elenco veri partiti comunisti:
Il 1° ottobre 2013, in un'aula del
Parlamento europeo a Bruxelles, su iniziativa del KKE, si è tenuta la riunione
di fondazione della "INIZIATIVA
dei Partiti Comunisti e Operai per lo studio, lo sviluppo delle questioni
europee e il coordinamento delle loro attività".
http://inter.kke.gr/it/articles/Fondata-la-INIZIATIVA-dei-Partiti-Comunisti-e-Operai-dEuropa/
1 Partito del Lavoro d’Austria,
2 Partito Comunista Operaio di Bielorussia,
3 Nuovo Partito Comunista di Gran Bretagna,
4 Partito dei Comunisti Bulgari,
5 Unione dei Comunisti di Bulgaria,
6 Partito Comunista di Boemia e Moravia (Repubblica Ceca),
7 Partito Operaio Socialista di Croazia,
8 Partito Comunista in Danimarca,
9 Polo della Rinascita Comunista in Francia,
10 Unione dei Rivoluzionari Comunisti (Francia),
11 Partito Comunista Unificato di Georgia,
12 Partito Comunista di Grecia,
13 Partito dei Lavoratori Ungherese,
14 Partito dei Lavoratori d’Irlanda,
15 Comunisti Sinistra Popolare-Partito Comunista (Italia),
16 Partito Socialista di Lettonia, Fronte Popolare Socialista di Lituania,
17 Partito Comunista di Macedonia, Partito Comunista di Malta,
18 Resistenza Popolare (Moldavia),
19 Partito Comunista di Norvegia,
20 Partito Comunista di Polonia,
21 Partito Comunista Operaio Russo,
22 Partito Comunista dell’Unione Sovietica (Russia),
23 Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia (Serbia),
24 Partito Comunista di Slovacchia,
25 Partito Comunista dei Popoli di Spagna,
26 Partito Comunista di Svezia,
27 Partito Comunista di Turchia,
28 Unione dei Comunisti di Ucraina.
Parigi 14 dicembre
http://www.comunistisinistrapopolare.com/2013/12/25/parigi-14-dicembre-2013-dichiarazione-comune/
Partito Algerino per la Democrazia e il
Socialismo
Partito Comunista dei Popoli di Spagna
Comunisti Sinistra Popolare / Partito
Comunista (Italia)
Partito Comunista di Grecia
Partito comunista operaio di Russia
Unione Comunista di Ucraina
Unione dei Rivoluzionari – Comunisti di
Francia
Storia
del CSP Partito comunista marco rizzo
La nostra storia
La nascita di Comunisti Sinistra Popolare, ora – col
Congresso del Gennaio 2014 –PARTITO COMUNISTA, nasce nel Giugno
2009 con l’espulsione di Marco Rizzo dal Pdci e con l’immediata
costituzione di un gruppo organizzato di compagni. Le origini
ideologiche e politiche sono quelle che fanno riferimento
all’area politica del leggendario organizzatore del PCI nella
Resistenza, Pietro Secchia e poi ancora alla storia di
Interstampa, dei Centri Culturali Marxisti e della cosiddetta
corrente filosovietica del PCI di Armando Cossutta che, nel
complesso incontro con quei prestigiosi dirigenti “secchiani”
(Alberganti, Vaia, Bera ed altri) costituì negli anni ‘80 le
fondamenta per tenere aperta la questione comunista in Italia
(col tentativo poi fallito di Rifondazione e del Pdci). Alcuni
compagni, tra cui Marco Rizzo e Dario Ortolano a Torino, Guido
Ricci a Genova, iscritti in quel periodo al PCI rimanendo
fortemente critici verso i “cedimenti ideologici ed anche
concreti della linea del PCI” iniziarono a svolgere attività
politica presso la rete dei Centri Culturali Marxisti , a
partire da”Mondo Nuovo” di Torino, luogo di riunioni e seminari
politici e culturali che riuniva membri del Partito Comunista
Italiano ad altri esponenti provenienti dall’estrema sinistra.
Quest’area costituì di fatto l’ossatura della battaglia di
opposizione interna al PCI e quella preparatoria alla fondazione
di Rifondazione Comunista.
Durante il primo periodo di vita di Rifondazione Comunista,
quest’area mosse sempre battaglia contro i tanti processi di
“eterodirezione” del PDS e dei DS nei confronti di questo
tentativo di tenere aperta la questione comunista in Italia. Non
è un caso infatti che Marco Rizzo fu al centro di quelle
battaglie, dal ‘dimissionamento’ del primo segretario Sergio
Garavini nel 1993 (che aveva acceso una forte polemica con
Rizzo, allora segretario della federazione di Torino, reo di non
avere fatto l’accordo unitario alle elezioni comunali dove però
Rifondazione Comunista arrivò al 14.5% superando il Pds) allo
scontro coi Comunisti Unitari di Magri e Castellina che, dopo
aver votato nel 1995 per il Governo Dini, abbandonarono il
partito e tutti gli incarichi di Direzione (Rizzo divenne in
quell’occasione coordinatore della Segreteria Nazionale).
In quel periodo prese purtroppo corpo la metastasi politica
di Bertinotti e la sua totale abiura della storia e tradizione
comunista fino al 1998 dove, durante la rottura definitiva fra
Cossutta e Bertinotti, quest’area politica, a cui si aggiungono
Monica Perugini a Mantova, Franco Specchio a Napoli ed altri,
partecipa alla nascita del Partito dei Comunisti Italiani.
Secondo Marco Rizzo:«in quel caso il motivo scatenante fu la
crisi del governo Prodi, ma per il sottoscritto e qualche altro
compagno la “molla” è stata il processo di decomunistizzazione
di Rifondazione messo in atto da Bertinotti, che oggi si legge a
lettere ben più chiare».
La guerra nel Kossovo segna poi l’inizio dell’incrinatura del
rapporto tra Rizzo (che tentò inutilmente di opporsi, praticando
successivamente una severa autocritica su quel periodo) e
Diliberto e Cossutta.
Nell’ambito internazionale risulterà poi fondamentale la
conoscenza di altre esperienze comuniste, a partire dal rapporto
coi compagni del KKE, durante la permanenza al Parlamento
Europeo dal 2004 al 2009 .
Col pessimo governo di centrosinistra del 2006 in cui
partecipano direttamente sia Rifondazione Comunista che il Pdci,
all’interno di quest’ultimo, iniziano ad emergere posizioni
critiche nei confronti dell’operato del partito e del suo gruppo
dirigente. Attorno a Marco Rizzo, unica voce critica nell’allora
segreteria del PdCI, si forma un’area politica (Alessandro
D’Alessandro a Palermo, Canzio Visentin a Ravenna, Luciano
Favaro a Venezia, Fabio Massimo Vernillo, Massimiliano Fè e
Walter Tucci a Roma, Michele Giambarba a Campobasso, Antonino
Mosaico a Brindisi, Denis Valente a Forlì, Pasquale Levote a
Cosenza, Alessandro Mustillo tra i giovani ) che rivendica la
necessità di rivedere il rapporto con il centrosinistra e di
lavorare per l’unità delle forze comuniste ed anticapitaliste,
in una prospettiva totalmente alternativa alle logiche bipolari
della Seconda Repubblica.Fra l’8 e il 10 ottobre 2007 i
sindacati sottopongono a referendum il protocollo sul welfare
del 23 luglio. La sera dell’8 dagli studi di Porta a Porta su
Rai1, Marco Rizzo parla di «referendum finto» perché ha le prove
che c’è chi ha votato più volte. Ne nascerà un vespaio di
polemiche contro il Pdci. Diliberto più cauto non smentirà
Rizzo, ma spiegherà che «il nostro allarme lo abbiamo lanciato
perché il referendum avvenga in modo cristallino, non vedo lo
scandalo». Il referendum sarà vinto dai favorevoli all’accordo:
su 5.041.810 di voti validi, i sì sono 4.114.939 voti(81,62%)
contro i 926.871 dei no.
Ma ancora l’11 ottobre Rizzo sarà duro ricordando che «In
tutto questo parlare nessuno ha spiegato i contenuti del
protocollo. L’accordo in questione alza l’età pensionabile e
solo per i primi 18 mesi è migliore della Legge Maroni. Dal
giugno 2009 al dicembre 2010, infatti prevede le stesse
condizioni dal punto di vista dell’età pensionabile, e dal 2011
è addirittura peggiore». Nonostante ciò la grande manifestazione
comunista del 20 ottobre vuole essere l’occasione per convincere
il governo a modificare quell’accordo secondo alcune
‘desiderata’ della sinistra. Per Diliberto «la manifestazione
del 20 vuole rappresentare uno stimolo per il governo affinché
tenga conto di un disagio sociale che esiste».
Alla manifestazione aderiscono Pdci e Prc con il dissenso di
Sinistra Democratica e Verdi, e ci saranno in piazza un milione
di persone. A distanza di anni Marco Rizzo non smetterà di
ricordare come Diliberto «mentre votava per la riforma delle
pensioni, chiedeva che la salma di Lenin venisse in Italia. (…)
Il modo peggiore di difendere il comunismo, perché da una parte
ci si rende ridicoli e dall’altra parte non si difendono le
ragioni della solidarietà e della giustizia sociale, che sono
proprie del comunismo». Il successo del 20 ottobre ha dato
invece la spinta definitiva per varare la Sinistra Arcobaleno il
5 dicembre 2007, che nasce male, tra mille maldipancia di molti
comunisti.
Rizzo ha sempre mantenuto un profilo molto critico verso
l’alleanza dell’Arcobaleno e non ha partecipato alla sua
assemblea costitutiva dell’8 e 9 dicembre 2007, esprimendo
nettamente la propria contrarietà alla scelta di presentare un
simbolo elettorale privo della falce e martello. Rizzo è ormai
individuato dai più come il leader della sinistra del Pdci e si
fa portavoce di tutte le insoddisfazioni comuniste verso il
governo e il processo unitario a sinistra che pure ritiene
necessario per rilanciare i comunisti. Del resto già tre mesi
prima aveva avvisato che «l’unità a sinistra si deve fare sui
contenuti. Se non c’è, allora è chiaro che occorre
qualcos’altro. La sinistra, quella vera, non può essere altro
che antiliberista e anticapitalista. Chi non è d’accordo vada
nel Partito Democratico».
Nel dicembre dello stesso anno esce il suo libro Perché
ancora comunisti. Le ragioni di una scelta, edito da Baldini
Castoldi Dalai. In questo contesto il 19 dicembre, con una
lettera aperta a Diliberto, 24 membri del Cc e diversi altri
dirigenti locali, chiedono «di riconsiderare il giudizio su
Prodi e di ritirare quindi la nostra delegazione dal governo,
nonché di discutere la nostra presenza in un soggetto che, per
ora non ha alcun profilo politico di classe, né tanto meno un
“cuore” e sta assumendo invece le sembianze di una “dépendance
di sinistra” del Pd». Una posizione in contrasto frontale con la
segreteria nazionale.
Nel 2008 si va ad elezioni anticipate: alle fine delle
consultazioni la lista Arcobaleno, ferma al 3,1% dei voti, non
supera la soglia di sbarramento del 4% e rimane fuori dal
Parlamento. Per Rizzo è la conferma del fallimento
dell’Arcobaleno e dell’esigenza di una nuova soggettività
comunista. Traccia subito lo schema di riflessione del Pdci per
il prossimo futuro: «tre sono i cardini della discussione che,
schematicamente, si dovrebbero affrontare affrontare: [1] Una
nuova riflessione e pratica dell’antimperialismo nell’era della
globalizzazione capitalistica, sia nei confronti di quello
americano, dominante, che di quello europeo, nascente. [2] L’alternatività
all’americanizzazione della politica e quindi al Partito
Democratico, appunto per una alternativa di sistema e di
società. [3] Una nuova soggettività dei comunisti, cui possano
partecipare tutte e tutti coloro che intendono impegnarsi per il
superamento di questo modello di società, al di là delle
attuali, e certo non autosufficienti, organizzazioni di
appartenenza»
Viene dunque delineata l’idea di un nuovo partito comunista
fortemente alternativo al PD e dall’identità comunista marcata
quanto rinnovata. Il 17 aprile 2008, viene lanciato da circa 100
comunisti fra personalità di cultura un appello per riunificare
i comunisti ovunque collocati . Rizzo lo definirà «un ottimo
appello». Alla Direzione Nazionale del 18 aprile Diliberto si
presenta dimissionario ponendo la fiducia sulla sua relazione.
Il segretario e Rizzo non sono però concordi sul passato.
Diliberto ottiene la fiducia, ma Rizzo in polemica non partecipa
al voto. L’8 novembre 2008 viene presentato e promosso da Rizzo
il giornale on-line Proletari@
In vista delle elezioni europee del 6 e 7 giugno 2009 nasce
la Lista Anticapitalista che racchiude Rifondazione, Comunisti
Italiani, Socialismo 2000 e, in un primo momento, i Consumatori
Uniti. Rizzo, pur apprezzando la giusta linea dell’unità
comunista, chiede un segnale di maggiore discontinuità rispetto
al passato e propone una «circoscrizione operaia», lasciare cioè
a soli candidati lavoratori o esponenti di movimenti una delle
circoscrizioni sicure in caso di superamento dello sbarramento
elettorale con l’obiettivo di «eleggere almeno un lavoratore
dando così efficacia ai tanti richiami al far “contare” le
classi subalterne». L’appello, che raccoglierà l’adesione di
alcuni membri nel PdCI, in Rifondazione ed esternamente, rimarrà
tuttavia inascoltato.
L’esito delle elezioni politiche vedrà la seconda sconfitta,
anche per questa nuova lista, ancora una volta sotto la soglia
di sbarramento del 4%. Dopo la sconfitta del 7 giugno, il PdCI
convoca l’Ufficio Politico il 9 dove Diliberto si presenta
dimissionario. Alla fine della riunione l’UP vota contro le
dimissioni con l’eccezione di Marco Rizzo che vota a favore.
L’UP emette un documento dove «ribadisce la fermezza della
linea» e di procedere «con determinazione nel processo di
riunificazione» con PRC e Socialismo 2000. Il 13 giugno si
riunisce la più ampia Direzione Nazionale dove in sostanza si
replica il clima dell’UP con Rizzo voce critica. Alcuni
dirigenti del partito invocano allora misure disciplinari contro
l’ex europarlamentare perché in campagna elettorale non avrebbe
sostenuto la lista del partito, nonostante Rizzo fosse candidato
alle amministrative come sindaco di Collegno e presidente della
provincia di Grosseto.
Il 18 giugno,la situazione precipita. Sul sito di Proletari@
appare una lettera aperta a Diliberto, nella quale alcuni
dirigenti del PdCI chiedono la convocazione entro il 5 luglio
del Comitato Centrale allargato ai segretari di federazione e di
sezione perché, si afferma: «crediamo sia necessaria una
riflessione profonda che coinvolga tutte le istanze del partito,
a partire dalla base». Il giorno dopo Rizzo è convocato per
telegramma dalla Commissione Nazionale di Garanzia a seguito di
un ricorso della federazione di Torino. Il 22 giugno Rizzo viene
ascoltato dalla CNG ed espulso. Le motivazioni dell’espulsione
vengono rese note il giorno successivo, il 23 giugno l’accusa è
di aver fatto campagna elettorale per le europee a favore
dell’Italia dei Valori e in particolare di un suo candidato,
Gianni Vattimo.
Rizzo rilascia un’intervista al Corriere della Sera e ad una
conferenza stampa alla Camera dei Deputati, nella quale spiega
che sta per essere espulso. Secondo Rizzo la situazione «è
precipitata dopo che ho fatto notare a Diliberto che diverse
iniziative pubbliche locali da lui svolte nel tempo lo vedevano
sempre “accompagnato” da un volto noto della P2 di Licio Gelli:
Giancarlo Elia Valori. Dal 2003 al 2007». Rizzo contesta al
segretario del PdCI Oliviero Diliberto la partecipazione «a ben
otto avvenimenti con quest’uomo (Elia Valori). Gli ho chiesto
chiarimenti in forma riservata per non nuocere all’immagine del
partito né alla campagna elettorale. Non ho ricevuto risposte
plausibili, solo una procedura di espulsione».
Il 3 luglio 2009 annuncia la fondazione del movimento
politico Comunisti Sinistra Popolare. Il partito raccoglie
diversi fuoriusciti dal PdCI, ma mira alla ricomposizione dei
comunisti e della sinistra ripartendo da una presenza effettiva
nei luoghi del conflitto sociale (entrano nel progetto tra gli
altri Alfonso Galdi a Roma, Giuseppe Doneddu a Sassari,
Alessandro Zingone a Napoli, Giuseppe Tulli a Perugia ed Alberto
Lombardo a Palermo). Lo slogan era infatti “Tornare tra la
gente, ripartire dalle lotte”.
Il neonato movimento ritiene che la sconfitta sia avvenuta a
causa dell’appoggio al governo Prodi II, alla perdita di
identità, valori e distacco dalla propria base sociale. Il
movimento, ormai costituitosi in partito, per affermare la
propria diversità rispetto agli altri partiti di sinistra non si
presenta alle elezioni regionali del 2010 e sceglie un simbolo
quadrato e non rotondo, come i partiti tradizionali, a
simboleggiare anche visivamente una netta «inversione di
tendenza rispetto alle logiche elettoralistiche che purtroppo
hanno permeato anche la sinistra in questi anni».
Intanto la crisi economica fa sentire la sua pressione ed
esplode il caso della Grecia. Nel maggio del 2010 Comunisti
Sinistra Popolare risponde all’appello del Partito Comunista
Greco (KKE) che nei giorni precedenti aveva rivolto a tutti i
lavoratori europei l’invito a seguire la strada della
mobilitazione Greca. Il KKE aveva inviato il suo messaggio dal
Partenone ad Atene, ed il 7 maggio un gruppo di militanti di CSP
compie un’azione a Roma al Colosseo, esponendo uno striscione
con la scritta “People of Europe rise up!” e srotolando
dall’interno dell’anfiteatro romano grandi bandiere rosse. «Non
possiamo che essere al fianco del popolo greco, vittima della
speculazione e dei grandi interessi di potere a livello globale
– dichiara Rizzo – Con la speranza che al risveglio del popolo
greco faccia seguito quello del nostro paese. Parafrasando un
vecchio slogan, oggi in Grecia, domani in Italia.» Da quel
momento in poi i rapporti fra CSP e KKE si sono intensificati
sempre più.
Il 21 gennaio 2012 il partito decide a larga maggioranza di
modificare il proprio simbolo aggiungendo la dicitura “Partito
Comunista” sotto la falce e il martello il simbolo di Comunisti
Sinistra Popolare. RIZZO: Il nuovo simbolo sarà alla testa delle
lotte contro il governo Monti, l’Unione Europea e la Nato.
Sempre nel 2012 Marco Rizzo, ospite alla trasmissione televisiva
Matrix, per analizzare e discutere riguardo l’accordo per la
Grecia, strappa in diretta la copia dei Trattati Europei. Esce
nello stesso anno “Il Golpe Europeo”, nuovo libro di Marco Rizzo
basato sull’aspra critica al capitalismo italiano ed europeo.
L’autore così si sofferma su quella che, a suo avviso, è la
perdita della sovranità nazionale che abbiamo subito dalla UE.
Inoltre il libro funge parzialmente da manifesto del Partito,
tracciando un’analisi sul “che fare?” e sulla sua proposta
politica.
Comunisti Sinistra Popolare-Partito Comunista non ha
partecipato alle elezioni politiche del 2013, decidendo di
presentarsi solo all’estero ha presentato la lista nella
Ripartizione Europa per gli emigranti italiani: Senato 1.58%
7566 voti (interessante in Francia 2,98% 2100 voti) – Camera
1.35% 7073 voti. (vedi tabella del Ministero degli interni
allegata http://elezioni.interno.it/senato/scrutini/20130224/SJ1000.htm
). Inoltre alla falce e martello viene cambiato di colore, da
giallo a bianco, a causa di problemi di registrazione del
simbolo che era troppo simile a quello del PRC. CSP-Partito
Comunista si rifà ai principi del marxismo-leninismo e si pone
come obbiettivo il socialismo-comunismo. Il partito non rinnega
l’esperienza sovietica sotto Stalin, ma attribuisce il ruolo di
iniziatore del revisionismo e dello smantellamento del
socialismo a Krusciov.
Marco Rizzo ha dichiarato che le elezioni saranno “un momento
di verifica del lavoro svolto e non una corsa alle poltrone”,
inoltre eventuali membri del partito eletti avranno uno
stipendio operaio. Ha dichiarato inoltre che le forme di
rappresentatività istituzionale della democrazia borghese vanno
‘usate’ solo per quello che sono e nulla più, in riferimento al
parlamentarismo che sarebbe un mezzo e non un fine per il
partito. Il 6 aprile 2013 si chiamano a raccolta a Roma i
partiti comunisti europei di ispirazione marxista-leninista, che
possiedono nel simbolo la falce e martello ed esprimono rifiuto
netto della socialdemocrazia.
Rispondono all’appello il Partito Comunista Greco, il Partito
Comunista dei Popoli di Spagna (PCPE), l’URCF e il Polo di
Rinascita Comunista francesi, il Partito Comunista Russo dei
Lavoratori (RKRP), l’SKU ucraino, il Partito Comunista di
Turchia e il Partito Comunista Ungherese dei Lavoratori, con la
presenza degli ambasciatori della Repubblica di Cuba, della
Repubblica Bolivariana di Venezuela e della Repubblica
Democratica Popolare di Korea. All’assemblea partecipa anche il
Fronte della Gioventù Comunista-FGC. Non saranno presenti i
partiti che hanno tolto la falce e martello dal loro simbolo o
avviatisi su politiche riformiste abbandonando quelle
rivoluzionarie; nessuno spazio quindi verrà riservato alla greca
Syriza o al Partito Comunista Francese, ma neppure agli italiani
Rifondazione Comunista e Partito dei Comunisti Italiani.
L’assembla svolta per creare una rete comunista internazionale
si tiene all’insegna dello slogan ” Contro il capitalismo. Fuori
dall’ Unione Europea, dall’Euro e dalla Nato. Per il
socialismo-comunismo!”. I Partiti Comunisti presenti approvano e
sottoscrivono un documento congiunto, aperto alle adesioni da
parte di altri Partiti Comunisti e Operai.
A Bruxelles, 1 ottobre 2013, CSP-Partito Comunista partecipa
all’ assemblea dei partiti comunisti d’Europa (sia di paesi
membri della UE, sia non membri o associati) convocata dal
Partito Comunista Greco. Dall’ assemblea nascerà una sorta di
nuova Internazionale Comunista, ” L’ INIZIATIVA DEI PARTITI
COMUNISTI E OPERAI ” con simbolo comune raffigurante un operaio
che spezza delle catene (simbolo della prima tessera del Partito
Comunista d’Italia). L’ Iniziativa sancisce così ufficialmente
la cooperazione internazionale stillando un documento
sottoscritto da 30 partiti comunisti al fine di studio ed
analisi delle questioni europee e per il coordinamento delle
attività. L’iniziativa dichiara la propria distanza dal Partito
della Sinistra Europea, dichiarando invece di ispirarsi ai
principi del socialismo scientifico. Aderiscono : Partito del
Lavoro d’Austria, Partito Comunista Operaio di Bielorussia,
Nuovo Partito Comunista di Gran Bretagna, Partito dei Comunisti
Bulgari, Unione dei Comunisti di Bulgaria, Partito Comunista di
Boemia e Moravia (Repubblica Ceca), Partito Operaio Socialista
di Croazia, Partito Comunista in Danimarca, Polo della Rinascita
Comunista in Francia, Unione dei Rivoluzionari Comunisti
(Francia), Partito Comunista Unificato di Georgia, Partito
Comunista di Grecia, Partito dei Lavoratori Ungherese, Partito
dei Lavoratori d’Irlanda, Comunisti Sinistra Popolare-Partito
Comunista (Italia), Partito Socialista di Lettonia, Fronte
Popolare Socialista di Lituania, Partito Comunista di Macedonia,
Partito Comunista di Malta, Resistenza Popolare (Moldavia),
Partito Comunista di Norvegia, Partito Comunista di Polonia,
Partito Comunista Operaio Russo, Partito Comunista dell’Unione
Sovietica (Russia), Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia
(Serbia), Partito Comunista di Slovacchia, Partito Comunista dei
Popoli di Spagna, Partito Comunista di Svezia, Partito Comunista
di Turchia, Unione dei Comunisti di Ucraina.
Col Congresso del 17/18/19 Gennaio 2014 rinasce il PARTITO
COMUNISTA in Italia, un punto di partenza per un lavoro
difficile e di lungo periodo.
*alcune parti del testo provengono da Wikipedia.
MI HA DETTO ADESSO UNA VOCE SAPIENTE E TRASCRIVO:
"Se sei di sinistra vota Tsipras; se appartieni a
una fazione di sinistra, votala pure amabilmente,
affinché, con il tuo voto fazioso, la tua fazione
mantenga intatta la sua ineffabile identità di cui
potrai inorgoglirti in perfetta, ineffabile
solitudine".
Post scriptum: Ovviamente la voce sapiente mi dice
che sarebbe un grave errore scambiare il movimento
di Grillo per sinistra (e poi, a voler essere
giusti, è certo molto
di più di una
fazione). Di Renzi e del PD neanche a parlarne (come
è noto, sono un partitone che con la sinistra ha ben
poco a che fare!). Le fazioni di cui parla la voce
sapiente sono i gruppuscoli di una diffusa diaspora
marxisto-comunista, spesso costituiti da tenaci e
carissimi compagni, che però venerano le loro
reliquie e le proteggono dalle contaminazioni nei
sottoscala di casa.
Aggiungo ancora: stasera vediamo Tsipras a Ballarò.
Un miracolo del bikini della Bacchiddu?
storia dei comunisti in Italia
Mario D'Acunto |
iskrae.eu
18/01/2014
La nascita del Partito Comunista che sta per celebrare
il suo primo congresso, e che si richiama alla
tradizione del Marxismo-Leninismo come strumento di
analisi e prassi politica, deve essere salutata come un
serio e rigoroso salto di qualità politico-organizzativo
alla luce della recente storia dei comunisti in Italia.
Senza entrare nel merito delle tesi congressuali, che
comunque rappresentano un notevole passo avanti dal
punto del rilancio di una soggettività comunista, qui e
ora, manca quasi del tutto una analisi di cosa sono
stati i sedicenti partiti comunisti rifondativi
in Italia in questi ultimi venti anni, vale a dire il
Partito della Rifondazione Comunista (PRC) e il Partito
dei Comunisti Italiani (PDCI) e quali obiettivi
perseguivano politici come Cossutta, Bertinotti,
Diliberto e i gruppi dirigenti che si sono susseguiti
alla guida di queste due organizzazioni.
Gli ultimi due decenni sono stati contraddistinti
sostanzialmente da un filo comune: la gestione politica
del potere in Italia con la convergenza dei quadri
politici ex PCI si è saldata con la destra berlusconiana
per la collocazione del paese in un ambito di rapina
economica e di assoluta alleanza all'imperialismo USA ed
Europeo. Questa politica ha richiesto che, con la fine
del PCI e la nascita del PDS-DS-PD, nessuna
organizzazione politica consistente potesse formarsi e
fare opposizione alla sinistra del PDS-DS-PD, e questo
per non mettere a rischio i processi di destrutturazione
industriale del paese, di attacco ai redditi dei
lavoratori, al ruolo imperialista dell'Italia nei nuovi
scenari geopolitici. Tutte queste politiche portate
avanti da un grande compromesso destra-sinistra, reale
applicazione fedele del pensiero unico, avrebbero avuto
enormi difficoltà se, sui media e nelle istituzioni, si
fosse presentata una forza politica minimamente coerente
che avesse portato avanti posizioni antimperialiste e
favorevoli ai lavoratori e contro la dismissione del
patrimonio pubblico. Questa forza avrebbe trovato un
consenso popolare tale da mettere a rischio i processi
della borghesia. E siccome l'unica forza politica in
grado di fare una seria opposizione agli interessi del
capitale finanziario e industriale non poteva che essere
una forza comunista (capace di raccogliere l'enorme
patrimonio di militanti comunisti, che non si era certo
dissolto con la svolta della Bolognina, svolta
che pur ha riguardato una parte consistente della base e
di gran parte dei gruppi dirigenti), il processo che ha
impedito alla base comunista sana di riorganizzarsi
politicamente è stato guidato dal PRC e,
successivamente, in combinazione con il PDCI. Per
intralciare i disegni della borghesia in questi ultimi
venti anni, non occorreva una forza rivoluzionaria, ma
una semplice voce di opposizione fuori dal coro e dotata
di un minimo di tenuta politica e di coerenza
nell'azione politica. Quindi, siccome all'indomani della
nascita del PDS, 3 febbraio 1991, i comunisti erano
comunque presenti in Italia, occorreva neutralizzarli e
rinchiuderli in una riserva politica, anzi, fare anche
in modo che questi partiti, autodefinitesi comunisti,
aiutassero l'establishment politico a mantenere il
conflitto sociale basso, mentre si smantellavano le
conquiste del movimento operaio nel '900: a questo
compito hanno contribuito in modo originale ed efficace
i gruppi dirigenti del PRC e PDCI, in primis Armando
Cossutta e Fausto Bertinotti protagonisti dell'intera
opera di distruzione dell'esperienza politica dei
comunisti in Italia. La distruzione della base comunista
in Italia, un patrimonio enorme di quadri intermedi e di
militanti di base fortemente radicati nel territorio,
aveva bisogno di tempi più lunghi e di adeguati
contenitori politici.
E' arrivato il momento di fare i conti con questi
processi.
Il perchè della necessità di fare i conti con il passato
recente.
Costruire oggi in Italia un Partito Comunista significa
indirizzare un preciso piano di lavoro e dei compiti di
cui i comunisti si devono fare carico soprattutto sia
alla luce delle sfide di oggi, sia dopo l'esperienza
degli ultimi trent'anni, in particolare, ma dopo la
lunga fase di revisionismo che il documento del PC
descrive bene in parte, almeno fino al periodo degli
anni '80 coinciso con la morte di Enrico Berlinguer e la
fine del PCI. E siccome la militanza politica è fatta di
uomini e donne, con il carico del loro vissuto, gli
ultimi trent'anni sono stati anche il periodo storico
vissuto in prima persona dalla stragrande maggioranza
dei militanti che oggi vogliono dare vita ad un nuovo
partito marxista-leninista in Italia.
Anche se un documento congressuale è sempre una sintesi,
accreditare alcune complesse fasi politiche con i nomi
dei segretari è sempre un errore che andrebbe evitato.
Così, credo che Togliatti o Berlinguer,
eccetera, vadano collocati in una finestra storica
nazionale e internazionale dentro la quale si sono
svolte, e che il potere degli individui, anche se
segretari di un partito importante come quello che è
stato il PCI in Italia, vada ricondotto nella giusta
cornice di reale manovra e azione possibile. Questo
senza voler fare sconti agli errori o ai meriti che ci
sono stati. Anche perché non solo si sottostima il ruolo
e la capacità della base militante, che in Italia ha
avuto un certo peso, ma molto spesso si attribuiscono
errori di linea politica osservando a posteriori come si
sono ricollocati i rapporti di forza, senza tener conto
della reale capacità del capitale di contrastare le
politiche di emancipazione di classe. Così la vittoria
dell'89-91 va attribuita sicuramente alle politiche
revisioniste che hanno indebolito il blocco socialista,
ma anche alla grande controffensiva del capitale degli
anni '70 basata sulla capacità invasiva e pervasiva del
dollaro e dell'imperialismo USA.
La grande eredità degli ultimi trent'anni è stata la
capacità di penetrazione del potere economico
finanziario internazionale, a partire dall'avanzata
neoliberista di fine anni settanta (Reagan e Thatcher),
insediandosi in ogni aspetto economico politico e
sociale, con un salto ancora più forte nel momento in
cui è venuto a cadere il grande nemico di classe
rappresentato dal movimento comunista internazionale
(fine dell'URSS, economia di mercato in Cina),
strutturandosi come una nuova forma di totalitarismo,
non a caso spesso definito pensiero unico: nulla esiste
fuori dagli interessi dal mercato definito secondo i
rapporti forza di un insieme di forze economiche, e
specificamente di quelle del capitale internazionale.
E in quest'ottica, esiste una problematicità
supplementare che è data dalla eredità politica
pesantissima lasciataci da PRC e PDCI, una delle
critiche che oggettivamene va mossa al documento
congressuale del PC è quella di aver taciuto su cosa
sono state realmente i partiti rifondativi PRC e PDCI in
questi venti anni. Sono state lo strumento (cosciente
nel gruppo dirigente) di distruzione a livello di massa
dell'esperienza comunista in Italia. Se la fase che
chiude il PCI e apre la fase PDS-DS-PD è quella di
permettere ad un gruppo dirigente di gestire il potere
in Italia per conto degli apparati finanziari e
industriali internazionali che collocano il nostro paese
in un fascia marginale e di sostanziale estrazione di
profitto che si manifesta nella continua e sistematica
fuga di capitali dal mondo salariato alla rendita, la
esistenza del PRC doveva garantire che la base dell'ex-PCI,
maggiore partire comunista occidentale, doveva essere
resa innocua da un partito che, appellandosi
all'identità del comunismo del novecento, nei fatti
garantisse spazio di manovra alle politiche di rapina
effettuate nei confronti della classe lavoratrice a
favore della rendita nazionale e internazionale. Per far
questo i militanti comunisti dovevano essere rinchiusi
in una riserva ben recintata e incapace di promuovere
opposizione al sistema, questa riserva si è chiamata
PRC, poi si è duplicata con la nascita del PDCI. Certo,
analoghe esperienze sono state vissute in Francia e
Spagna, non in Grecia, ma ci soffermeremo essenzialmente
sulla situazione italiana.
Il mutuo politico che grava su di noi.
L'eredità politica di questi venti anni sono sotto gli
occhi di tutti. Mettiamo ad esempio che una qualsiasi
gruppo o piccolo partito politico che si ispiri alla
tradizione buona dei comunisti, il marxismo-leninismo,
la rivoluzione d'Ottobre, ecc, scenda in piazza a
manifestare contro le aggressioni imperialiste, (la
lista è lunghissima, solo per citarne qualcuna Iraq,
Somalia, Serbia, Kossovo, Afghanistan, Libia, Siria…), o
contro le politiche che massacrano i lavoratori creando
disoccupazione, debito pubblico e lavoro super-sfruttato,
e che voglia mettere i propri nomi e simboli comunisti,
è esperienza comune venire tacciati di essere tra coloro
che
" …si eravate contro la guerra senza se e senza ma,
e poi avete aumentato le spese militari nel governo
Prodi, avete fatto la guerra in Kossovo e finanziato le
missioni di guerra in Iraq e Afghanistan…",
oppure
"…e il pacchetto Treu? Precarizzazione del lavoro, e
tutte le finanziarie del taglio allo stato sociale, alla
scuola, alla sanità alla ricerca…"
qualsiasi obiezione della serie: "…ma non siamo
Rifondazione o il PDCI, noi siamo lavoratori che
vogliono organizzare una forza di classe", non hanno
alcun valore, la storia e l'immagine del comunisti in
Italia, ovunque siano essi collocati, si appiattisce, a
livello popolare, sui danni che hanno fatto
coscientemente il PRC e il PDCI. Danni che non sono
irreversibili, ma che rappresentano un mutuo che pende
sulla nostra testa di comunisti molto difficile da
estinguere.
Siccome, però, si sta aprendo una nuova fase, con la
riproposizione di un soggetto politico che si richiama
alla tradizione marxista-leninista, è necessario
guardare con gli occhi della critica costruttiva al
nostro passato recente. Marx diceva (cito a memoria) che
la vita determina la coscienza, e chi scrive ha
fatto parte del PRC, facendo del lavoro politico
militante di base a Pisa e tesserandosi dal 1994 al
1997, e dal 2002 al 2006 e nel 2011, collocandosi in una
sorta di eterna opposizione, non strutturata nelle varie
correnti, ma volta alla costruzione di un vero partito
comunista, strumento di emancipazione della classe
lavoratrice, meno parolaio nei discorsi e più coerente
tra il dire e il fare nelle lotte portate avanti. Un
partito cui si chiedeva essenzialmente di lavorare per
mantenere aperta una finestra sull'uscita dal sistema di
produzione di capitalistico e che avesse come obiettivo
il controllo popolare dei mezzi di produzione. Non ho
mai amato quella che definisco la metafisica della
rivoluzione, con cui molti dirigenti delle
organizzazioni menzionate si sono riempiti i discorsi
(quante volte abbiamo letto e sentito di fase
pre-rivoluzionaria?…), per poi, nella pratica, portare
il proprio peso parlamentare a sostegno delle guerre
imperialiste. Quanti di noi militanti, che i processi di
rapina e di estrazione del profitto dal mondo del lavoro
alla rendita li viviamo sulla nostra pelle, chiedevano
al PRC di non diventare altro che il partito
rappresentato in un documento dei servizi inglesi che
dipingeva nel 1965 il PCI come il partito con "… i
migliori quadri nell'ambito del mondo occidentale, dei
partiti comunisti nel mondo libero e molto denaro
proveniente da fonti proprie. Godono inoltre di un
grande prestigio per la loro presunta indipendenza
dall'URSS (Togliatti era morto da un solo anno,
nda)" [Il Golpe Inglese, pagg. 222-223] ? Ecco cosa
si chiedeva: quadri politici preparati,
autofinanziamento e indipendenza politica. Tre aspetti
che si saldano l'uno con l'altro. La questione del
finanziamento, ad esempio, presenta anche un altro
aspetto dirimente, un partito si autofinanzia quando è
sostenuto economicamente dalla base militante e non
dalle istituzioni borghesi, come invece hanno fatto
sistematicamente PRC e PDCI, e la base sostiene un
partito se è convinto di essere tutelato dalla stesso
nella propria emancipazione come soggetto di classe.
Invece.
Invece Cossutta, Garavini, Bertinotti, Diliberto e tutto
il gruppo dirigente che si è alternato alla guida di
queste organizzazioni hanno avuto gioco facile
soprattutto per i limiti oggettivi di una gran parte del
corpo militante, che al '91 (prassi comune almeno fino
al 1996) praticava il culto della personalità, prima in
Cossutta e poi in Cossutta e Bertinotti, poi nei
confronti del solo Bertinotti, culto della personalità
che si è sempre manifestato nella forma di adulazione di
santi laici, quali i segretari di partito erano
considerati, e alimentata dalla fedeltà chiesta e
puntualmente offerta dai quadri intermedi, in quanto i
quadri politici sono sempre stati scelti in base alla
fedeltà al dirigente capo piuttosto che alla capacità di
analisi e di intelligenza politica. Occorre dire che
questo cattivo modo di relazionarsi all'interno dei
gruppi dirigenti non era solo ad appannaggio dei
personaggi sopra citati ma anche delle piccole correnti
che, di volta in volta, sono emerse come opposizione
interna nel corso dei due decenni. Sono stati così
ottenuti due risultati, uno, avere dei gruppi dirigenti
del tutto inetti e fedeli alla voce del segretario
nazionale, l'altro di creare un fortissimo malcontento
nella base che ha prodotto quel processo, nuovo e unico
in Italia, che è stato definito come il turn-over
degli iscritti. Dentro la sola Rifondazione sono
transitati qualcosa come circa 600 mila iscritti, molti
sicuramente di tessere gonfiate per lotte interne nei
vari congressi, ma la gran parte dovute alla reale
richiesta di una forza di opposizione comunista in
Italia. Chi si è avvicinato al PRC con la speranza di
condividere un malessere personale e sociale, che doveva
tramutarsi in una lotta politica basata su una visione
alternativa di società, veniva sistematicamente deluso e
offeso. In molti casi la sopravvivenza nel PRC durava un
anno, o un paio di anni, quindi nel passare da 112 mila
iscritti del 1991, al massimo di 130 mila del 1997, ai
31 mila attuali, questi numeri non descrivono appieno il
turn-over di cui il partito è stato oggetto.
Già nella 1° Conferenza organizzativa del giugno '97 si
denuncia una situazione veramente preoccupante: oltre
20.000 iscritti lasciano il partito ogni anno e circa
altrettanti vi entrano (o rientrano). E' un turn-over
che caratterizzerà tutta la vita di Rifondazione
impedendo una sedimentazione dei suoi militanti e dei
suoi dirigenti e la formazione di un pensiero politico
omogeneo. Un fenomeno questo che non ha mai provocato
nel gruppo dirigente la necessaria riflessione. E non si
può non rivelare che nessuno dei soci fondatori da
Cossutta fino al segretario storico Bertinotti e al suo
delfino Vendola è rimasto dentro il Prc.
Solo per citare un esempio recente, il 20 Ottobre del
2007, PRC e PDCI indicono una grande manifestazione
contro le politiche di attacco al salario e allo stato
sociale contenute nella legge finanziaria, dell'allora
governo Prodi, di cui tra l'altro le due formazioni
fanno parte. Alla manifestazione partecipano circa un
milione di comunisti, un risultato straordinario non
solo in Italia, ma nel mondo, un risultato nemmeno
immaginabile, solo giorni prima, per gli organizzatori.
La reazione a questa manifestazione è stata un ulteriore
inasprimento della legge finanziaria 2008, supinamente
accettata dai gruppi dirigenti delle due formazioni. E'
immediato capire come mai dalle elezioni del 2008, PRC e
PDCI non riescano a eleggere un parlamentare.
In questa nuova fase occorre utilizzare lo strumento
dell'autocritica come strumento dei materialisti storici
per capire il passato recente, capire in che modo il
potere si struttura, quando una forza di opposizione
allo stato presenti di cose sia realmente efficace
per affrontare in modo adeguato le sfide odierne. In
pratica, l'autocritica deve essere utilizzata come
strumento di ri-alfabetizzazione dei quadri politici
marxisti-leninisti.
Come posso distinguere un comunista parolaio da
uno onesto?
Un criterio è guardare ai fatti, e in seconda battuta
alla coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa.
Questo criterio è ragionevole applicarlo a tutte le
situazioni della vita, ma nel caso dei comunisti,
proprio per il compito ambizioso e importante di cui
essi si fanno carico, diventa dirimente.
2) Riflessioni sul PRC.
Quando Occhetto aprì la fase di transizione verso il PDS
(novembre 1989-gennaio 1991), non ci furono un'analisi
obiettiva e una discussione razionale, impossibile in un
partito identitario privato da tempo di ogni reale
dibattito interno, che non fosse la caricatura dei
gruppi dirigenti, ma uno psicodramma
politico-psicologico di deficienti in preda ad una
affabulazione verbale "rivoluzionaria". Alla fine di
questo processo identitario e affabulatorio si scoprì
che era rimasto un relativamente ampio residuo militante
con relativa nicchia elettorale. Allora, e solo allora,
Cossutta, Garavini, Libertini, Serri, ecc., decisero di
occupare questo spazio. Rifondazione Comunista, non
dimentichiamolo mai, nacque con il gruppo dirigente più
vecchio dell'intera storia del movimento comunista. Chi
non capisce il significato di questo fatto è del tutto
irrecuperabile per un dibattito storico razionale. Più
tardi, fu cooptato Fausto Bertinotti. Nel 1991, persa la
battaglia contro lo scioglimento del PCI, come
consigliato da Ingrao, Bertinotti aveva preferito
rimanere nel PDS. Nel 1993 Bertinotti lascia
polemicamente il PDS, in quel momento è il leader della
corrente della sinistra sindacale Essere sindacato
della CGIL ed è notoriamente ingraiano. Inizialmente
Bertinotti rifiuta una sua adesione al PRC; poi, il 17
settembre, avviene la svolta: Bertinotti è pronto ad
aderirvi e Cossutta, abile orchestratore della
cooptazione come strumento di creazione o eliminazione
di quadri politici, lo vuole subito segretario. Il 23
gennaio del 1994 Fausto Bertinotti diventa il secondo
segretario di Rifondazione Comunista, subentrando a
Garavini, grazie a un accordo tra Cossutta e Magri.
Non a torto, Rifondazione è stata definita un grosso
spazio elettorale con un piccolo corpo militante, e un
leader, Bertinotti. Per capire ruolo e peso di
Bertinotti basti fare due considerazioni: la
sproporzione tra numero di militanti ed elettori è senza
precedenti nella storia dei partiti della sinistra in
Italia. Fino al 2006, con varie oscillazioni, vi è stata
una media che oscilla intorno a 5 iscritti ogni 100
elettori. Qualche confronto: vi sono 10 iscritti ogni
100 elettori tra i Ds, nello stesso periodo, mentre ve
ne erano 20 su 100 nel caso del Pci. Dunque, il ruolo
del leader costruito ad arte dai media, televisione in
primis, è lampante. Il sistema controlla la televisione
e decide presenze e temi in cui Bertinotti può giocare
le sue partite di affabulatore parolaio.
La diarchia Cossutta-Bertinotti, risolta a favore di
quest'ultimo. Sebbene il PRC fosse politicamente
controllato dall'apparato di Cossutta, e finché non se
ne liberava, non era possibile per lui perseguire il suo
obiettivo politico, quello della costruzione di un
partito post-comunista massimalista di sinistra, che
stava nel codice genetico della sua storia personale
(Basso+Lombardi+Fiom). Per questo ci vollero due
passaggi tattici, il 1995 ed il 1998, in cui riuscì a
scaricare prima Magri (1995) e poi Cossutta (1998),
insieme a gruppi parlamentari consistenti.
Dopo il '98, la rottura con l'apparato cossuttiano,
comporta alcune difficoltà da superare soprattutto
rispetto alle attese dei militanti. Il partito di
Bertinotti rimane totalmente sistemico, dove sistemico
significa che non prevede alcuna rottura con il PDS.
Dopo il '92, la riproduzione ideologica del sistema
prevede l'assunzione del pensiero unico e che nessuna
alternativa è possibile, in questo senso, l'opera di
Bertinotti è coniugare la parola Comunismo che lo
distingue da altri partiti genericamente di sinistra e
che tiene uniti ancora i militanti altrimenti capaci di
riorganizzarsi fuori dal sistema, allora ecco che
Comunismo si coniuga con non-violenza, e chi critica il
sionismo diventa automaticamente antisemita, mentre i
palestinesi rimangono terroristi. Gandhi
sostituisce Lenin, si cancella tutta la tradizione
novecentesca invocando un ipotetico ritorno a Marx,
creando una realtà radical-popolare, ma tenendo insieme
l'anima identitaria dei comunisti su un presunto verace
anti -Berlusconismo a differenza di quello debole del
PDS incapace di fare una legge sul conflitto di
interessi, e creando un partito con un gruppo dirigente
basato essenzialmente da una pletora di carrieristi che
balcanizzano il partito, soprattutto a livello degli
enti locali. Sulla composizione del gruppo dirigente
nazionale e locale, l'orizzonte culturale dei quadri
intermedi, cooptati da Cossutta e Bertinotti, era tale
da fare in modo da restare abbacinati sia dai privilegi
che dalla visibilità mediatica loro offerti dalla
posizione di parlamentare, che li proiettava dalla loro
posizione precedente di supplenti di scuola media
a quella di dirigenti d'impresa di medio livello.
Raggiunta questa posizione avrebbero fatto di tutto pur
di non perderla subito, ed allora si spiega come si
scindano da chi non sembra dare loro prospettive di
rielezione e si uniscano con apparati più forti in senso
elettorale uninominale e maggioritario. I deputati
provenienti da Reggio Calabria, Chieti, Udine o Asti
arrivano a Roma, e si trovano subito inseriti in giri
mondani gestiti da marpioni politici legati al circo
delle maggioranze reali in cui il fare politica
significa fondamentalmente contribuire a fare e disfare
maggioranze parlamentari. In questo modo, e certo in
forme largamente inconsapevoli e in buona fede, questi
poveracci passano dalla precedente rappresentanza di
compagni di base massimalisti alla nuova
rappresentanza di alchimie politiche totalmente
parlamentari.
Si costruisce in questo modo un gruppo dirigente
appiattito completamente sulle istituzioni borghesi,
fonte non solo di carriere individuali, ma anche fonte
di finanziamento per un partito sempre più lontano dalla
capacità di farsi finanziare dalla base. Generando un
meccanismo in cui la ricerca dell'alleanza con il
centro-sinistra diventa il vero obiettivo, alla faccia
dei discorsi massimalisti e filo-movimento.
Bertinotti è perfettamente consapevole della natura del
suo partito: sa che si tratta di un grande spazio
elettorale, con un corpo militante debole e socialmente
sradicato, sottoposto a un continuo turn-over, circa 20
mila nuovi iscritti in entrata sostituiscono altrettanti
o poco più militanti in uscita. Dunque ha scelto, da
sempre, di porsi in sintonia diretta con lo spazio
elettorale saltando il partito, cioè il suo
corpo militante. All'epoca dell'uscita dalla maggioranza
che sosteneva Prodi, Bertinotti rompe sulla finanziaria
1999, ma non sulla questione che si profila
all'orizzonte, vale a dire la guerra in Kossovo,
(Marzo-Giugno 1999), per la quale nascerà il governo
D'Alema. Bertinotti aveva correttamente interpretato i
segnali che venivano dalle elezioni amministrative
parziali ed ha agito di conseguenza. Quando sono sorti i
movimenti li ha cavalcati cercando di entrare in
sintonia con essi, cioé col suo spazio elettorale.
Quando ha compiuto tutti gli strappi ideologici sulle
foibe, la resistenza, l'ottobre, il novecento, ecc. il
corpo del partito, legato ad un immaginario
comunista che pur non pratica affatto, aveva
reagito assai male e tra i militanti di ogni corrente ci
si aspettava un crollo alle elezioni amministrative.
Invece il partito ha guadagnato molti voti. E ciò non
certo per merito delle uscite bertinottiane:
semplicemente lo spazio elettorale del Prc non è fatto
di nostalgici del tempo che fu, è poco politicizzato, ma
è radicale. Esso ha votato Prc per effetto dell'antiberlusconismo
e delle mobilitazioni.
Se ovviamente il termine comunismo avesse
interessato il corpo del partito, e non fosse solo una
risorsa simbolica identitaria per gli occasionali
militanti del tempo ancora animati dalla fede cieca nel
segretario, residuo del culto della personalità che ha
caratterizzato l'appartenenza dei comunisti alle proprie
strutture politiche, e che continuavano ad ignorare che
il partito degli anti-Berlusconi era diretto da forze
neo-liberali e filo-americane esattamente come Forza
Italia, e questa direzione è saldissima, per cui ai
bertinottiani potrebbero essere solo assegnate funzioni
minori di copertura di correzione minima, la paroletta
nuovo comunismo non è che la vecchia
socialdemocrazia.
C'e' un altro aspetto che caratterizza il PRC fin dalla
sua nascita: il Prc non ha una sua burocrazia interna.
Questo elemento è fondamentale per comprenderne le
dinamiche interne. Vi sono stati partiti nella storia
del movimento operaio in cui la presenza di questo
strato sociale è stato assai importante: il Pci. Lo è
tuttora in organizzazioni di altra natura, ad esempio
quelle sindacali. Il Pci disponeva di un enorme apparato
di funzionari stipendiati: funzionari di partito,
sindacali (la cui nomina dipendeva dal partito), di
cooperative, di organizzazioni di massa (Arci, Udi,
ecc.). Si trattava di migliaia e migliaia di persone.
Questa burocrazia costituiva una piramide, fortemente
coesa, disciplinata ed orientata ad un saldo controllo
di una vasta base militante. Il Pci appariva, e in parte
lo era, una sorta di corazzata assai poco
attaccabile, se non dalla storia. Questi funzionari
dipendevano dal partito per mantenere il proprio posto,
il proprio stipendio, la propria posizione e la speranza
di far carriera. Ciò condizionava pesantemente la loro
psicologia politica: erano obbedienti in ogni contesto
perché sapevano che anche la propria posizione nelle
istituzioni, nei sindacati, e ovunque si trovassero
dipendeva, in ultima analisi, dalla benevolenza del
partito. Dunque, era il partito, la sua gerarchia e la
sua struttura, al centro di tutto. Il Prc è tutt'altra
cosa, una realtà che senza un leader sarebbe scomparsa,
ma che nello stesso tempo dietro l'ombra di quel leader
si creavano dei feudi politici con piccoli ras locali
che adattavano in modo pragmatico le esigenze
identitarie con la necessità di raggiungere accordi con
il partito della sinistra maggioritario, fosse esso il
PDS, i DS o il PD adesso.
Facciamo un esempio emblematico avvenuto in Toscana,
regione dove il peso del PRC è stato sempre consistente
ed anche quello del PDS-DS-PD. A Pisa, nel periodo
2002-2004, la giunta DS vuole costruire un nuovo
inceneritore accanto ad uno già esistente, la volontà è
di ingrassare varie ditte collegate alla cordata
politica che governa la città. Come risposta nasce un
movimento contro la costruzione dell'inceneritore, un
movimento prevalentemente di zona, in cui confluiscono
dal locale parroco a cittadini della zona, e il locale
PRC, che storicamente a Pisa offre una blanda
opposizione, ma pur sempre opposizione, anche perché
conti alla mano la giunta di sinistra non ha bisogno dei
voti del PRC. Il movimento composto di cittadini molto
agguerriti e molto ben preparati sulla questione dei
rifiuti, riesce anche a presentare una lista per le
elezioni comunali del 2003. Rifondazione cerca
disperatamente di fare lista comune anche accettando che
la candidata sindaca sia la candidata espressa dal
movimento. Candidata, la quale, ad una domanda sulla
vicina base militare di Camp Darby, la più grande base
di stoccaggio di armi dirette negli scenari di guerra
dal Mediterraneo all'Afghanistan, risponde candidamente:
la base fa lavorare 500 persone, dobbiamo tenerla per
l'economia della zona. Pochi mesi dopo le elezioni,
(nessun consigliere per la lista) il movimento contro
l'inceneritore ottiene la sua vittoria,
l'inceneritore non verrà più costruito a Pisa. In
realtà, sarà costruito a Montale, in provincia di
Pistoia, dove il PRC governa in una giunta di
centro-sinistra. Per il movimento pisano, il problema è
risolto, invece per una forza politica nazionale, quale
in teoria il PRC dovrebbe essere, il problema si è
semplicemente spostato di 40 km. Infatti, il PRC a
Pistoia controlla che non ci siano grossi ostacoli alla
costruzione dell'inceneritore, che viene puntualmente
costruito e il risultato è che il PRC sparisce da
Pistoia in termini di voti. In questo modo si è
balcanizzato il partito, da Bolzano a Siracusa, il PRC
ha avuto tante posizioni diverse sulle singole
questioni, tante quante erano le varie collocazioni del
partito rispetto alle coalizioni di centro-sinistra e
alla capacità di far pesare i propri voti per entrare in
giunte, che avrebbero costruito inceneritori,
privatizzato il privatizzabile e regalato territori alla
speculazione. Questa balcanizzazione era anche costruita
da feudi in cui i quadri intermedi, di fronte ad un
partito liquido e impalpabile, potevano gestire accordi
e alleanza in modo del tutto autonomo rispetto alla casa
madre romana, che in genere sottobanco le favoriva. Se
il partito avesse voluto imporre una linea organica e
coerente da Bolzano a Siracusa, avrebbe avuto non poca
resistenza dei vari feudi locali non eventualmente
allineati. Dopo Bertinotti, Ferrero avrebbe avuto enorme
difficoltà a tenere unito il partito se si fosse voluto
dare continuità alle promesse congressuali del 2008.
Questa vicenda ci introduce a una serie di riflessioni.
Innanzitutto i movimenti esprimono una forte
vertenzialità su singole questioni su cui sono molto
avanzati e invece sono molto arretrati su altre, come
dall'esempio precedente, abbiamo un movimento molto
avanzato sul ciclo dei rifiuti, ma molto arretrato sulla
questione della guerra e dell'imperialismo. Gli unici
che in teoria dovrebbero essere avanzati in tutte le
direzioni a 360 gradi sono i comunisti, che dovrebbero
avere uno strumento di analisi e di lotta altamente
sofisticato e una visione organica dei processi di
produzione e dei rapporti forza tra le classi.
I movimenti hanno rappresentato, e tuttora
rappresentano, la residuale opposizione alle politiche
del capitale. Opposizione spesso occasionale e
ovviamente inefficace, proprio perché i movimenti sono
rappresentati da una soggettività dove i ruoli interni
non sono definiti e nel quale le relazioni sociali sono
per lo più a carattere cooperativo e dotate di forte
carica emotiva. Solitamente il movimento focalizza
l'attenzione su un determinato obiettivo e si mobilita
per conseguirlo. Inoltre, quando va bene, i movimenti
utilizzano uno strumento di lavoro di tipo assembleare,
dove predomina chi è capace di parlare e di buona
eloquenza, anche se dice cose del tutto inutili. In
questo, i movimenti, limitati dalla visione episodica
della realtà, collocabili in genere localmente ed
egemonizzati da piccoli leader, assomigliano molto a
cosa è diventata Rifondazione sotto Bertinotti. Per cui,
lo stesso ha avuto grande capacità di egemonizzazione
dei movimenti stessi da Genova 2001 al 2005, prima
dell'ingresso nel secondo Governo Prodi.
In sintesi, Bertinotti si è mosso all'interno del quadro
istituzionale ragionando in modo elettoralistico
maggioritario. Questa è stata la tattica
sistematicamente seguita, che rappresenta una strategia
disastrosa. Essa si colloca tutta al livello dei ceti
politici, lavorando sugli spazi elettorali. La visione
politica di Bertinotti è quella di ambire a muovere le
masse dall'alto di una leadership illuminata, ignorando
la necessità dei corpi intermedi, cioè dei militanti. I
cambiamenti sociali però li fanno i militanti e le
strutture radicate nella società. Le leadership, senza
che abbiano dietro nessuno, diventano presto ostaggi di
chi dietro ha gente e soldi. E i danni strategici di
questa tattica per ora vittoriosa e indubbiamente
intelligente, si possono già vedere. La sparizione della
sponda politica Prc ha potentemente contribuito
a demotivare i movimenti, specie quello contro la
guerra, e li ha disorientati. Mancando un Prc che
smarcasse a sinistra, le burocrazie di verdi, PdCi, e
sinistra Ds non hanno potuto certo scavalcare a sinistra
Bertinotti. Il risultato concreto è stato che, coloro
che hanno perso le elezioni del 2001, dopo tre anni
burrascosi di contestazioni alla loro leadership, si
sono saldamente posizionati in sella al comando, e
Fassino ottiene nel 2004 una percentuale bulgara al
congresso Ds.
Infatti, se in campo non ci sono movimenti e militanti,
ma solo uno spazio elettorale desiderante, Bertinotti
non avrà alcuna arma "vera" da giocare per spostare a
sinistra i DS, e così è stato infatti in modo quasi
scientifico.
3) L'autocritica come strumento politico per le sfide
prossime
In questo breve documento si è cercato di analizzare
attraverso le distorsioni più macroscopiche del PRC e
del PDCI negli ultimi venti anni quale progetto è stato
perseguito: la distruzione del blocco sociale ereditato
dall'esperienza del PCI. Una critica attenta di cosa
sono stati questi partiti auto-definitesi comunisti è
oggi fondamentale per ripresentare un nuovo soggetto
politico che si richiami alla tradizione comunista in
Italia. Una rottura netta con i metodi del recente
passato sono necessari per riproporsi con una strategia,
una capacità politica ed una capacità di ritessere un
tessuto sociale tra i militanti nel nostro blocco
sociale di riferimento.
L'autocritica come strumento politico si basa sul fatto
che l'esperienza comunista nel novecento rappresenta un
grande banco di prova per valutare cosa di positivo è
stato fatto, quali processi hanno rappresentato un salto
nell'emancipazione della classe lavoratrice e quali gli
aspetti negativi (e soprattutto perchè) senza sconti
politici se non vogliamo ripetere errori la cui
oggettiva valutazione richiede molto spesso molti anni
se non decenni per inquadrarli nella giusta cornice
storica.
L'autocritica non può e non deve essere patrimonio dei
singoli, ma analisi collettiva della storia recente e
meno recente dei processi che hanno modificato così
negativamente i rapporti di forza tra le classi. Vediamo
sinteticamente quali strumenti devono incernierare lo
sviluppo di un nuovo partito oggi che si voglia
riproporre nelle condizioni attuali sia a livello
strategico, sia sociale e politico.
Coerenza.
Occorre seguire una coerenza tra la teoria e la prassi,
volgarmente tra ciò che si dice e ciò che si fa. Essendo
una forza di critica del sistema capitalistico, non solo
nella sua forma attuale, ma alla capacità di
riproduzione del capitale, non ci sono possibili
mediazioni con forze borghesi, accordi anche tattici, o
politiche frontiste: i marxisti-leninisti hanno un
progetto politico non mediabile con altre forze che
comunque si muovono nello spazio di manovra del
capitale, i comunisti sono soli, o si accollano questo
compito o non ha senso riproporre una soggettività
politica.
Radicalità e Rigore.
Che cosa contrapporre alla balcanizzazione dei
movimenti, radicati in territori minuscoli, e isolati,
incapaci di costruire una reale alternativa. Occorre
contrapporre la capacità dei marxisti-leninisti che
hanno una visione organica della società che deriva
dall'esatta collocazione dei rapporti di forza tra le
classi. Le varie contraddizioni sono tutte collocabili
all'interno dei rapporti di produzione e solo una
visione radicale (nel senso che si vada alla radice) dei
processi e di tutte le contraddizioni che si sviluppano
in seno alla società borghese, e una rigorosa politica
che ne consegue può oggi richiamare alla mente dei
lavoratori e associare alla parola partito comunista una
politica forte e coerente contro la società borghese.
Altrimenti i comunisti saranno quelli che, oggi sono
contro la guerra imperialista, e domani la finanzieranno
in un governo, dove hanno qualche ministro senza
portafoglio, oppure quelli che, a Pisa sono contro gli
inceneritori, mentre a Pistoia deliberano allegramente
di costruirne uno bello grande.
Abbandono del leadirismo in tutte le sue forme.
Il leader, in quanto persona in carne ed ossa è
facilmente corruttibile e quindi etero diretto, altro
che culto della personalità. Tutte le strutture
gerarchiche sono facilmente gestibili dall'esterno,
basta controllarne il vertice, questa eterodirezione è
prassi comune nelle formazioni segrete (servizi,
massoneria, organizzazioni terroristiche o mafiose, che,
infatti, possono convergere tra di loro facilmente in
termini di operatività e obiettivi). Il lavoro politico
all'interno del partito deve essere teso ad una
capillare diffusione degli strumenti di analisi e lotta
politica. Maggiormente diffuso è il patrimonio di
analisi e di lotta nel corpo militante, maggiore la
capacità di radicamento territoriale. Il corpo militante
deve essere non solo capace di far crescere il partito
in ogni sua attività, ma deve essere capace di entrare
nelle lotte portate avanti dai movimenti e mostrare come
le singole vertenze (il soggetto contro cui lotta il
movimento) sono espressione organica di una società
basata sul profitto e caratterizzata da processi di
accumulazione capitalistici (sovrapproduzione di
capitale e caduta tendenziale del saggio di profitto, e
quindi disoccupazione, indebitamento pubblico, guerre).
Entrare nelle lotte e nei movimenti significa mettersene
alla guida indirizzandole verso il giusto e corretto
sviluppo all'interno del corpo sociale. Occorre in
pratica una nuova e totale alfabetizzazione politica dei
militanti, che a sua volta ricade anche nelle
soggettività con le quali si interagisce.
Insieme all'abbandono del leaderismo, un altro strumento
da adottare è l'abbandono delle carriere politiche
individuali e l'allargamento alla base delle
responsabilità istituzionali. Le istituzioni borghesi
fanno gli interessi della borghesia, perché da essa
controllate, e dentro queste, i processi di ricatto
individuali sono fortissimi.
La strada è sicuramente complicata e difficile, ma non
ci sono altre scelte, almeno per chi lotta per il
superamento dello stato presente di cose.
Pisa, 10 Gennaio 2014.
1) PARTITI COMUNISTI MARXISTI LENINISTI NON REVISIONISTI
(salvo errori ed omissioni)
Commenti:
2) Partiti che si dichiarano comunisti ma rinnegano
la gloriosa storia del comunismo
realizzato dall'Unione sovietica
con Lenin e soprattutto con Stalin!
(salvo errori ed omissioni)
(3)
?
fondata da Bertinotti!!! trotskista
falce e martello cancellati e sostituiti da un
cuneo rosso vedi rivista Il cuneo rosso
Segretario M.Alboresi
? cinfluito assieme
a Rifondazione in Potere al Popolo
?
Trotskysta (4)
Trotskista! ?
Trotskista!
partito comunista italiamo? o partito comunista internazionalista?
CIOE'??
?
Trotskista!!
* Partito
comnista dei lavoratori: corrente troskista di Rifondazione
?
Prc
Trotskista??
Il Prc si vergogna della falce e martello rossa! Colore becco d'oca e capovolta
va meglio!
===================================================================================
Altro:
Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti (CIPOML).
CRITICA PROLETARIA? Rivista teorica del Partito comunista
http://www.criticaproletaria.it/
Antistalinisti!!
Manifesto Programma del (nuovo) Partito comunista italiano
Lenin Lettera ai compagni bolscevichi delegati alla conferenza
regionale dei soviet del nord
Lenin Gli insegnamenti della rivoluzione
Come disse Robespierre la virtù è stata
sempre minoranza e i “virtuosi” non possono venir meno al dovere di
esercitare (spesso rudemente) le loro virtù.
|
|
e alcuni gruppi di cui ho notizia:
battaglia comunista
proletari comunisti maoisti
partito comunista maoista
collettivo comunista metropolitano *
partito comunista internazionalista.
Gli internqazionalisti Tendenza comunista internazionalista
antistalinisti
movimento
rivoluzionario internazionalista
Partito Comunista del Proletariato d'Italia *
Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti (CIPOML).*
Comitato nazionale di Unità marxista-leninista
PIATTAFORMA
COMUNISTA ***** antirevisionisti
Piattaforma comunista *
Partito
Comunista del Proletariato d’Italia!*
riviste TEORIA e PRASSI e SCINTILLA*
AURORA
***
(1) Partito marxista
leninista italiano
(Gheddafi "bombandava" il suo
popolo!!)
(2) PARTITO COMUNISTA ITALIANO
MARXISTA-LENINISTA
segretario Domenico Savio (con?) Piattaforma comunista
http://pcimltv.blogspot.it/
Catalogo ragionato dei
Partiti Comunisti che ci sono in
Italia
Lo
spunto per questo post mi è venuto
da una notizia che ho letto oggi sul "Fatto": "Marco
Rizzo fonda un altro
partito Comunista".
E mi è
venuto un dubbio: ma quanti
partiti
cisono
alla (cosiddetta) estrema sinistra? Vediamoli un po'. Sopra il nome di ognuno
c'è il
link
Sinistra e Libertà:
quello di Vendola, che prima stava in Rifondazione ma si è scisso dopo aver
perso il
congresso. Prima dentro SL c'erano anche i
Verdi, che però adesso si sono scissi
e hanno di nuovo il loro
partito a sé.
Rifondazione
dei
Comunisti Italiani:
record mondiale! UN partito, DUE link. Sì perché
questo partito nasce dalla fusione
della Rifondazione Comunista uscita
vincente dal congresso (Ferrero) con i Comunisti Italiani (Diliberto), da cui
però si è scisso
Marco Rizzo, che ha fondato i:
Comunisti Sinistra Popolare:
Marco Rizzo
Partito Comunista dei Lavoratori:
nato dalla scissione del trotzkista Marco Ferrando da
Rifondazione nel 2006.
Giusto. Se sei trotskista, che ci fai dentro Rifondazione?
Sinistra Critica:
Malabarba e Turigliatto, anche loro scissi da Rifondazione, nel 2007.
Non che avessero un programma politico differente, ma ormai se non avevi
fatto almeno una scissione non eri
"in" e non ti invitavano ai party.
Partito d'Azione Comunista:
non ho idea di chi siano, ma dal loro sito, sembra sia stato fondato da Marx,
Engels e Lenin in persona.
Poi c'è il capolavoro dei capolavori:
il
Partito Marxista-Leninista Italiano,
DA NON CONFONDERSI ASSOLUTAMENTE (Gheddafi "bombaedava" il suo popolo) col
Partito Comunista Italiano Marxista-Leninista.
A parte le facili ironie, sono sicuro che questi due partiti sono
sostanzialmente diversi l'uno dall'altro,
sia nell'impostazione ideologica che nei programmi.
Poi chiudiamo in bellezza con
il
Partito di Alternativa Comunista.
Sono i trotzskisti scissi da Rifondazione nel 2007.
Aspetta. Ma i trotzskisti scissi da
Rifondazione non erano il Partito
Comunista dei Lavoratori? Eh no!
Perché quelli sono i trotzskisti che si sono scissi nel 2006!
Quindi, ricostruendo: nel 2006 se ne sono andati da Rifondazione alcuni
trotzkisti, e hanno fondato il PCL. L'anno dopo se ne sono andati ALTRI
trotzkisti, e hanno fondato un ALTRO partito, il PAC.
Sono ammirato. Davvero ragazzi, ci
vuole talento. Io non avrei saputo fare di meglio. Nemmeno PENSARLO.
Solo una nota personale: la prossima volta che li becco, in una manifestazione,
a cantare "el pueblo unido jamas será vencido", gli tiro i
gavettoni.
E, a dimostrazione che la satira spesso è
prevede la realtà, fatevi un giro su questo video:
qui in inglese;
qui in italiano
(da 3':35'' a 4':53'').
Sono i Monty Pythons: la scena di "Life of Brian" in cui Brian vuole unirsi al
People's Front of Judea. Pensando che in Italia la situazione è veramente così
(se non peggiore), non so se ridere o piangere.
La satira serve a questo.
Rosa Luxemburg
Da Note
di un Pubblicista Vladimir Lenin (1922)
Scritto a fine febbraio del 1922.
Pubblicato per la prima volta sulla Pravda n° 87 del 16 aprile 1924.
Trascritto da mishu, Dicembre 1999
Paul Levi vuole aggraziarsi la
borghesia - e, conseguentemente, i suoi agenti, la II Internazionale e
l'Internazionale due e mezzo - ripubblicando precisamente quegli scritti di Rosa
Luxemburg in cui lei era in torto. Noi risponderemo a ciò citando due righe di
un buon vecchio scrittore di favole russo: "le aquile possono saltuariamente
volare più in basso delle galline, ma le galline non potranno mai salire alle
altitudini delle aquile". Rosa Luxemburg sbagliò sulla questione
dell'indipendenza della Polonia; sbagliò nel 1903 nella sua valutazione del
menscevismo; sbagliò nella sua teoria dell'accumulazione del capitale; sbagliò
nel luglio 1914, quando, con Plekhanov, Vendervelde, Kautsky ed altri, sostenne
la causa dell'unità tra bolscevichi e menscevichi; sbagliò; in ciò che scrisse
dal carcere nel 1918 (corresse poi la maggior parte di questi errori tra la fine
del 1918 e l'inizio del 1919, dopo esser stata rilasciata). Ma a dispetto dei
suoi errori lei era - e per noi resta - un'aquila. E i comunisti di tutto il
mondo si nutriranno non solo del suo ricordo, ma della sua biografia e di
tutti i suoi scritti (nelle pubblicazioni disordinatamente aggiornate dai
comunisti tedeschi, solo parzialmente scusabili dalle tremendi perdite subite
durante la loro dura battaglia) serviranno da utili manuali nella formazione
delle future generazioni di comunisti di tutto il mondo. "Dal 4 agosto 1914
la socialdemocrazia tedesca è stata un fetido cadavere" - questa
dichiarazione renderà il nome di Rosa Luxemburg famoso nella storia del
movimento proletario internazionale. E, certamente, risalterà nel movimento
proletario, fra i mucchi di letame e le galline come Paul Levi, Scheidemann,
Kautsky e tutta la confraternita di coloro che schiamazzeranno sugli errori
commessi dai più grandi comunisti. A ognuno il suo.
vedi anche:
Lenin Sul diritto delle nazioni
all’autodecisione
https://paginerosse.wordpress.com/2012/05/21/lenin-sul-diritto-delle-nazioni-allautodecisione-1914-lenin-el-derecho-de-las-naciones-a-la-autodeterminacion-2/
Lelio
Basso Socialismo e rivoluzione nella concezione di Rosa Luxemburg
http://www.leliobasso.it/documento.aspx?id=1a81b3a9d0cafdefc65cccf5a988176b&pag=1&q=socialismo+e+rivoluzione+nella+concezione+di+rosa+luxemburg
Il ruolo della Cina socialista in Africa
Quelli che vorrebbero fare informazione
"alternativa", al servizio della solita solfa della propaganda occidnetale
contro la Cina. Come se i mali e le tragedie dell'Africa dipendessero tutte da
Pechino.
di Davide Rossi -
Sinistra.ch
Valigia Blu” è una pagina web che si dichiara “basata sui fatti, aperta a
tutti”, così aperta che i milioni di yuan cinesi per lo sviluppo del continente
africano, i contratti di cooperazione e le materie prime energetiche e
alimentari pagate dieci o venti volte di più rispetto agli occidentali
spariscono nel colorito e farlocco articolo “Le mani della Cina sull’Africa”,
che subito inventa “danni ambientali e sociali della pesca commerciale, delle
estrazioni minerarie e dello sfruttamento delle materie prime”, è vero invece il
contrario, quando i cinesi arrivano e osservano disperati i danni ecologici
fatti dagli occidentali, cercano di rappezzare la situazione mettendo in campo
infrastrutture eco-compatibili. Poi si passa a una ironica falsità: “all’inizio
era il comunismo. Poi venne il capitalismo che si trasformò velocemente in
neo-colonialismo. Sta negli “ismi” la sintesi della parabola dei rapporti (in
epoca contemporanea) tra Cina e Africa.”
L’autrice Antonella Sinipoli, giornalista responsabile del progetto
AfroWomenPoetry, insomma dovrebbe occuparsi meritoriamente di emancipazione
femminile in Africa, invece ci spiega che ora “al socialismo non ci pensa più
nessuno, mentre la discussione è ormai rivolta ai numeri degli investimenti, ai
volumi di cemento armato, alla quantità di prestiti e debiti”, l’orientamento
socialista di nazioni come il Mozambico e l’Angola in cui ferrovie e
infrastrutture portuali sono state edificate dai cinesi non paiono interessarla,
così come accenna solo in conclusione ad alcune grandi e meritorie opere
realizzate dai cinesi come il Museo delle Civiltà Nere a Dakar in Senegal, il
Mwalimu Nyerere Memorial Academy in Tanzania, in onore del presidente socialista
(caspita un altro!) dal 1964 al 1985 e amico di Zhou Enlai, il quartier generale
dell’Unione Africana (2012) ad Addis Abeba, quello della Cedeao/Ecowas ad Abujia
in Nigeria, i nuovi parlamenti di Zimbabwe, ecco un’altra nazione di
orientamento socialista, la Repubblica del Congo e il Gabon.
L’avversione dell’autrice per lo sviluppo delle forze produttive cinesi e
africane a volte lascia immaginare che li preferirebbe poverelli, scalzi e
magari come prima affamati e derubati delle loro ricchezze naturali e minerarie
dai paesi della NATO, poi si mette a denigrare alcuni punti largamente
condivisibili dell’accordo tra Cina e nazioni africane: “L’universalità dei
diritti umani e delle libertà fondamentali dovrebbe essere rispettata.” … “Ogni
paese ha il diritto di scegliere il proprio sistema sociale, il modello di
sviluppo e i modi di vivere alla luce delle specifiche condizioni nazionali” …
“La politicizzazione dei diritti umani e l’imposizione di condizioni, relative
ai diritti umani, sull’assistenza economica dovrebbero essere fermamente
contrastate in quanto costituiscono una violazione dei diritti umani”.
Aggiungendo stupidaggini come sempre sugli uiguri e sul fatto che i diritti
umani non sarebbero rispettati in Africa come in Cina, quando in realtà il testo
dell’accordo è chiarissimo, rifiuta e respinge la democrazia liberale, che
genera povertà ed esclusione e che utilizza strumentalmente la questione dei
diritti umani per aggredire mediaticamente e militarmente i suoi avversari.
La Cina socialista in un decennio ha realizzato in Africa seimila chilometri di
strade e ferrovie, venti porti, ottanta centrali elettriche ed idroelettriche,
centinaia di scuole e di ospedali, opere che non rappresentano una losca
pervasività, come si vorrebbe far credere, ma una concreta cooperazione.
Sono strade, porti, centrali elettriche, scuole ed ospedali che gli occidentali
colonialisti e neo-colonialisti mai hanno immaginato di realizzare perché mossi
soltanto dalla cultura del puro furto a danno delle comunità locali. Nel campo
medico-sanitario, spesso si parla con ragione dei medici cubani nel mondo, meno
dei medici e degli infermieri cinesi in Africa e Asia, senza contare le ingenti
donazioni di strumentazioni medicali, medicinali. Il personale medico inviato
dalla Cina in Africa negli ultimi venti anni è di oltre ventimila infermieri e
dottori, peccato non si sia mai letta una riga di ciò neppure su “Il Manifesto”.
Migliaia sono le giovani e i giovani africani che studiano nelle università
cinesi e si specializzano, in particolare nei settori tecnici e scientifici e
non sono oggetto di “atti di razzismo” come vorrebbe far credere, attingendo non
si sa da dove tali informazioni, l’articolista che altresì si rammarica, guarda
caso, che i governi africani stiano preferendo accedere ai prestiti erogati da
China Development Bank e China Exim Bank, piuttosto che dalla Banca Mondiale e
dal Fondo Monetario Internazionale, forse perché hanno capito che queste due
ultime istituzioni sono sempre generosamente pronte a strozzare ogni economia
emergente, imporre accordi capestro e obbligare alla distruzione dello stato
sociale.
A segno del declino dell’Europa, non sarà un caso se l’ufficio estero della
Xinhua News Agency sia stato trasferito da Parigi a Nairobi, così come sempre
nella capitale keniota abbiano sede la CCTV (China Central Television), gli
uffici della China Global Television Network e la stazione della China Radio
International. A Nairobi e Johannesburg, ecco un’altra nazione in cui sono al
governo i comunisti!, c’è poi la redazione del China Daily. Tali fatti, che
rappresentano l’attenzione e l’impegno cinese per l’Africa, sono letti
dall’autrice come l’esportazione di un giornalismo autoritario, una baggianata
da morir dal ridere, a cui possono credere solo gli estimatori della “libera”
stampa anglosassone.
I cinesi sarebbero pure “cattivi” perché hanno realizzato gli smartphone Tecno,
Infinix e Itel a bassissimo costo, dieci o venti dollari, attraverso la
Transsion di Shenzhen, casa sconosciuta in Europa, ma prima in Africa per
vendite, con tecnologie calibrate come batterie dalla lunga durata, visto
l’accesso limitato all’elettricità, anche di questo primato in Europa nemmeno
una parola, perché l’ordine è di parlar solo male della Cina e di Xi Jinping.
Concludendo la Sinipoli scambia la cooperazione per “intento predatorio da parte
della nazione asiatica”, già, d’altronde l’Occidente invece per secoli e fino ai
nostri giorni in Africa ha portato e porta fiorellini.
*Di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro
Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.
L'Europa equipara comunismo e nazismo
Giovanni Apostolou: Il Parlamento Europeo con 535 voti a favore, 66 contro e 52 astenuti ha
approvato la MOZIONE di condanna dell’uso dei simboli del comunismo,
chiedendo la rimozione dei monumenti che celebrano la liberazione
avvenuta ad opera dell’Armata Rossa ed equiparando il comunismo al
nazifascismo.
Ecco tutti i parlamentari del PD che hanno votato questa MOZIONE infame:
Bartolo (PD), Benifei (PD), Bonafè (PD), Calenda (PD), Chinnici (PD),
Cozzolino (PD), Danti (PD), De Castro (PD), Ferrandino (PD), Gualmini (PD),
Moretti (PD), Picierno (PD), Pisapia (PD), Tinagli (PD).
E’ vergognosa la RISOLUZIONE (votata dal Parlamento Europeo il 19
Settembre 2019) dal titolo “SULL'IMPORTANZA DELLA MEMORIA EUROPEA PER IL
FUTURO DELL'EUROPA” che mette sullo stesso piano nazismo e comunismo e
che è stata totalmente decostruita dalla storico e archivista russo
Kongurov (in
https://www.e-reading.club/book.php?book=141951).
Vale la pena ascoltare come qualche mese fa lo storico Alessandro
Barbero (
https://www.youtube.com/watch?v=AKnqHo_mg80&feature=youtu.be)
stigmatizzava (con la sua ironia affilata) il revisionismo, che viene
sparso a badilate nella RISOLUZIONE del Parlamento Europeo che falsifica
la nostra storia recente e rimuove i 26 milioni di morti dell’Unione
Sovietica che hanno permesso con il loro sacrificio di abbattere il
nazismo.
Un’orda di ignoranti pervade le strade di quest’Europa e pretende di
imporre stupidità nelle pagine della storia: così si può solo definire
quello che sta avanzando per mano di alcuni sciocchi giullari (che
avranno letto si è no qualche articolo di giornale ma pochi libri di
storia) per aver presentato in data 17.9.2019, la “MOTION FOR A
RESOLUTION” (
http://www.europarl.europa.eu/…/docum…/B-9-2019-0100_EN.html)
: "conclusione del dibattito sulle dichiarazioni del Consiglio e della
Commissione ai sensi dell’articolo 132 del Regolamento di Procedura
sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa" (
http://www.europarl.europa.eu/…/docu…/RC-9-2019-0097_EN.html).
Ecco cosa dice in buona sostanza quel documento: equiparazione tra
nazismo e comunismo.
Si vuole, ancora una volta lasciare traccia sui documenti, della
distorsione storica per uso e consumo di chi non vuole ammettere che il
tatticismo sovietico ha saputo frenare, temporaneamente, l’avanzata
nazista e che alla fine ha prevalso sulle strategie militar-politiche di
chi aveva in mente di occupare quell’area geografica ricca di risorse
che facevano gola al grande capitale che aveva finanziato e sostenuto
quel regime.
Come si permettono costoro di fare una tale (voluta?) confusione tra un
regime sì tirannico e crudele come quello nazista con quello sovietico ?
Non si sono accorti lor signori che il comunismo staliniano era ben
altra cosa da quello kruscioviano e seguenti dove, questi ultimi, erano
il frutto dello zampino occidentale tanto che dai documenti ufficali
procurati dallo storico Grover Furr (docente statunitense alla Montclair
State University del New Jersey), si scopre che persino dal famoso
“RAPPORTO SEGRETO” del Segretario del PCUS, Nikita Krusciov, che
attribuiva una serie di crimini a Stalin, in realtà risultava che "non
una delle specifiche affermazioni di “rivelazione” che Krusciov fece su
Stalin o su Beria è risultata essere vera.
Tra quelle che possono essere verificate, ognuna risulta essere falsa.
Si scopre che Krusciov non “mentì” soltanto su Stalin e Beria (egli
praticamente non ha fatto altro che mentire).
L’intero “RAPPORTO SEGRETO” è costruito da falsificazioni.
Questo è il “grande documento” per il quale Taubman ha lodato Krusciov
(si potrebbe scrivere un articolo a parte, anche se molto più breve, per
esporre le falsità dell’editoriale di Taubman sul NEW YORK TIMES che
celebrava il vile discorso di Krusciov)".
Dieci anni di studio negli archivi dell’ex KGB sovietico del professore
che lo hanno portato a dire:
"Sarei stato molto contento se la mia ricerca fosse giunta alla
conclusione che solo il 25 % delle rivelazioni di Krusciov su Stalin e
Beria era falso.
Tuttavia, dato che tutte quelle rivelazioni possono essere controllate
sono, di fatto, delle falsità, l’onere della prova ricade più
pesantemente su di me come studioso di quanto accadrebbe normalmente”.
Stalin è stato senza ombra di dubbio uno dei personaggi “fondamentali”
della storia più ingiustamente esecrati, calunniati, infamati e
caricaturati; naturalmente tutto ad uso e consumo della propaganda
capitalista (che aveva bisogno di un “demone” comunista da dare in pasto
alla massa per controbilanciare il nazismo: espressione diretta del
capitalismo) e conseguentemente a discapito della storia e della verità.
Sono molti gli sprovveduti che parlano male di Stalin senza averne
cognizione di causa solo perché “glielo hanno detto”, “glielo hanno
narrato”: "Stalin era un dittatore", "Stalin era sanguinario come
Hitler", "il comunismo è un totalitarismo", "i GULAG erano lager", e via
discorrendo in frasi fatte che non nascondono niente di vero se non una
malcelata ignoranza (appunto) su Stalin, su Beria, sui Soviet e
sull’URSS in generale.
Il documento su cui si basa soprattutto la “monumentale” opera di
detrazione nei confronti di “baffone” è il cosiddetto “RAPPORTO SEGRETO”
presentato al XX congresso del PCUS (1956) a opera di Kusciov, che montò
quella gigantesca macchina di fango per nascondere i “suoi” crimini come
dirigente e il complotto destro - troskysta tramato contro la
rivoluzione.
Da oggi in poi bisognerà fare i conti con la verità e, come diceva
Lenin, "la verità è sempre rivoluzionaria".
L'attuale documentazione primaria su questa mitologia storiografica
evidenza come la mistificazione e la propaganda occidentale sia stata
(ed è) pervasiva e capziosa.
Per verificare che i numeri dei repressi nella "ezovoshina" sono
assolutamente impossibili, basta consultare la stessa WIKIPEDIA, nota
per le sue posizioni anticomuniste, alla VOCE dal titolo "DEMOGRAFIA
DELLA RUSSIA" (in
https://it.wikipedia.org/wiki/Demografia_della_Russia) :
l’Unione Sovietica nel 1917 contava 184,6 milioni di abitanti.
Subito dopo la presa del potere dei bolscevichi, l’URSS subisce
l’attacco di 16 armate straniere (compresa quella italiana) che ha
determinato la cosiddetta guerra civile e l'URSS è stata soggetta a un
embargo economico internazionale che ha prodotto un’enorme carestia e
poi anche (in senso stretto) l’impossibilità di curare epidemie come il
tifo, che hanno comportato una riduzione della popolazione a 147 milioni
(sono dati del 1926).
La popolazione nel 1939 raggiunge i 170 milioni; nel 1941 si arriva a
191 milioni di sovietici.
La seconda guerra mondiale, voluta dai capitalisti, uccide 26 milioni di
sovietici, riducendo la popolazione a 165 milioni; nel 1950, mentre è
ancora vivo Stalin, l’URSS conta 181 milioni di abitanti.
Perché allora scrivere in quel documento alle lettere "E" ed "F" vistose
inesattezze antistoriche tali che dimostrano impreparazione e sono
sostenute da forze politiche reazionarie (si legga sovranisti) che
vorrebbero appesantire il giudizio su chi si è contrapposto a chi,
invece, ha alimentato la nascita di “criminali” che, ancor oggi, si
stanno riorganizzando in quest’Europa:
- "E: "considerando che, sebbene i crimini del regime nazista siano
stati valutati e puniti con i processi di Norimberga, è ancora urgente
sensibilizzare l’opinione pubblica, effettuare valutazioni morali e
condurre indagini legali sui crimini dello stalinismo e di altre
dittature mostruosamente totalitarie " " .
- "F: "considerando che in alcuni Stati membri le ideologie comuniste e
naziste sono vietate dalla legge" ".
Ma se un processo di pace si è conservato per tanti anni nel nostro
Continente è perchè esisteva una contrapposizione forte e consapevole a
chi in Occidente aveva tratto profitti dalle guerre e nuovi fronti da
alimentare negli anni successivi.
Cosa si dovrebbe dire, invece, dell’estendersi della struttura militare
NATO nel mondo (ricordo, sorta (così raccontavano i sostenitori) "in
contrasto al blocco comunista") e che avrebbe dovuto auto-smantellarsi
con la dissoluzione dell’URSS ?
Mi piacerebbe sapere ciò da quegli estensori del documento europeo: le
comuniste Brigate Garibaldi dei partigiani (costituitesi dopo il 1945
nell’ANPI) come verrebbero classificate se dovesse formalizzarsi quel
documento europeo sapendo che hanno liberato l’Italia dal nazi-fascismo
e che non volevano, assolutamente, un’altra dittatura, anzi hanno dato
vita alla Costituzione sociale più avanzata al mondo ?
Comunisti che hanno voluto i paesi europei senza frontiere.
Gli estensori di quel documento europeo devono sapere che buona fetta di
quelle Brigate erano composte da stalinisti.
E, quindi, come la mettiamo ?
Adesso chiedo a questi revisionisti cosa intendono fare dell’Europa e se
la vogliono mantenere in pace e in democrazia visto che vorrebbero
mettere al bando coloro che hanno mantenuto la stabilità sociale dal
1945 ad oggi
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