Progetto Trockij", "Progetto Chruščёv" il "Progetto Gorbaciov", nonché il
ben congegnato "Progetto Nuova Sinistra Italiana". La quale ha ardentemente
sposato la causa contro il mostro Bashar al-Assad, quell'uomo assetato di sangue
che uccide il proprio popolo. Ma quanti di loro conoscono veramente la
situazione siriana? Non sarà forse che un vecchissimo metodo della propaganda
politica consiste nello spostare l'attenzione su nemici esterni, al fine di
portare avanti i propri scopi politici interni? Forse non si vuole parlare in
Italia della totale distruzione dello Statuto dei Lavoratori e della regressione
dei diritti di questa parte della società in nome della cosiddetta ripresa
economica e della tenuta dei sistemi finanziario e bancario, i soli in grado di
garantire, secondo loro, la sopravvivenza della società? Non sarà che gli eredi
ufficiali del partito del proletariato e del movimento operaio, sono impegnati a
fare la maggior parte del lavoro sporco per garantire quella flessibilità, leggi
precariato, che le banche, la confindustria e il sistema capitalista in generale
chiedono con forza? Non sarà che l'orco indica il mostro che si trova
oltrefrontiera perché il popolo non veda il mostro che abita in casa propria? A
voi la risposta.
Passo ora
a parlare davvero di Siria. Come dicevo, in questo splendido paese sono stata
più volte. All'inizio, quando la vergognosa aggressione alla Siria sovrana non
era ancora iniziata, ho trovato un paese pieno di vita, un popolo ospitale e
gentile, nonché curioso nei miei confronti. I siriani che ho conosciuto hanno
messo a mia totale disposizione le loro case, qualcuno ha addirittura fatto
dormire i propri bambini in un letto solo, pur di liberare una camera per me, e
darmi ospitalità per la notte. Tutta la famiglia ha abbandonato le abituali
occupazioni giornaliere per occuparsi di me, gradita ospite italiana. Non
ricordo chi lo disse, ma la frase: "ogni essere al mondo ha due case: Una è la
propria, l'altra si chiama Siria", è decisamente veritiera.
Ho potuto
vedere la convivenza tra etnie e religioni diverse, la profonda tolleranza nei
confronti del prossimo che contraddistingue questo paese. Solo in Siria si
possono vedere chiese a fianco della moschee.
Ho
visitato il convento di Maaloula, dove è presente il primo altare cristiano,
nell'area geografica che può a ben ragione essere considerata la culla della
cristianità.
Nel 2004
Giovanni Paolo II visitò la Siria, e fu ricevuto proprio da Bashar al-Assad,
oltre che da esponenti di altre fedi religiose. Visitò anche le moschee, e fu, a
detta dello stesso Wojtyła, un incontro molto importante per il dialogo
interreligioso.
Lo stesso
Papa descrisse la Siria come "la culla della civiltà e della cristianità".
In Siria
ho conosciuto sunniti, sciiti, drusi, persino ismaeliti, ho conosciuto alawiti,
ho ammirato una splendida sposa armena il giorno del suo matrimonio. Persone
solari e sorridenti, fiere delle proprie origini ma tolleranti, lo ripeto, con
il prossimo.
Ho
visitato però anche la Siria più primitiva, quella del fanatismo religioso,
quartieri ostili, nei quali più ti addentri e meno l'aria si fa respirabile,
quartieri dai quali non vedi l'ora di uscire, perché in quei quartieri sembra
non arrivare nemmeno la luce del sole. Dove se sei donna e per una disgraziata
coincidenza hai bisogno di comprare assorbenti intimi puoi stare certa che ti
guarderanno come se tu fossi il demonio in persona, come colei che è venuta a
portare la maledizione e la sventura in quei luoghi. Questi sono gli ambienti in
cui la rivolta ha attecchito, ha preso forza, ed è esplosa con tutta la violenza
del cieco fanatismo.
Lo stesso
fanatismo che ha portato al genocidio degli armeni del secolo scorso, ad opera
del governo turco, che qualcuno in Italia conosce, ma anche degli alawiti, che
nessuno conosce. Oggetto di pulizia etnica da secoli. L'ultima, come dicevo, nel
secolo scorso, dove in pochi giorni ne vennero trucidati 300.000. Qualcuno ne
parla? Decisamente no. Qualcuno conosce la situazione degli alawiti nel Libano?
Io ci sono stata, nel Libano. A Tripoli, dove gli alawiti vivono nei ghetti, e
da cui non possono uscire altrimenti saranno sicuramente aggrediti. Ma dove
anche i cristiani non escono mai dai propri quartieri, per lo stesso motivo. Una
grande prigione a cielo aperto è il Libano. Una grande e libera patria è la
Siria. Quale tra queste due sceglierebbero gli italiani e gli occidentali per
sé?
Ho
conosciuto un tassista alawita, a Tripoli. Mi ha raccontato che ha grande
difficoltà a lavorare, che non può mettersi in turno come tutti gli altri,
perché gli integralisti sunniti di Tripoli lo insultano e lo picchiano appena lo
vedono. Si barcamena come può, ma se non fosse per l'aiuto dei parenti che
stanno in Siria non riuscirebbe a mettere insieme il pranzo con la cena. E'
quindi questo che gli attivisti per i diritti umani vogliono? Ignorano
completamente le dinamiche che innescherebbero appoggiando il fondamentalismo
islamico come stanno facendo? Ignorano forse che in Siria questi sedicenti
rivoltosi sparano, loro si, contro i siriani? Voglio raccontarne anche un altro,
di aneddoto. Ero in Siria, su un piccolo battello. Il comandante era, per sua
stessa ammissione, un salafita, Credendo evidentemente che io e il mio compagno
fossimo dalla loro parte, si sono lanciati, il comandante ed il suo equipaggio,
in una dissertazione sul futuro politico della Siria. E hanno detto che gli
alawiti sono dei maledetti da Dio, seguaci di Satana, da eliminare interamente.
Aggiungendo che, per loro, uccidere anche un solo alawita è la giusta strada per
il paradiso. E in più, non soddisfatto, ha aggiunto per concludere, che, solo
l'eliminazione di questa etnia avrebbe garantito la prosperità del paese. Come
se qualcuno qui dicesse che solo ammazzando tutti i testimoni di geova sarà
possibile la ripresa economica. Ora, siccome non ho certo la pretesa di
addentrarmi in ambito teologico, vorrei fare solo delle considerazione
politiche.
Dal momento che, dal punto di vista dei salafiti non esiste
legittimità democratica, ma solo la legittimità determinata dall'osservanza
della legge divina, mi chiedo: di quale democrazia allora parlano? Paesi del
Golfo, come l'Arabia Saudita e il Qatar, in prima linea nella battaglia per la
democrazia in Siria, sono retti da una monarchia teocratica. L'Arabia Saudita
non ha una Costituzione e i cittadini non votano nessun loro rappresentante, a
nessun livello. Il Qatar è una nazione minuscola anch'essa retta da una
monarchia teocratica. Anch'essa non possiede una Costituzione ma in compenso
possiede la più grande base americana del medioriente. I cittadini non votano.
Il Qatar e l'Arabia Saudita governano anche sul Bahrein, a maggioranza sciita,
un ramo diverso da quello sunnita del monarca. La repressione nei confronti di
questa minoranza è feroce, per quali motivi questa repressione è legittima agli
occhi degli occidentali? Tra l'altro, per raccontarne una, l'attuale emiro del
Qatar ha preso il potere nel suo Paese esautorando nientemeno che il proprio
padre. Il quale era andato all'estero per motivi di salute, per curarsi negli
ospedali occidentali. Al suo ritorno, anziché trovare parenti entusiasti del suo
ritorno, ha trovato l'arresto e il carcere.
Di quale democrazia parla allora
l'emiro del Qatar? Di quale democrazia parlano gli sceicchi sauditi, democrazia
che non applicano nel loro paese? Non sarà il solito vecchio giochetto caro
all'occidente, agli americani in particolare ma in allegra compagnia su questo
fronte, di ignorare la natura dittatoriale del potere negli stati mediorientali,
basta che questi dittatori siano amichevoli e collaborativi nel salvaguardare
gli interessi occidentali nella zona? Regione geografica, il medioriente, da cui
dipendono gli interi destini del mondo,lo sappiamo, in quanto detentrice delle
riserve di risorse energetiche essenziali, quali il petrolio e il gas. Questo
credo che lo sappiano tutti, anche i bambini. In che cosa Bashar al-Assad è
diverso? Innanzitutto, nel suo essere in generale non allineato ai diktat di
Washington, dopodiché, nel suo sostegno alla resistenza palestinese e libanese.
Nella sua collaborazione con l'Iran, il nemico un pò di tutti.
Eppure,
la Siria è un paese stabile e che vive in pace da quarant'anni. Ha difeso il
Libano nel 2006, ma da una guerra di aggressione, dichiarata da Israele, non
dalla Siria. Paese, Israele che certo non ha avuto scrupoli nell'usare la forza
contro qualunque tipo di dissidenza o di non adesione ai propri piani.
Convivono in Siria, come
già detto, numerose etnie e numerose fedi diverse.
L'organizzazione dello Stato è di tipo socialista, ogni cittadino siriano riceve
un quantitativo di generi di prima necessità, come il pane, o lo zucchero, oltre
a mille litri di gasolio l'anno. La sanità è completamente gratuita,
l'istruzione pure, dall'asilo all'università. E' forse questo l'aspetto più
odioso per l'occidente capitalista? Che esistano paesi dove lo Stato esiste, ed
è forte, al contrario dei loro dove lo Stato deve stare fuori dall'economia,
salvo poi stanziare centinaia di miliardi di dollari o di euro per salvare il
sistema finanziario, lo stesso che ha provocato la crisi, per l'azzardo di pochi
ma grandi speculatori finanziari?
Tornando
ai cristiani, vorrei sottolineare lo stato di totale abbandono in cui essi sono
lasciati da quella che è la loro Chiesa, vale a dire il Vaticano. Ho conosciuto
un prete cattolico in Siria, entusiasta di poter esercitare il proprio italiano
con me. Mi ha raccontato che diverse volte ha organizzato viaggi in Italia, che
sono stati ricevuti dal Papa e che all'Angelus sono stati pubblicamente
salutati. "Salutiamo i nostri fratelli siriani, che ci hanno fatto l'onore della
loro visita oggi in questa piazza", disse papa Ratzinger.
Ho
ripensato molto a quel prete in questi mesi. Mi sono chiesta, cosa penserà dei
semplici, timidi e senza conseguenze "preghiamo per la pace in Siria",
pronunciati dal Papa in questi mesi? Poteva la guida dei cristiani di tutto il
mondo dire qualcosa di più? Il destino dei cristiani siriani, nel caso in cui i
fanatici brigatisti salafiti prendessero il potere, gli interessa o non gli
interessa? Che cosa pensa dei cristiani bruciati vivi nelle chiese in Egitto
dopo la "primavera araba"? Gli interessano o non gli interessano?
Auguro
alla Siria di ritornare a splendere come esempio di convivialità tra le
diversità, che è la vera ricchezza, trovandosi l'icona della Madonna accanto
alla mezzaluna islamica, in barba a tutti i megafoni della menzogna che siano
appianati, trombette o colombe pasquali. Già, secondo loro le notizie da Homs
provengono solo dai piccioni viaggiatori.
Per
concludere, la sottoscritta è italiana di nascita, siriana di adozione,
stalinista d'impostazione ed assadista di convinzione.
Mariella
Salvadore
http://stalin.blogfree.net/?t=3940247
****
“LA SIRIA RIMARRA’ LIBERA E INDIPENDENTE” – Discorso del Presidente Bashar
al-Assad, il martedì 10 gennaio 2012 (testo italiano completo¹) Il testo
integrale del discorso :
Il testo
integrale del discorso :
So di essere
stato distante dai media per lungo tempo, e mi è mancatod il contatto diretto
con i cittadini, ma ho sempre seguito gli avvenimenti all’ordine del giorno,
raccogliendo le informazioni in modo che il mio discorso possa essere costruito
su quello che si dice per strada.
Vorrei
salutarvi nel nome del panarabismo, che continuerà ad essere un simbolo della
nostra identità e nostro rifugio nei momenti difficili, come continueremo ad
essere il suo cuore pulsante, con amore e affetto. Vorrei anche salutare voi nel
nome del nostro paese che sarà sempre la fonte del nostro orgoglio e dignità,
come rimarremo fedeli ai suoi valori autentici per i quali i nostri padri e
nonni si sono sacrificati a caro prezzo per rendere la nazione fieramente
indipendente . E sono orgoglioso della vostra fermezza, che manterrà la Siria
una fortezza invincibile di fronte a tutte le forme di penetrazione e libera nel
resistere alla sottomissione a forze straniere.
Oggi, mi
rivolgo a voi, dieci mesi dopo lo scoppio degli sfortunati eventi che hanno
colpito il paese imponendo nuove condizioni sulla scenario siriano. Per tutti
noi, queste condizioni rappresentano una prova importante per il nostro impegno
nazionale, e non possiamo superare questa prova se non che col nostro continuo
lavoro ed onesti intenti basati sulla nostra fede in Dio, sul carattere
autentico della nostra gente, e sulla sua natura solida, lucida, nel corso dei
secoli luminosa e robusta. Nonostante questi eventi ci abbiano fatto pagare,
fino ad ora, un caro prezzo, che ha reso il mio cuore sanguinante, come ha fatto
sanguinare il cuore di ogni siriano, c’è bisogno che i figli della Siria,
indipendentemente dalle loro fedi e dottrine, siano saggi e ragionevoli, e che
siano guidati dai loro più profondi sentimenti nazionali. Solo così il nostro
Paese può ottenere la vittoria, con la nostra unità, la nostra fratellanza, la
nostra volontà di andare oltre orizzonti ristretti ed interessi momentanei, per
risolvere i problemi della nostra nobile nazione . Questa è la nostra
destinazione, la forza del nostro paese e la gloria della nostra storia.
La
Cospirazione Esterna non è più un segreto
La
Cospirazione Esterna non è più un segreto, perché ciò che viene complottato
nelle stanze dei congiurati ha iniziato ad essersi chiaramente rivelato agli
occhi del popolo. Non è più possibile ingannare gli altri, ad eccezione di
quelli che non vogliono ascoltare o vedere; come le lacrime versate dai
dispensatori di libertà e di democrazia per le nostre vittime, proprio non
possono più nascondere il loro ruolo svolto nello spargimento di sangue, che
hanno cercato di utilizzare per i propri scopi. All’inizio della crisi, non era
facile spiegare cosa stesse succedendo. Le reazioni emotive e l’assenza di
razionalità superavano i fatti. Ma ora la nebbia è stata rimossa e non è più
possibile per le parti, regionali e internazionali, che volevano destabilizzare
la Siria, forgiare a loro piacere fatti ed eventi. Ora le maschere sono cadute
dalle facce di quei partiti, e siamo diventati capaci di decostruire l’ambiente
virtuale che hanno creato per spingere i siriani verso l’illusione, per poi
farli cadere. Questo ambiente virtuale è stato creato per portare ad una
sconfitta psicologica e morale, la quale avrebbe portato ad una sconfitta vera e
propria. Questo attacco, senza precedenti, dei media aveva lo scopo di indurci
in uno stato di paura, e questa paura, che avrebbe paralizzato la volontà,
avrebbe portato alla sconfitta.
Oltre
sessanta canali TV nel mondo si sono dedicati al lavoro contro la Siria.
Oltre
sessanta canali televisivi in tutto il mondo si sono dedicati al lavoro contro
la Siria. Alcuni di essi si sono dedicati al lavoro contro la situazione interna
siriana, e alcuni altri stanno lavorando per distorcere l’immagine della Siria
all’estero. Ci sono decine di siti internet, e decine di giornali e diversi
canali mediatici, il che significa che stiamo parlando di centinaia di reti
multimediali.
Il loro
obiettivo era quello di spingerci verso uno stato di auto-collasso, con lo scopo
di risparmiare sforzi nel condurre molte battaglie; hanno fallito nell’intento,
ma ancora non mollano.
Uno dei loro
tentativi, di cui si è consapevoli, è quello fatto personalmente nei miei
confronti nella mia intervista al canale di notizie americane. Di solito non mi
guardo in TV, che sia un’intervista o un discorso. Quella volta ho visto
l’intervista e stavo quasi per credere a quello che mi è stato mostrato d’aver
detto. Se erano in grado di convincere me stesso della menzogna, come potrebbero
non convincere gli altri! Per fortuna, abbiamo avuto una versione originale
dell’intervista, ed hanno fatto quello che hanno fatto, perché hanno pensato che
non avessimo una versione originale da poter presentare ai cittadini da
confrontare con la loro versione. Senza avere avuto tale possibilità, nessuno
avrebbe mai creduto nella macchinazione professionale che hanno fatto, anche se
ora parlassi per ore, per cercare di dirvi che non ho detto ciò che è stato
travisato su quel canale di news.
Naturalmente,
avevano un unico obiettivo in mente. Non essendo riusciti a causare uno stato di
collasso in Siria, a livello popolare e istituzionale, hanno voluto prendere di
mira il vertice della piramide dello Stato, per dire ai cittadini, da un lato, e
naturalmente all’Occidente, dall’altro, che questa persona vive in un bozzolo e
non sa cosa stia succedendo. Hanno anche voluto dire ai cittadini, soprattutto
quelli nell’apparato statale, che se la figura in alto alla piramide sta
eludendo le responsabilità e dando la sensazione che le cose stiano cadendo a
pezzi, poi è normale che le cose vadano fuori controllo.
Ci sono state
continue voci le quali dicevano che il presidente aveva lasciato il paese, come
a dire che il presidente avrebbe rinunciato alla sua responsabilità. Hanno fatto
del loro meglio per far circolare quelle voci, ma noi diciamo loro: ‘questi sono
i vostri sogni, perché io non sono una persona che si arrende di fronte alle
proprie responsabilità.’
Quando
sorseggiavo un pò d’acqua, nel mio precedente intervento, dicevano che “il
presidente è nervoso”, ma noi non abbiamo mai pescato nel torbido, né in periodi
di crisi, né in situazioni normali. Ora si utilizza la dichiarazione precedente
per dire che il presidente siriano ha annunciato che non rinuncerà suo posto. In
realtà, essi non fanno distinzione tra le due nozioni di ‘ufficio’ e
‘responsabilità’, ed io dissi nel 2000 che non sono in corsa per nessun
‘ufficio’ ma non fuggo le mie responsabilità. Un ufficio non ha nessun valore.
Si tratta puramente di un attrezzo e chi è in cerca di un ‘ufficio’ non merita
rispetto.
Stiamo
parlando ora di responsabilità, e questa responsabilità deriva la sua importanza
dal sostegno pubblico. Questo significa che ho acquisito la posizione con
l’appoggio del popolo, e quando lo lascerò, sarà per volontà di questo popolo.
Questo è definitivo, ed indipendentemente da ciò che avete sentito, ho sempre
basato la mia politica estera, in tutte le nostre posizioni, sul sostegno
pubblico e la pubblica volontà. Cosa ne facciamo dell’intervista con il canale
americano, nel contesto dei media? Si è parlato ripetutamente circa la buona
intenzione di molti, sia all’interno della Siria che nel mondo esterno. Perché
non permettiamo che i media entrino in Siria? Infatti, durante il primo mese o
mese e mezzo della crisi, arabi e stranieri delle reti mediatiche erano
completamente liberi di muoversi all’interno della Siria. Tuttavia, tutte le
invenzioni dei media, e l’intera campagna politica e mediatica contro la Siria,
sono stati costruiti in quella fase di montature e distorsione; e c’è differenza
tra distorcere la verità, attribuendosi credibilità essendosi presentato
dall’interno della Siria, da un lato, e distorcere la verità dall’esterno della
Siria, dove verrebbe data meno credibilità ad una frode del genere. Ecco perché
abbiamo preso la decisione, non di non chiudere la porta a tutte le reti dei
media, ma di essere selettivi nell’accesso a loro dato, al fine di poter
controllare la qualità delle informazioni, o la falsificazione di esse, che
andrebbero al di là dei confini.
La vittoria è
molto vicina finchè saremo in grado di sopravvivere e di investire nei nostri
punti di forza
Siamo stati
pazienti in una battaglia senza precedenti nella storia moderna della Siria, una
battaglia che ci ha reso più forti. Anche se questa battaglia comporta rischi
significativi e sfide decisive, la vittoria sarà molto vicina finchè saremo in
grado di sopravvivere e d’investire nei nostri punti di forza, che sono molti, e
di conoscere le debolezze degli avversari, che sono ancora di più. La vostra
consapevolezza pubblica, che si basa su fatti, non su ipotesi, sottovalutazioni,
esagerazioni o semplificazioni, ha avuto il ruolo più importante nello scoprire
il ‘sistema’ e limitandolo nell’attesa di averlo completamente contrastato.
Nella nostra ricerca per smantellare questa ‘ambientazione virtuale’ e per
garantire l’importanza della situazione interna nei confronti di qualsiasi
ingerenza esterna, abbiamo deciso di parlare in modo chiaro/onesto, avendo avuto
omissioni e difetti/ostacoli qui e lá in alcune aree. Questo intendevo dire nei
discorsi precedenti quando parlavo degli errori, non intendendo affatto
sottovalutare l’importanza di tali schemi esterni. Non credo che una persona
ragionevole possa negare oggi che questi atti di sabotaggio e di terrorismo si
spostino verso un altro livello di criminalità, il quale mira alle menti, alle
persone altamente qualificate e alle istituzioni. Lo scopo di tutto questo, è
quello di generalizzare uno stato di panico, per distruggere il morale e farvi
raggiungere lo stato della disperazione, cosa che avrebbe aperto la strada a ciò
che era stato pianificato “dall’esterno” per diventare una realtà, ma questa
volta in mani ‘locali’.
All’inizio,
hanno cercato la loro desiderata rivoluzione, ma la loro rivoluzione gli si è
girata contro e contro i vandali ed i loro mezzi. Fin dai primi giorni, però, il
popolo si ribellò contro di loro, precludendo così sia loro che i loro
scagnozzi. Quando rimasero scioccati dalla vostra unità, cercarono di smontare e
frammentare questa unità attraverso l’uso orrendo dell’arma confessionale, dopo
averlo mascherato con la copertura della santa religione. Quando hanno perso la
speranza di raggiungere i loro obiettivi, hanno deviato in atti di sabotaggio e
assassinio sotto la copertura di diverse etichette, come l’utilizzo di alcune
manifestazioni pacifiche e lo sfruttamento di torti commessi da persone di
stato. Così hanno avviato il processo degli omicidi, hanno tentato di isolare le
città e dividere le varie parti del paese. Hanno rubato, saccheggiato e
distrutto strutture pubbliche e private, e malgrado aver sperimentato con tutti
i modi e mezzi possibili al mondo di oggi, con tutti i mezzi di comunicazione
regionali e internazionali di sostegno politico, non hanno trovato un punto
d’appoggio per la loro auspicata rivoluzione.
I paesi arabi
non sono tutti uguali nelle loro politiche verso la Siria
Ed ecco il
ruolo degli stranieri: dopo non essere riusciti in tutti i loro tentativi, non
c’era altra scelta che un intervento esterno. Quando diciamo stranieri, di
solito ci viene in mente che si tratti di chi è un esterno straniero. Purtroppo,
questo forestiero, dal di fuori, è diventato un misto di arabi e stranieri, e
talvolta, in molti casi, questa parte araba è più ostile e peggiore di quella
estera. Non voglio generalizzare, l’immagine non vuol essere desolante, perché i
paesi arabi non sono tutti uguali nelle loro politiche. Ci sono paesi che hanno
tentato durante questa fase di svolgere un ruolo moralmente obiettivo verso ciò
che sta accadendo in Siria. Al contrario, ci sono paesi che, in fondo non si
preoccupano di ciò che sta accadendo in generale. Voglio dire che essi stanno ai
margini, e nella maggior parte dei casi ci sono paesi che realizzano ciò che
viene chiesto loro di fare. Ciò che è strano è che alcuni funzionari arabi sono
con noi nel cuore, e contro di noi in politica. Quando chiediamo chiarimenti,
viene detto, o il funzionario dice, “io sono con voi, ma ci sono pressioni
esterne”. Voglio dire: questa è una dichiarazione semi-ufficiale di perdita di
sovranità. Non è una sorpresa che alcuni paesi un giorno colleghino le proprie
politiche alle politiche di paesi stranieri, come la connessione della valuta
locale alle valute estere; dando così via la sovranità, essa diventa una
questione sovrana.
La verità è
che questo è il picco del deterioramento della situazione araba, ma il
deterioramento precede sempre una rinascita, quando si passa dalla prima
indipendenza, che è la prima liberazione di terra dall’occupazione, alla seconda
indipendenza che è l’indipendenza della volontà . Raggiungeremo questa
indipendenza quando i popoli arabi prenderanno l’iniziativa nel mondo arabo in
generale. Questo perché le politiche ufficiali che vediamo non riflettono del
tutto ciò che vediamo sulle arene pubbliche nel mondo arabo.
Noi non
vediamo questo ruolo arabo, che abbiamo visto ora improvvisamente, quando c’è
una crisi o un dilemma in un paese arabo. Al contrario, lo vediamo nella sua
migliore forma quando ci sono problemi in un paese straniero o di una
superpotenza. Il salvataggio di uno stato dalla sua crisi, è spesso a scapito di
un altro Stato, o a spese degli stati arabi, e spesso attraverso la distruzione
di un paese arabo. Questo è quello che è successo in Iraq e questo è quello che
è successo in Libia, e questo è ciò che vediamo ora nel ruolo degli arabi verso
la Siria. Dopo aver fallito nel Consiglio di Sicurezza, quando non riuscivano a
convincere il mondo delle loro menzogne, c’era bisogno di una copertura araba e
la necessità di avere una piattaforma araba. Ecco che arriva questa iniziativa.
La verità di questa iniziativa è lanciare un monitoraggio, ed io sono colui che
ha proposto questo tema nel mio incontro con la delegazione della Lega araba
pochi mesi fa. Abbiamo detto che poichè le organizzazioni internazionali sono
venute in Siria, hanno esaminato i fatti ed hanno avuto una reazione positiva,
almeno attraverso una revisione delle cose – non diciamo che le cose sono tutte
positive, essi vedono le cose positive e negative, e noi non vogliamo altro che
conoscere la verità, così com’è – sarebbe stato più conveniente per gli arabi
inviare una delegazione per vedere cosa stava succedendo in Siria. Naturalmente,
non c’era alcun interesse in questa proposta avanzata dalla Siria, ma
improvvisamente, dopo diversi mesi, vediamo che questo argomento è diventato il
centro dell’attenzione mondiale. Non è stata affatto un’improvvisa attenzione
verso ciò che abbiamo proposto, ma perché l’intrigo è sotto quest’etichetta che
è iniziato dall’esterno.
In ogni caso
abbiamo continuato il dialogo con le varie parti ed il ministro degli esteri ha
già parlato nelle sue conferenze stampa di dettagli che non starò qui a
ripetere. Ci siamo concentrati su una cosa soltanto, che è la sovranità della
Siria. Consideravamo che il cittadino arabo, il funzionario arabo o
l’osservatore arabo, ha sentimenti verso di noi, voglio dire, rimaniamo arabi
che simpatizzano l’uno con l’altro, non importa quanto brutta sia la situazione
araba. Perché hanno avviato l’iniziativa araba? Gli stessi paesi che esprimono
preoccupazione per il popolo siriano, sono stati quelli che inizialmente ci
hanno consigliato le riforme. Naturalmente, questi paesi non hanno la minima
conoscenza della democrazia e non hanno eredità in questo campo, ma pensavano
che noi non ci saremmo mossi verso le riforme e che ci sarebbe stato titolo per
questi ultimi di sfruttare a livello internazionale un conflitto all’interno
della Siria, tra uno Stato che non vuole le riforme e le persone che vogliono le
riforme, la libertà o cose simili.
Quando
abbiamo iniziato la riforma, questa cosa è stata per loro confondente, così essi
si sono mossi sulla questione della Lega araba o iniziativa araba. La verità è
che se vogliamo seguire questi paesi, che ci danno consigli, dobbiamo andare
indietro di almeno un secolo e mezzo. Cosa è successo un secolo e mezzo fa?
Siamo stati parte dell’Impero Ottomano e abbiamo avuto il primo parlamento, di
cui ci siamo occupati in un modo o in un altro. Il primo parlamento è stato
aperto nell’anno 1877 e se lo mettiamo da parte, il primo parlamento in Siria è
stato nel 1919, che significa meno di un secolo fa. Quindi, immaginate questi
paesi che vogliono darci suggerimenti di democrazia! Dove erano questi paesi a
quel tempo? Il loro status è come lo stato di un medico del fumo che consiglia
al paziente di smettere di fumare mentre gli mette una sigaretta in bocca.
L’indignazione araba, o la reazione pubblica in Siria nei confronti del problema
della Lega Araba, sono stati il risultato finale. In realtà, non ero arrabbiato:
perché arrabbiarsi con qualcuno che non conosce la sua decisione? Se qualcuno ci
attacca con un coltello, non difendiamo noi stessi lottando con il coltello, ma
con la persona. Il coltello è solo uno strumento. La nostra lotta non è contro
queste persone, ma contro coloro che stanno dietro di loro. La reazione del
pubblico è stata di sdegno, indignazione e sorpresa: perché gli arabi non stanno
con la Siria, piuttosto che levarsi contro la Siria? Ho una domanda: quand’è che
si schiereranno con la Siria?! Non voglio tornare indietro nel lontano passato,
ma dobbiamo solo parlare degli ultimi anni. Cominciamo con la guerra in Iraq,
dopo l’invasione, quando la Siria è stata minacciata di bombardamento ed
invasione. Chi stava con la Siria nel 2005, quando hanno sfruttato l’assassinio
di Hariri? Chi stava a fianco della Siria nel 2006? Chi ha sostenuto le nostre
posizioni contro l’aggressione israeliana contro il Libano nel 2008? Chi ci ha
sostenuto nella sede dell’AIEA, in relazione al presunto file nucleare? Gli
stati arabi hanno votato contro di noi. Questi fatti potrebbero essere
sconosciuti a molti cittadini. È per questo che abbiamo bisogno di spiegare
tutto in questi momenti e situazioni.
Recentemente,
gli Stati arabi hanno votato contro la Siria in merito alla questione dei
diritti umani. Al contrario, alcuni paesi non arabi si sono schierati con la
Siria. Questo è il motivo per cui non dovremmo essere sorpresi. Voglio dire che
non dovremmo essere sorpresi per le posizioni della Lega Araba, perché sono solo
un riflesso della situazione araba. La Lega araba è uno specchio della nostra
situazione.
La Lega Araba
riflette la nostra miserabile situazione attuale. Se ha fallito in oltre sei
decenni a prendere una posizione nell’interesse arabo, perché ci sorprendiamo
oggi, che il contesto generale è lo stesso e non è cambiato se non nel senso che
sta spingendo la condizione araba di male in peggio? e che cosa stava accadendo
in segreto, ora sta accadendo in pubblico, con lo slogan dell’interesse
nazionale.
La Lega Araba
ha effettivamente ottenuto l’indipendenza per i suoi stati, e di conseguenza per
se stessa? Ha mai attuato le sue decisioni e rimosso la polvere dai propri
propositi e raggiunto un solo frammento delle aspirazioni dei popoli arabi? O ha
contribuito direttamente a spargere i semi della sedizione e divisione? Ha
rispettato il suo statuto e difeso i suoi Stati membri, i cui terreni e diritti
dei popoli sono stati violati? Ha restituito un albero di ulivo sradicato da
Israele o impedito la demolizione di una casa palestinese nei territori occupati
della Palestina araba? E ‘stato in grado di evitare la divisione del Sudan, o di
impedire l’uccisione di oltre un milione di iracheni, o ha sfamato un solo
somalo affamato?
Oggi, non
siamo in procinto di attaccare la Lega Araba, perché noi siamo parte di essa,
anche se siamo nell’era della decadenza. E non sto parlando della Lega araba
perché gli stati arabi hanno preso la decisione di sospendere l’appartenenza
della Siria ad essa. Questo non ci riguarda per niente. Sto parlando, perché ho
notato la misura della frustrazione popolare, la quale abbiamo bisogno di porre
nel suo contesto naturale. La Lega araba è stata condannata per un lungo
periodo. Quando ci sedevamo ai vertici arabi ad ascoltare critiche e denunce la
cui eco risuonava in sale conferenza, siamo stati soliti parlare di questo
candidamente, come funzionari arabi; alcuni si sono vergognati ed alcuni si sono
comportati come se fossero cose che non li riguardavano affatto. Quindi, essendo
fuori della Lega Araba, l’appartenenza o la sospensione della Siria, e tutto
questo gran parlare, non sono il problema. Il problema è chi vince e chi perde.
Perde la Siria o la Lega Araba? Secondo noi, noi e gli stati arabi perdiamo sino
a quando la condizione araba va male . Questa è una situazione cronica, nulla di
nuovo in essa, e non ci sono vincitori. Abbiamo lavorato per anni per ridurre al
minimo le perdite, perché non è possibile vincere. Ma sospendere l’adesione
della Siria solleva una questione: il corpo può vivere senza un cuore? Chi ha
detto che la Siria è il cuore pulsante dell’arabismo? Non era un siriano, è
stato il presidente Abdul Naser, e questa è ancora e sempre la verità.
Molti arabi
hanno la stessa convinzione. Per la Siria ‘arabismo’ non è uno slogan, è una
pratica. Chi ha offerto più della Siria, ed ancora sta offrendo e pagando il
prezzo? Chi, più della Siria, ha offerto alla causa palestinese in particolare?
Chi, più della la Siria, ha dato al processo di arabizzazione della cultura e
dell’istruzione in tutto il mondo, nei mass media? La Siria è molto rigorosa
circa arabizzazione, in particolare nei programmi scolastici. Chi ha offerto di
più per arabismo e arabizzazione ed ha insistito sulla cultura araba nei
programmi scolastici, più di quello che la Siria fa nelle scuole e nelle
università? Questo problema per noi non è uno slogan. Se alcuni paesi cercano di
sospendere il nostro arabismo nella Lega, diciamo loro che stanno sospendendo
l’identità araba della stessa Lega. Essi non possono sospendere l’identità araba
della Siria. Al contrario, la Lega senza la Siria sospende la propria identità
araba.
La Lega Araba
senza la Siria significa la Sospensione dell’Arabismo
Se alcuni
ritengono di potere farci fuori della Lega, non possono farci fuori dalla nostra
identità araba, perché l’identità araba non è una decisione politica. Essa è
patrimonio e storia. Questi paesi, che conoscete, non hanno acquisito, e non
acquisiranno, l’identità araba. Se credono che con i soldi possono comprare un
po’ di geografia e affittare un pò di storia, diciamo loro che il denaro non fa
nazioni o crea civiltà. Di conseguenza, come ho già sentito da molti siriani, e
sono d’accordo con loro su questo punto, forse nella nostra condizione attuale
siamo più liberi nell’esercizio del nostro arabismo, reale e puro, che i siriani
sono stati i migliori ad esprimere nel corso della storia. Questo è il motivo
per cui noi diciamo che con tale tentativo essi non realizzano l’uscita della
Siria dalla Lega, ma piuttosto la sospensione dell’arabismo stesso, in modo che
essa diventi una Lega Araba solo di nome. Non sarà più una Lega – per tenere
insieme le persone – e neppure Araba. Sarà un finto corpo-arabo, per essere in
linea con le loro politiche ed il ruolo che stanno giocando sulla scena araba.
Altrimenti, come potremmo spiegare questo tatto, senza precedenti ed
irragionevole, con il nemico sionista, in tutto ciò che fa, e
(contemporaneamente) questa decisione di durezza con la Siria?
Abbiamo
cercato per anni per attivare un gabinetto per il boicottaggio di Israele, e
abbiamo ricevuto scuse del tipo che ‘questo non è più accettabile’, ma, in poche
settimane, attivano un boicottaggio contro la Siria. Ciò significa che il loro
obiettivo è la sostituzione della Siria con Israele. Questo è il disegno, e noi
non siamo ingenui. Conosciamo questa condizione araba da molto tempo. Non siamo
attaccati alle illusioni. Mostrando la nostra pazienza riguardo a tali pratiche,
prima e durante questa crisi, abbiamo voluto dimostrare a tutti coloro che,
avvolti in una bella e ornata lingua, hanno i loro dubbi circa le nostre cattive
intenzioni, che sono le loro intenzioni ad esser cattive ed i loro obiettivi
vili. Credo che ormai questo sia diventato evidente ai più.
Noi Non
Potremo Chiudere Mai la Porta a Qualsiasi Sforzo Arabo, Sinchè Esso Rispetta la
Nostra Sovranità, l’Indipendenza delle Nostre Decisioni e l’Unità del Nostro
Popolo
Noi
realizziamo tutto questo. Ma sulla base del nostro genuino carattere arabo, e
sul nostro desiderio di ripristinare l’originale idea della Lega araba, in cui
siamo sostenuti da alcune nazioni sorelle incline a fare della Lega Araba un
corpo davvero collettivo e arabo, non abbiamo chiuso le porte a qualsiasi
soluzione o proposta, e non potremo mai chiudere la porta a qualsiasi sforzo
arabo a condizione che rispetti la nostra sovranità, l’indipendenza della nostra
decisione e l’unità del nostro popolo.
Tutti questi
accumuli negativi sulla scena araba, da decenni, oltre alla situazione attuale,
hanno portato alcuni dei nostri cittadini ad esternare la loro rabbia contro
l’arabismo, che è stato erroneamente confuso con la Lega Araba o con la
sceneggiata di alcuni pseudo-arabi nella misura in cui lo essi l’hanno
denunciato.
Fratelli e
sorelle,
La struttura
sociale del mondo arabo, con la sua grande diversità, si basa su due pilastri
forti e integrati: arabismo e l’Islam. Entrambi sono grandi, ricchi e vitali. Di
conseguenza, non possiamo biasimarli per le pratiche umane sbagliate. Inoltre,
la diversità musulmana e cristiana nel nostro paese è un pilastro importante del
nostro arabismo e fondamento della nostra forza. Quando ci arrabbiamo con
l’arabismo, o l’abbandoniamo a causa di quello che alcuni hanno fatto in questo
largo campo arabo, commettiamo un grande ingiustizia. Come ci siamo rifiutati di
generalizzare gli errori fatti da alcuni funzionari per l’intero paese, non
dobbiamo generalizzare gli errori di alcuni pseudo-arabi commessi nei confronti
dell’arabismo. Quello che stiamo facendo ora è simile a quello che l’Occidente
ha fatto contro l’Islam, sulla scia del 9/11.
Diciamo che
c’è una grande religione – l’Islam, e che ci sono terroristi i quali prendono
riparo sotto la copertura dell’Islam. Chi dovremmo bandire: la religione o il
terrorismo? Dobbiamo denunciare la religione, o i terroristi? Combattiamo coloro
che commerciano nell’Islam, o combattiamo il terrorismo? La risposta è chiara:
non è colpa dell’Islam se ci sono terroristi che prendono copertura sotto il
manto dell’Islam.
Il
cristianesimo è una religione di amore e di pace. Qual è la colpa del
cristianesimo nelle guerre intraprese sotto il suo nome e nei crimini commessi
nel cuore d’America, o nei paesi europei da parte di persone che affermano di
essere attaccate a valori cristiani? Lo stesso vale per l’arabismo. Non dobbiamo
collegarlo a quello che alcuni pseudo-arabi stanno facendo, altrimenti ci
indirizziamo verso un peccato più grande. Ci sono cose che esistono attraverso
un processo storico e non possiamo rispondere ad esse con un semplice atto o una
decisione. Queste cose non hanno avuto luogo attraverso una decisione. C’è un
contesto storico e vi è una volontà divina dietro le religioni e le nazionalità,
le quali non possiamo affrontare per reazione.
La prima
reazione è stata di proporre il concetto “prima la Siria”. E ‘naturale mettere
la Siria per prima. Ogni persona appartiene al suo paese prima di tutto. La
propria patria non può essere al secondo, terzo o quarto posto, ma il contesto
in cui è stato fatto questo concetto è stato isolazionista – solo la Siria.
Ogni persona
appartiene prima alla sua città più di altre città. Egli è naturalmente
collegato ad essa. A tutti piace il paese in cui è cresciuto, più di altri
villaggi, ma questo non impedisce di essere patriottici e come l’insieme della
patria. Essere siriani non ci impedisce di essere arabi, ed essere arabi non
crea alcuna contraddizione tra la nostra identità araba e quella siriana.
Ecco perché
dobbiamo sottolineare che il punto, che il rapporto tra arabismo e patriottismo
è una stretta vitale per il futuro, per i nostri interessi e per tutto. Non si
tratta di romanticismo o di principi. Si tratta anche di interessi. Se separiamo
questo fatto dalla reazione, dobbiamo sempre sapere che l’arabismo è un’identità
non un appartenenza registrata. Arabismo è una identità data dalla storia, non
un dato certificato da un’organizzazione. Arabismo è un onore che caratterizza i
popoli arabi, non uno stigma portato da alcuni pseudo-arabi sul palcoscenico del
mondo arabo o politico.
Qualcuno
potrebbe chiedersi tutto questo parlare di arabismo e arabi, mentre in Siria ci
sono solo arabi. La mia risposta è: chi ha detto che stiamo parlando di una
razza araba? Se l’Arabismo fosse stato solo la razza araba, non avremmo avuto
molto di cui essere orgogliosi. L’ultima cosa nell’arabismo è la competizione.
Arabismo è una questione di civiltà, una questione di interessi comuni, volontà
comune e religioni comuni. Riguarda le cose che determinano tutte le nazionalità
diverse che vivono in questo luogo. La forza di questo arabismo sta nella sua
diversità, non nel suo isolamento e mancanza di colore. L’Arabismo non è stato
costruito dagli arabi. L’Arabismo è stato costruito da tutti i non-arabi i quali
hanno contribuito alla sua costruzione e da tutti quelli che appartengono a
questa ricca società in cui viviamo. La sua forza risiede nella sua diversità.
Se ci fosse stato un gruppo di non-arabi che avessero voluto cambiare le loro
tradizioni e costumi e abbandonarli, ci saremmo loro opposti con la motivazione
che avrebbero indebolito l’arabismo. La forza del nostro arabismo si trova
nell’apertura, diversità e nel mostrare questa diversità non integrandola a
vedersi come un unica componente. L’Arabismo è stato accusato per decenni di
sciovinismo. Questo non è vero. Se ci sono persone scioviniste, questo non
significa che l’arabismo è sciovinista. Si tratta di una condizione di civiltà.
Tutto ciò non
influenzerà la nostra visione della situazione interna in Siria e come
affrontarla. Non c’è dubbio che gli eventi attuali e le loro ripercussioni hanno
posto un gran numero di domande e di idee che mirano a trovare soluzioni diverse
per la situazione attuale che la Siria sta attraversando. Se è naturale ed
evidente, non può essere positivo ed efficace, tranne quando si basa
sull’importanza di affrontare il problema e non fuggire da esso, o quando si
basa sul coraggio di non farsi prendere dal panico e darsi alla fuga.
Noi Non
Possiamo Attuare una Riforma Interna senza Trattare con i Fatti Reali
Se vogliamo
parlare della situazione interna – e penso che sia la questione su cui si
concentrano tutte le preoccupazioni dei siriani – dobbiamo identificare i
problemi in modo chiaro. Ci sono numerose idee, che potrebbe essere buone. Ma a
meno che non siano messe in un adeguato schema di lavoro rimangono inutili e
talvolta dannose. Invece di avere idee in movimento in contraddizione ed in
lotta tra loro, cerchiamo di trarre alcune definizioni, prima di entrare nei
dettagli.
In primo
luogo, non possiamo effettuare una riforma interna senza confrontarci con i
fatti così come sono sul terreno, che ci piaccia o no. Non possiamo aggrapparci
ad una cannuccia in aria. Né la paglia, né l’aria ci porteranno. Significherebbe
cadere. Sotto la pressione della crisi, alcuni parlano di ogni soluzione e
invocano ogni tipo di soluzione. Noi non daremo ‘qualsiasi’ soluzione. Ci
limiteremo a dare ‘soluzioni’. Soluzioni significa che i risultati sono noti in
anticipo. ‘Qualsiasi soluzione’ porterà al baratro. Potrebbe portare ad
aggravare la crisi. E ci può far entrare in un vicolo cieco. La pressione della
crisi non ci spingerà ad adottare solo ‘un’ piano. Anche se il tempo è molto
importante, non è più importante della qualità della soluzione che potremmo
fornire.
Oggi, si
tratta di due aspetti della riforma interna: la prima è la riforma politica e la
seconda è la lotta al terrorismo, che si è diffuso recentemente in diverse parti
della Siria. Nel processo di riforma, ci sono quelli che credono che quello che
stiamo facendo ora è la via per uscire dalla crisi, o è l’intera soluzione alla
crisi. Questo non è vero. Noi non lo stiamo facendo per questo motivo. Il
rapporto tra la riforma e la crisi è limitato. In principio, ha avuto un ruolo
maggiore, quando abbiamo deciso di separare coloro che pretendono le riforme per
finalità terroristiche, da coloro che sinceramente vogliono le riforme. Questo è
successo. La mia visione fin dall’inizio fu che non vi era alcuna relazione tra
i due gruppi, ma non è stato poi facile parlarne perché, come ho detto, le cose
non erano chiare per molti siriani come le hanno ormai chiare ora.
Qual è il
rapporto tra il processo di riforma ed il complotto esterno? Saranno fermate le
trame esterne contro la Siria se si introducono le riforme entro oggi? Vi dirò
una cosa. Sappiamo molto di discussioni che hanno avuto luogo al di fuori della
Siria, in particolare in Occidente, circa la situazione in Siria. Nessuno di
coloro che sono coinvolti in queste discussioni si preoccupa né del numero delle
vittime, né delle riforme, né di quanto è stato fatto, né di quello che sarà
raggiunto. Tutti parlano di politica della Siria e se il comportamento della
Siria sia cambiato dall’inizio della crisi fino ad ora.
Il partito
esterno della crisi è contro le riforme che renderebbero la Siria più forte
D’altra
parte, vi erano coloro che venivano a contrattare, dicendo che se fai 1, 2, 3,
4, almeno la parte al di fuori della crisi e dei suoi tentacoli internio si
arresta immediatamente. Quindi, non vi è alcuna relazione tra la riforma e la
parte al di fuori della crisi, perché questa parte è contro la riforma, perché
la riforma renderà più forte la Siria. Se la Siria è più forte, questo significa
rafforzare le politiche siriane, e sappiamo tutti che le politiche siriane non
sono ben apprezzato nei circoli stranieri. Al contrario, tali politiche sono
detestate da molti paesi che vorrebbero fossimo dei semplici lacchè.
Il secondo
punto: qual è il rapporto tra la riforma e il terrorismo? Se noi realizziamo
riforme, i terroristi si fermeranno? Questo significa che i terroristi che
stanno uccidendo e distruggendo sono pronti alla legge sui partiti politici, le
elezioni delle amministrazioni locali o cose del genere? Non lo sono. Ai
terroristi non interessa. Le riforme non impediscono ai terroristi di essere
terroristi. Quindi, qual è la componente che ci riguarda?
La maggior
parte del popolo siriano vuole la riforma, ma non sono usciti in strada, non
hanno infranto la legge, non hanno ucciso. Questa è la più grande parte del
popolo siriano, è la parte che vuole la riforma. Per noi, la riforma è il
contesto naturale. È per questo che abbiamo annunciato una riforma graduale nel
2000. Nel mio discorso del giuramento ho parlato di modernizzazione e sviluppo.
A quel tempo ero concentrato sulle istituzioni statali. Nel 2005, abbiamo
parlato di riforme politiche. Parte di ciò che stiamo facendo ora è stato
proposto nel 2005 alla conferenza del partito Bath. A quel tempo non c’erano
pressioni in questo senso. La pressione era diversa, in una direzione diversa.
Nessuno parlava di riforma interna. L’abbiamo proposta perché abbiamo pensato ad
essa come parte di un contesto naturale, non una forzatura. Non ci può essere
forzatura. Si tratta di un requisito naturale per lo sviluppo. Noi non possiamo
svilupparci senza le riforme. Il fatto che fossimo in ritardo o meno, è una
questione diversa. Perché fossimo in ritardo è una diversa questione. Ma è
rimasta un’esigenza naturale. Se la riforma fosse stata parte della crisi,
sarebbe fallita, e se la riforma fosse stata forzata, sarebbe fallita. Ecco
perché, nella nostra discussione di riforma, dobbiamo distinguere i bisogni
naturali dalla crisi.
Se partiamo
dalla crisi attuale, la riforma sarà brusca e legata alla temporanea situazione
attuale. Cosa succederà nei prossimi decenni? Le cose saranno diverse. Dobbiamo
collegare ciò che è prima della crisi, con quello che a prescindere viene dopo,
e quindi basare il nostro lavoro sul processo di riforma. Naturalmente questo
non è un discorso in assoluto. A volte, prendiamo in considerazione quello che
stiamo vivendo oggi, nei nostri sforzi di riforma. Non lo separiamo
completamente dal calendario di marcia. A volte ci muoviamo in fretta. A volte
diamo per scontato che la reazione della gente ha bisogno di una mossa in una
certa direzione. Ci sono alcuni effetti d’impatto relativi alla crisi, ma noi
non costruiamo le nostre riforme sulla crisi. Se faccessimo così,
giustificheremmo l’intervento delle potenze straniere nella nostra crisi con la
scusa delle riforme. Allora, mettiamoci d’accordo sulla separazione delle due
questioni e affrontiamo i dettagli su questo terreno.
Ora che
abbiamo parlato dei dettagli, nel mio discorso in questo auditorium, lo scorso
giugno, proposi un piano d’azione, e parlai principalmente della componente
legislativa in relazione alle leggi e alla costituzione. A quel tempo, offrii un
calendario per le leggi, le quali sono tutte state approvate nei tempi
individuati in quel momento. Ora, sentiamo molte persone dire “non abbiamo visto
alcun risultato tangibile”. A me piace sempre parlare in modo trasparente, ed
affrontare ogni argomento separatamente.
La prima
legge che abbiamo approvato è stata quella sulla revoca dello stato di
emergenza. In tali circostanze, quali la Siria sta attraversando, ogni stato può
revocare lo ‘stato di emergenza’. Al contrario, ogni stato avrebbe imposto lo
stato di emergenza. Tuttavia, non abbiamo fatto questo. Abbiamo insistito sulla
revoca dello stato di emergenza. Alcuni siriani ci ha accusato di abbandonare
parte della sicurezza della Siria, perché abbiamo revocato lo stato di
emergenza. Naturalmente ciò è un’imprecisione, perché sia la revoca dello stato
di emergenza, che lo stato di emergenza in sé, non offrono sicurezza. Si tratta
piuttosto di un problema organizzativo. Quando è in atto uno stato di emergenza,
ci sono alcune misure particolari, e quando si rimuove vi è un diverso insieme
di misure. Non abbiamo abbandonato la sicurezza.
Nessuno Stato
può accettare di abbandonare la sicurezza. Le leggi e le misure attualmente in
vigore ci danno piena autorità di controllo e di sicurezza indipendentemente
dallo stato della legislazione di emergenza. Ma la revoca dello stato di
emergenza esige la formazione dei servizi competenti, comprese le forze di
sicurezza e di polizia che trattano con i cittadini. Sappiamo tutti che essi ora
sono in ogni luogo della Siria, ed alcuni di loro non hanno preso congedo per
mesi. Quindi, è logica, ragionevole o pratica, la loro formazione adesso? Questo
è impossibile. Non ci sarà nessun addestramento nelle attuali circostanze.
Tuttavia, insistiamo sul fatto che i servizi sottolineino alcune regole di base
in relazione alla revoca dello stato di emergenza. Quando c’è un clima d’atti di
terrorismo, distruzione e infrazione della legge, se ci sono errori essi si
moltiplicheranno in decine di pieghe. Questo è il motivo per cui noi non
trattiamo solo con i risultati, ma anche con le cause. I risultati sono gli
errori che vediamo essere commessi da alcuni, ma le cause sono legate allo stato
di caos in sé. Abbiamo bisogno di controllare il caos, per poter sentire gli
effetti. In altre parole, non possiamo sentire i veri effetti della revoca dello
stato di emergenza, mentre il caos regna. E qui distinguo, ovviamente, tra i
diversi livelli di errore, da un lato, e le uccisioni, dall’altro.
Non esiste
‘copertura’ per nessuno, non esiste un ordine, a nessun livello dello Stato, di
poter sparare ad un qualsiasi cittadino
Non c’è
copertura per nessuno, ma il problema delle uccisioni ha bisogno di prove.
Alcune persone credono che nessuno di coloro i quali hanno commesso atti di
omicidio siano stati arrestati. Questo non è vero, in relazione a coloro che
lavorano per lo Stato. Un numero limitato di persone sono state arrestate in
relazione a omicidi e altri reati. Dico limitato, perché le prove connesse con
quelle persone erano limitate. L’esistenza delle prove, o la ricerca di esse,
esige istituzioni adatte; e le istituzioni devono avere opportune condizioni; e
le attuali condizioni ostacolano il lavoro di tali istituzioni. Ma vorrei
sottolineare che non c’è copertura per nessuno, e non c’è ordine, sottolineo,
nessun ordine, a qualsiasi livello dello Stato, di sparare a qualsiasi
cittadino. Sparare, secondo la legge, è consentito solo in caso di autodifesa,
in difesa dei cittadini e nel caso ci si trovi coinvolti con una persona armata.
Quindi, ci sono casi specifici secondo la legge. A questo proposito, sottolineo
la necessità di affrontare le cause e gli effetti.
Per quanto
riguarda i partiti politici, la legge sui partiti politici è stata varata.
Alcuni partiti hanno aderito e sono state rilasciate le licenze. La prima
licenza è stata data al primo partito poche settimane fa, e credo che ieri, o
oggi, ci sia stato un secondo partito che abbia soddisfatto tutte le condizioni.
Ci sono molti altri partiti che stanno ancora cercando di soddisfare le
condizioni di legge e presentando i documenti necessari affinchè sia concessa
loro la licenza. Naturalmente non abbiamo notato l’esistenza di questi partiti,
perché i partiti politici hanno bisogno di tempo. Ma, in ogni caso, dopo che la
legge sui partiti politici è stata approvata, non solo abbiamo rilasciato le
licenze, ma abbiamo incoraggiato molti gruppi a formare i propri partiti. Non
credo che lo stato sia responsabile in questo senso. Noi non formeremo alcun
partito, non appariremo sui media o svolgeremo attività per conto di nessuno.
Quindi, non ci sono ostacoli in questo senso ed è solo questione di tempo.
La legge
sulle amministrazioni locali è stata approvata e le elezioni si sono svolte.
Certo che sono state tenute in condizioni difficili, ed è naturale che non
daranno i risultati desiderati, perché la partecipazione, né da parte dei
candidati, nè degli elettori, era quella che sarebbe dovuta essere con la nuova
legge, a causa della le condizioni di sicurezza. Ci furono punti di vista i
quali sostenevano che avremmo dovuto rinviare le elezioni delle amministrazioni
locali ad una fase successiva. Ma c’era un opinione diversa, che abbiamo
adottato, la quale invece sosteneva che ci voleva un cambiamento, perché ogni
cambiamento è positivo, in particolare per le denunce dalla maggior parte dei
cittadini circa il mal funzionamento dell’amministrazione locale. Ci siamo
imbarcati in questo sforzo. Ma in ogni caso, tutto ciò che riguarda le elezioni
non darà risultati se non vi sarà la più ampia partecipazione da parte dei
candidati ed anche da parte degli elettori, in modo che ci sia concorrenza.
Questo è il motivo per cui non ci si accorge dei risultati. In generale, per
tutto quel che riguarda le elezioni, una parte della responsabilità ricade sui
cittadini e non solo sullo stato.
Per quanto
riguarda la legge sui “media”, credo che il governo abbia completato, la scorsa
settimana, la preparazione delle istruzioni per l’esecutivo, ed esse sono ora
pronte per l’attuazione. Ci sono richieste pronte per la televisione, la stampa
ed altre ancora. La legge elettorale è stata emessa, ed il suo obiettivo è
quello di inquadrare tutte le idee che si sentono sulla scena politica, e
chiunque abbia una idea dovrebbe andare alle urne, che sono la voce del diritto
per tutto ciò che in questo paese; questo è il nocciolo della questione.
Una legge
mportante è quella sulla lotta alla corruzione. E ‘l’unica legge che sia stata
ritardata per diversi mesi. La prima ragione è legata al fatto che questa legge
è molto importante ed ha molti aspetti. Pertanto, ho chiesto al governo di
considerarla ampiamente in collaborazione con vari altri enti e parti. E ‘stato
pubblicato su internet e ci sono stati molti messaggi e idee utili. Il governo,
finito questo passaggio, lo ha inviato alla Presidenza siriana, che ha
re-inviato recentemente di nuovo al governo. E ‘una buona legge, che prevede
punti molto importanti ed un passo relativo all’autorità di controllo.
Nella legge
attuale, la legge anti-corruzione, la commissione di ispezione è stata abolita,
e la Commissione Anti-Corruzione ha sostituito la commissione di ispezione, ma
la legge anti-corruzione è specializzata in casi di corruzione. Ciò significa
che essa tratta solo istanze minori, le quali spesso non sono elencate in tutti
i casi di corruzione. Questa commissione si occupa di corruzione dopo la sua
apparizione, mentre la commissione di ispezione è stata incaricata di funzioni
più ampie, tra cui l’organizzazione della gestione, aumentando le proposte nel
campo della gestione e del controllo dell’azione statale in termini di
amministrazione e lotta alla corruzione. Così, l’abolizione di tutte queste
attività ed il loro collegamento ad un unico titolo, che è la corruzione, non va
bene, soprattutto perchè la lotta alla corruzione non può essere fatto
isolatamente dall’organizzazione dell’amministrazione.
Non possiamo
combattere solo la corruzione, perché questa è un grande squilibrio, oltre a
tutti gli altri punti presenti. Ci sono proposte per l’integrazione della
commissione di ispezione con la Commissione di controllo finanziario, ma questo
problema non è importante. La cosa più importante è conoscere il rapporto tra
Ispezione e Commissione Anti-Corruzione. Se ci fosse un annullamento della
Commissione d’Ispezione, sarà la Commissione Anti-Corruzione ad includere tutti
i compiti dei due organismi, o dovremmo lasciare alle due commissioni specifici
compiti diversi per ognuna di loro, o dobbiamo coordinarle tra esse in riguardo
alla questione della corruzione? Ecco perché questa legge è stata reindirizzata
al governo, per risolvere questo punto. Dopo di che, la legge per la lotta alla
corruzione sarà varata.
In ogni caso,
se la legge sarà approvata nelle migliori delle condizioni, sarà facile per lo
Stato combattere la corruzione a livello intermedio e superiore, ma è difficile
combatterla dal livello intermedio e inferiore senza il contributo dei cittadini
e dei media. Ciò significa che l’accusa non sarà emessa neppure da parte di
questa commissione sinchè non saranno ricevute le informazioni. Quindi, abbiamo
bisogno di guardare all’informazione e segnalare loro questa commissione. Ciò
significa che il successo di questa legge ha bisogno di una significativa
consapevolezza popolare.
Nell’ambito
del tema della corruzione, alle molte persone che incontro io dico che noi
vogliamo che il Presidente ritenga le persone corrotte responsabili. Qui, voglio
chiarire che il Presidente non sostituisce le istituzioni. Io posso trattare uno
o due problemi, quando vedo un errore, ma le istituzioni hanno in carico
migliaia di persone responsabili di migliaia di casi. Quando il Presidente si
sostituisce alle istituzioni, questo non è rassicurante, anche se sta facendo la
cosa giusta. Quindi, dobbiamo lavorare per attivare le istituzioni.
Ho detto loro
che mi prenderò cura di questa legge e dell’attivazione di queste istituzioni, e
voglio vedere combattere la corruzione attraverso i normali canali legali. A
quel punto avremo risolto i problemi di migliaia, decine di migliaia, centinaia
di migliaia e milioni di siriani. Mi sono sempre concentrato sul lavoro
istituzionale. Se ho risolto un problema, è un problema individuale, ho risolto
il problema di qualcuno ma non il problema di migliaia di persone.
L’altro
pilastro della riforma è la Costituzione. Il decreto che prevede l’istituzione
di una commissione per redigere la costituzione è stato rilasciato. A questo
comitato è stato dato un termine di quattro mesi e penso che sia entrato nella
sua fase finale. Questa costituzione si concentrerà su un punto fondamentale ed
essenziale, che è il sistema multi-partitico e il pluralismo politico. Parlavano
solo dell’articolo otto, ma abbiamo detto che la Costituzione intera deve essere
modificata, perché c’è una correlazione tra gli articoli. La Costituzione si
concentrerà sul fatto che il popolo è la fonte di autorità, soprattutto durante
le elezioni, sull’impegno e ruolo delle istituzioni, delle libertà dei cittadini
e di altre cose e principi fondamentali.
Ci è stata
formulata una domanda: perché abbiamo varato la “riforma giuridica” prima di
cambiare la Costituzione? Secondo la logica, avremmo dovuto cominciare con la
Costituzione e le leggi sarebbero venute dopo di essa. Questo è vero, in termini
di logica, ma la pressione della gente stava mettendo in discussione la
credibilità dello Stato nel realizzare una vera riforma, e ci ha portato a
lavorare in parallelo. Inoltre, il varo di leggi è più veloce in termini di
tempo; ci vogliono un paio di mesi, e questo è meno di ciò che è necessario per
la Costituzione. Se la logica contraddice la realtà, andiamo con la realtà e in
ogni caso non si tratta di una questione importante. Quello che è veramente
importante è che quando le leggi sono passate e la Costituzione è stata redatta,
saremo in una nuova fase che non è di transizione. Questa è legata all’aspetto
legislativo.
Tanto più noi
estendiamo la partecipazione al governo, quanti più vantaggi realizziamo in
tutti gli aspetti ed in generale per il bene del sentimento nazionale.
Per quanto
riguarda le cose che possiamo fare come iniziativa, abbiamo sentito molto
parlare di un governo di unità nazionale. Mi piace sempre controllare la
terminologia, perché non si dovrebbe prendere in considerazione un termine senza
conoscerne il contenuto. Sentiamo parlare di governo di unità nazionale negli
stati che hanno la divisione completa, a livello nazionale, tra le parti, la
guerra civile, comunità di signori della guerra, o principi di diverse
nazionalità, che sono direttamente raccolti intorno ad un tavolo, o attraverso
loro rappresentanti, per formare un governo di unità nazionale . Noi non abbiamo
una divisione nazionale. Abbiamo problemi, abbiamo delle spaccature in certi
casi, ma non abbiamo una divisione nazionale nel senso che potrebbero essere
proposto. So che non è quello che intendono dire, ed io non uso una tale
espressione come ‘governo di unità nazionale’. Per questo motivo non abbiamo un
governo di divisione nazionale. In ogni caso, i governi in Siria sono sempre
governi diversificati, che includono governi indipendenti e parti varie.
Ma ora
abbiamo una nuova mappa politica per la crisi e la nuova Costituzione. Con la
nuova legge sui partiti, nuove forze politiche sono emerse e devono essere prese
in considerazione. Alcuni possono proporre la partecipazione di tutte le forze
politiche nel governo. Alcuni altri si concentrano sull’opposizione. Io dico che
tutti i partiti politici, dal centro verso l’opposizione, alla forze
filo-governative e tutti quanti devono contribuire, perché il governo è il
governo della patria, non il governo di un partito o di uno stato. Più
estendiamo la partecipazione, più benefici realizziamo in tutti gli aspetti ed
in generale per il bene del sentimento nazionale. Perciò, espandere il governo è
una buona idea. Non so quale etichetta possiamo qui utilizzare, perché alcuni lo
chiamano consenso nazionale e alcuni altri chiamano la partecipazione estesa,
questo non importa. Quello che è importante è che accogliamo con favore la
partecipazione di tutte le forze politiche. In realtà, abbiamo recentemente
iniziato il dialogo anche sulle questioni generali con alcune forze politiche
per avere il loro parere su questa partecipazione e la risposta è stata
positiva.
Voglio
tornare a un punto della Costituzione che è legato alle date. Quando il comitato
finisce il progetto costitutivo entro il termine prefissato, ci sono varie
proposte affinchè esso sia emesso dal Presidente come decreto, o sia riferito
dal parlamento come varo di una legge. Ho rifiutato sia la prima che la seconda
proposta, ed ho sottolineato il fatto che ci debba essere un referendum, perché
la Costituzione non è la costituzione dello Stato, ma è un problema relazionato
ad ogni cittadino siriano. Pertanto, si farà ricorso ad un referendum, dopo che
il comitato finirà il suo lavoro e presenterà la Costituzione la quale sarà
introdotta attraverso i canali costituzionali per giungere ad un referendum.
Il referendum
sulla Costituzione potrebbe essere fatto all’inizio di marzo.
Le elezioni
parlamentari sono legate alla costituzione, soprattutto perché la maggior parte
delle forze politiche vogliono avere queste elezioni dopo l’approvazione della
costituzione. Stavo pensando, come ho detto nel mio ultimo discorso, che sarebbe
stato alla fine dello scorso anno o l’inizio di quest’anno, ma come risposta
alla volontà popolare, io dico che le elezioni sono legate alla nuova
Costituzione, perché questo potrebbe dare maggior tempo a questi poteri di
stabilire e preparare se stessi e la loro base per le elezioni. Abbiamo detto
che non abbiamo alcuna obiezione su questo punto.
Il calendario
dei lavori è collegato alla nuova costituzione. Qual è il periodo costituzionale
favorevole: due o tre mesi? Se fosse due mesi, ed il referendum si svolgesse a
marzo, le elezioni potrebbero essere tenute all’inizio di maggio. Se il periodo
di prova è di tre mesi, le elezioni potrebbero essere tenute ai primi di giugno.
Questo dipende dalla nuova Costituzione.
Tornando al
tema del governo di unità nazionale, se si parla di partecipazione
dell’opposizione e diciamo che tutte le parti prenderanno parte al governo,
inclusa l’opposizione, che cosa intendiamo per ‘opposizione’? Qualsiasi persona
può chiamare se stesso/a ‘opposizione’; ho incontrato alcune di tali persone e
di solito ho chiesto loro: ‘chi rappresentate?’ L’opposizione rappresenta un
ente pubblico, non una persona avversaria. Ora abbiamo esponenti
dell’opposizione e delle correnti, ma l’opposizione è di solito un organismo
istituzionale che è stabilito per elezione. Per il momento, non abbiamo
elezioni, così come facciamo a definire l’opposizione? Chi partecipa a questa
opposizione, e qual’è il volume della loro partecipazione? Ancora non abbiamo
alcun criterio per tutto questo. Prima delle prossime elezioni, potremmo ancora
dire che il governo prenderà una certa forma dopo le elezioni. Ma vogliamo
accelerare il processo e lanciare il contributo dell’opposizione prima delle
elezioni. In altre parole, adotteremo criteri speciali, piuttosto che
istituzionali.
Non abbiamo
accusato la popolazione di aver tradito. I criteri sono chiari affermando la
creazione di una opposizione nazionale. Che cosa si intende per ‘governo
nazionale?’ Non vogliamo una opposizione che si trovi nelle ambasciate a
ricevere segnali dall’esterno, dove gli sarà detto di non avere un dialogo con
lo Stato, o di ritardare il dialogo perché è finita ed solo una questione di
settimane prima del crollo totale! Non vogliamo una opposizione che si sieda con
noi e ci ricatti con la storia della crisi al fine di ottenere guadagni
personali. Non vogliamo una opposizione che voglia avere un dialogo segreto per
evitare la rabbia altrui. Se prendiamo i criteri e i dati nazionali esistenti,
possiamo iniziare a lavorare su questo governo subito, ora che abbiamo capito il
soggetto, sia che lo chiamino ‘governo di unità nazionale’ o ‘governo di
separazione’. Quello che scelgono come nome non è affatto importante.
Questo
significa che inizieremo a lavorare su tutto ciò in un periodo di tempo molto
breve, ma c’è una domanda importante: sarà un governo politico o tecnico? Alcuni
hanno parlato di un governo di micro politica, ma questo non va per diversi
motivi. In primo luogo, siamo un paese con un grande settore pubblico, che non è
indipendente e dove ogni istituzione dipende ancora dal ministero, il ministro,
il vice ministro, gli amministratori, e altri ancora.
Può una
figura politica condurre un settore tecnico? Ciò non è possibile, in aggiunta al
fatto che i problemi della gente non si limitano alla questione della sicurezza.
Ci sono problemi che hanno a che fare con i servizi di cui tutti si lamentano al
momento. Sarà un governo politico in grado di fornire al popolo il gasolio, il
gas, o le medicine? Questo non è realistico nelle nostre condizioni attuali.
Lasciate che sia un governo inclusivo, che abbia un mix di politici e
tecnocrati, che rappresenti le forze politiche, se vogliono essere
rappresentate, e che comprenda l’aspetto tecnico, affinchè non si tralasci
questo o quello. Credo che questo sia il miglior prospetto di lavoro, ma
ovviamente mi piace sempre avere un certo dialogo e discutere con gli altri per
vedere gli aspetti negativi di ogni proposta. Al momento, sto mettendo in
evidenza argomenti che non sono stati concordati completamente. Io sto solo
presentando un prospetto di lavoro ed introducendo linee guida, che si
potrebbero cambiare nel corso delle discussioni.
Noi saremo i
testimoni dei cambiamenti, ma la cosa più importante è quella di concentrarsi in
futuro sulle giovani generazioni
C’era una
domanda circa dialogo. Abbiamo avviato il dialogo nel mese di luglio, e
pensavamo di iniziare con un più ampio dialogo per poi passare al punto centrale
del dialogo. Tuttavia, diverse forze hanno esercitato pressioni per invertire
questo processo ed abbiamo concordato di terminare la prima fase del dialogo
senza il contributo di tutte le forze dell’opposizione. Solo una parte di esse
hanno partecipato al dialogo, che è stato un dialogo molto proficuo, con
un’ampia partecipazione delle varie istituzioni dei governatorati.
Due mesi fa
ci è stato suggerito di iniziare la terza fase del dialogo a livello centrale, e
posso dire che noi, come partito di stato, politici o autorità, siamo pronti ad
iniziare domani e non abbiamo alcun problema in questo senso. Tuttavia, alcune
forze di opposizione non sono ancora pronte. Parte di loro vuole condurre un
dialogo segreto, per tornaconti personali, come ho detto prima, e un’altra parte
vuole aspettare e vedere come vanno le cose, in modo da determinare in che
direzione andare. Ma non ci aspettiamo che quelle forze sigh uniscano al dialogo
celebrativo, che si svolge solo per mettersi in mostra. Stiamo ora dialogando
con altre forze, le quali sono pronte ad avere un confronto pubblico, e stiamo
discutendo le idee che sono state sollevate in precedenza. Quello che volevo
chiarire è che il ritardo nel dialogo non è stato causato dalla Siria
Abbiamo anche
accettato di avere un dialogo secondo l’iniziativa araba, che è stata costruita
sull’idea di condurre il dialogo con tutte le forze, comprese le forze ostili,
le quali hanno commesso reati di terrorismo negli anni settanta e negli anni
ottanta del secolo scorso.
Abbiamo detto
di non aver avuto problemi a condurre un dialogo con queste forze, se avessero
voluto venire in Siria, e abbiamo dato tutte le garanzie in tal senso. In altre
parole, non abbiamo alcun tipo di restrizione al dialogo e mostreremo piena
apertura, quando vedremo che tutti sono pronti al il dialogo in una prospettiva
di dialogo. Siamo pronti ad avviare il dialogo subito.
Ci sarà
sempre una domanda se saremo testimoni di cambiamenti e trasformazioni. Di
solito non parlo di tutto ciò, in quanto tendiamo a cambiare le cose ogni volta
che c’è il bisogno di trasformazione. Ma è chiaro, dal mio precedente
intervento, che saremo testimoni di cambiamenti. Quando si parla di un nuovo
governo e di una nuova struttura di governo, e quando il Comando del Paese ha
annunciato da una settimana che ci sarà una conferenza nazionale molto presto,
significa che saremo testimoni di mutamenti, parte dei quali già sono iniziati
pochi giorni fa. La cosa più importante è che questi cambiamenti siano
concentrati in futuro sulle giovani generazioni, le quali si considerano in
larga misura emarginate, anche se essa è una generazione che ha affrontato la
crisi coraggiosamente, e abbiamo visto come i giovani siano stati attivi nel
difendere il loro paese, nel pieno senso della parola.
La Siria ha
bisogno di tutti i suoi figli onesti, indipendentemente dalla loro posizione
politica
In ogni caso,
la Siria necesita ora di tutti i suoi figli onesti, a prescindere dalla loro
tendenza politica. E quando si parla di fase a venire, mentre siamo ancora agli
inizi del nuovo anno, alcuni parlano di una ‘nuova Siria’. Ma io dico che non
abbiamo una ‘nuova Siria’, ma una ‘Siria rinnovata’, perché il rinnovamento è un
processo continuo e stiamo parlando di una nuova fase, piuttosto che di una
nuova Siria. Dobbiamo capire le esigenze di ogni fase, altrimenti tutto quello
che abbiamo detto sarà stato inutile. Quello che abbiamo affrontato, comprende
procedure e regolamenti, la cui attuazione non può riuscire senza la
consapevolezza necessaria di ogni processo di sviluppo e di transizione. Posso
dare una risposta a quanto appena affermato, dicendo che i precedenti dieci
mesi, con tutte le loro sciagure, sono stati molto utili a questo riguardo,
dimostrando al popolo siriano che esso è in grado con la propria consapevolezza
di presentare un modello di Paese moderno, che è tappe e secoli avanti ad altri
paesi. Parlavo di un secolo e mezzo, ma in realtà siamo in grado di essere 1.000
anni avanti a quei paesi che cercano di darci lezioni di democrazia, e sono
fiducioso che questo futuro verrà. Anche così, tanto più siamo capaci di
diffondere la consapevolezza dello stato cui siamo stati testimoni, migliore è
la situazione. Non vi è dubbio che, nonostante la presenza di una consapevolezza
generale in Siria, ci sono piccoli buchi di ignoranza che potrebbero influenzare
la situazione generale, e non vogliamo che questi buchi e alcuni casi di
ignoranza possano influenzare il processo di sviluppo. Noi invece vogliamo avere
un livello massimo di positività ed un livello minimo di negatività.
In sintesi, i
punti che riguardano la questione sulla riforma interna appaioni chiari. Dopo
che la Costituzione è sancita, non abbiamo ulteriori passi da fare, eccetto che
per le procedure, e se c’è una lacuna nelle leggi, si può, dopo che la
Costituzione è stata approvata, ri-studiare queste leggi, in quanto non ci
fermeremo a questo stadio di sviluppo. Sono state anche prese alcune annotazioni
circa le leggi e le pratiche, in quanto alcuni errori potrebbero verificarsi
durante l’attuazione, ed il processo di rinnovamento è un processo continuo sul
piano anatomico.
Sorelle e
fratelli,
Ciò che sta
avvenendo in Siria è parte di ciò che è stato progettato per la regione da
decine di anni, in quanto il sogno di partizione sta ancora ossessionando i
nipoti di ‘Sykes-Picot’. Ma oggi il loro sogno si trasforma in un incubo, e se
alcuni credono che il tempo del conflitto per la Siria è tornato, allora si
sbagliano, perché il conflitto di oggi è ‘contro la Siria’ e non ‘sulla Siria’ o
‘in Siria’. E se c’è una cosa che non permetteremo loro di raggiungere è
sconfiggere la Siria, in quanto questo significa sconfiggere la fermezza e la
resistenza, e significa anche la caduta di tutta la regione nelle mani delle
grandi potenze. La sconfitta non è necessariamente militare e potrebbe diventare
realtà se riuscissero a farci ripiegare su conflitti interni e dimenticare i
nostri problemi più grandi, in cima ai quali c’è la questione palestinese. Il
loro obiettivo finale al quale aspirano di giungere è una Siria che sia occupata
con i suoi conflitti interni e marginali, ritirata su falsi confini, piuttosto
che sulle sue naturali, storiche, frontiere nazionali. Vogliono vedere una Siria
ridotta, incline alla scomparsa e deterioramento a causa di divisioni e
partizioni, ed il loro obiettivo è quello di smantellare l’identità culturale e
il carattere del nostro popolo, cosa la quale ci ha sempre protetto contro
sconfitte di ogni tipo. Smontare questa identità porterebbe ad una sconfitta
reale, la quale non sarebbe causata da ripetute guerre, ma potrebbe essere
causata distruggendo la struttura di una società la quale produce i suoi propri
sistemi di resistenza sociale e culturale. Questo è stato il progetto che ha
concentrato la loro preoccupazione più di ogni altro, perché è il fondamento e
l’incubazione di qualsiasi forma di resistenza. Ma non sono riusciti a
distruggere la nostra identità o scuotere la nostra convinzione che la
resistenza sia al centro di questa identità che rimarrà ferma, come sempre è
stato nel corso della storia.
Non c’è alcun
compromesso con il terrorismo, nessun compromesso con coloro che usano le armi
per provocare il caos e la divisione, nessun compromesso con coloro che
terrorizzano i civili, nessun compromesso con coloro che cospirano con gli
stranieri contro il loro paese e contro la propria gente.
In caso di
guerra o scontro armato, gli Stati riorganizzano le loro priorità. La nostra
massima priorità ora, senza paragoni con qualsiasi altra priorità, è il
ripristino della sicurezza, di cui abbiamo goduto per decenni, e che ha
caratterizzato il nostro paese, non solo nella regione, ma in tutto il mondo.
Ciò potrà avvenire solo colpendo duramente i terroristi assassini. Non vi è
alcun compromesso con il terrorismo, nessun compromesso con coloro che usano le
armi per provocare il caos e divisione, nessun compromesso con coloro che
terrorizzano la popolazione civile, nessun compromesso con coloro che cospirano
con gli stranieri contro il loro paese e contro la loro gente.
La battaglia
contro il terrorismo non sarà solamente la battaglia dello stato o delle
istituzioni statali. E ‘la battaglia di tutti noi. E ‘una battaglia nazionale,
ed è dovere di tutti prendervi parte. “La sedizione interna è più grave che
l’omicidio”, perché comporta lo smantellamento e la frammentazione della società
al infine di distruggerla. Questo è ciò che noi non dobbiamo permettere accada,
al fine di mantenere la Siria immune ed inespugnabile.
Tuttavia, lo
stato immune ed inespugnabile sa quando e come perdonare, e sa come prendere i
propri figli e farli tornare sulla retta via. Si sa come portare via le armi
dalle mani di coloro che sono stati fuorviati e delusi, per restituirli al
processo di costruzione di uno Stato moderno, mantenendo l’autenticità,
l’originalità e le sorgenti dell’identità araba. Tanto abbiamo bisogno di
colpire i terroristi, quanto abbiamo bisogno di portare coloro che sono andati
fuori strada a tornare sulla retta via. Ci sono quelli che hanno fatto errori e
coloro che sono stati fuorviati. Dopo averli iniziati sul loro percorso
sbagliato, gli è stato detto che “lo stato si vendicherà contro di voi, quindi
non potete tornare indietro”. L’obiettivo è quello di spingerli sulla strada del
crimine e al punto di non ritorno.
Lo Stato è
come la madre che indica strada ai propri figli per essere migliori ogni giorno,
per mantenere la sicurezza ed evitare spargimenti di sangue. Ecco perché, a
questo proposito, abbiamo dichiarato un’amnistia dopo l’altra. C’è chi ritiene
che questi condoni abbiano portato a maggiori indebolimenti della sicurezza. Ma
il fatto è che nella maggior parte dei casi i risultati sono stati positivi, in
particolare quando l’amnistia è stata coordinata con i protagonisti locali di
ogni città, villaggio e regione, ed in coordinamento con i loro genitori, che
abbiamo incontrato e con cui abbiamo parlato. Essi ebbero sufficiente saggezza
per far tornare i loro figli sulla retta via.
Naturalmente
ci sono casi che non hanno successo, ma questa non è la tendenza generale. Ecco
perché credo che sia necessaria risolutezza, ma continuando a mostrare
tolleranza e perdono di tanto in tanto, nel quadro di criteri chiari e
meccanismi che risultino altrettanto importanti. Spiego questo punto, perché
molte persone non hanno ben capito quello che pensiamo al momento dell’emissione
di un’amnistia in tali condizioni di sicurezza. Abbiamo condotto il dialogo con
tutti, tranne che con i criminali. Ho incontrato un certo numero di queste
persone, anche nei giorni scorsi. Quando queste persone hanno visto che le cose
che si muovevano nella direzione di armi e uccisioni, un gran numero di esse è
cambiato completamente ed ha iniziato a collaborare con lo Stato, cui si erano
opposte per ragioni oggettive o non-oggettive. Alcuni, tuttavia, hanno insistito
sul percorso sbagliato, e si applica loro il versetto coranico “essi inciampano
nel loro grave errore” . Ci sono quelli che perdono la vista fisica, ma la
compensano ed eccellono nelle arti, nella letteratura, nella scienza o altre
professioni, ma quelli che perdono la ‘vista mentale’ sono senza speranza,
perchè la loro reale cecità è quella della mente, non degli occhi.
Alcuni di
questi veramente credono di essere rivoluzionari. Va bene, vediamo cosa hanno
fatto e quali sono i loro attributi. Sarebbe da vero rivoluzionario rubare una
macchina o di rapinare una casa o una struttura? Un rivoluzionario può essere
ladro? Per noi, l’immagine del rivoluzionario è brillante, idealistica, senza
macchia, qualcosa di molto speciale. Quelle persone hanno ucciso gente
innocente, all’interno e all’esterno del sistema statale. Può essere un
rivoluzionario caratterizzato dalla codardia e dal tradimento? Hanno impedito
alle scuole di svolgere i loro compiti e funzioni nella società. Hanno fatto lo
stesso nelle università. Può essere un rivoluzionario contro l’educazione? In
alcune zone, l’insegnamento è sceso a metà, il che significa che le nostre
scuole avrebbero mandato nella società persone che sono mezze educate mezze
ignoranti. Tuttavia, abbiamo un altro esercito che sta combattendo insieme alle
forze armate, ai servizi di sicurezza e alla polizia. Sono quelli nel settore
dell’istruzione, in particolare nelle scuole di alcune aree in cui
l’insegnamento è sceso del 50% e che rischiano la vita per poter continuare i
processi educativi.
Fino alla
fine del 2011, il numero di martiri tra gli insegnanti e professori universitari
è stato di circa 30 e più di mille scuole sono state vandalizzate, bruciate o
distrutte.
A vostro
nome, saluto tutti gli insegnanti, consiglieri, amministratori e bidelli nelle
scuole. Può una rivoluzione essere contro l’educazione, contro l’unità
nazionale? Possono i rivoluzionari usare un linguaggio che prevede la
disintegrazione della società? Può una sollevazione rivoluzionaria essere contro
i cittadini, privandoli del gas per cucinare di cui hanno bisogno
quotidianamente, al fine di spingerli alla fame, o del combustibile per il
riscaldamento, per farli morire a causa del freddo, o delle medicine, per
spingerli alla morte a causa di malattie, o privandoli del loro sostentamento, a
causa degli incendi di stabilimenti pubblici e privati e delle strutture, per
rendere i poveri ancora più poveri?
Questa non è
una rivoluzione. Può un rivoluzionario lavorare per il nemico – un
rivoluzionario e un traditore allo stesso tempo? Questo è impossibile. Può un
rivoluzionario essere senza onore, valori morali o principi religiosi? Se
avessimo avuto veri rivoluzionari, nel senso che conosciamo, io e voi, tutto il
popolo si sarebbe mosso con loro. Questo è un dato di fatto.
La domanda
fondamentale che mi si è posta fortemente è: quando e come finirà? Questa è,
naturalmente, una domanda difficile e non possiamo dare una risposta senza
essere in possesso di tutti i fatti. Ci sono cose che conosciamo e cose che non
conosciamo. La prima cosa della quale non abbiamo tutte le relative
informazioni, ma possiamo trarne le appropriate deduzioni, è la cospirazione. La
cospirazione finirà quando il popolo siriano deciderà di trasformarsi in un
popolo sottomesso, quando cederemo e abbandoneremo tutto il nostro patrimonio,
il patrimonio della guerra di liberazione dell’ottobre del 1973, quando
abbandoneremo le nostre posizioni pan-arabe. Abbiamo difeso il Libano nel 1982,
quando fu il trampolino della resistenza che portò alla liberazione del Libano
nel 2000. La cospirazione finirà quando smetteremo di sostenere la resistenza
che abbiamo sostenuto nel 2006 e nel 2008 in Libano ed a Gaza, quando daremo
libere concessioni, parzialmente o completamente, nel processo di pace, in
particolare sulla nostra terra occupata nel Golan, quando abbandoneremo le
nostre posizioni pan-arabe verso la causa palestinese, che abbiamo adottato fin
dal 1948, quando accetteremo di essere falsi testimoni per la distruzione
sistematica e senza precedenti della moschea di al-Aqsa .
Non so se la
Lega Araba voglia istituire una commissione per affrontare questo problema. Io
non credo che lo farà, perché questa è una questione d’interesse che riguarda
solo 1,3 miliardi di persone; quindi non è meritevole delle sue attenzioni ed è
per questo che non lo farà – solo per il gusto del confronto.
Il popolo
siriano non sarà mai sottomesso per tanti motivi. In primo luogo, per i principi
con cui è stato allevato; in secondo luogo, i modelli che ci presentano i
leaders che si sono sottomessi, le politiche di sottomissione o gli Stati
sottomessi, non sono incoraggianti. In ogni circostanza e nelle peggiori
situazioni, le condizioni della Siria sarebbero migliori che le condizioni di
tutti quei paesi, anche di quelli che ora sembrano essere in buona forma. I
sintomi non sono apparsi finora, ma un giorno si vedranno.
Non possiamo
abbandonare la nostra dignità, che è più forte i loro eserciti e più preziosa
della loro ricchezza.
Tutte queste
cose possono essere riassunte in una parola: dignità siriana. Non possiamo
abbandonare la nostra dignità, perché è la cosa più preziosa che il popolo
siriano possieda. La nostra dignità è più forte dei loro eserciti e più preziosa
della loro ricchezza.
Il secondo
punto è legato al primo: quando si fermerà? Quando il contrabbando di armi e
denaro si fermerà da fuori. Questo è relativo al primo punto. Quando ci
sottomettiamo e arrendiamo, arriviamo al secondo punto. Ma quello che so
perfettamente è che la cospirazione si fermerà quando l’avremo battuta. Non
dobbiamo essere reattivi. Si ferma quando noi la fermiamo. Noi possiamo
sconfiggerla applicandoci politicamente all’estero; e all’interno del paese, la
sconfiggiamo quando abbattiamo quel pericoloso braccio della cospirazione, che è
il terrorismo. Il secondo punto è legato alla nostra saggezza e consapevolezza.
Noi battiamo la cospirazione quando abbiamo vinto i nostri capricci e passività,
tornando alla ragione e ritornando allo stato di puro amore che avevamo in
Siria. Grazie a Dio, questo è ancora lo stato generale del paese, ed io sto
parlando solo di alcune aree.
Non c’è
dubbio che la Siria sia forte, ma la forza non è un assoluto.
L’immunità
della persona forte e sana potrebbe cedere, e quando ciò accadesse ci si
potrebbe ammalare, ma la morte e il collasso non sono inevitabili. L’immunità si
indebolisce quando c’è il caos. Gli eventi e il caos che sono accaduti in Siria
hanno indebolito questa immunità. Quando ciò accadde, il terrorismo colpisce.
Pertanto, chi contribuisce al caos di oggi è complice del terrorismo e dello
spargimento di sangue in Siria. Non possiamo separare la prima dalla seconda.
Non possiamo combattere il terrorismo senza combattere il caos, in quanto
entrambi sono collegati. Questo dovrebbe essere chiaro. L’immunità cala quando
la consapevolezza nazionale si indebolisce.
Qui, io sto
parlando di quelli con buona volontà e buone intenzioni. Quelli con cattive
intenzioni non ci riguardano. All’inizio eravamo soliti dire, a coloro con buone
intenzioni, che è in atto una cospirazione straniera. Essi avrebbero risposto
dicendo questo era, da parte nostra, solo uno spostamento di responsabilità
verso gli altri. Noi abitualmente dicevamo loro che ci sono, in giro, armi, e
avrebbero risposto dicendo che queste sono tutte invenzioni dei media di Stato.
Ora le cose sono diventate chiare, anche se tardivamente. Questo terrorismo non
può apparire così all’improvviso. Ci sono stadi che sono iniziati fin dal
principio. C’erano piccole dimensioni di terrorismo che utilizzavano armi di
piccolo calibro ed in piccole aree. Poi esso è cresciuto, per raggiungere lo
stadio ed il livello odierno.
Eravamo in
ritardo noi, ed erano in ritardo loro nella comprensione di tutto ciò. Questo è
stato un grosso ostacolo, ma il nostro essere in ritardo non significa che
abbiamo raggiunto il punto di non ritorno. La cosa importante ora è stare uniti.
Quando sono in ballo cause nazionali, non ci dovrebbero essere differenze.
Quando dissentiamo, si va alle urne. Scegliamo il nostro governo, il nostro
parlamento. Questa è una questione diversa. Ma quando ci sono minacce straniere,
gli Stati che rispettano se stessi restano uniti. In questo caso non ci si può
confondere. Coloro che si mettono di traverso nelle cause nazionali sono
traditori della patria. Non c’è scelta. Dobbiamo stare uniti: noi tutti siamo
responsabili. Noi tutti dovremmo contribuire con le parole, atti, in qualsiasi
modo o forma.
Il secondo
punto, quando si parla di differenze, dobbiamo distinguere fra gli errori
commessi da parte di individui e quelli commessi da parte delle istituzioni.
Questo l’ho detto prima. Le Istituzioni non commettere errori, tranne quando
adottano politiche sbagliate. Questa è una questione diversa. Abbiamo due
criteri: il primo è quello di procedere nel processo di riforma ed il secondo è
quello di combattere il terrorismo. Può qualcuno dire che questa sia una
politica sbagliata, affermando “io sono contro la riforma e sostengono il
terrorismo”? Questo è impossibile. Sto parlando dell’arena siriana. Quando
mettiamo da parte queste cose, ciò che significa è che ci troviamo uniti con le
istituzioni statali. Noi le aiutiamo, noi aiutiamo l’esercito, noi moralmente
abbracciamo l’esercito e la sicurezza.
Se torniamo
indietro agli anni 1970 e 1980, il tempo in cui i fratelli del demonio si
ammantavano con l’Islam, essi svolgevano i loro atti terroristici in Siria. In
principio ci furono molti siriani ad essere stati fuorviati. Essi credevano di
stare sinceramente difendendo l’Islam. Non presero posizione. Quando le cose
divennero chiare, vennero presi atti decisivi, ed in quel momento fu rapidamente
che la gente si schierò con lo Stato . Naturalmente uccisioni ed assassinii
andarono avanti per sei anni. Noi non vogliamo aspettare per tutto questo tempo.
Le cose sono chiare per tutti noi. Se rimaniamo insieme, stretti ai membri della
sicurezza e degli altri sistemi pertinenti, credo che i risultati saranno rapidi
e decisivi, perché il terrorismo colpisce, ed ogni volta che colpisce rende le
riforme più costose e difficili.
Questa
questione è una gara tra i terroristi e le riforme. Il terrorismo e quelli che
si trovano dietro ad esso non vogliono le riforme, ma vogliono raggiungere una
fase in cui diciamo che “non c’è tempo per le riforme”. Lasciate a noi di
trattare col terrorismo. Oppure avrebbero una scusa per chiedere un intervento
in Siria. Tutti noi abbiamo sentito di recente, attraverso la televisione, la
radio e Internet, che la gente è preoccupata e sconvolta, e tutti chiedono
un’azione decisiva.
Naturalmente
questo problema è già risolto per noi, perché la lotta al terrorismo deve essere
intesa come un profondo strumento legale. Siamo appassionati di legge, perché
siamo appassionati al tempo stesso del sangue delle persone innocenti. Non
vogliamo che il prezzo della lotta contro il terrorismo sia il sangue di persone
innocenti, ma il problema è che essi hanno incominciato a colpire persone
innocenti. Ora, gente siriana è stata uccisa, e l’appartenenza politica non ha
nulla a che fare con le persone uccise, anche se sono avversari dello Stato.
Stanno uccidendo il popolo siriano, stanno punendo il popolo siriano, perché il
popolo siriano si è rifiutato di abbandonare la sua morale, ha rifiutato di
diventare mercenario e si è rifiutato di vendere la propria coscienza. Così, è
stato necessario punire il popolo siriano ovunque.
Pertanto,
dobbiamo essere uniti e dobbiamo risolvere questo problema. Come ho detto, il
pilastro principale è come il cittadino si schieri con lo Stato. In alcuni casi,
quando l’esercito entrava in una città (controllata dai terroristi), alcuni
membri della popolazione locale formarono squadre per proteggere i fianchi
dell’esercito allo scopo di farlo entrare in città. Altre persone in altre
regioni formarono pattuglie di osservatori per impedire ai terroristi di
compiere atti di assassinio e sabotaggio o, in alcune zone, di sedizione. In
altre aree, la popolazione passava le sue informazioni all’esercito. Così,
abbiamo molti metodi. Penso che dovremmo iniziare subito un dialogo diretto tra
le autorità competenti del paese, in diverse regioni e con diverse attività per
vedere come possiamo ottenere la sicurezza in tutti i territori siriani.
Voglio solo
parlare di un punto legato alla questione della riconciliazione nazionale,
perché è stata sollevata in questo contesto. Voglio dire, se stiamo insieme,
come attuarla? Ci sono quelli che hanno proposto, all’inizio della crisi, l’idea
di una riconciliazione nazionale. La riconciliazione nazionale alla fine della
crisi significa che tutti perdonano tutti; intendo dire chiunque abbia commesso
un errore contro altri, e ci sono molti errori. Tutti perdonano tutti, perché la
vendetta non porta a un risultato positivo. La vendetta non costruisce un paese.
La vendetta non restituisce il sangue versato e, naturalmente, il caos distrugge
la patria, come stiamo assistendo ora. Solo la tolleranza costruisce le nazioni
e ottiene un futuro fiorente.
Ciò significa
che la riconciliazione nazionale nasce da questo sentimento esistente fra i
cittadini, perché sono alcune persone all’inizio della crisi che hanno proposto
la riconciliazione nazionale. Riconciliazione nazionale ha bisogno di un
sentimento generale tra i cittadini che siamo più vicini alla fine della crisi e
che ci troviamo indivisi in un unico luogo. Il punto più importante è: chi sono
i partiti di questo genere di riconciliazione? La riconciliazione nazionale è
tra i partiti: chi sono i partiti? Le parti non sono specificate. Così si
raggiunge una riconciliazione nazionale attraverso la consapevolezza nazionale,
non attraverso una decisione presa dal presidente, che emana una legge e
un’amnistia generale, ecc. Lo Stato può assolvere un partito, ma che fare per
quanto riguarda altre parti? Si tratta di una situazione nazionale che è seguita
da leggi e normative, ecc. Quindi, abbiamo bisogno di arrivare a quello stadio,
ma in modo tempestivo. Ora, come conseguenza della consapevolezza pubblica che è
emersa di recente, vedo che siamo in grado di muoverci in questa direzione per
porre fine al terrorismo sulla scena siriana.
Per riuscire
in tutte queste procedure, riforme, confronti e complesse condizioni, dobbiamo
fare attenzione con le persone psicologicamente abbattute, che stanno cercando
di diffondere uno spirito di sconfitta e frustrazione tra i cittadini, secondo i
loro motivi psicologici o le loro considerazioni interessate. Se questo gruppo
di poche persone ha deciso di contribuire alla sconfitta della patria nelle
piazze virtuali, la stragrande maggioranza delle persone ha deciso di
raggiungere la vittoria nelle piazze reali. Le battaglie nazionali hanno le
proprie piazze e uomini, dove non c’è posto per mani tremanti e il cuori
paurosi. Per quanto riguarda il loro embargo, non terrorizzeranno e non saranno
in grado di umiliare la nostra gente, perché non saranno i siriani quelli che
vendono il proprio onore e dignità per soldi. Questo non è per fare retorica
verbale, ma per il fatto che noi siamo quelli che hanno nutrito molti paesi
arabi durante molti anni di vacche magre.
Sto parlando
degli anni magri prevalsi tre o quattro anni fa. Quattro paesi, incluso il
popolo siriano, hanno mangiato grano siriano, e noi siamo quelli che hanno
sviluppato la loro industria negli anni ottanta anche se essi non possedevano
riserve in valuta estera. Non avevamo neppure una piccola quantità di riserve e,
durante quel tempo, potemmo pagare a fatica gli stipendi ed avevamo appena il
grano sufficiente per il nostro pane. Quindi diciamo alla generazione che non ha
memoria di quel periodo, e che probabilmente non era neppure nata: non
consentite alla paura di controllare il vostro cuore, come risultato della
guerra mediatica che vi sta aggredendo. La Siria ha subíto condizioni molto più
difficili, durante le quali anche la situazione della sicurezza è stata molto
più difficile da gestire. Eppure, abbiamo superato tali condizioni e siamo stati
vittoriosi. Con tutti i loro aspetti negativi e le disgrazie, le crisi danno
opportunità alle persone di raggiungere qualcosa di genuino, e oggi siamo più
capaci nel trasformare ogni cosa che guadagniamo in nostra auto-dipendenza. Se
pensiamo scientificamente e collettivamente, lontano dall’egoismo, questo ci
aiuterà a compensare le nostre perdite nel breve termine e trasformarle in
guadagni a lungo termine.
La cosa più
importante non è avere un gruppo che monopolizzi e che faccia uso della crisi
per raccogliere fortune a spese del cibo e del sangue del popolo. Questo è un
punto importante. Naturalmente, è responsabilità dello Stato combattere questa
situazione e abbiamo sempre istruito le istituzioni per controllare questo
problema, ma sappiamo anche che, nelle condizioni di disordine, si infiltrano
carenze anche attraverso le istituzioni, e questo è un altro ostacolo ancora che
ci si pone di fronte. Questo è un fatto, ma con la nostra collaborazione
possiamo trovare una soluzione a questo problema.
In queste
condizioni, ed indipendentemente dalla crisi, dobbiamo concentrarci sulle
piccole e medie imprese e sui prodotti artigianali. In primo luogo, abbiamo
bisogno di stabilire una larga base di opportunità di lavoro ed avere una
maggior giustizia sociale. Parliamo sempre del volume di crescita, ma non
identifichiamo le dimensioni della piramide o la base della piramide che i
beneficia di questa crescita. Settori come l’artigianato creano grande giustizia
sociale, oltre allo stesso tempo non rientrare sotto l’influenza del blocco
esterno e non essere fortemente influenzati dalle condizioni di sicurezza.
Recentemente, abbiamo cominciato a concentrarsi in larga misura
sull’artigianato, ed il loro sostengono in questa fase è molto necessario.
In
agricoltura, in Siria, abbiamo fatto passi molto buoni nonostante le difficoltà,
ed abbiamo continuato a prestare attenzione alle condizioni dei contadini e
degli operai. Ma penso che prestare attenzione alle professioni artigiani e
simili, non è stato come sarebbe dovuto essere.
Gran parte
della guerra psicologica è oggi lanciata contro la Siria. Dopo aver fallito nel
progetto settario, hanno anche fallito sulla questione nazionale. Hanno fallito
in tutte le questioni che hanno un aspetto politico. Poi si sono mossi verso
l’aspetto economico. Naturalmente, i tassi del mercato azionario ed il tasso di
cambio della lira hanno un effetto, e sappiamo che quando il valore della lira
diminuisce, i prezzi aumentano. Ma questo non è l’unico criterio. C’è un altro
criterio che è più importante. Qual è il volume di produzione in Siria? La
produzione in Siria era generalmente debole, e nel corso degli ultimi anni,
quando abbiamo aperto la nostra economia, ci siamo rivolti al consumo. Anche i
prodotti che esistono in Siria vengono acquistati da produttori non-siriani.
Questo ha molto gravemente danneggiato l’economia. Quindi, dobbiamo concentrarci
sul livello di produzione della Siria, e saremo capaci anche durante questa
crisi ad aumentare la produzione. Dobbiamo sapere che abbiamo molti punti di
forza. Per esempio, il volume del debito estero in Siria è molto limitato, le
nostre relazioni con diversi paesi sono in corso, e noi abbiamo le olive (io
credo che noi eravamo il quinto produttore d’oliva a livello mondiale, e alcuni
dicono che siamo anche passati al terzo o quarto livello, ma non ne sono
sicuro).
Per noi, come
piccolo paese, occupare la quinta posizione nella produzione di olive e d’olio
d’oliva, tra le centinaia di paesi produttori, è una cosa molto positiva.
Abbiamo anche una forte presenza come produttori di grano, come ho detto prima.
La terra è lì, gli agricoltori sono lì, e la pioggia c’è. Questo significa che
abbiamo dei veri punti di forza, ma dobbiamo regolare il processo economico e
potendo forzare le cose anche sotto l’influenza di questa crisi.
Se vogliono
assediare la Siria, finiranno assediando un’intera regione
Stanno
cercando di rappresentare la Siria come un paese isolato, cercando di
sottolineare ciò più e più volte. Ma i nostri punti di forza si trovano nella
nostra posizione strategica. Se vogliono assediare la Siria, finiranno per
assediare un’intera regione. Per quanto riguarda i nostri rapporti con
l’Occidente, si parla di una comunità internazionale. Questa comunità
internazionale è un gruppo di grandi paesi coloniali, che vede il mondo come
un’arena piena di schiavi che servono i loro interessi.
Per noi,
l’Occidente è importante e non possiamo negare questa verità. Ma oggi
l’Occidente non è come l’Occidente di un decennio fa. Il mondo sta cambiando e
ci sono potenze emergenti. Ci sono alternative. E’ importante ma non è
l’ossigeno che respiriamo. Se l’Occidente chiude i battenti, possiamo ancora
respirare. Non è il salvagente, senza il quale anneghiamo. Siamo in grado di
nuotare da soli ed insieme ai nostri amici e fratelli, e vi è abbondanza di
loro. È per questo che abbiamo deciso, nel 2005, di spostarci verso est. A quel
tempo, sapevamo che l’Occidente non sarebbe mai cambiato. L’Occidente è ancora
colonialista, in un modo o nell’altro. Si sta cambiando da un vecchio
colonizzatore ad un moderno colonizzatore, e da un moderno colonizzatore durante
l’accordo Sykes-Picot, ad un colonizzatore contemporaneo. Ha forme e figure
diverse, ma non cambierà mai, il che significa che ci dobbiamo voltare ad est.
Noi, come Stato, abbiamo iniziato questa procedura parecchi anni fa, e le mie
visite negli ultimi anni sono state dettate da tale iniziativa, in un modo o
nell’altro. Ma questo non è sufficiente. Il settore privato deve anche aprire
canali con tali paesi.
La maggior
parte dei paesi del mondo hanno buoni rapporti con la Siria, ed hanno insistito
per avere buone relazioni con noi, anche nelle condizioni di crisi attuale e con
le pressioni occidentali su di loro. Tutto questo non significa che non
pagheremo un prezzo o non ci saranno perdite, a causa del blocco da un lato, e
della situazione politica e di sicurezza dall’altro. Tuttavia, possiamo avere
risultati che potrebbero ridurre gli effetti dei danni. In questa fase, ci sono
punti fondamentali che mettono in stretta relazione tutte queste conquiste con
la situazione della sicurezza, compresi gli episodi delle rapine e le questioni
del gas e gasolio. Per esempio, potremmo dover cancellare una spedizione via
treno ed effettuare il trasporto di gasolio, carburante, gas con autoveicoli; il
che renderebbe il costo più elevato e la quantità trasportata più piccola;
questo non soddisferebbe le esigenze dei cittadini di consumo o le necessità di
consumo delle centrali elettriche o degli altri sistemi. La nostra vita intera è
ora collegata al controllo della situazione della sicurezza. Ecco perché ho
ribadito l’importanza di ciò, in modo che tutti possiamo collaborare nel porre
fine al problema, ed in modo che noi, come Stato, non infrangiamo i nostri
impegni nei confronti dei cittadini. Sicurezza, economia, e tutte le altre
questioni elencate, sono cose indispensabili per il cittadino siriano.
Nonostante
tutte queste complesse circostanze, sono molto fiducioso per il futuro. La mia
fiducia è ispirata da voi e dalle vostre gole, che hanno acclamato la gloria, la
dignità, la sfida di milioni di voi che hanno riempito decine di città e piazze
attraverso il paese. Io vi dico, così come mi avete sempre conosciuto, che sono
uno di voi. Se non affrontiamo le sfide, non meritiamo il nome della Siria; e se
non abbiamo il coraggio di difenderla o non siamo in grado di difenderla contro
i suoi nemici, non meritiamo di vivere sul suo suolo. Il nostro popolo ha
dimostrato la sua genuinità e sincerità quando la sanguinaria macchina dei media
ha fallito nel distruggere la sua unità, e quando i tentativi di affamarlo non
l’hanno fatto inginocchiare, non riuscendo a macchiare il suo onore e dignità.
Un popolo, con tali sentimenti sofisti di appartenenza al proprio paese
d’origine, con una morale così alta, che sa fronteggiare le crisi più
pericolose, e con una fede così forte nella propria capacità di superare momenti
decisivi della sua storia, non permetterà che un piccolo gruppo di truffatori, o
individui deliranti, possa precludere la strada della verità e della giustizia;
e non permetterà che gruppi, i quali si sono venduti al diavolo, insinuino
desideri perniciosi e dubbi interessi, per distruggere ciò che è stato costruito
in una lunga storia di impegno e sacrificio.
Il sangue dei
nostri martiri è dietro la fermezza del nostro Paese
La mia
fiducia in ciò è ispirata da voi e dagli uomini delle nostre forze armate,
uomini di coscienza viva e forte determinazione. Sono loro che veramente
esprimono i sentimenti della gente, salvaguardano i suoi valori e aspirazioni, e
fanno ogni sacrificio in modo che le persone godano di sicurezza. A vostro nome,
e per conto di ogni cittadino d’onore, vorrei salutarli per essere sempre pronti
a proteggere l’onore del loro paese, e l’integrità del suo territorio e delle
persone. Per quanto riguarda il sangue dei nostri martiri, che si trovano dietro
la fermezza del nostro Paese, sarà sempre il faro che illuminerà la strada delle
nostre generazioni future per costruire il futuro della Siria. Perché quando il
loro sangue inonda la terra, è per portare i frutti di un più sicuro domani,
d’unità e libertà per tutti noi. Per quel che riguarda la forza delle loro
famiglie, le quali hanno perso i loro cari, essa ci ha reso più solidi, più
determinati e persistenti nel seguire sulla stessa strada che è stata presa dai
loro fratelli, padri e figli, in difesa del loro paese e dei suoi valori, non
importa quanto elevato sia il prezzo, e deve essere un esempio per tutti noi, di
come un individuo muoia affinchè il proprio Paese viva.
Vorrei
salutare voi, i figli di questo grande popolo, con tutta la vostra
intellettualità e dottrine politiche, voi che con forza ed inflessibilmente
difendete i valori della solidarietà e dell’amore, che unificano il nostro
popolo contro i sentimenti di rancore e di odio che alcuni cercano di invocare
diffondendo i loro veleni in tutto il paese; voi che lavorate senza sosta per
sviluppare il nostro paese, per recuperare la sua sicurezza, rafforzare la sua
unità, e proteggere la sua sovranità. E gloria al nostro fiero popolo, che
rigetta la sconfitta nell’era del collasso e che dice ai propri nemici: ‘non
saremo mai sconfitti!’ Per voi, nostro fiero popolo, persistiamo, e con il
vostro sostegno continuiamo a resistere e vincere, e vinceremo, insha’ Allah, e
la pace e misericordia di Dio sia su tutti voi.
¹ -
Traduzione in lingua italiana a cura di Filippo Fortunato Pilato, per conto
dell’Agenzia Internazionale online Syrian Free Press
(versione
PDF)
Fonte in
lingua inglese di Al-Ibrahim per Syrian Arab News Agency: http://www.sana.sy/eng/21/2012/01/12/393338.htm
La
ri-pubblicazione di questo bellissimo testo è gradita: anzi è molto gradita la
sua diffusione, che si chiede cortesemente di riportare integralmente, compresi
titoli, traduttori ed i links sia originali che di questa pagina: http://syrianfreepress.wordpress.com/2012/01/11/la-siria-rimarra-libera-discorso-del-presidente-bashar-al-assad-martedi-10-gennaio-2012-testo-italiano-completo/
TERRORISMO DI
MASSA,
L'imperialismo si è inventato il terrorismo di massa. La tecnica che sta usando
in Siria è eguale a quello usata in Libia. Si prendono uno o due città, in Siria
Homs in Libia Bengasi o Misurata e si svuotano di tutta la popolazione fedele al
governo uccidendola ma attribuendo le stragi al governo. Se ne fa una TESTA DI
PONTE nella quale si installa il comando delle operazioni terroristiche che si
estendono a tutto il paese. Il flusso di aiuti esterni (in Libia veniva
attraverso l'Egitto e la Tunisia) e di bande di mercenari assoldati con i
petrodolllari diventa ininterrotto. In Siria da oltre un anno non danno requie
allo Stato. Si tenta di disarticolare e distruggere la vita civile sabotando
acquedotti, centrali elettriche, ospedali. Intanto la stampa mondiale asservita
all'impero e quasi sempre controllata da una lobby ebraica fedele ad Israele
propala una versione del tipo "Assad spara contro il suo popolo" oppure: "la
moglie di Assad compra scarpe di lusso mentre i soldati del marito sparano al
popolo, "oppure: fa uccidere i bambini e financo i neonati." Non essendo
riusciti in Siria quello che in Libia fu possibile solo con i bombardamenti
NatoN per il veto di Russia e Cina ora si pensa di strangolarla economicamente
con l'embargo al fine di esasperare la popolazione contro il "regime" . Questo è
l'Occidente a guida americana nel ventunesimo secolo...
:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::
La
verità sulla Siria, stato laico e socialista, e le stonature delle trombette
guerrafondaie occidentali
Lettere
inviate e ricevute Paolo D'Arpini
25 febbraio 2012
Riportiamo la replica di Ouday
Ramadan, siriano di nascita e italiano di adozione, al segretario di
Rifondazione Comunista Paolo Ferrero, che più volte si è espresso in favore
dei cosiddetti “ribelli siriani” e contro il governo di Damasco.
Chi ha bisogno di un sostegno
siete proprio voi, Rifondazione, anche prima dell’attuale segretario, era
nota per le posizioni a favore dei capitalisti, sin dai tempi dell’Agnelli
travestito da operaio di nome Bertinotti. Nel 1998 i rifondaioli hanno
votato a favore della legge 431, abolendo l’equo canone e favorendo solo i
proprietari di case, a danno degli inquilini, e facendo lievitare il mercato
degli affitti. In barba alle “categorie socialmente deboli” – come le
chiamate – sostituendo l’appellativo “sfruttati”. Nel 2003, il radical chic
di nome Bertinotti, in occasione della liberazione delle due filantrope di
nome Simona (le due simone, come vennero definite), con incredibile
sfacciataggine chiamò la resistenza irachena “veri terroristi”; l’attuale
segretario, di nome Paolo Ferrero, ha urlato slogan per tutta la stagione,
ribadendo la propria contrarietà e quella del proprio partito
all’ampliamento della base americana di Vicenza. Addirittura si vociferava
la chiusura della suddetta base. Con un esito sbalorditivo: che la suddetta
base è stata ampliata. E Ferrero? Invece di uscire da quel vergognoso
governo, lo appoggiò, insieme al cavaliere templare di nome Mastella.
Insomma, i giocatori delle tre carte non avrebbero potuto fare di meglio.
Sempre lo stesso segretario
quando era ministro del governo della Repubblica varò la proroga per gli
sfratti, imponendo dei limiti che neanche Berlusconi si sarebbe sognato di
fare. Evito di entrare nei particolari per risparmiare un linguaggio tecnico
e noioso a coloro che leggono.
Lenin diceva “che fare?” In effetti, che fare quando ci troviamo di fronte a
segretari di partito, con la pretesa di rifondare il comunismo ma totalmente
ignari della realtà che li circonda? Come fa un comunista a cambiare la
realtà se non la conosce? La realtà recita che nella Grande Jamairia
esisteva uno stato socialista, forse anche dei peggiori, ma dove i suoi
cittadini avevano gratuitamente l’abitazione, l’istruzione, la sanità,
l’acqua potabile, l’energia elettrica, l’autovettura. Nel mondo virtuale si
alza un sedicente segretario di partito, che apparentemente lotta
all’interno del proprio Paese, l’Italia, per ottenere una briciola di quello
che già esisteva in Libia da quarant’anni, rendendosi partecipe, per non
dire complice, dei bombardamenti dei “proletari” della
Nato sulla popolazione civile. Rendendosi complice di una “rivoluzione”
bellicosamente condotta in cielo dai piloti proletari della Nato e in terra
dai compagni delle tribù salafite barbute dell’Armata Rossa. Tale
rivoluzione è stata guidata dagli avanguardisti qataristi tramite le loro
emittenti Al Jazeera e Al Arabia che sono proprio l’avanguardia della
Rivoluzione d’Ottobre. I bolscevichi, al confronto, sono dei reazionari.
Nel mondo virtuale non valgono
più le regole dell’essere comunista. Al rogo il vecchio adagio che recitava
che ogni comunista ha il compito di sostenere ciò che il nemico combatte, e
combattere ciò che il nemico sostiene. E cancelliamo anche dagli annali dei
comunisti che il peggior stato socialista è sempre meglio del miglior stato
capitalista. D’altronde la storia di rifondare il comunismo non è figlia di
questi tempi, e gli attuali rifondaioli non sono altro che gli eredi di
colui che si sentiva protetto sotto la “cappella della Nato” e non sotto il
patto di Varsavia.
Caro signor segretario, è
giunta l’ora che qualcuno ti dica che il sangue versato sul territorio
libico da migliaia di bambini, donne ed anziani è una tua responsabilità
politica. Faresti più bella figura a startene zitto, anziché startene comodo
dietro una poltrona, con un bel vitalizio, a predicare comunismo con il
sedere degli altri. Soprattutto quando non conosci né i popoli né la loro
cultura. Atteggiamento tipico da rivoluzionario della tastiera.
Arrivo alla Siria per
domandarti: cosa ne sai tu di cosa sta succedendo attualmente là? Lo sai che
in Siria ci sono 53 etnie religiose che convivono pacificamente da
quarant’anni sotto la protezione dello stato laico e socialista? I tuoi
amici barbuti salafiti, gli stessi della Libia, che tu ti ostini a chiamare
popolo in rivolta, hanno compiuto massacri contro la popolazione siriana e
non si vergognano ad incitare all’odio etnico e religioso. Ti sei recato
forse a Damasco per verificare la situazione? O hai preso per oro colato
anche tu le informazioni costruite ed artefatte da Al Jazeera, amplificate
da piccioni pasquali de La Repubblica e dalle trombette natalizie de
L’europeo?
Allora, egregio signor Paolo,
le chiedo: sta parlando di cose che non conosce, oppure ottempera ad un
disegno ben preciso di aggressione da parte dell’impero americano, sionista
e massonico?
Tra le due risposte, non so quale sia la peggiore.
Farebbe bene a stare zitto,
anziché gridare “Solidarietà al popolo siriano”, che ha bisogno di tutto
fuorché della Sua solidarietà.
Un consiglio: continui a
rifondare il comunismo a casa sua. Che i comunisti in Siria hanno solo
bisogno del comunismo, ma senza rifondazione.
Ouday Ramadan
(Fonte: Rinascita)
http://www.circolovegetarianocalcata.it/2012/02/25/la-verita-sulla-siria-stato-laico-e-socialista-e-le-stonature-delle-trombette-guerrafondaie-occidentali/
RIFONDAZIONE
sulla SIRIA
Quel che può accadere, è che scompaia la distinzione tra vero e falso. E
alla fine la responsabilità di tutti gli orrori ricada sulle autorità
dell’ultimo Stato arabo laico e antisionista.
"Il regime di
Assad è sicuramente responsabile di una repressione feroce"
15 Marzo
2012
"Il non avere avuto
riscontro ci fa
supporre, e ovviamente
sperare, che la
notizia sia falsa.
Ma la sua diffusione
sarà utilizzata per
convince tanti pacifisti
della giustezza di
un’azione di guerra che
di vittime bambini ne
vedrà ben più di 400."
Paolo Ferrero ·
26 agosto alle ore 10.05
· Le minacce di guerra
verso la Siria di USA e
Gran Bretagna sono
minacce di paesi
criminali che violano
qualsiasi regola della
legalità internazionale.
Prima hanno armato i
gruppi di ribelli legati
al terrorismo islamico e
adesso usano i problemi
umanitari come scusa per
intervenire, far fuori
il governo di Assad –
che ha autorizzato le
ispezioni dell’ONU nelle
zone di guerra - e nello
stesso tempo per mettere
qualche governo
fantoccio che non sia
diretta espressione dei
terroristi islamici che
loro stessi hanno
rafforzato. Altro che
Nobel per la pace ad
Obama, questa è una
politica criminale in
cui il più forte
schiaccia il più debole.
https://it-it.facebook.com/permalink.php?story_fbid=10151773563949194&id=88466229193
Rifondazione comunista
Siria
Testimonianza di un
gruppo di Italiani che
vive in Siria
13 Aprile 2012
-
Siria e Iran, le prossime due guerre sono già iniziate di
Giulietto Chiesa web.rifondazione
2.06.2012
Consiglio di Sicurezza dell’ONU non è in grado di dire chi ha commesso
l’eccidio
......
Tutto congiura per rendere necessario un intervento armato dall’esterno.
Bashar Assad è, oltre che sanguinario, anche autolesionista.
....
Paradossalmente, l’Occidente – che giustifica il
proprio intervento internazionale e le proprie istituzioni grazie al
«rispetto delle leggi internazionali» – sembra invece
intento solo ad accusare, incriminare e condannare il governo
siriano il prima possibile, in modo quasi disperato, nel
tentativo di anticipare ogni azione che possa «possa determinare la
colpa in modo oggettivo».
02 Agosto
2011
Paolo Ferrero, segretario
nazionale del Prc, ha
dichiarato:
“Siamo alla solite. In Siria
il regime sta
tranquillamente reprimendo
la popolazione e cosa fa
l’ONU? Nulla. Come al solito
lascia marcire la situazione
per poi magari giustificare
un intervento militare a
posteriore. L'unica domanda
che oggi occorre porsi è:
Cosa aspetta l’ONU a
intervenire non militarmente
per fermare il massacro?”
--- Ufficio Stampa Prc-Se
Documento sulla situazione
in Siria di : Segreteria
nazionale Prc
venerdì 2 marzo 2012 -
10h46
L’inasprirsi del conflitto
civile in Siria sta di
giorno in giorno diventando
più drammatico.
La brutale
repressione delle
manifestazioni di dissenso
da parte del regime di Assad,
unitamente all’ingerenza
delle potenze imperialiste,
delle petromonarchie del
golfo e
di paesi come la Turchia,
sta portando il paese verso
una guerra civile, con il
rischio di un ulteriore
allargamento del conflitto,
del suo estendersi in forme
settarie e religiose, di
allargarsi a tutta la
regione. Fa parte di questa
spinta alla guerra il
sostegno che viene dato
dall’esterno ai gruppi
armati ribelli e il
riconoscimento al CNS come
unico rappresentate
dell’opposizione siriana,
che invece è assai variegata
ed ha componenti che
rifiutano categoricamente
qualsiasi intervento armato
esterno e soprattutto
rifiutano il sostegno
politico delle
petromonarchie.
E’ quanto mai curioso che
paesi come l’Arabia saudita
ed il Qatar, fra i più
retrogradi e repressivi,
antidemocratici e
fondamentalisti del mondo,
si presentino e vengano
accreditati come sostenitori
delle primavere arabe. La
loro azione ha sequestrato
le domande di democrazia e
giustizia per usarle come
strumento per seguire i loro
piani nella regione. Il loro
asse con la fratellanza
musulmana da un lato e le
potenze occidentali e
imperialiste dall’altro, a
partire da Usa ,Gran
Bretagna e Francia, sta
mettendo un’ipoteca su tutto
il medio oriente e sui nuovi
regimi nati dalle
sollevazioni arabe. Ciò che
è accaduto in Libia non deve
ripetersi in Siria.
Le Nazioni Unite non possono
essere usate come strumento
per giustificare interventi
armati , diretti o indiretti
da parte di potenze
straniere, come accaduto nel
caso della Libia, dove con
il pretesto della difesa dei
civili si è dato il via ad
un intervento armato via
aerea che ha decuplicato il
numero di vittime e
distrutto un paese, che è
oggi in preda agli scontri
di potere fra le varie
fazioni. Il ruolo delle
Nazioni Unite è quello di
prevenire i conflitti, non
di fomentarli o di avvallare
guerre, come accaduto per la
Libia.Siamo senza se e senza
ma contro qualsiasi
intervento armato in Siria,
così come qualsiasi ipotesi
di attacco all’Iran. La
soluzione della crisi va
trovata attraverso una via
d’uscita politico negoziale,
che passa attraverso il
cessate il fuoco da parte
delle forze governative come
di quelle ribelli, per una
transizione democratica che
veda il coinvolgimento di
tutti gli attori politici
siriani.
Il monitoraggio della
situazione non può essere
fatto da paesi colonialisti
o imperialisti. In Siria si
stanno addensando le
tensioni che attraversano
tutta l’area. Si tratta di
un possibile anticipo di
quell’attacco all’Iran che
da tempo viene preparato.
Una nuova guerra nel
mediterraneo rischia questa
volta di avere conseguenze
incalcolabili. Per questo
siamo contro la posizione
del nostro governo, che si è
allineato alle posizioni più
oltranziste, di ingerenza e
sostegno all’ipotesi di
interventi armati mascherati
come sempre dietro le
questioni umanitarie.
L’Italia non sia complice di
una nuova e sciagurata
guerra nel mediterraneo.
http://bellaciao.org/it/spip.php?article30893
===========================
AGGIORNAMENTI SULLA
SITUAZIONE IN SIRIA Joe
Fallisi 6 maggio 2012
pubblicata da Vincenzo
Fasano il giorno domenica 6
maggio 2012 alle ore 19.02 ·
http://www.facebook.com/notes/vincenzo-fasano/aggiornamenti-sulla-situazione-in-siria/10150864267115827
1° maggio
2012 in Siria
al-Jumhūriyya al-ʿArabiyya al-Sūriyya, questa la denominazione completa
della Repubblica Araba di Siria. Ricorda il nome della Grande Giamahiria
Araba Libica Popolare Socialista. A poco più di un anno dal mio viaggio in
Libia, sono sbarcato nella tarda serata del 30 aprile 2012 all’aeroporto di
Damasco. In quell’occasione ero coi British Civilians for Peace in Libya,
oggi mi trovo qui con altri osservatori, ma allo stesso scopo: vedere
personalmente qual è la realtà dei fatti e riferirne. Siamo un gruppo di
italiani, alcuni nati in Siria, come Jamal Abo Abbas, capo della comunità
siriana di Roma, che ha organizzato il viaggio. A uno di loro, Ahmad Al
Rifaele, hanno appena ammazzato il cugino, Kusai Malek, e il cognato del
cugino, Bashar Halimeh. La sua famiglia abita nella periferia di Damasco. Mi
racconta una storia simile a tante altre che ascolterò in seguito. Gli
uccisi non erano soldati e neanche sostenitori attivi del regime.
Semplicemente non aderivano alle manifestazioni dei “ribelli”. E’ bastato
questo, può bastare anche solo questo. Alle 3 di mattina di venerdì scorso i
terroristi sono penetrati in casa e hanno sgozzato uno dei due, sparando
mortalmente all’altro. E hanno rubato tutto quello che era possibile portar
via. Per un miracolo non ci sono stati altri morti. A volte sterminano le
famiglie per intero, così che non rimangano testimoni. Poi attribuiscono la
carneficina ai soldati dell’esercito regolare. Arriviamo al Cham Palace, in
pieno centro, e troviamo una città quasi deserta. Fino a un mese e mezzo fa,
mi dicono, Damasco era vivissima anche in piena notte. L’esperienza libica
insegna una dura lezione.
Tutti
sanno che l’avvenire della Siria è legato a quel che farà la Cina e,
soprattutto, la Russia. Se i due alleati decidessero, per qualche motivo, di
togliere la solidarietà al Paese come accadde nei confronti della
Giamahiria, la torva dei predatori “umanitari” si scatenerebbe.
Sono
lì in attesa, coi loro aerei, le loro bombe radioattive, le loro truppe
d’assalto specializzate. Per ora impiegano e foraggiano, tramite
l’Arabia e il Qatar, dalle basi in Turchia, le formazioni dei tagliagola
libici, iracheni, afghani, pachistani, yemeniti, in piccola parte siriani.
Partecipano anche direttamente con alcuni gruppi di “istruttori” e
contractors, lo dimostrano i francesi arrestati pochi giorni fa. Ma sono
casi singoli, come piccole gocce in attesa della cascata di veleno.
Quest’aria di catastrofe incombente l’avevo respirata anche a Tripoli.
Allora, mi ricordo, c’era una sorta di paradossale spensieratezza persino
nella tragedia, sembrava impossibile la vera e propria devastazione. Dalla
finestra del mio hotel vedevo la spiaggia e il porto e il mare tranquilli,
il traffico delle automobili regolare, l’azzurro del cielo immacolato.
L’Africa non avrebbe permesso che la Libia, il suo gioiello, venisse
stuprata e distrutta. Ora sappiamo di cosa sono capaci gli imperialisti e
gli orridi mostri “islamici”.
Le
immagini, in mondovisione, di Muammar Gheddafi torturato, sodomizzato e
assassinato e poi dell’oscena megera ridens di hamburgerlandia sono impresse
come memento mori negli occhi di tutti anche qui, da Bashar al-Assad
all’ultimo eroico soldato o lavoratore della terra. E nessuno dimentica che
solo la Siria e l’Algeria (quest’ultimo il Paese che ospita i familiari
ancora in vita del grande Gheddafi) si opposero alla risoluzione per la
no-fly zone votata dai traditori della Lega Araba. E’ un progetto e
ruolino di marcia implacabile a suo modo grandioso, quello degli
occidentali, stabilito più di dieci anni fa. Le “primavere” dei signori del
caos, l’opera enorme di frammentazione e spoliazione “autogestita” del Medio
Oriente, puntano all’Iran e infine alla Russia. Che per prima lo sa
bene. Sarà capace, avrà la forza di opporsi a questo disegno?
L’interrogativo incombe tremendo e nessuno, in cuor suo, fa finta di
illudersi. Anche perché gli agenti del nemico sono attivi più che mai.
Siamo
immersi nella società degli spettri, “superamento” di quella dello
spettacolo. La base da cui si origina ogni rappresentazione ed ermeneutica
di questo genere di conflitti fornita dagli organi del mainstream non è più
la realtà, ma un suo Ersatz costruito a tavolino ovvero in studios appositi,
una fanta-realtà virtuale, modellata ad usum Delphini. Essa giustifica di
fronte alla falsa coscienza ciò che è stato programmato, e dovrà accadere.
La ricostruzione e la messa in onda a cura di al-Jewzeera, nel deserto del
Qatar, della piazza centrale di Tripoli invasa dai manifestanti
“democratici” giorni prima della caduta stessa della città, certificano che
il sistema funziona. Ora terroristi hanno cominciato a commettere i loro
crimini con l’uniforme degli agenti della sicurezza (cfr.
http://syria360.wordpress.com/2012/04/30/busy-day-for-the-fsa-terrorism-abductions-theft-assassinations-bomb-blasts-and-sabotage-of-pipelines/).
Quel che si vuole, appunto, è che scompaia la
distinzione tra vero e falso. E alla fine la responsabilità di tutti gli
orrori ricada sulle autorità dell’ultimo Stato arabo laico e antisionista.
Voltato l’angolo della strada c’è una grande banca che ha appena subìto un
attentato. A pochi passi il Parlamento siriano, altro obiettivo sensibile.
Il nostro
punto di osservazione è privilegiato.
La visita
all’ospedale militare di Damasco è un’esperienza che non dimenticherò. Per
le strade della città, lungo il percorso, vediamo affissi i manifesti delle
prossime elezioni politiche del 7 maggio (in Siria lo stipendio degli
onorevoli è di circa 400 euro al mese…). Ci accoglie il generale medico e
primario del nosocomio (1200 posti disponibili), uno dei più grandi e
importanti del Medio Oriente, con specializzazioni di rilievo, soprattutto
nella terapia dei tumori e nei trapianti di midollo osseo.
Attualmente sono in cura 110 feriti gravi, molti di questi casi disperati. E
ogni giorno si verificano nuovi arrivi, senza tregua, e 15-20 decessi. E’
nato in un piccolo villaggio ad est di Homs, dove abitano i suoi parenti,
che non vede da mesi. Di fede cristiana, ha sempre convissuto in armonia coi
vicini di casa musulmani. Ora non può più nemmeno tornare a visitare la sua
famiglia. Per ragioni di sicurezza ci chiede di non fotografarlo.
Nell’ospedale approdano in continuazione militari, ma anche civili, feriti
dalle bombe, dai colpi inferti da avversari che possono attaccare nell’ombra
ad ogni istante, che (non solo) in Libia hanno già compiuto atrocità
indescrivibili… drogati, venduti, fanatici, pazzoidi, pronti a qualunque
infamia. Il medico soldato, un piccolo uomo di circa 50 anni dagli occhi
azzurri che si esprime con calma e precisione, è orgoglioso di provenire da
una famiglia di contadini poveri, perché nel Paese del “dittatore” Assad il
sistema è meritocratico.
Ogni
bimbo accede gratuitamente all’istruzione: chi ha più talento e forza di
volontà va avanti, finisce gli studi e si fa onore nella professione che ha
scelto e con la quale può essere utile alla società. Così pure, nella
Repubblica siriana, tutti i cittadini hanno diritto alle cure mediche, a
spese dello Stato, dalla culla alla tomba – in questo non c’è differenza
rispetto alla Libia di Gheddafi, di cui, per l’appunto, i predoni
occidentali stanno finendo di compiere la distruzione e il saccheggio.
In Arabia Saudita la donna non può votare né essere votata, non può nemmeno
guidare l’automobile. Nella Siria laica ha gli stessi diritti dell’uomo.
Anche perciò i trogloditi maschilisti e impotenti della sharia, aggiungo io,
odiano a morte il regime siriano.
Coloro
che chiedono la democrazia per gli altri, ci dice, dovrebbero innanzi tutto
realizzarla a casa propria. Il terrore islamico è una loro creazione e fa i
loro interessi, non certo quelli del popolo. E tornerà, come infezione
mortale, da chi lo ha prodotto. A proposito della Turchia, pedina centrale
in questo gioco al massacro, ricorda che durante e dopo la Prima Guerra
Mondiale essa si macchiò del genocidio non solo degli Armeni, ma anche dei
Greci del Ponto e dell’Anatolia e dei Siriaci. I tiranni turchi (dominati
sotterraneamente dai dönmeh e in combutta con gli imperialisti e coi
sionisti) sono grandi criminali di massa.
Oggi
mantengono alta la loro fama, al di là della retorica e delle vuote
proclamazioni. Cuore insanguinato dei problemi in Medio Oriente è sempre la
Palestina. Solo quando (se) l’entità sionista si ritirerà dalle alture
del Golan e darà ai Palestinesi il diritto di autodeterminazione si potrà
intravedere una luce. Gli chiedo cosa ci sia di vero nelle accuse rivolte al
governo di impiegare mezzi durissimi. Su di esse si basa tutta la propaganda
guerrafondaia dell’Occidente e dei suoi vari manutengoli arabi, ma anche dei
partiti e dei gruppuscoli di “sinistra” che riferiscono ogni giorno di
presunti massacri da parte degli uomini in divisa. Gli cito il caso di
uruknet (http://www.uruknet.info/), website in inglese e in italiano di
“informazione dal Medio Oriente”, e la sua lista quotidiana di martiri
causati dall’esercito. Mi risponde che si tratta di menzogne colossali,
senza pudore.
Nelle
zone circoscritte dove avvengono gli scontri (a ridosso della Turchia e del
Libano, ma anche in alcuni quartieri della periferia della capitale) è la
stessa popolazione che implora i militari di non andarsene, di non
abbandonarla. Il popolo chiede la protezione dell’esercito, e
l’esercito protegge il popolo nei limiti delle sue possibilità. I mercenari
terroristi s’infiltrano tra i civili, al minimo segno di reazione li
abbattono senza pietà. E li usano come scudi umani. Qatar e Arabia Saudita
hanno fatto sapere, attraverso il loro portavoce di Istanbul, che entro un
mese bisogna riuscire a occupare Damasco e Aleppo… il tempo stringe…
In realtà
la situazione potrebbe essere risolta e l’ordine ristabilito molto
velocemente dal governo legittimo. Se questo non è ancora successo, lo si
deve proprio alla sua volontà di cercare di fare meno vittime possibili tra
la popolazione civile, in una guerra che vede un’esigua minoranza dalla
parte dei rivoltosi. I quali ultimi (il nucleo originario sembra sia
composto da alcune decine di migliaia di delinquenti comuni) compiono al
grido (blasfemo) di Allāhu Akbar ogni genere di efferatezze, istruiti in
tali pratiche dai macellai della Libia, che ne posseggono il know-how, che
sanno “come si fa”. Ma il limite di sopportazione è stato superato.
D’altronde qualunque Paese ha il diritto-dovere di difendere la propria
integrità e indipendenza.
Ci si può
immaginare come reagirebbero, solo per fare un esempio, gli USA se un
fenomeno simile si verificasse all’interno dei loro confini. Per fortuna
l’esercito siriano è più consistente e più forte di quello della Giamahiria
ed è ancora compatto, integro. Inoltre l’appoggio della Russia e della Cina
resiste (per ora). Anzi, proprio russi e cinesi chiedono ad Assad misure
più risolute per combattere la feccia terroristica, che naturalmente, come
in Libia, senza l’intervento di “volenterosi” capaci di bombardare e
invadere è in grado solo di creare disordini e morti, non di ottenere il
risultato che i suoi padroni auspicano.
Incominciamo la nostra breve visita insieme col giornalista cubano Luis
Beaton, di “Prensa latina”. E’ un cammino tra la sofferenza e la dignità.
Ecco
Mohamad Abu Rmeh Khaled Latkani, soldato di 22 anni che i terroristi hanno
picchiato selvaggiamente a un posto di blocco 12 giorni fa, sparandogli poi
una gragnola di colpi. Sopravvissuto per miracolo, potrebbe morire da un
momento all’altro. Il fatto si è svolto sotto gli occhi degli “osservatori”
orwelliani dell’ONU, già visti in Iraq e su tanti altri fronti delle guerre
imperiali: spie che monitorano la consistenza e l’ubicazione dei mezzi di
difesa del Paese aggredito e passano le informazioni a chi di dovere,
fornendo ai media notizie utili alla propaganda degli aggressori (registrano
sempre solo le dichiarazioni degli antigovernativi). E poi Ihsan Jaavar,
altro giovane ferito grave che il 25 aprile è stato vittima, coi suoi
commilitoni, di un attacco nella città di Ḩuwayjat ad Darah da parte di 300
terroristi. Gli amici sono morti.
Per lui
le stelle avevano deciso diversamente. Incontriamo in un’altra stanza di
questa via crucis il colonnello Ahmed Mansur. Il suo caso, la sua persona mi
colpiscono in modo particolare. Ha perso una gamba in un attentato e non
possono togliergli le bende perché la ferita ancora sanguina. Con un filo di
voce, ma occhi scintillanti che parlano più delle parole, ci dà il benvenuto
in Siria, nella sua amata patria. I nemici della libertà hanno preso in
ostaggio davanti a lui, prima che la bomba esplodesse, un gruppo di civili e
li hanno immolati come agnelli. Sono capaci delle peggiori barbarie…
smembrano e mutilano le vittime… ma incredibilmente, mentre accenna a questi
incubi, emana dal suo volto una luce radiosa, come se si trovasse già al di
là delle malvagità e delle miserie. Ricorda con un sorriso, prima che lo
abbracci accomiatandomi, il proverbio secondo cui i cattivi medici
pretendono di curare il mondo mentre sono loro gli ammalati più gravi…
C’è, tra
gli altri militari, un ragazzo andato a proteggere una manifestazione
antigovernativa (!) e quasi scannato… e un brigadiere dell’esercito,
prelevato a Damasco e lasciato per strada dai criminali sicuri di averlo
ucciso… pure lui sopravvissuto perché la sua ora non era ancora giunta. E ci
sono anche vittime civili: un padre che ha visto spirare il figlio e che è
stato colpito a sua volta, un commerciante di Hama al quale hanno sparato
solo perché non scendeva in piazza coi ribelli del Kali Yuga… Ci chiamano
dal cortile, dove sta per arrivare un’ambulanza con le spoglie di un giovane
di Damasco, appena falciato da una bomba. Un’ambulanza!… piuttosto un misero
pulmino irriconoscibile… una vera ambulanza sarebbe sotto il tiro dei
terroristi… è successo a Gaza durante Piombo Fuso, e avviene qui.
Aveva 22
anni Mohamad Musa Alfahad, soldato di leva. Usciamo tutti, anche il
primario… sa di dover assistere alla stessa scena terribile che si ripete
ogni giorno. I familiari, stretti insieme come in una morsa, ancora non
vogliono crederci. Fuori, all’angolo dell’entrata di servizio, la pila delle
casse funebri, quattro poveri assi di legno inchiodati sul dolore, che
attendono i nuovi arrivi.
E’
proprio lui, è volato via… rimane solo il suo volto, gli occhi chiusi per
l’eternità. Ho ancora nell’orecchio le urla strazianti dei fratelli e della
madre, abbarbicati a quella bara muta come a un’àncora, all’ultimo albero
dell’ultima foresta… Poi tutto finisce, l’ospedale si fa lontano,
l’imbrunire ci riporta in albergo. E’ finito anche il nostro primo maggio in
Siria, il giorno della festa dei lavoratori del mondo.
Joe
Fallisi
****
domenica 24 giugno 2012
La Siria e noi - di Gianmarco Pisa ,
Responsabile Esteri e Pace, PRC Napoli
Il 22 Giugno 2012 rischia di essere una
data da consegnare alla storia
dell’escalation della guerra civile in
Siria. Un caccia da ricognizione turco,
un Phantom F4, viola lo spazio aereo
della Siria e viene abbattutto dalla
contraerea siriana, poco distante da
Latakia, nel Nord.
Le autorità turche aprono una inchiesta,
il governo siriano conferma di non avere
comunque alcun intento bellicoso nei
confronti della Turchia, le Nazioni
Unite invitano alla composizione
diplomatica del contenzioso
www.adnkronos.com/IGN/News/Esteri/Caccia-turco-abbattuto-dallesercito-siriano-tensione-alle-stelle-tra-Ankara-e-Damasco_313436934860.html .
La tensione tuttavia resta alta: è
proprio dalla Turchia che passano i
rifornimenti di armi e munizioni alle
opposizioni armate in Siria, sotto
l’attento e intenzionato “monitoraggio”
della CIA e dei consiglieri USA
http://times.altervista.org/siria-agenti-cia-nel-sud-della-turchia .
Se la risposta del governo siriano alle
legittime proteste popolari della
primavera del 2011 è stata tardiva e
aggressiva, l’attuale escalazione
militare rende evidente la presenza di
una opposizione armata, di un tentativo
di destabilizzazione del governo siriano
e di un ampio coinvolgimento degli Stati
Uniti e delle petro-monarchie del Golfo
(in primo luogo Qatar ed Arabia Saudita,
non dissimile la posizione della
Turchia) per il crollo del regime, a
sostegno della Fratellanza Musulmana e
delle opposizioni eversive del CNS
(Consiglio Nazionale Siriano) e del
cosiddetto “Esercito Libero Siriano” in
chiave anti-iraniana e in prospettiva
anti-russa e anti-cinese.
Come forze democratiche,
anti-capitaliste ed anti-imperialiste,
non siamo rimasti con le mani in mano,
muti spettatori del corso degli eventi:
denunciando il ripetersi di una nuova
Libia, il piano di destabilizzazione del
Medio Oriente, la strumentalizzazione
del principio umanitario in chiave
neo-imperialistica. Basta leggere la
posizione del Partito
web.rifondazione.it/home/index.php/esteri/4953-siria-no-alla-guerra
cui va aggiunta quella
dell’organizzazione giovanile
www.giovanicomunisti.it/wordpress/archives/3764.
Se è vero – come si attesta in questa
posizione – che il compito e l’obiettivo
dell’organizzazione giovanile sono
quelli di essere altrettanto
coerentemente e conseguentemente
anti-imperialisti ed anti-fascisti,
allora è più che mai il caso di
proseguire la mobilitazione contro la
guerra e contro ogni ingerenza straniera
in Siria e che questo tema, nello
scenario di contesto e nella congiuntura
di fase, costituisca il “prevalente”.
A questo punto, si tratta allora di
sapere costruire, definire ed articolare
una proposta autonoma, coerente e
specifica, che possa essere leggibile e
sappia rappresentare un contributo utile
per le forze democratiche e progressiste
e, più specificamente, per tutto il
movimento contro la guerra e per la
pace. Basandosi su questi presupposti,
sulle attivazioni avviate, sulle
iniziative e le riflessioni articolate e
promosse, ma facendo un passo in avanti,
per attestare conseguentemente
Rifondazione Comunista contro ogni
aggressione imperialistica e contro ogni
interventismo – sedicente – umanitario.
Abbiamo fatto, come partito e come
organizzazione giovanile, numerosi
incontri, dibattiti e attivi contro la
guerra e ogni ingerenza in Siria,
abbiamo ri-costruito una linea che ci
ricolloca strategicamente nel movimento
per la pace e contro la guerra, pur
attraversato da non poche lacerazioni e
contraddizioni, ma ci manca ancora un
momento forte di proiezione pubblica.
Le contraddizioni vanno affrontate:
dall’iniziativa di Flavio Lotti
della “Tavola della Pace” che alla
tre-giorni sulla pace a Roma
www.rifondazionenapoli.net/2012696/recuperare-le-occasioni-perdute.html
invita un esponente di primo piano
(Mohammad Riad Shaqfa) dei Fratelli
Musulmani in Siria che invoca
esplicitamente l’intervento dei Paesi
europei in Siria per cambiare il corso
delle cose (www.reteccp.org/primepage/2012/ccp12/crisi5.html),
a talune posizioni minoritarie e
massimalistiche che non colgono la
portata degli eventi e delle
contraddizioni e vorrebbero ridurre
l’intera vicenda ad una sorta di
referendum pro o contro il governo di
Assad. Serve una mobilitazione che abbia
una capacità di massa. Una assemblea
pubblica ad ampia risonanza. Oppure un
presidio alla Farnesina. Poche parole
chiare: «No alla guerra imperialista»,
«Contro ogni ingerenza “umanitaria” e
per una soluzione negoziata», «Sostegno
agli sforzi di riconciliazione in Siria:
Mussalaha» Il link prezioso in tal caso
è:
www.sibialiria.org/wordpress/?p=386
Valga questa citazione a fare giustizia
delle strumentalizzazioni e delle accuse
false e pretestuose cui, in queste
ultime settimane, è stata fatta oggetto
la sua autrice, Marinella Correggia, una
delle voci più rilevanti e meno
condizionate, in grado di fornirci
documentazione autentica e non embedded
(e non accecata dalle funeste torsioni
dell’ideologia e del massimalismo) su
quanto sta accadendo in Siria. Il lavoro
da fare è tanto, purtroppo mai
sufficiente, nella congiuntura dei
rapporti di forza e col concorso di
pulsioni che spingono prepotentemente
verso l’ennesimo precipizio nel
Mediterraneo. A questo precipizio
dobbiamo saperci opporre con tutte le
nostre energie, per la solidarietà e
l’amicizia tra i popoli, per la
giustizia, per la democrazia e la pace.
Gianmarco Pisa
Responsabile Esteri e Pace, PRC Napoli
http://www.rifondazionenapoli.net/
****
Smembrare il mondo
arabo
(inviato da Conques il 14.8.2012)
http://www.gilad.co.uk/writings/dismembering-the-arab-world.html
di
Makram Khoury-Machool
Il
dottor Makram Khoury-Machool è uno
studioso palestinese, residente a
Cambridge, Gran Bretagna
http://www.deliberation.info/dismembering-the-arab-world/
(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso
Popolare di Padova)
Il
comportamento del blocco anti-siriano,
allineato alla NATO, è ormai per noi
impudente abbastanza per capire meglio
ciò che sta accadendo in Siria.
Da
un lato, troviamo operatori politici
come il gruppo ad hoc "Amici della
Siria", e, dall’altro, due personalità
arabe, entrambi ministri di due
sceiccati del Golfo.
Il
primo gruppo comprende capi di Stato
alla guida della NATO, con un piano
generale strategico, a mala pena
dissimulato di origine israeliana,
concepito da personalità del calibro di
Bernard-Henri Lévy. Piuttosto che essere
amici della Siria, queste personalità
sono probabilmente al lavoro per
proteggere i propri interessi finanziari
in Siria, o che gravitano attorno alla
Siria.
I
due politici arabi sono i due ministri
degli Esteri dell’Arabia Saudita e del
Qatar. Costoro hanno dichiarato che le
forze che agiscono violentemente contro
lo Stato siriano dovrebbero essere
armate e sostenute finanziariamente.
In
breve, queste formulazioni dei
cosiddetti "Amici della Siria" sono
probabilmente non più che una versione
"moderna" degli argomenti portati avanti
dal viceré Lord Curzon, con cui, negli
incontri del 1903, si rivolgeva ai "Capi
della costa araba" sull’incrociatore
leggero Argonaut a Sharjah (Emirati
Arabi Uniti).
[
N.d.tr.:
La questione delle tre isole (
Abu Mussa e Piccole e Grandi Tumbs).
Nel
diciannovesimo e ventesimo secolo gli
Inglesi occuparono numerose isole
iraniane nel Golfo Persico, sia
direttamente che per presunta sovranità
a favore dei cosiddetti "Trucial
Emirates". Tra queste isole vi furono le
Tunbs, Abu Musa, oltre che Qeshm, Hengam
e le isole Sirri.
Una
"Mappa della Guerra", presentata dal
ministro britannico allo Scià a Teheran
nel 1888 confermava che tutte quelle
isole appartenevano all’Iran. La causa
dell’Iran fu ulteriormente rafforzata
con la pubblicazione, nel 1892, di "Persia
e Questione Persiana" di Lord Curzon
nella cui mappa erano presenti le isole
come territorio iraniano.
Il
timore britannico di un’interferenza
russa nel Golfo Persico si intensificò
all'inizio del ventesimo secolo. Nel
1902 un incontro segreto all’ufficio
estero britannico decise che le isole
strategiche vicino allo Stretto di
Hormuz dovessero essere occupate. Questa
decisione fu comunicata agli
amministratori politici inglesi in India
e nel Golfo Persico (vicerè Lord Curzon)
in un memorandum datato 14 luglio 1902.
Un anno dopo, il governo dell’India
ratificò l’amministrazione delle tre
isole di Tunbs e Abu Mussa con
assegnazione allo sceicco di Sharjah
.]
Il
Qatar e i Sauditi forniscono sostegno
finanziario ai "ribelli" tramite
forniture di armi, versamenti di denaro
ai combattenti e mercenari, e la
supervisione logistica degli attacchi
contro la Siria. A tutto questo supporto
si devono aggiungere servizi di
telecomunicazione, tattiche di
combattimento, consulenza
strategico-militare.
Non
sorprende che i consiglieri militari
occidentali, che operano con i gruppi
armati dietro le quinte, non siano
oggetto di servizi giornalistici in
alcuno dei media.
Inoltre, Stati confinanti forniscono
assistenza territoriale ai gruppi
armati, con la Giordania che garantisce
il transito dei mercenari provenienti
dalla Libia, e la Turchia in qualità di
base militare settentrionale per le
operazioni. 2
La
Turchia è coinvolta in quanto
intenzionata ad allinearsi con l’Arabia
Saudita, questa schierata a sua volta
dietro le quinte con la NATO, e per
timore che uno smembrato della Siria
porterebbe alla promozione
dell’autonomia dei Curdi. Agli occhi dei
Turchi, questo potrebbe provocare alla
fine l’unione conclusiva dei Curdi della
Turchia con i Curdi iracheni e siriani,
e quindi ingenerare una guerra civile
con la Turchia e l’eventuale separazione
del Kurdistan dalla Turchia e la
creazione di uno Stato curdo.
Per
parte sua, Israele ha pianificato da
decenni, come parte della sua strategia
per dominare il Medio Oriente e il
Mediterraneo, l’indebolimento della
Siria al fine di continuare la sua
occupazione delle Alture del Golan
siriane e di imporre il suo dominio
sulle fonti d’acqua.
In
buona sostanza, Israele vuole essere la
potenza economica e militare egemonica
nella regione, ed infatti
dall’indebolimento della Siria Israele
potrebbe ben emergere come il vincitore
principale, se non altro nel breve
termine.
Attraverso le sue campagne mediatiche
ben orchestrate trasmesse nel corso di
decenni per il proprio pubblico, Israele
ha costruito un concetto della Siria
come la principale minaccia alla sua
esistenza nel mondo arabo.
Probabilmente, il vuoto di governo che
potrebbe venirsi a creare in Siria
potrebbe essere riempito da gruppi come
al-Qaeda, e di conseguenza questi
andranno a costituire una
giustificazione sufficiente per le
azioni di Israele (contro la Siria e/o
contro l’Iran), e potrebbe anche venire
promossa l’idea di un conflitto tra un
Israele "civile-democratico" e i
"selvaggi" Islamisti.
Nonostante le enormi differenze tra la
Siria e la Libia, il destino della Siria
potrebbe essere simile a quello della
Libia in termini di diretto intervento
straniero, se non fosse che la Russia e
la Cina si oppongono fermamente a tali
azioni presso le Nazioni Unite, dove vi
è stata una cooperazione costante tra
questi due paesi.
Anche se le origini delle relazioni
sino-sovietiche risalgono ai primi
giorni della rivoluzione comunista del
1917, sembra che, anche due decenni dopo
lo smantellamento del blocco orientale,
la Federazione russa e la Repubblica di
Cina stanno, più che mai, conformandosi
a quello che Mao Tse-tung consigliava
nel suo discorso "Essere un vero
rivoluzionario" del 23 giugno 1950.
Qui, Tse-tung affermava che "a livello
internazionale dobbiamo fermamente
unirci con l’Unione Sovietica" (cfr.
Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. V. p.
39).
Ideologia condivisa, visione del mondo,
interessi economici, obiettivi comuni
nel settore dell’energia hanno portato
Russia e Cina a collaborare sempre più
strettamente per quel che concerne il
conflitto siriano.
La
produzione mondiale di petrolio è
guidata dall’Arabia Saudita, con la
Russia per seconda, in terza posizione
gli Stati Uniti, poi l’Iran e quindi la
Cina.
In
termini di riserve di petrolio,
scopriamo che i primi dieci Stati sono:
1) Venezuela, 2) Arabia Saudita, 3)
Canada, 4) Iran, 5) Iraq, 6) Kuwait, 7)
Emirati Arabi Uniti, 8) Russia, 9)
Kazakhstan e 10) Libia.
La
Russia è il più grande produttore di gas
al mondo, con l’Europa che dipende dalle
forniture di gas russe. Nella produzione
mondiale di gas, se, a causa della loro
distanza geografica, si escludono gli
Stati Uniti e il Canada, l’Iran viene al
secondo posto e il Qatar al terzo. In
termini di riserve di gas, la Russia è
il numero uno, con l’Iran e il Qatar in
quarta posizione e l’Arabia Saudita in
sesta.
Con
la vicina Arabia Saudita come uno dei
dieci principali produttori di gas nel
mondo, sono evidenti gli interessi di
particolare rilevanza ad esportare del
Qatar e dell’Arabia Saudita, e questa
classifica dovrebbe darci una chiara
idea delle alleanze che si sono formate
alla luce del conflitto siriano.
Arabia Saudita e Qatar (che in
circostanze diverse avrebbero potuto
costituire un unico Stato, e potrebbe
ancora verificarsi un simile rimpasto
geografico) sono entrambi Stati
arabo-musulmano-sunniti, ed entrambi
hanno comuni interessi economici. 3
La
ricerca avida da parte del Qatar di
contratti commerciali per il gas e il
petrolio della Libia spiega il suo
accordo con la NATO per attaccare la
Libia, la sua simbolica partecipazione
ai raid aerei e il suo sostegno ai
ribelli nel consolidare la loro capacità
comunicativa.
Obiettivo del Qatar è quello di
esportare il proprio gas in Europa, di
competere con i Russi e di ottenere
importanti pedine di scambio politico.
Affinché l’esportazione di gas del Qatar
in Europa possa essere fattibile e
competitiva, deve essere posato
attraverso la Siria un gasdotto.
Come alleato della Russia di lunga data,
e con i precedenti di numerosi accordi
di scambio commerciale risalenti
all’epoca dell’URSS, è improbabile che
la Siria permetta a qualcuno di
minacciare la destabilizzazione degli
interessi della Russia nella loro ultima
roccaforte strategica nel mondo arabo.
Questo è il motivo principale per cui il
Qatar e l’Arabia Saudita stanno
sostenendo la lotta dell’opposizione per
rovesciare il governo siriano.
La
Siria sta rapidamente diventando un vaso
di Pandora, da cui tutte le crisi
storiche degli ultimi 120 anni stanno
scaturendo. A partire dalla guerra
russo-turca del 1877-8, dalla guerra
russo-giapponese del 1904, dalla Prima e
dalla Seconda Guerra Mondiale e dalla
Guerra Fredda.
Normalmente, sono necessari 2-3 decenni
per l’emergere di una super-potenza.
Agli Stati Uniti sono occorsi quasi 25
anni, dal 1890 fino alla fine della
Prima Guerra Mondiale.
Dopo la morte di Lenin nel 1924, l’URSS
era il soggetto in sofferenza in Europa.
Nel 1945, dopo la Seconda Guerra
Mondiale e sotto Stalin, è emersa come
superpotenza. Dopo Gorbaciov, la Russia
ha cessato di essere una superpotenza e,
apparentemente, ebbe termine la Guerra
Fredda.
In
poco più di due decenni, Putin ha messo
fine al sistema unipolare e un mondo
nuovo bipolare sta sorgendo - come se la
Guerra Fredda non fosse mai finita.
Un
attento esame del sistema politico
siriano rivela che il presidente siriano
Bashar al-Assad è, di fatto, un
riformista. Tuttavia, in Siria, come in
ogni altro Stato, le fazioni si
attorcigliano in lotte di potere, e
quindi i necessari processi di
socializzazione richiedono un certo
tempo per il loro procedere. Mentre,
come ha detto Assad, ci vuole solo un
paio di minuti per firmare una nuova
legge, ci vuole molto più tempo per
educare le persone ad assorbire e
partecipare alla realizzazione dei nuovi
valori che queste leggi sanciscono. La
rappresentazione che ne fanno le classi
dirigenti occidentali di queste nuove
riforme, come in apparenza spuntate dal
nulla, è un atto di disutilità e
sicuramente immorale.
La
Siria era l’ultimo Stato arabo laico,
socialmente coeso, basato comunque su
una ideologia secolare verticistica.
Nonostante i paesi geopoliticamente
instabili ai confini della Siria
(Libano, Turchia, Israele, Giordania e
Iraq), i cittadini siriani vivevano in
modo sicuro a tutto merito di questa
laicità araba.
La
Siria racchiude un particolare tipo di
pluralismo e multiculturalismo,
integrato con la tolleranza religiosa e
un’esistenza pluralista. Ciò è
dimostrato dalla tolleranza per la
concomitante presenza di una chiesa
cristiana, di una moschea, di un bar e
dalla coesistenza paritaria di donne
laiche e di donne velate.
Di
fatto, il processo di riforme avviato in
Siria è il più avanzato rispetto a
qualsiasi simile processo in qualsiasi
altro Stato arabo. Esso comprende la
rimozione di leggi emergenziali,
l’attuazione delle leggi sui partiti, le
leggi elettorali, una legge fondamentale
sui media, e l’approvazione di una nuova
Costituzione, ivi compresa la
soppressione dell’articolo sulla
leadership unica del partito al-Ba’ath.
Tali riforme fanno parte di un genuino
processo politico, che comunque
richiederà del tempo.
Tuttavia, questo processo riformista è
stato totalmente e volutamente
boicottato da forze, anche da governi
occidentali, che agiscono contro lo
Stato siriano.
Negli ultimi decenni, e in particolare
dall’11 settembre (9/11), l’Occidente ha
continuamente propagato il concetto che
terroristi islamici stavano minacciando
il modo di vivere in laicità.
E
però, i Sunniti, tecnicamente la
maggioranza religiosa in Siria,
rappresentano ragguardevoli segmenti
della società e non sono meno laici
rispetto a qualsiasi altro segmento
della società occidentale. 4
Così, nonostante l’esplicito diritto dei
Siriani di difendere la laicità del loro
modo di vita, lo scopo dell’Occidente è
quello di smantellare lo Stato siriano,
modificarne la struttura di potere, e
creare nuove entità demo-geografiche,
come una Confederazione dei Curdi
siriani e iracheni, che attualmente
costituisce l’incubo della Turchia.
Inoltre, determinate zone potrebbero
venire spopolate, e la cosa potrebbe
sicuramente essere messa in atto, come è
stato fatto con i Drusi, per ripopolarle
con Cristiani siriani e forse con
Cristiani dal Libano. Altri Cristiani
ambandonerebbero del tutto il Levante.
Quindi, agli Alawiti (
ai
quali appartiene il presidente siriano
Bashar al-Assad) resterebbe il
possesso di un altro Stato, in
collegamento forse con l’Iran.
[
N.d.tr.:
necessario il richiamo dell’articolo
attuale apparso su "la Repubblica": «Alawiti
alla tomba, Cristiani a Beirut». La
prima denuncia arriva da Repubblica!
Bisogna rendere onore al giornale di
Ezio Mauro. Sin dagli inizi della
rivolta in Siria ha scritto che i
Cristiani correvano pericoli. E le
atrocità non erano prerogativa di Assad.
Pubblichiamo la rubrica di Renato Farina
"Boris Godunov" dal numero 32-33/2012 di
Tempi, in edicola da giovedì 9 agosto.
5
Agosto 2012
di
Renato
Farina
Boris Godunov si complimenta con lo zar
suo successore a Mosca, Vladimir Putin.
L’unico tra i grandi che si oppone al
pensiero unico sulla Siria: "Assad
cattivo – ribelli buoni".
I
civili morti sono stati addossati tutti
sul conto del governo baathista, le
stragi pure. Putin ha provato a dire che
c’è qualcosa di torbido in questa
presunta trasparenza di giudizio. È un
po’ come per Saddam Hussein. Certo, era
un criminale. Ma non si libera un popolo
senza controllare a chi lo si consegna,
magari uno peggio. In Iraq è andata
così. I Cristiani sono dovuti fuggire in
massa da Baghdad, dove costituivano una
comunità con 50 parrocchie, scuole,
chiese. Intanto gli Sciiti erano
oppressi. Ma non è stato un buon lavoro
trasferire di fatto il potere dal laico
Saddam ai fondamentalisti nelle due
versioni: quella di Muqtada al Sadr (filo-Iran)
e Al Qaeda.
Oggi i Cristiani cercano rifugio in
Kurdistan. La gran parte però ha trovato
ospitalità dai confratelli siriani, dove
la comunità cristiana ha vissuto con un
grado di libertà imparagonabile con
altri paesi arabi, compreso l’Egitto.
Fino a poco fa.
Ora
la minaccia viene dalla ribellione ad
Assad, ben dotata di armi, denaro e
soprattutto di quella arma di
distruzione di massa delle coscienze che
è la potenza mediatica. Arabia e Qatar,
con le loro televisioni e i loro
petrodollari, oltre che Stati Uniti e –
ahimè Israele – hanno provveduto alla
fornitura del pensiero unico, e chi si
discosta, è un complice di assassini.
……………………………………………………………………………………………………
Boris ammirato trascrive alcune righe di
quella che è la profezia di uno scempio:
lo sterminio degli Alawiti (12 per cento
su 23 milioni di Siriani) e la cacciata
dei Cristiani (il 10 per cento).
«Agli occhi dei Cristiani, però, la
posta è "immensamente più alta: sta
prendendo corpo il più cupo dei nostri
presagi", dice Tony, un avvocato, e per
spiegarsi ripete a bassa voce lo slogan
ascoltato in certe piazze siriane
dall’inizio della rivolta: "‘Alawiya ’a
tabut, Masihiyya ’a Beirut’. Sta per ‘gli
Alawiti alla tomba, i Cristiani a Beirut’.
Homs si è svuotata dei Masihiyya come in
Iraq, e da Aleppo fuggono in decine di
migliaia". George, un antiquario,
interviene: "Ascolti, noi eravamo qui
ancor prima di San Paolo, quando Saul
arrivò, già l’aspettava un vescovo". S’è
fatta l’ora dei vespri; lo scampanellio
delle chiese torna a riempire il cielo,
vivace e impertinente».
Per
quanto tempo? Lasceremo fare?
]
Il
piano è quello di distruggere il moderno
Stato arabo di Siria, quello che è
emerso dopo la Prima Guerra Mondiale e
negli anni ‘40, e, se possibile, di
insediare nuovi Stati religiosi (sulla
falsa riga dello Stato ebraico di
Israele). In questo modo, la potenza
araba, e con essa la ideologia
pan-arabista di
Michel Aflaq e Antun Sa’ade (entrambi
Arabi cristiani) e di Nasser d’Egitto,
andrebbero a scomparire.
Questo processo è iniziato quando, nel
1978-9 sotto Sadat, l’Egitto ha firmato
il trattato di pace con Israele, ed ha
avuto seguito con la rovina del Libano
nel 1982, la seconda Intifada nel 1987,
e la presa di possesso economico
dell’Iraq nel 2003. Quindi il piano è
proseguito in Libia, con il sequestro di
petrolio e gas nel 2011.
Pertanto, al fine di mantenere
l’egemonia U$Rael (USA-Israele),
l’Occidente ha bisogno di allineare gli
Stati lungo linee confessionali (Sunniti
e Sciiti), piuttosto che su quella del
Pan-arabismo.
In
buona sostanza, questo processo è stato
potenziato dopo l’occupazione dell’Iraq
e la caduta del partito Ba’ath.
In
pratica, ciò che ora sta accadendo nel
mondo arabo è una "correzione" degli
accordi Sykes-Picot del 1916, quando le
principali potenze coloniali, Gran
Bretagna e Francia, ritagliavano i
confini degli attuali Stati arabi e vi
installavano i propri agenti arabi.
Questi piani neo-colonialisti in atto
prevedono dotazioni e fondi per quelle
fazioni arabe che ora stanno combattendo
il regime siriano, per consentire a
costoro di restare a combattere fino al
momento in cui ogni Stato verrà
smembrato e diviso in 2-3 Stati, sulla
base di linee confessionali e settarie.
Ne
deriva che le élite coloniali potranno
continuare a ramazzare ricchezza,
perché, dopo tutto, la mentalità
imperiale non è praticamente cambiata.
Dal
momento che le potenze occidentali non
possono raggiungere questo obiettivo da
sole, hanno bisogno di agenti come il
Qatar in Libia, e come il Qatar,
l’Arabia Saudita e altri in Siria.
Questi agenti, preferibilmente
auto-sufficienti, come le
antidemocratiche monarchie
arabo-musulmano-sunnite, utilizzeranno
l’Islam sunnita per promuovere il
fanatismo contro altri Arabi, musulmani
e non musulmani (ad esempio, i Cristiani
arabi, gli Sciiti e i Drusi).
Questi Arabi, che hanno accesso
all’élite dell’economia globale (ad
esempio, la famiglia reale saudita e i
Qatarioti in stretta consonanza con le
élite usamericane e altre élite europee)
sono, nel complesso, le élite che
dominano il Golfo Arabico, o i loro
protetti.
Sono loro che stanno introducendo un
cuneo tra le varie sette, e stanno
potenziando e sfruttando il gioco della
carta sunnita, con la Turchia
musulmano-sunnita non-araba contro la
Siria.
E
non dovrebbe affatto sorprendere se
fossero in combutta con le potenze
occidentali, al servizio di Israele.
D’altro canto, rimarrebbe abbastanza
difficile da spiegare perché il regime
più autoritario sulla terra, l’Arabia
Saudita, stia agendo contro la Siria e
stia cercando di impartirle lezioni di
democrazia, nozione che l’Arabia Saudita
non è stata mai molto appassionata di
apprendere.
Le
campagne di propaganda negativa,
orientalista, condotte contro la Siria
nell’ultimo anno con il sostegno
finanziario di alcuni paesi del Golfo
hanno volutamente oscurato elementi
insiti nella Siria, come il laicismo
della Siria - fattore con cui le società
occidentali naturalmente dovrebbero
identificarsi.
Quindi, l’importanza dell’ideologia del
tutto laica del partito Baath siriano,
che garantiva almeno le libertà private,
è stata tenuta nascosta. Questo va
aggiungersi, per esempio, al fatto che
Daoud Rajhah, il ministro della Difesa
siriano assassinato, era un cristiano,
come lo era il dottor Nabil Zughaib,
recentemente assassinato (insieme alla
sua famiglia), responsabile del
programma missilistico siriano.
Gli
esempi riportati di una deliberata
cancellazione dei fatti sono
probabilmente dovuti all’alleanza della
Siria con la Russia, e quindi la Siria
si è collocata dalla parte "sbagliata".
Questo stretto rapporto tra la Siria e
la Russia è durato per oltre cinque
decenni.
Inoltre, la Siria è il ventre molle
(alawaita / sciita laico) tra l’Iran
(sciita), in posizione di rifiuto della
NATO, e HizboAllah sciita in Libano.
Mentre ad un orizzonte vicino, per
Israele la principale opposizione al suo
dominio resta l’Iran (come pure
HizboAllah, la Siria, e, in precedenza,
Hamas), la Siria è ora il bersaglio
immediato. 6
Come tale, per la Siria è ora in corso
la punizione, in modo che il suo corpo
metaforico alla fine risulterà
smembrato.
Ma
al momento qual è la rilevanza di Hamas?
Fino a quando ha vinto democraticamente
le elezioni nel 2006 (quasi due anni
dopo l’assassinio di Yasser Arafat), e
un anno dopo metteva in scena nella
Striscia di Gaza un colpo contro
l’Autorità Palestinese controllata da
Fatah, Hamas è stato un movimento di
resistenza sostenuto da Iran, Damasco e
da HizboAllah.
Se
metaforicamente l’Iran era la "testa", e
HizboAllah ed Hamas le due "gambe", la
Siria è stata la "pancia" o il "cuore" e
i "polmoni" di questo "corpo" di
resistenza.
Ma
dal momento in cui Hamas ha iniziato ad
amministrare la Striscia di Gaza, ha
decisamente cessato di essere un
movimento di resistenza ed è diventato
istituzionalizzato. Qui, Israele (e
Sharon in particolare) ha conseguito una
vittoria tattica. Pur a duro prezzo,
Israele si è ritirato dalla Striscia di
Gaza, comunque stringendola sempre sotto
assedio, attaccando a piacimento e
consegnando le chiavi della prigione ai
prigionieri (Hamas) per la gestione, per
suo conto, della più grande prigione a
cielo aperto sulla terra. E tutto questo
è stato fatto senza che Hamas persino
realizzasse cosa stava succedendo. Forse
qualcuno ha pensato che il nome (
da
assegnare alla Striscia) poteva
essere abbellito e, invece di
"prigione", avrebbe potuto trasformarsi
in un "EmiRison" (Emirato e prigione).
Nella prima metà del 2012, i leader di
Hamas hanno abbandonato Damasco, dove
avevano il loro quartier generale, e ora
pubblicamente si mantengono tranquilli e
si astengono dal sostenere il governo
siriano - un governo, che li ha
sostenuti per più di due decenni.
Con
la vittoria dei Fratelli Musulmani in
Tunisia e in Egitto, e la loro ascesa in
Libia, Hamas ora sembra avere nuovi e
potenti patrocinatori, e in paesi dove è
possibile agire da posizioni molto più
favorevoli. I dirigenti di Hamas (sia
nella diaspora che nella Striscia di
Gaza) sono stati invitati dal neo eletto
presidente egiziano ad unirsi ai
Fratelli Musulmani (la loro
organizzazione madre) a livello
paritario. Quello che sembrava fino a
ieri essere un movimento di resistenza,
(anche se alcuni potrebbero obiettare
che non sono mai stati dei
rivoluzionari, a differenza di altre
organizzazioni palestinesi di sinistra,
come il Fronte Popolare per la
Liberazione della Palestina FPLP, e il
Fronte Democratico per la Liberazione
della Palestina FDLP, ecc.), si è ora
trasformato nel ricamo del tessuto di
una alleanza sunnita-musulmana, che ha
iniziato ad agire sotto l’egida della
NATO.
Agli orientalisti occidentali piace
immaginare che venga loro servito ciò
che è necessario che accada in favore
dei loro interessi in Oriente.
Essi iniziano ad etichettare il mondo
arabo come "Medio Oriente", come se
questo fosse esclusivamente un
indicatore geografico, solo per
determinare e sottolineare la loro
posizione egemonica di riferimento.
Al
fine di rendere sicure le loro ruberie
programmate, si inventano termini per
nascondere e giustificare le loro azioni
militari, segrete o palesi.
Tuttavia, i loro servizi di sicurezza /
intelligence non sempre riescono a
prevedere gli sviluppi nel mondo arabo,
come l’Intifada del 1987 e il colpo di
Stato di Hamas del 2007.
Eppure, le loro élite di potere,
superficiali e ignoranti, non hanno mai
cessato di confezionare nuovi nomi e
processi, l’ultimo dei quali è l’aver
denominato con "Primavera araba" quel
qualcosa che ha avuto inizio in Tunisia.
Quello che sta accadendo in alcuni Stati
arabi e nel mondo arabo non è
"Primavera": è un processo reazionario
che avrà effetti di ritorno avversi,
come sperimentato dagli Stati Uniti in
Afghanistan, dove gli Stati Uniti
avevano creato e sostenuto gli stessi jihadisti che in seguito li hanno
combattuti. Così, la compagine
USA-Israele ha cercato di stringere
accordi con gli Islamisti al potere, in
modo che possano controllare le masse.
In
effetti, questa non è la prima volta che
gli strateghi politici hanno cercato di
usare la religione per evitare il caos e
difendere i loro interessi economici. 7
Questo vale per ciò che Machiavelli ha
descritto [in base alle considerazioni
dello storico romano Tito Livio
Patavinus (59 a.C.-17 d.C.), che ha
sviluppato la raccolta di libri "Ab Urbe
condita", che narrano la storia di Roma
dalla sua fondazione (nel 753 a.C.) fino
alla morte di Druso (9 a.C.), in forma
annalistica] e di cui ha fatto
riferimento nei Discorsi sopra la prima
Deca di Tito Livio, quando ha
sottotitolato un capitolo così: "Come i
Romani hanno usato la religione al
servizio del riordino della città e
hanno adempiuto alla loro impresa di
fermare i tumulti."
Allora, le campagne propagandistiche
dell’Occidente contro la Siria cercano
di convincere l’opinione pubblica (le
"plebi") a temere la religione,
piuttosto che ad obbedire ai loro
attuali leader arabi.
Per
questo motivo, nonostante proteste
importanti avvenute nei tre regni arabi
(Arabia Saudita, Marocco e Giordania),
il mondo a mala pena (a causa della
censura, il controllo e la mancanza di
attenzione dei media occidentali) ha
sentito parlare di queste, rispetto a
quelle nelle altre repubbliche arabe.
Uno dei motivi è consistito nel fatto
che non c’è stato quasi nessuno pronto a
promuovere una qualche campagna
mediatica ben finanziata e di sborsare
le ingenti somme richieste. (Questo,
forse, con l’eccezione del Bahrain, e la
possibile influenza dell’Iran).
Tuttavia, non esiste alcuna garanzia che
una campagna anti-egemonica potrebbe
riscuotere successo in queste monarchie
arabe.
Dopo aver sconfitto il clan rivale degli
al-Rashid nel 1921, la famiglia al-Saud
attualmente governa sulla gran parte
della storica penisola arabica. La sua
importanza regionale è dovuta anche al
controllo dei luoghi santi della Mecca e
Medina e alla sua alleanza con il
wahabismo, e alla sua capacità di
sfruttarlo, così come al suo petrolio e
alle risorse minerarie. Queste risorse
sovvenzionano la collaterale sua
industria culturale (mediatica).
Tuttavia, si intrecciano, in modo
evidentemente complesso, fattori
religiosi ed economici, che investono
una grande rete sociale.
Questa combinazione può essere espressa
in ciò che io definisco "L’etica
saudita,… il guadagno spirituale" - in
qualche modo simile alla "tesi di etica
protestante" di Weber, che sottintende
l’accumulo di ricchezza nel nord
dell’Europa.
Attraverso l’accumulazione di capitale
negli Stati del Golfo durante gli anni
‘70 [sotto il controllo e la protezione
degli Anglo-USAmericani attraverso
trattati che hanno portato un gran
numero di Arabi ad essere economicamente
dipendente (attraverso impieghi di
lavoro nel Golfo), o spiritualmente
dipendente attraverso il controllo dei
media arabi], la fase di espansione
economica dovuta al petrolio ha creato
nel mondo arabo una nuova
stratificazione sociale.
Come risultato, alcuni settori delle
società arabe sono stati dipendenti
dall’autorità della famiglia regnante
saudita e dei suoi clan, e ancora la
accettano. Queste élite fanno parte
delle classi dirigenti economiche che
possiedono alcuni dei più importanti
progetti energetici, detengono strutture
e proprietà di grande valore in
Occidente, tra cui Harrods, squadre di
calcio, immobili sugli Champs Elysées e
partnership con Rupert Murdoch, solo per
citarne alcune.
La
recente scoperta che gli Arabi vogliono
la loro libertà è principalmente
promossa da alcune istituzioni di media
arabe e occidentali, che a loro volta
sono la "longa manus" di coloro che
prendono le decisioni politiche, con
specifici obiettivi economici,
strategici e tattici.
Le
campagne mediatiche che vengono condotte
da capitalisti neo-conservatori,
sionisti come Bernard-Henri Lévy, al
servizio di Israele aggressivamente, e
che hanno una forte affinità con il
Giudaismo fondamentalista, mirano solo a
separare gli Arabi dalla loro ricchezza
e dalle loro risorse, mentre, nel
contempo, li stanno ingannando.
Questo viene realizzato attraverso la
duplice strategia di confezionare una
narrazione distinta per due segmenti
separati della popolazione. Per il
religioso, la corruzione viene associata
alla miscredenza, mentre all’intera
nazione araba viene venduto il sogno
assolutamente affascinante di autonomia,
giustizia e libertà.
Naturalmente, ogni individuo
interpreterà questo secondo la sua
propria educazione, la sua
socializzazione e politicizzazione, le
sue norme di vita e i suoi valori. 8
Così, mentre tutti potranno incontrarsi
sulla "piazza", gli Islamisti riterranno
i testi sacri islamici essere la
soluzione, i liberali faranno
riferimento a Jean-Jacques Rousseau,
alla "separazione dei poteri" di
Montesquieu e alla Rivoluzione francese,
i marxisti penseranno alla Rivoluzione
bolscevica del 1917 e alla lotta di
classe, e i maoisti avranno come
riferimento la Rivoluzione culturale di
Mao Tse-Tung o il nasserismo (dopo
tutto, quando nel 1952 un gruppo di
ufficiali dell’esercito egiziano portava
avanti un colpo di stato e una
rivoluzione, Mao Tse-Tung dichiarava che
"la lotta contro la corruzione e lo
sperpero è una questione importante che
riguarda tutto il partito" (30 novembre,
1951), e questo si inserisce nel quadro
della lotta ai regimi arabi corrotti).
Nel
frattempo, coloro che sognano di Castro
e Che Guevara si batteranno sulle
"barricate" nelle piazze, in una
resistenza contro le forze di sicurezza
dello Stato.
In
realtà, tutti questi valori non hanno
proprio possibilità di incidere nel
mondo arabo, e i Sio-liberisti lo sanno.
La
realtà è che, a causa del controllo
sociale e del modo in cui le società
arabe sono state socializzate nel secolo
scorso (compreso l’impatto dell’eredità
coloniale), e per la ricchezza
dell’Islam wahabita (e dei moderni
Salafiti) che ha goduto degli introiti
petroliferi, ad eccezione della fazione
islamica le altre ideologie faranno
pochi progressi, ma piuttosto renderanno
sicura solo la vittoria dei movimenti
religiosi.
È
vero, il mondo arabo è stato eterogeneo,
sebbene solo moderatamente. La religione
ha prevalso perfino in Stati come la
Giordania, dove, per decenni, gli
Islamisti hanno controllato la maggior
parte dei programmi scolastici. Così, in
ogni Stato arabo che ha avuto disordini,
e in modo particolare in Egitto, esiste
una feroce lotta di potere sulla
Costituzione.
I
Fratelli musulmani e i Salafiti hanno
vinto la maggioranza dei seggi nelle
elezioni parlamentari, e il primo
presidente eletto democraticamente,
Mohammed Mursi (eletto solo da un quarto
dei cittadini), è membro della
Fratellanza musulmana. I poteri forti si
stanno adoperando per promulgare una
Costituzione sulla base di una
pertinente interpretazione delle leggi
della Sharia.
Nella sua "Morfologia dello Stato",
Aristotele suggerisce come vi sia la
necessità di "considerare non solo che
la Costituzione sia la migliore, ma
anche che sia possibile e più facilmente
praticabile" (p. 103).
Agli occhi dei fondamentalisti
religiosi, questo può avvenire
praticando le leggi della Sharia,
riconosciuta come una valida soluzione
perfino dalle élite dominanti
occidentali.
Come costoro hanno assicurato i loro
interessi economici mediante istituzioni
religioso-élitarie che controllano i
media, a loro volta queste
organizzazioni beneficeranno di propri
centri di potere sociali, economici e
politici, e una nuova nicchia di
imprenditori emergerà dai circoli/classi
delle élite religiose.
Di
conseguenza, i gruppi religiosi
aumenteranno la loro partecipazione
economica al fianco della partecipazione
politica. Dal momento che ciò andrà a
tutto vantaggio della loro "jihad"
politica [
jihad,
è una parola araba che significa
"esercitare il massimo sforzo" o
"impegno" o il "combattere". La parola
connota un ampio spettro di significati,
dalla lotta interiore spirituale per
attingere una perfetta fede fino alla
guerra santa],
alcuni vedono questo come "halal", sia
all’interno che al di fuori del quadro
del sistema bancario islamico.
[
halal,
è una parola araba che significa
"lecito". Il termine intende tutto ciò
che è permesso secondo l’Islam, in
contrasto a ciò che è harām, proibito.
Il concetto include dunque il
comportamento, il modo di parlare,
l’abbigliamento, la condotta e le norme
in materia di alimentazione.]
Tuttavia, resteranno le divisioni
sociali, o si allargheranno, e l’unica
differenza è che i nomi sono cambiati.
Invece di un "Mubarak", ci sarà qualcun
altro (ma questa volta, uno con la
barba!) e queste apparenti "variazioni"
serviranno solo e sempre a mantenere il
controllo politico.
Le
popolazioni sottoposte al controllo sono
quelle definite come "minoranze" -
soprattutto Arabi cristiani (circa 30
milioni di loro nel mondo arabo),
musulmani laici (sunniti e sciiti), e
altri. 9
In
Egitto, Mohammad Zawahiri (il fratello
del leader di al-Qaeda Ayman Zawahiri)
ha già dichiarato che gli Egiziani
cristiani dovrebbero pagare una tassa
come "Dhimmi" (infedeli), oppure
lasciare l’Egitto. E se rifiutano, ha
suggerito di contrastarli e costringerli
con la forza.
Un
esempio di mobilitazione mediatica della
popolazione attraverso la religione può
essere riferito direttamente allo stesso
monarca saudita. Durante il Ramadan
2012, Abdallah dell’Arabia Saudita e il
suo erede hanno lanciato una campagna di
raccolta fondi presumibilmente in aiuto
del popolo siriano - o almeno così
recitava lo slogan. Questa campagna era
basata su norme di morale islamica e sul
senso di comunità, specialmente come
enfatizzato durante il mese sacro del
Ramadan.
Mentre spacciavano al loro popolo
messaggi di comunanza e di compassione,
queste campagne venivano utilizzate per
scopi politici locali e regionali.
Una
campagna analoga lanciata dalla Siria
per la liberazione delle donne saudite
arabe, ad esempio in favore del loro
diritto e bisogno a guidare l’automobile
e simili, sarebbe inimmaginabile.
Liberali alla Goebbels, che stanno al
fianco di quei capi di sceiccati, hanno
finora tentato di ingannare una parte
dell’opinione pubblica araba e hanno
cercato di orientarla contro il governo
siriano, deviando in altre direzioni
l’incendio delle loro "piazze".
Mentre essi aderiscono a norme e a
credenze le più arcaiche in materia di
libertà e democrazia, costoro istigano
il raggiro di massa contro la Siria che
è, in termini di norme sociali, libertà
delle donne, diritti delle minoranze
religiose, pari opportunità e libertà
personali, ecc., molto più vicina ai
paesi occidentali liberali.
Più
o meno allo stesso modo come i regimi
arabi hanno deciso strumentalmente di
mobilitare le loro opinioni pubbliche
nazionali a sostegno dei Palestinesi, i
regimi del Golfo stanno utilizzando il
falso argomento, di stare contrastando
l’oppressione esercitata sui Siriani dal
loro governo, per mobilitare le loro
"piazze" contro la Siria. E questo,
nonostante il fatto di essere loro
stessi anni luce ben lontani dalle
condizioni siriane di libertà e
democrazia.
I
governi occidentali non sono amici della
democrazia liberale nel Terzo Mondo.
Essi immancabilmente fanno affari con
tali governi, caratterizzati dai
peggiori record sui diritti umani, e poi
solo quando ne ricavano benefici
finanziari.
Proprio come nel luglio 2008, quando
Nicolas Sarkozy e l’attuale acerrimo
nemico della Siria, l’emiro del Qatar,
hanno formato con la dirigenza siriana,
l’"Unione del Mediterraneo", alcuni
governi europei hanno pensato che
avrebbero potuto anche trarre vantaggi
economici dalla crisi nel mondo arabo.
Ciò
è particolarmente vero quando, ricevendo
il sostegno dei ricchi Stati del Golfo,
credono di poter in qualche modo porre
dei limiti alle crisi economiche che
devono ora affrontare.
In
alcune parti della Siria, la sicurezza
personale è diminuita dal marzo 2011 e
il governo centrale non è stato sempre
degno di nota per la sua condotta
morale.
Tuttavia, come parte di una campagna
politicamente strategica, i media stanno
intenzionalmente mentendo sulla
situazione in Siria. Essi instillano la
paura nell’opinione pubblica siriana e
incidono emotivamente enfatizzando
preoccupazioni per la possibilità di
disgrazie e di perdita della vita. Così,
essi costruiscono una narrazione che
agevola e giustifica una sempre più
crescente assistenza ai gruppi armati,
separatisti, terroristi e mercenari.
Inoltre, gli stessi mezzi di
comunicazione ritraggono il governo
siriano come unico responsabile per la
violenza, quando, in realtà, i veri
responsabili sono coloro che reclutano,
pagano e forniscono armi ad individui
facilmente malleabili, disoccupati e
affamati di contante.
Esistono due principali colpevoli per
l’aumento delle vittime: la menzogna e
la repressione di qualsiasi voce
contraria.
Con
i loro alleati arabi, la NATO ha
interrotto il segnale per la connessione
satellitare del canale satellitare
siriano al-Dunia. Altri atti di
"terrorismo" satellitare probabilmente
includono il dirottamento illegale da
parte della CIA dell’account Twitter di
al-Dunia, in modo da diffondere
disinformazione sulle false ritirate
dell’esercito siriano. 10
Lo
stesso satellite arabo, che la Siria ha
contribuito a fondare e finanziare dopo
la perdita della seconda parte della
Palestina nel 1967, viene ora utilizzato
contro la Siria da questi sceiccati del
Golfo Arabo.
Questo satellite è attualmente
utilizzato nel conflitto in Siria -, ma
contro la Siria – e diffonde
principalmente disinformazioni da parte
dei canali di proprietà degli Stati del
Golfo che promuovono la paura e il
panico di instabilità economica in
Siria.
I
media vengono utilizzati e manipolati a
copertura dell’incitamento di azioni
terroristiche da parte dell’opposizione
siriana e anche per raccogliere aiuti
economici, e poi questi stessi media
presentano le conquiste dei "ribelli"
come "eroiche", espurgate dei
particolari più crudi, e, all’uopo,
descrivono le perdite che costoro
subiscono come "massacri".
In
buona sostanza, ai media arabi ed
occidentali a più ampia diffusione è
concessa quasi una sola alternativa:
ingoiare disinformazioni da inaffidabili
"portavoce", che poi vengono riversate
sul pubblico. Storie di massacri da
parte del governo siriano sono, per
scopi propagandistici, messe in onda per
giustificare un intervento dall’esterno,
e l’immagine prevalente è quella del
nobile Occidente che arriva a salvare
una nazione del Terzo Mondo, priva della
capacità di difesa, sotto il tallone di
un tiranno oppressore, maschilista e
sciovinista.
Questo è esattamente quello che è
successo in Libia.
Tuttavia, una minoranza di media arabi
si stanno opponendo al piano dominante e
un’altra minoranza sta a vedere con
atteggiamento neutrale. I media arabi
sono per lo più, direttamente o
indirettamente, nelle mani degli Stati
del Golfo, mentre altri giornalisti, o
operano con discrezione stando sul libro
paga di tali forze, o sono completamente
indotti in errore e si trovano quindi
nell’impossibilità di afferrare le
conseguenze tragiche di quello che sta
avvenendo nel mondo arabo.
Con
molta probabilità, i valori contro la
guerra di Madre Coraggio di Bertolt
Brecht non sono presenti nell’agenda di
questi Stati ricchi di petrolio, in
quanto potrebbero ancora di più rendere
manifesta la dicotomia tra religione ed
economia guerrafondaia.
Pussy Riot
http://www.blog.art17.it/
La copertura
mediatica occidentale delle
“Pussy Riot” peggio
della propaganda
“sovietica”.
Accuratamente descritte come
bigotte e teppiste, i tre
membri della band musicale
conosciuta come “Pussy Riot”
sono ora sotto processo per
“atti di teppismo
motivato da odio religioso”.
Ciò dopo aver fatto
irruzione in una chiesa a
Mosca, disturbando la quiete
pubblica, mentre deridevano
le credenze dei presenti nel
tentativo di protestare
contro il presidente russo
Vladimir Putin. Se degli skinhead avessero
fatto qualcosa di simile in
una sinagoga in occidente,
sicuramente avrebbero già da
tempo pagato multe salate e
cominciato un lungo periodo
di carcerazione per “insulti
in pubblico sulla base
dell’origine, appartenenza
religiosa, razza o origine
etnica” (e qui).
L’articolo del Guardian
intitolato “Pussy Riot
trial ‘worse than Soviet
era’“, si svela subito
una palese propaganda,
descrivendo il tribunale e
la bandiera russa come “squallidi” e
un cane poliziotto come “in
cerca di sangue.” Il
giornale britannico tenta di
ritrarre la Russia stessa
come “fortemente divisa”
tra conservatori e liberali,
con questi ultimi che
combattono contro lo Stato “con
ogni mezzo possibile“.
Già il Guardian si mette nei
guai – ritraendo la Russia
come “divisa”, cosa
respinta dalle recenti
elezioni che hanno concesso
a Vladimir Putin e al suo
partito Russia Unita il
mandato per la guida del
Paese. E se è vero che in
realtà, tra l’affluenza alle
urne e Putin che raccoglie
il sostegno del 63% di
quelli che hanno votato (in
una elezione con 5
partecipanti), solo il 40%
degli elettori totali della
Russia registrati ha
effettivamente votato per
Putin, il suo mandato è
ancora più solido di quello
del Presidente degli Stati
Uniti Barack Obama, con il
suo 32% in una corsa a due,
o la vittoria dello scorso
anno, qui in Thailandia, di
Yingluck Shinawatra con un
tenue 35%, una vittoria
salutata dai media
occidentali come “travolgente” .
.....................
foto:
Screenshot tratto dal sito
del National Endowment
for Democracy sui
finanziamenti statunitensi
per la ONGGolos. “Golos”
presumibilmente era alla
ricerca di “irregolarità
elettorali” nelle recenti
elezioni russe“.
Golos e altre ONG e
partiti di opposizione
appoggiati dagli USA, stanno
ora cercando di attivare una
“primavera araba”
in Russia. (clicca per
ingrandire.)
Va inoltre sottolineato
che le recenti elezioni in
Russia sono state funestate
dal monitoraggio dell’ONG “Golos“,
nel tentativo di screditare
i risultati come
fraudolenti. Si sarebbe in
seguito rivelato che questa
ONG, definita“indipendente” dalla
stampa occidentale, era
in realtà finanziata e
diretta dal Dipartimento di
Stato USA tramite ilNational
Endowment for Democracy (NED).
Tentativi da parte di Wall
Street e di Londra
d’inquadrare le elezioni
fraudolente, sono volte a
porre le basi per una più
ampia campagna di
destabilizzazione politica,
e la campagna per le “Pussy Riot”
ne è ormai un elemento
chiave.
Un’insipida
campagna pubblicitaria per
conto del Dipartimento di
Stato USA
The Guardian è
comunque assolutamente
corretto quando chiama il
processo alle “Pussy
Riot” un “processo
show”. Tuttavia, sostiene a
torto che la spettacolarità
sia opera della Federazione
russa. Invece, è una
messinscena dei media
occidentali e della vasta
rete di false ONG del
Dipartimento di Stato USA.
L’Intero articolo del Guardian è
propaganda scritta con tono
letterario, piuttosto che
giornalismo. Lo stesso
articolo cita l’avvocato
delle convenute, i cui
commenti costituiscono il
fondamento stesso del titolo
dell’articolo. E mentre il Guardian può
depredare con successo le
emozioni dei lettori male
informati, ignari, ma ben
intenzionati, non si lascia
sfuggire alcuni indizi che
ci dicono chi ci sia
realmente dietro lo
spettacolo. Secondo il Guardian, la
difesa “ha cercato di
chiamare 13 testimoni, tra
cui il leader
dell’opposizione Alexey
Navalny.” Navalny,
naturalmente, è un vecchio
agente che riceve
sostegno politico e
finanziario dall’Occidente,
nel tentativo di minare il
governo della Russia e
riportarla ai tempi in cui
Wall Street e Londra la
saccheggiavano senza
ostacoli, come che è
successo negli anni ’90.
Alexey Navalny è stato Yale
World Fellow, e nel suo
profilo si legge: “Navalny
è la punta di diamante delle
sfide legali per conto dei
soci di minoranza nelle
grandi società russe, tra
cui Gazprom, VTB Bank,
Sberbank, Rosneft, Transneft
e Surgutneftegaz, attraverso
l’Unione degli azionisti di
minoranza. Ha costretto con
successo le imprese a
fornire informazioni ai
propri azionisti e ha citato
in giudizio singoli manager
di diverse grandi aziende,
per presunte pratiche di
corruzione. Navalny è anche
co-fondatore del movimento
democratico alternativo ed è
stato vice-presidente della
sezione moscovita del
partito politico Jabloko.
Nel 2010, ha lanciato
RosPil, un progetto
sovvenzionato con una
raccolta di fondi pubblici
senza precedenti, in Russia.
Nel 2011, ha avviato
RosYama, che combatte le
frodi nel settore delle
costruzioni stradali.”
Alternativa democratica,
anche scritta DA!, è invece
destinataria dei fondi del National
Endowment for Democracy,
il che significa che Alexey
Navalny è un agente della
sedizione finanziata dagli
USA. E nonostante posi da
campione della
“trasparenza”, Navalny
nasconde volontariamente
tutto questo ai suoi
seguaci. Lo stesso Dipartimento
di Stato USA lo indica come
operativo dei “movimenti
giovanili” in Russia: “DA!:
Marija Gajdar, figlia
dell’ex primo ministro Egor
Gajdar, guida DA!
(Alternativa Democratica)
Lei è un’ardente promotrice
della democrazia, ma
realistica, per gli ostacoli
che incontra. Gajdar ha
detto che DA! è focalizzata
sull’attività non-partigiana
volta a sensibilizzare il
mondo politico. Ha ricevuto
finanziamenti dal National
Endowment for Democracy, un
fatto che non pubblicizza
per timore di apparire
compromessa con una
connessione americana”.
Navalny è coinvolto
direttamente nella
fondazione del movimento
finanziato dal governo degli
Stati Uniti, e ad oggi sono
le stesse persone che
finanziano DA! che lo
difendono su tutti i media
occidentali. La menzione
della co-fondatrice Marija
Gajdar rivela anche come lei
abbia collaborato a lungo e,
occasionalmente, sia stata
arrestata con Ilija Jashin,
un altro leader di un
gruppo “attivista” d’opposizione
russo finanziato dal NED.
Se la difesa delle “Pussy
Riot” chiama un noto
agente degli interessi
occidentali come “testimone”, ci
si chiede in quale contesto
e in che misura Navalny, e
di conseguenza, la National
Endowment for Democracy,
sia impegnato con le
imputate. Navalny
ammette che “conosce” uno
dei membri della band, ma
non non è in realtà un“testimone”, ma
piuttosto avrebbe
testimoniato al fine di “difendere
la legge e la giustizia.”
Appare quindi chiaro che i
tentativi della difesa di
includerlo nel processo
siano politicamente
motivati, non avendo nulla a
che fare con la legge o la
giustizia, e servendo
semplicemente come mezzo per
collegare le “Pussy Riot”
all’opposizione sovversiva
del Dipartimento di Stato
USA, molti dei cui leader
sono stati colti
entrare nell’ambasciata
statunitense a Mosca,
all’inizio di quest’anno.
Inoltre, Oksana Chelysheva,
membro del consiglio del Forum
Civico russo-finlandese e
membro del comitato
direttivo del NED, il FIDH finanziato
dall’Open Society del criminale
riconosciuto George Soros,
l’Open Society, laFord
Foundation, la Defenders
Front Line finanziata
dal Sigrid Rausing Trust e
il Forum
della società civile
UE-Russia affiliato ad Amnesty
International, a sua
volta diretta dal
Dipartimento di Stato USA,
dirigono la campagna di
sostegno alle “Pussy
Riot“.
La campagna di supporto
alle “Pussy Riot” è
guidata da Oksana Chelysheva
della “Russian-Chechen
Friendship Society“,
una stanza di compensazione
per la propaganda
terroristica cecena,
finanziata dal Dipartimento
di Stato USA. Insieme ad
Alexey Navalny,
sovvenzionato dal
Dipartimento di Stato USA, e
appoggiate dai media
occidentali, le teppiste
anti-establishment “punk
rockers” ora sotto
processo a Mosca, dispongono
di un supporto decisamente “di
regime“.
Chelysheva era anche “Vicedirettore
esecutivo” della
Società per l’amicizia
russo-cecena, interamente
finanziata dal Dipartimento
di Stato USA tramite il National
Endowment for Democracy.
La “Società per
l’amicizia” era
essenzialmente una facciata
per le pubbliche relazioni
dei terroristi ceceni filo
al-Qaida, che devastano la
regione caucasica della
Russia, offrendo un nuovo
esempio rilevante di come
gli Stati Uniti, la NATO e
gli Stati del Golfo
sostengono apertamente
gruppi di terroristi simili
a quelli che ora devastano
la Siria. La “Società
per l’amicizia” svolge
una funzione simile a quella
dell’ormai screditato “Osservatorio
siriano per i diritti umani“.
Mentre non si sa, finora, se
i membri delle “Pussy
Riot” siano stati
contattati da uno di questi
gruppi, o dal Dipartimento
di Stato o da sue
controllate, per svolgere il
loro vandalismo, è chiaro
che questi gruppi e lo
stesso Dipartimento di Stato
degli Stati Uniti, hanno
trasformato un’altrimenti
stupida violazione della
quiete pubblica e dei
diritti dei praticanti una
fede ad andare in Chiesa
senza subire le molestie, in
un punto di leva politica
contro la Russia.
Aiutando ad abbassare la
leva politica, arnesi della
propaganda come il Guardian raffigurano
il processo come il caso di
un gruppo di opposizione
liberale russo che lotta
contro il ritorno al sistema
giudiziario dell’Unione
Sovietica. In realtà, è un
altra produzione Wall
Street-Londra, in linea con
il movimento Otpor finanziato
dagli USA, alla frode Kony
2012 e alla “primavera
araba” ideata dagli USA.
fonte
Aurorasito
Traduzione di Alessandro
Lattanzio – SitoAurora
http://www.blog.art17.it/2012/08/12/chi-o-cosa-sono-le-pussy-riot/
Le rappresentanti della
civiltà occidentale a Mosca!!!
http://video.unita.it/media/Mondo/L_orgia_anti_Medvedev_della_leader_Pussy_Riot_5472.html ******
www.militant-blog.org
Dibattito con Anita:
http://www.facebook.com/anita.silviano/posts/274436389335715
http://www.facebook.com/photo.php?fbid=2362768805490&set=a.1002989091847.127.1738442459&type=1&theater¬if_t=photo_reply
http://www.facebook.com/photo.php?fbid=2362768805490&set=a.1002989091847.127.1738442459&type=1&theater
Intervento di
Mariella Sparacino
http://www.facebook.com/giuseppina.ficarra/posts/4335954487332?ref=notif¬if_t=feed_comment
Anche con Fidel
Castro e Chavez
si sono verificati
episodi analoghi a
quello di Putin con
le Pussy Riot
Oggi la protesta
prosegue e la
repressione anche, e
l’ultimo esempio è
Cuba, dove soltanto
qualche giorno fa è
stato eliminato il
bando verso le
canzoni di Celia
Cruz e Gloria
Esteban e c’è chi,
come Gorki Luis
Aguila Carrasco,
leader del gruppo
rock Porno para
Ricardo, apertamente
critico verso il
governo cubano,
vedendo la vicenda
delle tre ragazze
russe rivede allo
specchio la propria
storia. «Sono
solidale con le
Pussy Riot perché la
loro vicenda mi
tocca
personalmente», ha
detto il leader del
gruppo su facebook e
su twitter. «Stessi
politici tiranni,
stessa intolleranza,
stessi metodi. Putin
e Castro prendono
misure drastiche
esemplari ma questo
riflette solo la
loro immagine di
dittatori paurosi e
disperati davanti
alla forza di chi si
batte per la
libertà».
Alejandro Sanz che
per una critica
pubblica a Chávez ha
ottenuto anni di
latente ostracismo
nel paese
venezuelano, salvo
poi essere accolto
nel paese con la
dura reprimenda
moralista del
presidente.
Leggi il resto:
http://www.linkiesta.it/blogs/nuovo-mondo/non-solo-pussy-riot-quando-la-musica-sfida-il-potere#ixzz25CJvtjah
================
http://www.kultunderground.org/art/17069
In Italia non sono
stati molti i
quotidiani che hanno
raccontato le
vicissitudini del
cantante cubano
Gorki Luis Aguila
Carrasco che ha
fatto due anni di
galera per motivi
politici. Gorki è
chitarrista, voce
solista e
compositore del
complesso rock
Porno para
Ricardo, che
tratta con la sua
musica irriverente
temi sociali
scottanti, critica
la morale e i tabù
sessuali.
Un lungo dibattito con Raffaella
Biserale. Vedi qui:
http://www.facebook.com/raffaella.biferale/posts/4505607924566?comment_id=58320075¬if_t=comment_mention
"Lentamente iniziano a venire fuori
i contorni oscuri della vicenda.
Scopriamo infatti come le pussy riot
siano legate a Femen,
l’associazione “femminista” legata a
Otpor, la nota associazione creata
dal miliardario Soros per
intervenire nelle politiche dei
paesi non allineati, promuovendo
proteste che puntano a creare le
condizioni politiche per
l’intervento “umanitario”"
http://www.militant-blog.org/?p=7514
Dopo aver messo in piedi alcune
sceneggiate demenziali a sfondo
pornografico, come infilarsi dei
polli surgelati nella vagina in un
supermercato di fronte agli allibiti
clienti, oppure aver organizzato una
mega orgia di gruppo in un museo,
sono arrivate a mettere in piedi una
sorta di rappresentazione musicale
punk all’interno della principale
chiesa russa, e cioè la cattedrale
di Mosca. Queste solo le azioni
principali, per non dire di tutte le
altre pagliacciate, sempre a sfondo
sessuale, praticate negli anni.
Fossero state in un normale paese
occidentale (l’Italia, ad esempio),
sarebbero già scontando diversi anni
di galera (pensate per un attimo ad
un irruzione violenta a San Pietro
con passamontagna in testa gridando
cose oscene, come minimo gli davano
terrorismo). Fossero state in
qualche paese occidentale non troppo
avvezzo alle usuali norme
democratiche (gli USA, ad esempio)
forse gli avrebbero sparato prima di
entrarci, in chiesa. In Russia,
invece, sono finite sotto processo e
sono state condannate a due anni di
lavori socialmente utili. Insomma,
non stiamo certo difendendo la
democraticità della Russia di Putin,
ma tutto sommato non riusciamo a
vedere dove sia
la notizia.
sempre da
http://www.militant-blog.org/?p=7514
"A volte lo schema di inceppa. Nel
2002, in Venezuela, le
manifestazioni studentesche guidate
da Otpor si risolsero nel colpo di
stato, che però riuscì ad essere
sventato dall’imponente appoggio
della popolazione di Caracas a
Chavez e al partito socialista
venezuelano. Stessa cosa in Iran nel
2009, dove le manifestazioni
filo-occidentali trovarono la
risposta di piazza di milioni di
persone in difesa dell’indipendenza
iraniana. Il più delle volte,
invece, la messa in scena va a buon
fine."
Un’insipida
campagna pubblicitaria per
conto del Dipartimento di
Stato USA
Armi
chimiche, le verità nascoste sugli arsenali e sulla «Convenzione»
di Manlio Dinucci
Il martellamento politico-mediatico sulle armi
chimiche della Siria, che secondo le «prove» segrete della Cia sarebbero state
usate dalle forze governative, genera la diffusa impressione che sia ormai solo
la Siria a possedere tali armi e che con esse minacci il resto del mondo.
Potenza delle armi di distrazione di massa, capaci di focalizzare l’attenzione
dell’opinione pubblica su un singolo punto, facendo sparire tutto il resto.
Fu la Germania a usare per prima le armi
chimiche nel 1915-17: cloro liquido e fosgene, quindi gas vescicatorio e
asfissiante Mustard (o Iprite). Come risposta, Gran Bretagna e Francia
produssero anch’esse questo gas letale. Il gas nervino Tabun, che provoca la
morte per asfissia, fu scoperto nel 1936 da ricercatori della compagnia tedesca
I.G. Farben (la stessa che produsse lo Zyclon B, usato nelle camere a gas). Nel
1936 l’Italia usò in Etiopia armi chimiche, già impiegate in Libia nel 1930. In
Germania, vennero prodotti agenti chimici ancora più letali, il Sarin e il Soman.
Essi non vennero usati da Hitler, probabilmente perché all’inizio temeva una
ritorsione di Stati uniti e Gran Bretagna, che avevano grossi arsenali chimici,
e, nell’ultima fase della guerra, perché non gli erano rimasti abbastanza aerei
per l’attacco. Durante la guerra fredda la corsa alle armi chimiche accelerò con
la scoperta del gas nervino più tossico, il VX, la cui produzione iniziò nel
1961 negli Usa. Vennero quindi prodotte negli Usa le prime armi chimiche
binarie: proiettili, bombe e testate missilistiche che contengono due componenti
chimici separati, e quindi relativamente innocui, i quali mescolandosi durante
la traiettoria si combinano in una miscela tossica. Usa e Urss accumularono i
maggiori e più letali arsenali chimici. Ma il «club chimico» si allargò
rapidamente ad altri paesi.
Finita la guerra fredda, è entrata in vigore
nel 1997 la Convenzione sulle armi chimiche, che ne bandisce l’uso e stabilisce
la distruzione degli arsenali esistenti. A sedici anni di distanza, però, sia
gli Stati uniti che la Russia non hanno ancora distrutto completamente i loro
arsenali, poiché non hanno osservato le scadenze stabilite. Secondo i dati
ufficiali, gli Usa conservano circa 5.500 tonnellate di armi chimiche. La Russia
ne ha molte di più, circa 21.500, ereditate dagli arsenali sovietici. Una
valutazione semplicemente quantitativa è però ingannevole: Stati uniti, Russia e
altri paesi tecnologicamente avanzati mantengono la capacità di costruire
sofisticate armi chimiche binarie ed uniscono sempre le esercitazioni di guerra
nucleare con quelle di guerra chimica. Stando però anche alla sola dimensione
quantitativa, gli Stati uniti, che guidano la campagna contro le armi chimiche
della Siria, ne posseggono circa 6 volte di più: secondo una stima
dell’intelligence francese, probabilmente gonfiata, la Siria avrebbe circa 1.000
tonnellate di agenti e precursori chimici (sostanze adatte a produrre armi
chimiche).
Perché la Siria non ha firmato la Convenzione
sulle armi chimiche? La risposta, in termini essenziali, è: perché ha puntate
addosso le armi nucleari israeliane. Non solo. Israele ha costruito dagli anni
Sessanta anche un sofisticato arsenale di armi chimiche. Ma, come quello
nucleare, resta segreto poiché Israele ha firmato ma non ratificato la
Convenzione sulle armi chimiche. Secondo un rapporto di «Foreign Policy», basato
su un documento della Cia, avanzate ricerche sulle armi chimiche furono condotte
nel Centro israeliano di ricerca biologica e tali armi furono prodotte e
stoccate nel deserto Negev, a Dimona, dove si producono anche armi nucleari. Lo
riferisce perfino il «Jerusalem Post». Anche se Israele non avesse conservato
tale arsenale, scrive la rivista specializzata «Jane’s», possiede la capacità di
«sviluppare in alcuni mesi un programma di armi chimiche offensive». Si capisce
quindi perché anche l’Egitto non abbia firmato la Convenzione sulle armi
chimiche.
Stati uniti e Israele non hanno mai violato
ufficialmente la proibizione dell’uso di armi chimiche, poiché l’agente chimico
Orange alla diossina, impiegato massicciamente dagli Usa in Vietnam, e le bombe
chimiche al fosforo bianco impiegate dagli Usa in Iraq, Iugoslavia, Afghanistan
e Libia, e da Israele a Gaza, non sono considerate armi chimiche. Una
consolazione per le famiglie che hanno visto i bambini nascere deformi per
l’agente Orange o morire bruciati dal fosforo bianco. Manlio Dinucci
Fonte Il Manifesto (Italia)
http://www.voltairenet.org/article180219.html
****
Il segreto dei gas israeliani di Thierry
Meyssan
Sono le ricerche israeliane sulle armi chimiche
e biologiche ad aver spinto storicamente la Siria a respingere la Convenzione
che mette al bando le armi chimiche. Questo è il motivo per cui la firma di
Damasco su tale documento rischia di evidenziare l’esistenza, e eventualmente il
perseguimento, della ricerca sulle armi destinate ad uccidere le sole
popolazioni arabe. Rete Voltaire | Damasco (Siria) | 15 settembre 2013
I media occidentali sembrano stupiti
dell’improvviso giravolta degli Stati Uniti di fronte alla Siria. Poiché hanno
annunciato tutti, due settimane fa, una campagna di bombardamenti e la caduta
inevitabile del «regime», restano senza parole davanti alla ritirata di Barack
Obama. Eppure era probabile, come scrivevo su queste colonne, che l’impegno di
Washington in Siria non abbia più un movente strategico importante. La sua
politica attuale è guidata principalmente dal desiderio di preservare il suo
status di unica superpotenza.
Prendendo in parola quel che in origine era
solo una battuta di John Kerry, e nel proporre l’adesione della Siria alla
Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche, Mosca ha dato soddisfazione
alla retorica di Washington senza che questa dovesse fare ancora un’altra
guerra, in tempi di crisi economica. Gli Stati Uniti mantengono il loro status,
in teoria , anche se chiunque vede bene che è ormai la Russia a condurre il
gioco.
Le armi chimiche hanno due usi: sia quello
militare sia quello volto a sterminare una popolazione. Esse sono state
utilizzate durante le guerre di trincea, dalla Prima Guerra Mondiale
all’aggressione irachena contro l’Iran, ma non servono a nulla nelle guerre
moderne, il cui fronte si sposta in continuazione. È pertanto con sollievo che
189 Stati hanno firmato la Convenzione che le vieta, nel 1993: hanno potuto così
sbarazzarsi di stock pericolosi e inutili, la cui custodia risultava per loro
onerosa.
Un secondo uso è lo sterminio delle popolazioni
civili prima della colonizzazione del loro territorio. Così nel 1935-36,
l’Italia fascista conquistò gran parte dell’Eritrea eliminando la sua
popolazione con il gas mostarda. In questa prospettiva coloniale, dal 1985 al
1994, Israele finanziò segretamente le ricerche del dottor Wouter Basson presso
il laboratorio Roodeplaat (Sud Africa). Il suo alleato, il regime
dell’apartheid, cercava di mettere a punto delle sostanze, chimiche e
soprattutto biologiche, che avrebbero ucciso solo gli individui secondo le loro
"caratteristiche razziali" (sic), che si trattasse dei palestinesi in
particolare e degli arabi in generale, o persone dalla pelle nera. La
Commissione per la Verità e la Riconciliazione non è stata in grado di
determinare i risultati ottenuti da questo programma, né quel che sia diventato.
Tuttalpiù ha dimostrato il coinvolgimento in questo enorme progetto segreto
degli Stati Uniti e della Svizzera. È stato accertato che diverse migliaia di
persone sono morte come cavie del dottor Basson. Se si capiscono le ragioni per
le quali né la Siria né l’Egitto hanno firmato, nel 1993, la Convenzione,
l’opportunità offerta da Mosca a Damasco per unirsi ad essa oggi è un affare:
non solo mette fine alla crisi con gli Stati Uniti e la Francia, ma le permette
anche di liberarsi di scorte inutili diventate sempre più difficili da
difendere. Per tutti gli scopi pratici, il presidente al-Assad ha specificato
che la Siria agirebbe su richiesta della Russia, e non sotto costrizione degli
Stati Uniti, un modo elegante per sottolineare la responsabilità di Mosca di
proteggere in futuro il paese da un eventuale attacco chimico israeliano.
In effetti, l’insediamento ebraico di Palestina
non ha ancora ratificato la Convenzione. Questo potrebbe diventare rapidamente
un peso politico a carico di Tel Aviv. Questo è il motivo per cui John Kerry vi
si reca oggi, domenica, per discuterne con Benjamin Netanyahu. Se il primo
ministro dell’ultimo Stato coloniale è accorto, dovrebbe cogliere la palla al
balzo per annunciare che il suo paese riconsidererà la questione. A meno,
naturalmente, che Wouter Basson non abbia trovato gas etnicamente selettivi e
che i falchi israeliani ancora considerino di farne uso. Thierry Meyssan
Traduzione Matzu Yagi
Fonte Megachip (Italia)
http://www.voltairenet.org/article180226.html
Gli alti e bassi di
Rifondazione comunista su Assad
27 dicembre 2013 alle ore 10.07
Gli alti e bassi di Paolo Ferrero su Assad
SETTEMBRE
2011:
COSA ASPETTA L’ONU A INTERVENIRE NON MILITARMENTE PERFERMARE IL
MASSACRO?". "Siamo alla solite. In Siria il regime sta
tranquillamente reprimendo lapopolazione." 2.09.2011
http://web.rifondazione.it/home/index.php/comunicati-stampa/388-siria--ferrero-prc--federazione-della-sinistra-cosa-aspetta-lonu-a-intervenire-non-militarmente-per-fermare-il-massacro
AGOSTO 2013:
Paolo Ferrero · Piace a 27.135persone
26 agosto alle ore 19.05 ·
· Le minacce di guerra verso la Siria di USA e Gran
Bretagnasono minacce di paesi criminali che violano qualsiasi regola
della legalitàinternazionale. Prima hanno armato i gruppi di
ribellilegati al terrorismo islamico e adesso usano i problemi
umanitari comescusa per intervenire, far fuori il governo di Assad –
che ha autorizzato leispezioni dell’ONU nelle zone di guerra - e
nello stesso tempo per metterequalche governo fantoccio che non sia
diretta espressione dei terroristiislamici che loro stessi hanno
rafforzato. Altro che Nobel per la pace adObama, questa è una
politica criminale in cui il più forte schiaccia il piùdebole.
https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=10151773563949194&id=88466229193
GIOVEDÌ 26 DICEMBRE 2013
http://www.liberazione.it/rubrica-file/Qualcuno-si-ricorda-di-padre-Dall-Oglio-.htm
Qualcuno si ricorda di padre
Dall'Oglio?
http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=2078
Siria:chi semina guerra, raccoglie tempesta. Lettera aperta a
Rifondazione Comunistasull’appello per Padre Dall’Oglio
13 dicembre 2013
Sul numero di martedì di Liberazione leggiamo un
articolo intitolato “Qualcuno si ricorda di padre Dall'Oglio?”,(a)
che, oltre ad esprimere le, certamente condivisibili, apprensioni per
una persona della quale, da mesi, non si hanno notizie – e, quindi
per una vita umana potenzialmente in pericolo – si inoltra in una
serie di considerazioni su Dall’Oglio – definito “impegnato per la
pace e una giusta convivenza nella diversità” e “da sempre impegnato
a promuovere il dialogo tra cristiani e musulmani”.
Dissentendo da queste affermazioni ed essendo da tempo impegnati
insieme al movimento nterconfessionale Mussalaha per la fine delle
violenze in Siria, riteniamodoveroso specificare quanto segue.
Sul dichiarato impegno diDall’Oglio a fianco e a favore delle più
efferate bande che stanno insanguinando la Siria avevamo già espresso
le nostre proteste con una
lettera aperta (1) (ovviamente,senza risposta) indirizzata a
Lucia Annunziata, direttore del sito HuffingtonPost Italia con la
quale protestavamo contro le
dichiarazioni di Dall’Oglio (2) – collaboratoredel sito e lì
pubblicate – ilquale arrivava non solo a giustificare ma,
addirittura, ad esaltare l’impiegodi armi chimiche in Siria da parte
di “ribelli siriani” che,evidentemente riteneva di rappresentare.
Scriveva, infatti, Dall’Oglio“(….) Ma guardiamo alla cosa dal
puntodi vista etico della rivoluzione siriana. Ammettiamo per
un istante che cifossimo appropriati di armi chimiche sottratte agli
arsenali di regimeconquistati eroicamente. Immaginiamo di avere la
capacità di usarle contro leforze armate del regime per risolvere il
conflitto a nostro favore e salvare ilnostro popolo da morte certa.
Cosa ci sarebbe d'immorale? Tutte le armi possibili sono usate
contro di noi. È ampiamente dimostrato che il regime fa esperimenti
micidiali d'uso delle armi chimiche contro i partigiani
rivoluzionari e la popolazione civile, proprio per vedere di
superare quella maledetta linea rossaimpunemente.” (…) “Invece
se cilasciate sbranare dal regime assassino, allora, ve lo
promettiamo, lanecessaria doverosa e disperata autodifesa ci
consiglierà, ci obbligherà acostituire un tale micidiale pericolo
alla sicurezza regionale da obbligarvi adassumervi comunque le
vostre responsabilità.” (….) Non è per minacciare, èinvece per
allarmare riguardo ad un pericolo oggettivo e già reale che milascio
andare a propositi così drammatici.”
Pochi giorni dopo lapubblicazione dell’articolo, Dall’Oglio
partiva per la Siria, più precisamente perla città di
Raqqa allora sotto ilcontrollo di Al Qaeda, rappresentata in
Siria da Abu Bakr al Baghdhadi. Sileggano a tal riguardo le sue
sconcertanti dichiarazioni riportate da
Famiglia Cristiana
(http://www.famigliacristiana.it/articolo/ansia-per-padre-dall-oglio-ma-mancano-conferme.aspx)«Sono
arrivato oggi (il 27 luglio, ndr) a Raqqa e sono contento per due
ragioni: sono sul territorio siriano in una città liberata e sono
stato bene accolto. La gente nelle strade si sente libera e questa è
l’immagine dellamadre patria che auspichiamo per tutti i siriani.
Ovviamente nulla è ancora completato, ma l’inizio è buono».
Tra l’altro, questa non era la sua prima apertura di credito ad Al
Qaeda. Basta leggere qui
(http://ansamed.ansa.it/ansamed/it/notizie/rubriche/analysis/2013/04/12/Siria-Oglio-jihadismo-realta-che-si-puo-ignorare_8542838.html)
o quest’altra sua dichiarazione:
”
http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201305/130507dallogliolindell.pdf
(…) Il jihadismo è il fatto diprendere le armi per ristabilire
la giustizia. È la guerra santa islamista. Cisono islamisti
democratici e jihadisti democratici, così come ci sono
jihadistiestremisti, radicali, clandestini, criminali, in rapporto
con i servizi segretisiriani e con le mafie dei narcotrafficanti”.
Dei combattenti di Al Qaeda dice:“Sottolineo che sono fratelli e
sorelle in umanità. Nei miei dialoghi con loro, ho riconosciuto
degli uomini e delle donne che hanno una passione religiosa, un
sentimento religioso che condivido. Sono persone impegnate ma
innamorate digiustizia“.
Del resto, come lo stessoDall’Oglio ribadisce:
“Per noi siriani della rivoluzione, la riconciliazione tra forze
islamiste radicali eforze democratiche è una necessità strategica.
Le scaramucce dolorose e icrimini insopportabili avvenuti tra noi
devono trovare soluzione, essereriassorbiti, per presentarci uniti
di fronte al pericolo totale rappresentatodal regime, appoggiato
direttamente o indirettamente da troppi. Il tentativo diseminare
guerra intestina tra le forze anti-Assad (a prescindere dal
necessariointercettamento e disinnesco delle derive criminali) deve
fallire. Questo gli agenti e i consiglieri militari americani (sottolineature
nostre)farebbero bene a capirlo subito. Favorire i partner più
affidabili, incoraggiare le evoluzioni più auspicabili è buono.
Spingerci ad ammazzarci tradi noi non può esserlo.”
Poche settimane dopo la“missione” di Dall’Oglio, (verosimilmente,
come riportato su web da alcuni suoisostenitori, ottenere “senza
condizioni” il rilascio di due vescovi da Al Qaedae quindi,
riteniamo, anche una operazione di immagine per questaorganizzazione),
la strage con gas tossici a Goutha, nei pressi di Damasco; unastrage compiuta
– si vedano a tal riguardo i numerosi articolipubblicati sul nostro
sito - dai “ribelli siriani”, gestiti da Al Qaeda, che con
questa strage, dafare addebitare ad Assad, (il superamento della
suddetta “maledetta linearossa”) speravano di legittimare i
bombardamenti dell’Occidente (fermati appenain tempo dall’appello
del Papa).
Quanto sopra riportato,come già detto, non ci esime dall’unirci
alla richiesta di immediataliberazione per Padre Dall’Oglio e,
anche, dei tanti altri, rapiti dai “ribellisiriani” o ingiustamente
detenuti nelle carceri di Assad.
Ci lascia comunque perplessi la vostra apertura di credito,
quasi una “beatificazione” per un personaggio che finora aveva
trovato credito, oltre che nei giornali main-stream, in
organizzazioni che dalla guerra alla Libia in poi si ostinano avoler
vedere in ogni intervento NATO la sublimazione di una “primavera
araba”.
In attesa di una vostragradita risposta
Cordiali saluti
La Redazione di
www.sibialiria.org
(a)
http://www.liberazione.it/rubrica-file/Qualcuno-si-ricorda-di-padre-Dall-Oglio-.htm
Giovedì 26 Dicembre 2013
Qualcuno si ricorda di padre
Dall'Oglio?
Tra i buchi neri, le vicende oscurate e dimenticate, tanto dalla
politicaquanto dalla stampa (fatto eccezione per qualche testata,
vedi FamigliaCristiana), c’è quella di Padre Paolo Dall’Oglio, il
gesuita romano, meglioconosciuto per aver rifondato nel deserto di
Damasco, in Siria, agli inizidegli anni ottanta una tradizione
eremitica cenobitica e del quale dal 27luglio scorso non si hanno
più notizie.
Si presume che sia stato rapito nella zona siriana di Raqqa da
estremistiislamici legati ad al-Qaida, mentre a metà di agosto un
sito arabo ha diffusola notizia che Padre Dall’Oglio sia stato
ucciso, ma della sua morte finoadesso non si è avuta mai conferma.
Ricordiamo che il gesuita, da sempreimpegnato a promuovere il
dialogo tra cristiani e musulmani, venne espulso nel2011 dalla Siria
su volontà del governo Bashar al-Assad dopo l’uscita di un suotesto
che proponeva una soluzione pacifica alle locali sommosse popolari.
PadreDall’Oglio in seguito era rientrato in Siria, ma si vede che il
suo impegno perla pace e una giusta “convivenza nella diversità”
continuava ad essere unaspina nel fianco tanto per i fratelli
musulmani che per il regime di Damasco.
La Farnesina,con il ministro Emma Bonino, non ha dato mai una
conferma della morte delreligioso, né ha fornito in questi mesi
informazioni dettagliate sul rapimento,certo è che sul caso di Padre
Paolo Dell’Oglio sarebbe onesto, civile, umano sela stampa italiana
(e la politica) (ri)accendesse i suoi riflettori e neparlasse di
più.
Mimmo Mastrangelo
in data:09/12/2013
29 luglio 2013
COMUNICATO
Poche ore dopo la pubblicazione della nostra “Lettera aperta” a
Lucia Annunziata, le agenzie di stampa hanno diffuso la notizia del
rapimento del gesuita Paolo Dall'Oglio,avvenuto nella città siriana
di Raqqa, attualmente controllata dai “ribelli” anti-Assad, pare, per
mano di una ineffabile banda denominata “Stato Islamico dell'Iraq edel Levante”.
Ovviamente,esprimiamo la nostra umana solidarietà a Dall'Oglio
augurandoci che il suo rapimento (se di questo si tratta, e non come
già ipotizzato in alcuni siti, dimarketing mediatico) non si
concluda (solo per citare recenti episodi che inSiria hanno avuto
vittime religiosi “cristiani”) come quello dei due vescoviortodossi
rapiti ad aprile e dei quali non si ha più notizia o di
PadreFrancois Mourad ucciso a giugno dai “ribelli”.
Ciò premesso,ribadendo integralmente quanto già scritto nella
nostra “Lettera aperta”, cisia consentito di dissentire dalla
“beatificazione” di Paolo Dall'Oglio cheviene oggi fatta sui
mass-media Mainstream (primo tra tutti “Repubblica”).
Crediamo,infatti, che compito di un “operatore di pace”, per di
più un religioso, inSiria non possa essere quello di invocare l’uso
di armi chimiche per spingerel’Occidente (Israele in primis) e le
Petromonarchie ad un intervento ancora piùrisoluto, così come è
stato fatto per l’invasione della Libia (per la quale delresto,
nonostante le tragiche conseguenze, Dall'Oglio si è speso in
compiaciuticommenti); né appellarsi ad un futuro “Tribunale
Internazionale” per condannarebande di “ribelli” (che oggi con i
loro efferati crimini “sporcano” l’immaginedella “primavera siriana”
spacciata dall’Occidente) ma insieme alle quali nonsi è avuta, fino
a ieri, nessuna remora a schierarsi.
Non comprendiamo, inoltre, come si possa presentare Paolo
Dall'Oglio come un“oppositore storico del regime degli Assad” quando
– e ne abbiamo avuta diretta conferma anche da persone che lottavano
e lottano democraticamente in Siria per il rispetto dei diritti umani
– di questo ruolo non si trova alcuna traccia neidecenni passati da
Dall'Oglio in Siria a restaurare conventi e costruireostelli per i
numerosi pellegrini che allora si recavano in questa terra.
La Redazionedi www.sibialiria.org
(2) È lecito chiedersi se,vista l'orribile efficacia della
repressione del regime siriano, nell'ambitodell'ignavia
internazionale, non fosse più morale arrendersi al regime stessoper
evitare il peggio. Certo questo corrisponderebbe eventualmenteall'insegnamento
etico ecclesiale sulla proporzionalità dell'uso dellaviolenza, anche
calcolato sulle possibilità ragionevoli di successo. Molti dinoi si
erano chiesti fin dall'inizio se fosse realistico insorgere in modo
nonviolento contro un simile regime, ben conoscendone la crudeltà e
mancanza discrupoli.
La deriva violenta poi, conseguenza dellarepressione, appariva
come una prospettiva infinitamente dolorosa e pericolosa.In questo,
certo, la mancanza di chiarezza dei democratici occidentali è
statauna vera trappola. Ci hanno spinto a muoverci promettendoci
protezione esolidarietà e ci hanno vigliaccamente abbandonato; poi
ci giudicano se ci siamorivolti malvolentieri ai loro nemici per
salvarci dal genocidio promessocidagli Assad.
L'eroismo dei siriani è ragionevole e dunquemorale perché
proporzionale alla mostruosità e durevole caparbietà del
regimebaathista-alawita. Inoltre, tale eroismo è ormai adeguato alla
prospettiva difarci ammazzare in massa qualora rinunciassimo a
proseguire la lotta fino aduna sostanziale vittoria..
http://www.huffingtonpost.it/padre-paolo-dalloglio/la-morale-cristiana-e-larma-chimica-siriana_b_3622154.html
Post acriptum
Adesso occorre mettere tutte le energie che abbiamo per fermare
la guerra, per bloccare il MUOS, per sconfiggere l'imperialismo
USA che coscientemente lavora per far esplodere un conflitto di
estrema gravità e destinato ad allargarsi.
Io sono con
Assad per impedire che la Siria conosca la stessa
barbarie che vive oggi la Libia dopo l'uccisione di Gheddafi
p.p.scriptum
Un militante del prc ha diffuso questo articolo,
mandandomene copia:
Fermiamo la nuova aggressione imperialista
ai proletari e agli oppressi della Siria!
http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o40268:m2
dove tra l'altro si legge questa assurdità:
"Se per più di due anni il regime di Assad è stato totalmente
libero di massacrare e disperdere fuori dal paese gli strati
popolari della Siria (non certo la borghesia, tuttora stretta
maggioritariamente intorno ad esso), è perché - oltre che a
Mosca, Teheran e Pechino - la brutale repressione del moto
popolare siriano è stata vista di buon occhio a Wall Street, in
tutte le capitali europee e, inutile a dirsi, anche in Israele
che da quel moto e dai suoi possibili sviluppi si è sentito
minacciato, dopo 40 anni di tranquilla convivenza con la Siria
della dinastia Assad"
CURDI
Curdi: un Kossovo mancato
Gaetano Piazza
UNA SPERANZA PER IL POPOLO
CURDO.
Già in queste ore l’esercito di Assad, anche se esausto dall’aggressione subita
da 8 anni, sta dilagando nel Rojava dopo l'accordo di stasera nella base russa
di Hemenem tra i rappresentanti del governo di Damasco e curdi. L'accordo
prevede la garanzia dell'autonomia ai curdi e il passaggio dei prigionieri Isis
sotto il controllo di Damasco (due cose molto positive). Colonne siriane
protette da aerei russi stanno entrando ormai in parecchie province del Rojava.
Gli americani si ritirano e l'aviazione Usa lascia fare tranquillamente,
probabilmente per un accordo fra Trump e Putin (e anche questo è molto positivo
alla faccia della banda Clinton-Bush). Ci sono tutte le premesse perchè anche la
Turchia presto si ritiri confidando sul fatto che la
Russia e Assad garantiscano la sicurezza ai suoi confini
https://www.facebook.com/redtano/posts/10212930236925618
CURDI: UN KOSSOVO MANCATO
Lamberto Consani
In primo luogo poniamoci una domanda: perchè tutti i
sostenitori dei crimini di guerra di questi decenni insorgono di fronte
all'attacco turco alle milizie curde? Perchè costoro si scaldano per i
'massacri' al confine tra Turchia e Siria e non si sono mai scandalizzati di
fronte ai massacri in Iraq, in Afghanistan, nello Yemen, in Palestina, in Siria?
Non è sospetta questa solidarietà? Chi ha armato e per quali scopi le milizie
curde in territorio siriano?
https://www.facebook.com/lamberto.consani/posts/2509336725828925?notif_id=1571893295966715¬if_t=feedback_reaction_generic_tagged
ATTRAVERSOINTERVENTO DI RUSSIA E SIRIA, SEMBRA POSSIBILE CHE LA
TURCHIA DEBBA ESSERE COSTRETTA A FARE MARCIA INDIETRO, SOTTO LA GARANZIA DELLA
SICUREZZA DELLE SUE FRONTIERE DATA CONGIUNTAMENTE DA SIRIA E RUSSIA.
https://www.facebook.com/enzo.pellegrin/posts/10217493273236345
LA RISCOSSA Ad 8 anni dall’inizio della destabilizzazione della Siria da
parte degli USA, della NATO, della Turchia, del blocco sunnita – trasformatasi
in una sanguinosa e distruttiva guerra aperta con il coinvolgimento diretto o
indiretto DEI PRINCIPALI CENTRI IMPERIALISTI (USA E
RUSSIA IN PRIMIS),
http://www.lariscossa.com/2019/10/11/lattacco-della-turchia-siria-la-spartizione-sulla-pelle-dei-popoli/?fbclid=IwAR3ibGlXhDX0iclqD-ZV17xTbKHRWqtQOKken7Zh-eO5C7kPCfWREXWwSa8
Marco RizzoMarco
Rizzo
12 ottobre alle ore 10:24
·
Attacco alla Siria. Il Consiglio Mondiale per la Pace (WPC) giudica che
«questa aggressione nel nord-est della Siria
arriva come continuazione dei precedenti attacchi nel nord-ovest della Siria e
come parte dei piani espansionistici del regime turco». «Si svolge con la piena
complicità degli USA e dei suoi alleati che mantengono anche truppe nella
regione da diversi anni. Questa aggressione e la silenziosa tolleranza di molte
parti crea anche nuove minacce e pericoli per i popoli della regione,
soprattutto per il popolo siriano che soffre da otto anni di un’aggressione
imperialista senza precedenti e ben orchestrato, mentre gli Stati Uniti, la
NATO, l’UE, la Turchia e i loro alleati regionali hanno alimentato, finanziato,
addestrato e condotto dozzine di migliaia di mercenari armati per un violento
cambio di regime a Damasco. L’invasione e l’occupazione turca del territorio
sovrano della Siria creeranno solo nuovi sfollati e aumenteranno il flusso di
rifugiati. L’affermazione della Turchia di creare una “zona sicura” lungo i suoi
confini con la Siria è ipocrita e non può nascondere le sue intenzioni di creare
una vasta area controllata dalla Turchia, cambiando anche il carattere
demografico dell’area. La vera minaccia alla pace e alla stabilità deriva dai
piani imperialisti per il controllo delle risorse energetiche, dei gasdotti e
delle sfere di influenza con regimi disposti in Medio Oriente»
https://www.wpc-in.org/…/wpc-statement-about-aggression-and…
No all’invasione della Siria!
https://www.facebook.com/ilpartitocomunista/photos/a.319974624703755/2940237589344099/?type=3&theater
11 h ·
Per contrastare l'informazione MAINSTREAM
che vuole i CURDI vittime e martiri mentre nel
contesto SIRIANO hanno svolto un ruolo di
oggettivi COMPLICI DELL'IMPERIALISMO
https://www.facebook.com/lamberto.consani/posts/2489804794448785?notif_id=1571081262023920¬if_t=feedback_reaction_generic_tagged
Sergio Barenco
17 h
Erdogan non ha mai detto di voler bombardare ed eliminare i
Curdi del nordSiria. Se lo e' immaginato l' Occidente che improvvisamente si e'
accorto dell' esistenza dei Curdi. Erdogan li
vuole spingere a sud, all' interno della Siria, per far spazio ai 3 milioni di
Siriani fuggiti in questi ultimi anni in Turchia.
(Allontanando i Curdi dalla fascia di frontiera
turca prende chiaramente due piccioni con una fava).
Fino a ieri i Curdi gestivano i pozzi di petrolio
del nordSiria, scortati dagli USA & Co., e passavano il petrolio estratto a...
Israele. Con l' arrivo dei rifugiati siriani dalla Turchia, i pozzi petroliferi
del nordSiria tornano nelle mani siriane.
Certo che in tutta l' operazione cadranno dei
Curdi. Anche un solo Curdo morto sarebbe un morto di troppo.
L' intervento turco ha persino fatto fuggire gli
USA & Co. dalla zona.
L' operazione non e' per niente negativa. Anzi !
L’attacco della Turchia in Siria e la spartizione sulla pelle dei popoli
Alberto Usa e Russia capitalisti
http://www.lariscossa.com/2019/10/11/lattacco-della-turchia-siria-la-spartizione-sulla-pelle-dei-popoli/?fbclid=IwAR0OTAP2s9fKqSsayCpNo0hpbsQ_WqX7zlpsl3CS12G1y1DPd2oO46Kd42U
RUSSIA E TURCHIA ADOTTANO UN MEMORANDUM SULLA SITUAZIONE
NEL NORD DELLA SIRIA DOPO I COLLOQUI PUTIN-ERDOGAN Francesco
Rozza
Fonte: Xinhua | 23-10-2019 05:39:14 |
RUSSIA-Sochi-Putin-Turchia-Erdogan-colloqui
Il presidente russo Vladimir Putin (R) stringe la mano al presidente turco
Recep Tayyip Erdogan durante una conferenza stampa congiunta a seguito della
loro riunione a Sochi, in Russia, il 22 ottobre 2019. Russia e Turchia hanno
adottato un memorandum congiunto sulla situazione in Siria dopo il colloqui tra
il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan a
Sochi. Secondo il memorandum, Mosca e Ankara hanno concordato di schierare forze
russe e siriane nella zona dell'operazione turca in Siria a partire da
mercoledì. (Sputnik via Xinhua)
SOCHI, Russia, 22 ottobre (Xinhua) - La Russia e la Turchia hanno adottato un
memorandum congiunto sulla situazione in Siria dopo i colloqui tra il presidente
russo Vladimir Putin e la sua controparte turca Recep Tayyip Erdogan a Sochi.
Secondo il memorandum, Mosca e Ankara hanno concordato di schierare forze
russe e siriane nella zona delle operazioni turche in Siria a partire da
mercoledì.
"A partire dalle 12:00 (0900 GMT) del 23 ottobre 2019, la polizia militare
russa e le guardie di frontiera siriane entreranno nella parte siriana del
confine turco-siriano, al di fuori dell'area dell'Operazione Peace Spring, per
facilitare la rimozione di YPG ( Elementi curdi per la protezione del popolo) e
le loro armi alla profondità di 30 km dal confine turco-siriano, che dovrebbe
essere finalizzato in 150 ore ", ha detto il documento pubblicato sul sito web
del Cremlino.
"In quel momento, pattuglie congiunte russo-turche inizieranno a ovest e ad
est dell'area dell'Operazione Peace Spring con una profondità di 10 km, ad
eccezione della città di Qamishli", ha aggiunto.
Entrambe le parti prenderanno le misure necessarie per prevenire
l'infiltrazione del terrorismo, afferma il memorandum.
Sarà istituito un meccanismo congiunto di monitoraggio e verifica per
riesaminare e coordinare l'attuazione di questo memorandum.
Per ottenere una "stabilizzazione duratura e di lungo periodo in Siria nel
suo insieme" è possibile solo subordinatamente alla sovranità e all'integrità
territoriale del paese, ha affermato Putin durante la conferenza stampa a
seguito dei colloqui con Erdogan.
"Condividiamo la preoccupazione della parte turca in relazione alla crescente
minaccia del terrorismo e alla crescita delle contraddizioni etno-confessionali
in questa regione. A nostro avviso, queste contraddizioni e sentimenti
separatisti sono stati alimentati artificialmente dagli estranei di recente", ha
osservato.
La Siria deve essere esonerata da una presenza militare straniera illegale,
ha detto Putin.
Erdogan ha elogiato l'accordo per fermare "la creazione di qualsiasi
manifestazione separatista" sui territori siriani.
"Sia la Turchia che la Russia, non lo permetteremo", ha detto il presidente a
seguito di colloqui con Putin.
Secondo il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, l'offensiva militare
"Operazione Pace Primavera" turca è stata fermata.
"L'operazione è annullata. Tutto dipenderà da come verranno attuati gli
accordi, incluso il ritiro delle armi e il ritiro delle forze e dei mezzi delle
unità curde", ha detto Lavrov nel filmato pubblicato dal Ministero degli Esteri
russo.
Il 9 ottobre, la Turchia ha lanciato un'offensiva militare soprannominata
"Operazione Pace Primavera" nella Siria settentrionale al confine con la Turchia
meridionale nel tentativo di combattere le forze curde, che sono considerate da
Ankara come separatisti e terroristi.
A seguito dell'azione turca, l'Amministrazione autonoma curda della Siria
settentrionale e orientale ha dichiarato il 13 ottobre di aver raggiunto un
accordo con il governo siriano, sostenuto dalla Russia, permettendo all'esercito
siriano di assumere il controllo di alcune aree detenute dai curdi per
contrastare la Turchia progresso militare.
https://www.facebook.com/groups/1537808369651385/permalink/2376952929070254/
Francesco Rozza RUSSIA E TURCHIA ADOTTANO UN
MEMORANDUM SULLA SITUAZIONE NEL NORD DELLA SIRIA DOPO I COLLOQUI
PUTIN-ERDOGAN
Fonte: Xinhua | 23-10-2019 05:39:14 |
RUSSIA-Sochi-Putin-Turchia-Erdogan-colloqui
Il presidente russo Vladimir Putin (R) stringe la mano al
presidente turco Recep Tayyip Erdogan durante una conferenza stampa
congiunta a seguito della loro riunione a Sochi, in Russia, il 22 ottobre
2019. Russia e Turchia hanno adottato un memorandum congiunto sulla
situazione in Siria dopo il colloqui tra il presidente russo Vladimir Putin
e il suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan a Sochi. Secondo il memorandum,
Mosca e Ankara hanno concordato di schierare forze russe e siriane nella
zona dell'operazione turca in Siria a partire da mercoledì. (Sputnik via
Xinhua)
SOCHI, Russia, 22 ottobre (Xinhua) - La Russia e la
Turchia hanno adottato un memorandum congiunto sulla situazione in Siria
dopo i colloqui tra il presidente russo Vladimir Putin e la sua controparte
turca Recep Tayyip Erdogan a Sochi.
Secondo il memorandum, Mosca e Ankara hanno concordato di
schierare forze russe e siriane nella zona delle operazioni turche in Siria
a partire da mercoledì.
"A partire dalle 12:00 (0900 GMT) del 23 ottobre 2019, la
polizia militare russa e le guardie di frontiera siriane entreranno nella
parte siriana del confine turco-siriano, al di fuori dell'area
dell'Operazione Peace Spring, per facilitare la rimozione di YPG ( Elementi
curdi per la protezione del popolo) e le loro armi alla profondità di 30 km
dal confine turco-siriano, che dovrebbe essere finalizzato in 150 ore ", ha
detto il documento pubblicato sul sito web del Cremlino.
"In quel momento, pattuglie congiunte russo-turche
inizieranno a ovest e ad est dell'area dell'Operazione Peace Spring con una
profondità di 10 km, ad eccezione della città di Qamishli", ha aggiunto.
Entrambe le parti prenderanno le misure necessarie per
prevenire l'infiltrazione del terrorismo, afferma il memorandum.
Sarà istituito un meccanismo congiunto di monitoraggio e
verifica per riesaminare e coordinare l'attuazione di questo memorandum.
Per ottenere una "stabilizzazione duratura e di lungo
periodo in Siria nel suo insieme" è possibile solo subordinatamente alla
sovranità e all'integrità territoriale del paese, ha affermato Putin durante
la conferenza stampa a seguito dei colloqui con Erdogan.
"Condividiamo la preoccupazione della parte turca in
relazione alla crescente minaccia del terrorismo e alla crescita delle
contraddizioni etno-confessionali in questa regione. A nostro avviso, queste
contraddizioni e sentimenti separatisti sono stati alimentati
artificialmente dagli estranei di recente", ha osservato.
La Siria deve essere esonerata da una presenza militare
straniera illegale, ha detto Putin.
Erdogan ha elogiato l'accordo per fermare "la creazione di
qualsiasi manifestazione separatista" sui territori siriani.
"Sia la Turchia che la Russia, non lo permetteremo", ha
detto il presidente a seguito di colloqui con Putin.
Secondo il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov,
l'offensiva militare "Operazione Pace Primavera" turca è stata fermata.
"L'operazione è annullata. Tutto dipenderà da come
verranno attuati gli accordi, incluso il ritiro delle armi e il ritiro delle
forze e dei mezzi delle unità curde", ha detto Lavrov nel filmato pubblicato
dal Ministero degli Esteri russo.
Il 9 ottobre, la Turchia ha lanciato un'offensiva militare
soprannominata "Operazione Pace Primavera" nella Siria settentrionale al
confine con la Turchia meridionale nel tentativo di combattere le forze
curde, che sono considerate da Ankara come separatisti e terroristi.
A seguito dell'azione turca, l'Amministrazione autonoma
curda della Siria settentrionale e orientale ha dichiarato il 13 ottobre di
aver raggiunto un accordo con il governo siriano, sostenuto dalla Russia,
permettendo all'esercito siriano di assumere il controllo di alcune aree
detenute dai curdi per contrastare la Turchia progresso militare.
https://www.facebook.com/groups/1537808369651385/permalink/2376952929070254/
Mi auguro che il compagno Paolo Ferrero si sia ricreduto su quanto da lui dichiarato il 02 Agosto 2011 18:00 su questa stessa testata:
“Siamo alla solite. In Siria il regime sta tranquillamente reprimendo la popolazione"